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mercoledì 31 dicembre 2014

Buon nuovo anno

«Con quale desiderio Lei entra nell'anno nuovo?» Con il desiderio di essere risparmiato da domande del genere.
Karl Kraus, Die Fackel, 1906/13

Vabbè, in qualche modo il calendario lo giriamo anche quest’anno. Però ci sono alcune riflessioni che arrivano puntuali ad ogni scadenza. Da tempo tento di evitare di festeggiare il mio compleanno, ormai sono nell’età in cui dicono “davvero? Non li dimostri proprio”. Mettiamo in chiaro le cose: li ho tutti!!! Il fatto che qualcuno (dando anche per scontata la buona fede) dica che non li dimostro non significa assolutamente nulla. Anche per capodanno i botti e i festeggiamenti non sono più da troppo tempo il saluto al nuovo anno pieno di speranze, ma a quello vecchio stracolmo di cose da dimenticare, "peggio non potrà andare".
L’anno che se ne sta andando parla di ISIS, Ebola, Libia, Unione Sovietica, Governo Letta, Governo Renzi, Berlusconi che dai servizi sociali decide le sorti della nazione, parla di donne massacrate, immigrati seppelliti nel mare nostrum, crisi economica, crisi politica, negozi chiusi, FIAT traslocata, ci dice addirittura di un signore che, attraverso il sito e compilando i campi opportuni si è iscritto al PD, si chiama Benito Mussolini, nato a Predappio, il codice fiscale è stato generosamente calcolato dal sito. Per essere oltremodo chiaro, il signore ha impostato la password: faccettanera. Ricordate i signori delle tessere di Partiti poco seri? Però ben sappiamo, pacunia non olet. (Chissà se alle primarie voterà Renzi).



E ci parla d’altro ancora che non so elencare così a memoria. Quasi quasi la vicenda dei due Marò in India è rassicurante per la sua staticità. Addirittura ha aspetti inquietantemente buffi, l’Italia che lamenta la lentezza della giustizia indiana è un cult. Me li vedo i capi di stato e di governo del mondo intero scompisciati dalle risate.
Suvvia una botta di ottimismo, c’è anche Papa Francesco!
Neppure i cartelli sono più quelli di una volta, ah la crisi! Al confine di un terreno (segnala l’amico Marco du facebook) c’è un cartello con su scritto VEDESI. Mai Freud avrebbe spiegato meglio un lapsus. In tempo di crisi più che acquistare si guarda!
                                     

Però è di prassi farsi gli auguri e scambiarsi abbracci e baci nella notte di San Silvestro (“san Titti non c’è?” chiedeva il bimbo). E guai a dire di sfighe per tutta la notte, solo dalle otto del primo gennaio se ne potrà parlare.  E auguri siano, sono gratis. Quindi auguro a tutti di invecchiare un po’ meno, di guardare meno TV, di non ascoltare gli imbonitori, di spiegare ai ragazzi (anche agli adulti che vogliono fare i raga) che “chi” o “che” si scrivono senza la K ma con il divino ch,  di smettere di fumare, di non smettere di bere soprattutto se il vino è buono, di non mettersi a dieta perché rende tristi, di leggere almeno un paio di giornali la settimana, di essere ironici e sarcastici quanto basta, soprattutto di guardare gli altri negli occhi, non solo nello schermo dello smartphone. Auguro agli insegnanti di insegnare, ai sindaci di sindacare, ai razzisti di non parlare, agli innamorati di riamare, ai pasticceri di non pasticciare, agli Schettino di aspettare prima di scendere, al mio barbiere di non tagliare. Basta poco, dodici mesi passano in un soffio, poi ne riparleremo. 


  

martedì 30 dicembre 2014

naufraghi e soccorsi

Al momento ci sono 427 persone salvate e 10 morti, Misterioso il numero dei dispersi perchè, pare, c'erano dei "clandestini" a bordo. Puglia accoglie, come è giusto, i naufraghi. I soccorsi in qualche modo sono partiti e stanno lavorando bene. I giornali salentini vantano la salentinità dei soccorritori partiti da Galatina scordando che se servono elicotteri militari non possono partire che da Galatina, ma queste sono quisquilie, pinzillacchere, importante è vantare la salentinità a prescindere da tutto. 
Il mare è ancora alto, un giorno forse sapremo cosa è successo e se ci sono responsabilità nel disastro. Il comandante ha fatto il suo lavoro evitando schettinate, le procure indagano. Buon fine anno anche ai superstiti.  

lunedì 29 dicembre 2014

Teletu, Gargano, Piemonte e capotreni

Grazie a Teletu (gestore di telefonia che sconsiglio caldamente a chiunque) che ha tenuto un’utenza senza telefono e senza internet in pieno periodo natalizio, precisamente dal 19 dicembre a data ancora da definire (oggi ne abbiamo 29), sono rimasto sconnesso. Il problema dei disservizi si può ovviare facilmente cambiando gestore, cosa che raccomando caldamente agli sventurati clienti dello sciatto gestore. Per solidarietà con i ragazzi del call center che hanno preso nota, programmato e che sono anche loro vittime  di alcune aziende non farò nomi di utenti e utenze coinvolti. Rimane il fatto che altri gestori, come ho avuto modo di verificare personalmente garantiscono il servizio assistenza in tempo reale e mantengono le promesse. A volte pagare un paio di euro in più al mese rende meno gravosa la vita. Grazie a Teletu, dicevo, sono rimasto sconnesso, così anche il blog ha cessato di essere aggiornato. Riprendiamo da qui. So che nessuno ha sentito la mancanza di parole scritte, però...   

mercoledì 17 dicembre 2014

settimana banale

Politicamente quella passata è stata una settimana assolutamente banale. Il PD litiga con il PD, Berlusconi dice che la scelta del presidente della repubblica gli spetta per diritto divino anche agli arresto domiciliari (anche riina avrebbe qualcosa da suggerire), Civati civateggia, Renzi berlusconeggia, CGIL e UIL scioperano ma chi sta al governo se ne scatafotte e dice che i sindacati sono palle al piede. Insomma, tutto come sempre negli ultimi mesi. La cronaca diventa, ahinoi, vivace. Massacrato e scaricato in un canale un bimbo, sospettata ed arrestata la madre, immediati arrivano camper, tende e sacchi a pelo nel paesino del bimbo per riprendere nell'ordine: paesani, bimbi, nonne, genitori, baristi, adolescenti. A volta il prete. Insomma, alcuni giornalisti (sedicente tali) vogliono ancora una volta speculare sulla vita e sulla morte, sciacallaggio come sempre accade.

A proposito di cose trite e ritrite: la crisi non passa, la disoccupazione aumenta, la povertà ammazza. Però i poveri sono banali, non fanno notizia, nessun direttore di giornale serio manderà mai un camper a parlarne. 

martedì 16 dicembre 2014

Pensieri in libertà leggendo l'amico Pino De Luca

“…Quante morti si portano appresso i fanatismi, in particolare quelli religiosi. Ma guai, guai a cancellare dall'Uomo la spiritualità. Se tutto diventa lecito e soggetto all'utilitarismo è la fine del mondo. Un tempo si invocava la morale laica, in Italia Giorgio Ambrosoli, Rosario Livatino, Pio La Torre ne sono stati fulgidi esempi. Tutti e tre uccisi per mano di mafia, irrisi dal potere e presto archiviati nella memoria collettiva”...

domenica 14 dicembre 2014

Comunicato FILLEA CGIL Torchetti Cucine.

Ricevo:

Comunicato stampa della RSA FILLEA CGIL della “Torchetti cucine srl” di Ugento.
Secondo il piano industriale presentato dalla Torchetti Cucine srl il 4 dicembre scorso alle organizzazioni sindacali, al tavolo delle trattative istituito presso Confindustria Lecce, vi sarebbe un calo del fatturato dal 2007 ad oggi del 50%. Da qui la necessità di licenziare 10 lavoratori fra impiegati e operai.
Alle obiezioni mosse dalle organizzazioni sindacali in quella sede, l’azienda non ha dato soddisfacenti risposte ed ha opposto il netto rifiuto alla loro proposta di prorogare il contratto di solidarietà in scadenza il 13 gennaio 2015.
“O si licenziano dieci persone o si chiude” questa è l’intransigente posizione sulla quale si è arroccata l’azienda, rappresentata al tavolo da Antonio Torchetti e dai suoi figli Fabrizio e Francesca,
soci dell’azienda.
La netta chiusura all’adozione dei contratti di solidarietà, sino ad oggi attuata a seguito di una precedente trattativa, è stata stigmatizzata dal Rappresentante Sindacale Aziendale della Fillea CGIL,
Franco Crespino, come una precisa strategia aziendale cha ha al fondo non il risanamento dell’azienda, ma la volontà di espellere 10 lavoratori, per poi ricorrere al lavoro straordinario in nero con il personale non coinvolto nel piano degli esuberi.
Ciò premesso, il rappresentante sindacale aziendale Fillea CGIL ha concluso che i preannunciati esuberi, che sfoceranno in licenziamenti, sono:
1) Discriminatori, perché dai numeri, contenuti nel piano industriale di ristrutturazione, si fa presto a risalire ai nomi di coloro che saranno cacciati dall’azienda, alcuni dei quali hanno in passato manifestato la loro contrarietà a quel sistema, in uso nell’azienda, di corrispondere i compensi per il lavoro straordinario “fuori busta”, cioè in nero, pretendendolo in busta paga e giustamente tassato.
2) Illegittimi, perché l’azienda durante il periodo di cassa integrazione e dell’adozione dei contratti di solidarietà ha fatto ricorso al lavoro nero, sia nelle ore ordinarie di lavoro che in quelle di
straordinario.
Quest’ultima circostanza, peraltro, dovrebbe far riflettere le Istituzioni, che dovrebbero autorizzare l’accesso alla legge sui licenziamenti collettivi e porre carico della collettività gli oneri per gli esuberi dichiarati, sulla veridicità della percentuale del calo di fatturato.
Alle dichiarazioni fatte al tavolo del 4 dicembre in Confindustria dal Rappresentante sindacale Aziendale della Fillea CGIL non è seguita alcuna replica da parte dei proprietari della “Torchetti cucine srl” presenti al tavolo.
Al termine del confronto, in sede di stesura del verbale, il Rappresentante Sindacale Aziendale della Fillea CGIL ha chiesto che fossero integralmente riportate le dichiarazioni rilasciate durante l’incontro (segnatamente quelle attinenti al lavoro nero effettuato in azienda), ma il rappresentante di Confindustria ha opposto il suo rifiuto limitando a far inserire solo la generica affermazione di “licenziamenti illegittimi”. Limitazione che ha costretto la RSA ad inviare una lettera di chiarimento, a quanti erano presenti, per specificare la sua dichiarazione sul ricorso al lavoro nero da parte della ditta Torchetti Cucine srl.
Il Rappresentante Sindacale della Fillea CGIL, Franco Crespino, a seguito della sua richiesta di verbalizzare integralmente il suo intervento, è stato fatto oggetto dapprima di un’aggressione verbale
dagli esponenti delle Torchetti cucine srl e subito dopo di un tentativo di aggressione fisica da parte di uno dei suoi soci, Fabrizio Torchetti, che sarebbe andata a segno se altri non l’avessero trattenuto, ivi compresi i due rappresentanti provinciali della Fillea CGIL, Alessio Colella e Simona Cancelli.
Il Rappresentante Sindacale Aziendale è pronto a rispondere in ogni sede per quanto dichiarato al tavolo della trattativa e sull’incredibile episodio della tentata aggressione fisica a suoi danni da parte di uno dei proprietari dell’azienda.
RSA FILLEA - CGIL
Franco Crespino

venerdì 12 dicembre 2014

Un bes: Mario Perrotta racconta Ligabue a Nardò

"Étrange (straniero, diverso) è una parola scomponibile: être-ange (essere-angelo). Dall'essere angeli ci mette in guardia l'alternativa dell'essere stupidi." (J. Lacan, Seminario XX, p. 9)

La citazione di Lancan la rubo dall'amico Mimmo che su FB commentava l’ episodio a cui ha assistito:  un clochard costretto a consumare in una sala d'aspetto un piatto che non aveva, evidentemente, diritto di mangiare al tavolo della mensa accanto che glielo aveva fornito. Forse non poteva sedere a tavola in quanto clochard, senza casa, senza tetto. Senza dignità?    


E quelle parole mi sono balzate in mente ieri sera, memorabile 10 dicembre 2014 in quel di Nardò. Il teatro Comunale non è grande, ed è stipato di spettatori, Mario Perrotta ci racconta Ligabue, “Un bes”.
L’attore (e autore) non recita il personaggio, lui è il personaggio. Solo in scena in questo crescendo carico di tensione emotiva, Ligabue che passa la vita dipingendo con rabbia la mancanza di “un bes”, un bacio, dell’affetto che nessuno ha mai saputo dargli. La Svizzera non sopporta i matti nel suo lindo territorio, allora approfitta del cognome e della nazionalità del suo padre acquisito per cacciarlo in Italia, il paese si chiama Gualtieri, in agro di Reggio Emilia. E come ogni paese sopporta “el mat” “el tudesc”, il matto, il tedesco. Quel bizzarro personaggio che girovaga per strade e boschi dipingendo e scambiando quadri con un piatto di minestra, che parla un misto di emiliano e tedesco, che guarda le donne e cerca solo, banalmente affetto. Ma l’è mat, neppure le puttane lo vogliono “sono sporco, mi ha detto”.

Avevo già incontrato Mario Perrotta quando presentava al pubblico per le prime volte il suo “Un bes”, in una lunga intervista si diceva fra l’altro:

“Nella presentazione dici che Ligabue artista sapeva di meritarlo quel bacio, il pazzo invece doveva elemosinarlo”.


Certamente. Ligabue aveva una perfetta coscienza di sé e del suo valore artistico. Amava ripetere: "quando sarò morto i miei quadri varranno un sacco di soldi". Non era assolutamente lo scemo del paese, come amavano pensare i suoi compaesani, semmai lo faceva perché gli tornava comodo. Sapeva che, in quanto artista, avrebbe meritato attenzione e sperava che quell'attenzione si concretizzasse anche in affetto da parte di qualcuno, in modo particolare di una donna. Ma questo, come detto, non avvenne mai neanche dopo quel poco di fama che arrivò negli ultimi anni della sua vita. Semmai, tentarono di sfruttarlo, anche le donne, ma lui questo lo sapeva e a volte si vendicava in modo feroce, facendosi pagare dei quadri in anticipo e poi realizzando delle opere brutte (a suo stesso dire!).

“Le ultime parole delle righe che hai messo nel tuo sito, parlando dello spettacolo, sono: “Voglio stare anch’io a guardare gli altri. E sempre sul confine, chiedermi qual è il dentro e quale il fuori”.
Mi ricorda un amico, Adriano Sofri, che capitò in una sventura giudiziaria e ci salutava dal carcere di Pisa dicendo: “Ciao da noi chiusi dentro a voi chiusi fuori”. 

Sicuramente lo "stare al margine" è una condizione che mi affascina molto, sin dal progetto dedicato ai nostri emigranti degli anni '50 e '60. E' una condizione limite, appunto, che trova rispondenza ancora una volta in un'esperienza profondamente mia legata all'infanzia. Da figlio di genitori separati nel sud di 40 anni fa, il rischio di essere messo al margine per questa condizione era forte e ho dovuto sempre lottare per restare invece "all'interno della cerchia", tanto che spesso, finivo per ritrovarmi al centro della stessa, troppo al centro, esattamente come se stessi in scena a teatro (ecco che non mi è stato difficile il passaggio da un "palcoscenico" all'altro).
Nel mio caso poi, questa paura di veleggiare sul limite si è andata dissolvendo con il passare del tempo ed è diventata solo un ricordo mentre, per quanto concerne la condizione di "malato di mente", è connaturata ad essa anzi, è il suo superamento perché il limite sono i cancelli e le mura del manicomio o i muri invisibili che le persone ergono tra loro e te. E una volta che i muri sono saliti, tu malato di mente ti trovi oltre essi e quindi sei "fuori". Fuori dal consesso umano che ti ha rigettato. Ma, al contempo, gli stessi uomini che si autodefiniscono "sani", guardando le mura di un manicomio si definiscono "fuori", mentre i malati sono "dentro". E allora? Qual è il dentro e qual è il fuori? Esattamente come nella condizione carceraria e in qualunque condizione di diversità sancita da un confine: esso stesso determina un dentro e un fuori differente secondo il lato su cui ci si trova. Mi viene in mente una parola leccese - 'ppoppeti - che i cittadini di Lecce usano per indicare in modo irriverente "quelli di provincia". Il suo etimo è latino e cioè: post oppidum, oltre le mura della città.
Il guaio è che anche "quelli di provincia" usano la stessa espressione per indicare con la stessa irriverenza "quelli della città" perché, dal loro lato del confine, noi cittadini siamo effettivamente 'ppoppeti, ossia oltre le mura. Ecco che, ancora una volta, un confine determina una discriminazione bilaterale e a furia di annotare situazioni del genere, mi viene da pensare che è il concetto stesso di confine ad essere sbagliato.

E in altra intervista pubblicata recentemente sulla rivista della Fondazione Terra d’Otranto “Il Delfino e la mezzaluna” alle pagg. 216/223,  racconta dell’impellenza di parlare della diversità, di viverla:

Vorrei farti una domanda personale. Sei diventato padre, ne vuoi parlare?


il progetto Ligabue nasce per questo. sapevo che sarei diventato padre di un bimbo o una bimba che arrivava dal centro africa. Non sapevo da dove nè l’età, né il sesso, l’unica certezza era che sarebbe stato nero. Per qualcuno è un problema, per me una ricchezza. Gabriele è arrivato dall'Etiopia e un giorno vorrà riscoprire le sue tradizioni. So che qualcuno gli farà notare la sua differenza. Mi sono chiesto se saremo in grado di aiutarlo a superare questi scogli. Lo sapremo un tempo. Queste tensioni mi hanno fatto tirar fuori
il progetto Ligabue. Un “diverso” era la figura che mi permetteva di parlare di me e delle mie tensioni.  Come vedi non è una domanda personale, è artistica. i miei testi sono le mie urgenze. Privato e scena si intrecciano.

Parole nella quali la parte “razionale” ha il sopravvento, è la logica dell’offrire una visione della diversità al pubblico, del dare un senso a quella che chiamiamo pazzia giusto per togliercela di torno e tornare alla nostra “normalità” mentre “el mat” crea, vede il mondo con occhi diversi, rivendica un bes, un abbraccio, comprensione non per il suo stato ma per il suo essere “umano”. Il paese lo deride ma acquista i suoi quadri, i “normali” si fanno dipingere il furgoncino che poi rottameranno senza rendersi conto di quel che fanno, pur se legati a filo doppio al valore venale, al denaro, neppure sanno di aver rottamato un’opera d’arte, lo capiranno solo quando l’artista morirà e i suoi quadri avranno l’onore di essere “opere d’arte”.
Allora non avevo   avuto l’occasione e il piacere di vedere lo spettacolo, ne avevo solo parlato con Mario. Arrivò in primavera a Lecce, è vero, ma per una sola sera e in un teatro piccolo per un artista così immenso, il Paisiello, non trovai il biglietto. Ora è tornato in un teatro altrettanto bello e altrettanto piccolo. Ancora una volta per una sola sera. L’ho visto ed ho capito di getto tutte le cose che Mario, in due interviste, non è stato capace di dirmi, non poteva farlo: l’impatto emotivo dello spettatore. Commuoversi di fronte ad una piéce teatrale non è usuale per me, lasciarsi andare e passare dalla storia narrata a “oltre la storia” non è facile. Questa volta è successo, ed ho visto altre lacrime fra gli spettatori. Mi sono commosso e sono riuscito a trapassare la storia narrata, a veder nascere quadri (Mario in scena disegna anche bene con tratti di carboncino su fogli grandi). Ho visto la grandezza del diverso e l’immensità dell’artista. Ho visto, per dirla con Lacan, un Étrange, un angelo rabbiosamente fiero e senza l’affetto che lo renderebbe una persona altra, diversa.
E tornando a Lecce, nella notte limpida e senza luna, pensavo a come sono grette le città di provincia, a volte, quando disdegnano i loro geni, li emarginano, li snobbano. Lecce austera potrebbe, dovrebbe riabbracciare con serena calma e pacatezza i suoi “mat”, i guitti, quelli che scommettono e creano. Dovrebbe riconoscere gli artisti quando ancora hanno molto da dare.  Qui ed ora per favore!


giovedì 11 dicembre 2014

Eutanasia:LIBERI DI DECIDERE!!!!!

"Io non so se lo farei, ma vorrei essere libera di decidere" è uno degli interventi al link: Liberi di decidere.

Il tema è attuale, delicato, caldo. La vita di ognuno di noi a chi appartiene? Lo Stato può arrogarsi il diritto di negare ad ognuno la libertà e la facoltà di decidere non solo come vivere, ma anche come e quando morire?  Il suo dovere non dovrebbe essere quello di accompagnare tutti i cittadini in una vita dignitosa,   di offrire ad ognuno la possibilità di scelta? Il testamento biologico, bloccato da fraintendimenti  sul senso stesso della Democrazia,  in Italia non è un diritto, anzi. Lo Stato si arroga la  decisione sul come e quando un cittadino deve morire, anche in presenza di un fine vita pieno di sofferenza, dolore, impossibilità conclamata di guarire da malattie crudeli. Il cittadino, in questo modo, rimane un ostaggio nelle mani di pochi oltranzisti della religione e costringe chi vuole finire con dignità a varcare i  confini nazionali. Questo è un vulnus doppio: da una parte non considera la volontà del cittadino, dall'altra permette solo a chi ha la possibilità economica di sostenere le spese per un trasferimento in una clinica svizzera questo "lusso". 
Ricordo altri tempi oscuri per la democrazia, quando non c'era il diritto della donna all'aborto, alcune femministe presero contatti con cliniche inglesi, accompagnavano a Londra  a prezzi stracciati le donne che avevano la necessità di interrompere la gravidanza. Anche ora forse dovrebbero nascere organizzazioni simili ma sarebbero fuori legge, semiclandestine. Vogliamo questo?  Molto meglio sarebbe che i parlamentari decidessero di parlare alle centomila persone che hanno  firmato la petizione. Penso che nessun parlamentare di nessun colore politico abbia il diritto di ignorare queste richieste.
Questo diritto, come dice un intervento nel video, non farebbe aumentare le morti, ma farebbe sicuramente diminuire la sofferenza. 
Una legge sul fine vita non deve in nessun modo agevolare scelte definitive, lo Stato deve impegnarsi affinché chi lo chiede abbia tutta l'assistenza necessaria per decidere serenamente, perchè gli vengano prospettate tutte le possibilità diverse, ma alla fine nessuno può arrogarsi la facoltà di sostituirsi all'individuo in scelte etiche così importanti. 
Vogliamo questo diritto!
I milioni di donne e uomini che votarono per mantenere la legge sull'aborto non lo fecero per avere un facile  contraccettivo, ma per consentire alle donne tutte di impadronirsi della loro dignità , libertà, capacità di autogestirsi. Chi chiede caparbiamente una legge sul fine vita vuole banalmente concedere a tutti e ad ognuno la possibilità di scegliere con DIGNITA'.

LIBERI DI DECIDERE!!!! 

martedì 9 dicembre 2014

Indignamoci!!

L’affaire che coinvolge stragisti fascisti, mafia, politica e malaffare a Roma, il tutto guidato da Carminati, una cui biografia ce la offre Gramellini  su La Stampa, è tutta nelle mani della magistratura. Non sappiamo se Alemanno ne uscirà indenne come sostiene, neppure degli altri coinvolti sappiamo come e fino a che punto sono tali, lo decideranno gli inquirenti. L’unica certezza al momento pare essere la collusione fra personaggi del calibro di Carminati (fascista, stragista, accusato di omicidi e colluso con la mafia) con la politica di ogni colore. La certezza pare essere l’assegnazione di appalti a  personaggi come questi e, per conseguenza, la gestione dei quattrini di noi tutti. E’ questo il bivio che separa certa politica dalle persone per bene. Ovviamente non sono tutti uguali i politici, però è inquietante come il potere stia troppo spesso nelle mani dei “più uguali” fra loro. Soprattutto le persone normali si trovano a sentirsi vittime di meccanismi perversi e incontrollabili. Ho visto la vicenda Sindona in TV, leggiamo ogni giorno di personaggi che manovrano milioni di euro sulla testa delle persone normali, per bene. Sembra un mondo parallelo dal quale sono esclusi gli onesti.  E c’è come una cappa la malavita organizzata, le mafie ad ogni livello. E ci sono comportamenti mafiosi o mafiogeni che non fanno che aiutare questo malaffare. Ringraziamo le forze dell’ordine e gli inquirenti per il lavoro che fanno,  però non abbiamo più il diritto, nessuno lo ha più, di sorridere leggendo di mutande verdi comprate con i soldi pubblici, di lauree comprate a Tirana. Non abbiamo più il diritto di stare fermi mentre un condannato per truffa allo Stato viene chiamato a decidere come cambiare la Costituzione. Non ne abbiamo il diritto, altrimenti Carminati proseguirà ad avere carta bianca, altrimenti giudicheremo normale veder votare pregiudicati e criminali di ogni risma. E non abbiamo il diritto di accettare che un premier e segretario di un partito che era di centro sinistra dica che l’affluenza alle urne non è un problema. Questi sono i comportamenti che agevolano le mafie, la mancanza di indignazione. Carminati ha rapporti strettissimi con la politica che conta, di destra estrema e, a quanto dicono gli inquirenti, del PD, e "collaborano" con lui dirigenti delle coop già rosse. Se è vero questi personaggi debbono essere eliminati dalla politica attiva, altro che buona fede. Nulla è più come prima, dopo ogni retata di queste, tutto muta, cambia.  E invece assistiamo a spettacoli indecenti, indecorosi.  Giornalisti che fanno a gara a intervistare criminali e loro reggicoda, talkshow in cui ci si parla addosso e via dicendo. Indignamoci!!!



domenica 7 dicembre 2014

Figli del Salento: Gianni Alemanno

Facendo seguito all'articolo pubblicato in queste pagine, mi permetto di fare un 

Avviso ai giornali salentini on line e cartacei. 

Siccome siamo sempre attentissimi a segnalare la salentinità anche acquisita casualmente dei personaggi famosi, ultimi casi quello dell'astronauta e del medico colpito da Ebola, entrambi passati per qualche giorno da Galatina e sui quali si sono spesi litri di inchiostro, faccio notare che un altro personaggio, già famoso, poi dimenticato per qualche tempo, ora prepotentemente tornato in tutte le prime pagine, è salentino non già di adozione, ma proprio per ereditarietà. Il padre dell'ex Sindaco di Roma Alemanno Gianni,  era leccese, la madre gallipolina e già compagna di scuola di un'altra mamma importante, quella di Buttiglione. (http://it.wikipedia.org/wiki/Gianni_Alemanno) 
Penso che gli attentissimi direttori di testate leccesi non si faranno scappare queste delizie.

Nelle foto, tre momenti delle fatiche amministrative del salentino Alemanno.







sabato 6 dicembre 2014

Paolo Conte - Questa sporca vita



Se non avessi questa vita morirei....





Se non avessi questa vita morirei
Ogni mattina questo sole non avrei
Cosi ragazzo, cosi chitarra che non sai
A volertelo spiegare non saprei
Se non avessi questa vita morirei
Tutto il mio cielo in questo sonno spenderei
E piu ci penso e piu mi accorgo che e cosi
Ogni volta mi ritrovo sempre qui
A far trottare sotto il sole e la notte questa sporca vita
Che non ha mai pieta e non e mai finita
Se no che si fa
E piu ci penso e piu mi accorgo che e cosi
Se non avessi questo sogno morirei
In un terrore di vacanze creperei
Sopra l’asfalto in piedi non mi reggerei
A volertelo spiegare non saprei
A far trottare sotto il sole e la notte questa sporca vita
Che non ha mai pieta e non e mai finita
Se no che si fa
Se non avessi questa vita me ne andrei
Sulle scialuppe del tuo cuore salperei
Ma piu ci penso e piu mi accorgo che e cosi

venerdì 5 dicembre 2014

Indignamoci!!!

L’affaire che coinvolge stragisti fascisti, mafia, politica, malaffare, PD, coop già rosse, sinistri sedicenti di sinistra a Roma, il tutto guidato da Carminati, una cui biografia ce la offre Gramellini  su La Stampa, è tutta nelle mani della magistratura. Non sappiamo se Alemanno ne uscirà indenne come sostiene, neppure degli altri coinvolti sappiamo come e fino a che punto sono tali, lo decideranno gli inquirenti. L’unica certezza al momento pare essere la collusione fra personaggi del calibro di Carminati (fascista, stragista, accusato di omicidi e colluso con la mafia, utilizzato dalla P2, dai Servizi deviati e killer per professione) con la politica di ogni colore.

giovedì 4 dicembre 2014

Stiglitz, il nobel all'economia parla all'Europa

Economia
L'economia europea secondo il premio Nobel Stiglitz

 Il 22 settembre scorso, Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, legge la sua Lectio Magistralis alla Camera  dei Deputati di Roma. La stampa italiana non ne diede grande risalto, ma Il Manifesto sulle sue pagine  riporta ampi stralci di questo intervento che incide sulla carne viva dei tanti errori della politica economica europea.
Il testo completo del suo intervento: 

Non ho bisogno spiegare quanto sia drammatica la situazione economica in Europa, e in Italia in particolare. L’Europa è in quella che può definirsi una «triple dip recession», con il reddito che è caduto non una, ma tre volte in pochi anni, una recessione veramente inusuale. Così l’Europa ha perso la metà di un decennio: in molti paesi il livello del Pil pro capite è inferiore a quello del 2008, prima della crisi; se si estrapola la serie del Pil europeo sulla base del tasso di crescita dei decenni passati, oggi il Pil sarebbe del 17% più alto: l’Europa sta perdendo 2000 miliardi di dollari l’anno rispetto al proprio potenziale di crescita.

Oggi abbiamo a disposizione una grande quantità di dati sull’impatto delle politiche di austerità in Europa. I paesi che hanno adottato le misure più dure, ad esempio chi ha introdotto i maggiori tagli al proprio bilancio pubblico, hanno avuto le performance peggiori. Non solo in termini di Pil, ma anche in termini di deficit e debito pubblico. Era un esito previsto e prevedibile: se il Pil decresce anche le entrate fiscali si riducono e questo non può far altro che peggiorare la posizione debitoria degli stati. Tutto ciò avviene non perché questi paesi non abbiano realizzato politiche di austerità, ma proprio perché le hanno seguite. In molti paesi europei siamo di fronte non a una recessione, ma a una depressione.

La Spagna, ad esempio, può essere descritta come un paese in depressione se si guardano gli impressionanti dati sulla disoccupazione giovanile di quel paese. La disoccupazione media è al 25% e non ci sono prospettive di miglioramento per il prossimo futuro (…).
Quali sono le cause? Devo dirlo con molta franchezza: l’errore dell’Europa è stato l’euro.
Quando faccio questa affermazione voglio dire che l’Euro è stato un progetto politico, un progetto voluto dalla politica. Robert Mundell, premio Nobel per l’economia, sosteneva fin dall’inizio che l’Europa non presentava le caratteristiche di un’«area valutaria ottimale», adatta all’introduzione di un’unica moneta per più paesi. Ma a livello politico si riteneva che la moneta unica avrebbe reso l’Europa più coesa, favorendo l’emergere delle caratteristiche proprie di un area valutaria ottimale. Questo non è successo; l’euro, al contrario, ha contribuito a dividere e frammentare l’Europa.

GLI ERRORI CONCETTUALI
Vediamo gli errori concettuali alla base del progetto dell’euro (…). Quando si crea un’area monetaria si vanno ad eliminare due meccanismi di aggiustamento, i tassi di cambio e i tassi di interesse. Gli shock sono inevitabili e in assenza di meccanismi di aggiustamento si va incontro a lunghi periodi di disoccupazione. I 50 stati federati degli Usa hanno un bilancio unitario a livello federale e due terzi della spesa pubblica negli Stati Uniti sono a livello federale. Quando uno stato come la California ha un problema, può contare ad esempio sull’assicurazione pubblica contro la disoccupazione, che è finanziata da fondi federali. Se una banca in California è in crisi, viene attivato un fondo di emergenza anch’esso dotato di risorse federali. Un’altra differenza di fondo tra gli stati che compongono gli Usa e quelli dell’Unione Europea è che nessuno negli Stati Uniti si preoccuperebbe per lo spopolamento del Sud Dakota a seguito di una crisi occupazionale, anzi, l’emigrazione è vista come un meccanismo fisiologico. Ma in Europa un’emigrazione come quella che ha caratterizzato la componente più giovane e istruita della popolazione del sud Europa — dove la disoccupazione giovanile è a livelli elevatissimi — ha effetti negativi di impoverimento di quei paesi, con tensioni sociali e frantumazione delle famiglie. Sono costi sociali che non sono calcolati dal Pil. Tutto ciò era stato in qualche modo previsto nel momento in cui si è deciso di introdurre l’euro (…).

Quali altri errori sono stati compiuti? Innanzi tutto l’idea che le cose si sarebbero risolte se i paesi avessero mantenuto un basso rapporto tra deficit o debito pubblico e Pil. È l’idea che sta dietro al Fiscal compact. Ma non c’è nulla nella teoria economica che offra un sostegno ai criteri di convergenza adottati in Europa. Anzi, la realtà ci mostra come quei criteri fossero sbagliati: Spagna e Irlanda avevano un bilancio pubblico in avanzo prima del 2009, non avevano sprecato risorse. Eppure hanno avuto delle crisi gravissime. Il debito ed il disavanzo di questi paesi si sono creati successivamente, per effetto della crisi, e non viceversa. Il fatto di aver introdotto un Fiscal compact che impone vincoli ferrei al disavanzo e al debito non risolverà i problemi, né aiuterà a prevenire la prossima crisi.

Un altro elemento che non è stato valutato appieno è che quando un paese si indebita in euro, piuttosto che in una moneta emessa dal paese che contrae il debito, si creano automaticamente le condizioni per una crisi del debito sovrano. Il rapporto debito/Pil negli Stati Uniti è analogo a quello europeo ma gli Usa non avranno mai una crisi del debito sovrano come quella che ha investito l’Europa. Perché? Perché l’America si indebita in dollari, e quei dollari verranno sempre rimborsati perché il governo degli Stati Uniti può stampare i propri dollari.

La crisi che ha colpito i debiti sovrani di numerosi paesi europei negli ultimi anni è simile a quanto ho visto molte volte quando ero capo economista della Banca Mondiale: paesi come l’Argentina o l’Indonesia hanno vissuto profonde crisi causate proprio dal fatto che si erano indebitati in valute che non potevano controllare. Quando questo avviene c’è sempre il rischio di una crisi del debito, e in Europa le condizioni per questo tipo di crisi sono state create con l’introduzione dell’euro. L’unica soluzione possibile nell’attuale situazione europea è piuttosto semplice e si chiama Eurobond. Tuttavia, sembrano esserci ostacoli politici a questa soluzione che la rendono impraticabile, ma questa sembra l’unica via d’uscita logica.

Inoltre, con l’euro si è creato un sistema fondamentalmente instabile. L’obiettivo iniziale era quello di favorire la convergenza tra gli stati europei, attraverso la disciplina fiscale dei paesi membri. Il sistema che è stato creato in realtà produce divergenza. Il mercato unico, la libera circolazione dei capitali in Europa sembrava essere la strada verso una maggiore efficienza economica. Ma non ci si rese conto del fatto che i mercati non sono perfetti. Negli anni ottanta c’erano alcuni economisti convinti del perfetto funzionamento dei mercati, mentre oggi siamo consapevoli delle innumerevoli imperfezioni che li caratterizzano. Ci sono imperfezioni da lato della concorrenza, imperfezioni sul versante del rischio e dell’informazione. I mercati non sono quelli descritti dai modelli economici semplificati (…).

L’INSISTENZA SULLE RIFORME STRUTTURALI
Oggi si insiste molto sulle riforme strutturali che i singoli stati dovrebbero introdurre (…) Quando si sente la parola riforma si è portati a pensare a qualcosa dagli esisti sicuramente positivi, ma sotto quest’etichetta possono nascondersi misure dagli esiti profondamente negativi. Le riforme strutturali in realtà sono quasi tutte viste dal lato dell’offerta, con obiettivi come l’aumento dell’offerta o della produttività. Ma, è realmente questo il problema dell’Europa e dell’economia globale? No. I problemi oggi sono legati a una debolezza della domanda, non dell’offerta. Le riforme strutturali sbagliate aggraveranno, attraverso la riduzione dei salari o l’indebolimento degli ammortizzatori sociali, la debolezza della domanda aggregata, con ovvie conseguenze su disoccupazione e dinamica macro-economica. E’ necessario anche riflettere sul momento in cui si possono adottare tali riforme.

Senza scendere nel merito delle riforme del mercato del lavoro nei diversi paesi europei, vorrei farvi notare che i paesi caratterizzati da un mercato del lavoro fortemente flessibile non hanno evitato le gravi conseguenze della crisi. Gli Stati uniti erano apparentemente il paese con il mercato del lavoro più flessibile, ma hanno avuto una disoccupazione al 10%. E anche oggi, quando viene propagandata la grande ripresa dell’economia statunitense, con una disoccupazione ridotta al 6%, bisogna pensare che c’è una fetta della popolazione americana sfiduciata al punto tale da aver smesso di cercare un’occupazione. Il tasso di disoccupazione reale degli Stati Uniti è attorno al 10% (…).

Che cosa dovrebbe dunque fare l’Europa? Sembra veramente difficile che si possa risolvere la crisi intervenendo con riforme nei singoli paesi senza riformare la struttura dell’eurozona nel suo complesso. Su alcuni di questi interventi strutturali sembrerebbe esserci un discreto consenso.

In primo luogo, una vera Unione bancaria, fatta di vigilanza e di assicurazione comune sui depositi, faciliterebbe la risoluzione congiunta delle crisi. Si tratta di misure urgenti, e l’urgenza è data dai numerosi fallimenti di imprese e banche, che possono danneggiare seriamente le prospettive di crescita future.

In secondo luogo, è necessario un meccanismo federale di bilancio in Europa che potrebbe prendere, ad esempio, la forma degli Eurobond, una soluzione pratica e facile che consentirebbe all’Europa di utilizzare il debito in funzione anticiclica, come hanno fatto gli Stati Uniti in questi anni. Se l’Europa potesse indebitarsi a tassi di interesse negativi come stanno facendo gli Stati Uniti potrebbe stimolare molti investimenti utili, rafforzare l’economia e creare occupazione. E i soldi che oggi vengono spesi per il servizio del debito dei singoli paesi potrebbero essere utilizzati per politiche di stimolo alla crescita.

In terzo luogo, l’austerità va abbandonata e va adottata una strategia articolata di crescita. I paesi europei sono molto diversi tra loro, ad esempio in termini di produttività. Sono dunque necessarie politiche industriali che favoriscano la crescita della produttività nei paesi più deboli, ma tali politiche sono precluse dai vincoli di bilancio imposti agli stati membri.

Un ostacolo ulteriore è rappresentato dalla politica monetaria. Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha un mandato articolato su quattro obiettivi: occupazione, inflazione, crescita e stabilità finanziaria. Oggi il principale obiettivo della Federal Reserve è l’occupazione, non l’inflazione. Al contrario la Banca Centrale Europea ha come unico mandato l’inflazione, si concentra unicamente sull’inflazione. Questo viene da un’idea che era molto di moda, benché non comprovata da alcuna teoria economica, quando lo Statuto della BCE è stato redatto. L’idea consisteva nel considerare la bassa inflazione come l’elemento di traino fondamentale e quasi esclusivo per la crescita economica. Nemmeno il Fondo Monetario Internazionale condivide più questa convinzione, ma l’Europa non sembra in grado di abbandonarla.

Questa politica monetaria sbagliata, può produrre e sta producendo conseguenze economiche gravi. Se gli Stati Uniti mantengono bassi i loro tassi di interesse per stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro, mentre in Europa i tassi continuano a mantenersi più elevati, in una logica anti-inflazionistica, questo favorisce l’afflusso di capitali e l’apprezzamento dell’euro. E questo, ovviamente, rende ancora più difficile esportare le merci europee con un evidente impatto negativo sulla crescita. Quando gli Stati uniti hanno cominciato ad adottare un politica monetaria fortemente espansiva ricorrendo al «Quantitative easing», l’esito positivo di questa politica è stato facilitato dal fatto che l’Europa non ha fatto lo stesso.

PATOLOGIE USA E UE
Se l’Europa avesse abbassato i propri tassi di interesse nello stesso modo in cui l’ha fatto la Federal Reserve, la ripresa negli Stati Uniti sarebbe arrivata molto più lentamente. Il paradosso, dunque, è che gli Stati Uniti dovrebbero ringraziare l’Europa per aver aiutato la ripresa dell’economia americana tramite le sue politiche monetarie sbagliate.

Ci sono altri aspetti da considerare. Viviamo oggi in un economia fortemente legata all’innovazione tecnologica e alla conoscenza. Ma per favorire l’innovazione sono necessari investimenti costanti e di grandi dimensioni in comparti come l’istruzione e le infrastrutture. Si tende a pensare agli Stati Uniti come a un’economia innovativa. Questo è vero, ma è necessario ricordare che negli Stati Uniti le innovazioni più importanti, come Internet ad esempio, sono state sostenute e finanziate attivamente dal governo. C’è stata una politica attiva dell’innovazione. Quando ero a capo del Gruppo dei consiglieri economici della Casa bianca, verificammo che i benefici degli investimenti pubblici in innovazione erano superiori a quelli prodotti dagli investimenti privati. Si tratta di esempi di politiche attive per la crescita che avrebbero effetti molto positivi e che vanno in una direzione opposta a quella del rigore che sta strangolando l’Europa.

Infine, dobbiamo renderci conto che sia l’economia europea che quella statunitense erano affette da un patologia ancor prima dell’esplosione della crisi. Fino al 2008 l’economia europea e quella americana erano sostenute da una bolla speculativa che interessava principalmente il settore immobiliare. In assenza di quella bolla si sarebbero visti tassi di disoccupazione molto più elevati. Ovviamente non vogliamo tornare a una crescita fondata su bolle speculative (…).

È necessario comprendere, dunque, quali sono i problemi di fondo che colpivano le nostre economie già prima della crisi e che, oltre a non essere stati affrontati sino ad oggi, sono peggiorati durante la recessione. Il primo problema sono le disuguaglianze crescenti nelle nostre società. La crisi ha contribuito ad aumentarle ovunque, negli Stati uniti i benefici della ripresa sono andati quasi completamente all’1% più ricco della popolazione. Negli Usa il valore del reddito mediano (quello che vede metà degli americani con redditi più alti e l’altra metà con redditi inferiori) al netto dell’inflazione è oggi più basso di 25 anni fa. Questo fa si che la famiglia americana media non abbia soldi da spendere e, di conseguenza, la domanda aggregata rimane debole. Il secondo elemento è legato alla necessità di una trasformazione strutturale verso l’economia della conoscenza. Una trasformazione che i mercati non sono in grado di gestire. Il ruolo di guida e di stimolo di tali trasformazioni dev’essere esercitato dai governi i quali, a causa della crisi attuale, non hanno in alcun modo svolto questo compito (…)

La politica industriale sarà senz’altro uno degli strumenti fondamentali per uscire da questa situazione. È necessario un Fondo europeo per la disoccupazione e un Fondo europeo per le piccole imprese, investimenti che vadano molto oltre quello che fa oggi la Banca europea degli investimenti.

Oltre alle cose che andrebbero fatte vi sono, però, anche cose che non vanno fatte. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, ho già detto che maggiore flessibilità non aiuterà a risolvere i problemi attuali, anzi li aggraverà aumentando le disuguaglianze e deprimendo ulteriormente la domanda. La situazione italiana, ad esempio, vede già presente un elevato grado di flessibilità; aumentarla ancora indebolirebbe l’economia senza portare vantaggi. Bisogna essere molto cauti.

COSA NON BISOGNA FARE
Un’altra cosa che l’Europa non deve fare è sottoscrivere il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip). Un accordo di questo tipo potrebbe rivelarsi molto negativo per l’Europa. Gli Stati Uniti, in realtà, non vogliono un accordo di libero scambio, vogliono un accordo di gestione del commercio che favorisca alcuni specifici interessi economici. Il Dipartimento del Commercio sta negoziando in assoluta segretezza senza informare nemmeno i membri del Congresso americano. La posta in gioco non sono le tariffe sulle importazioni tra Europa e Stati uniti, che sono già molto basse. La vera posta in gioco sono le norme per la sicurezza alimentare, per la tutela dell’ambiente e dei consumatori in genere.

Ciò che si vuole ottenere con questo accordo non è un miglioramento del sistema di regole e di scambi positivo per i cittadini americani ed europei, ma si vuole garantire campo libero a imprese protagoniste di attività economiche nocive per l’ambiente e per la salute umana. La Philip Morris ha fatto causa contro l’Uruguay perché l’Uruguay vuol difendere i propri cittadini dalle sigarette tossiche. La Philip Morris nel tentativo di contrastare le misure adottate in Uruguay per tutelare i minori o i malati dai rischi del fumo si è appellata proprio ai quei principi di libero scambio che si vorrebbero introdurre con il Ttip. Sottoscrivendo un accordo simile l’Europa perderebbe la possibilità di proteggere i propri cittadini. Questo tipo di accordi, inoltre, aggravano le disuguaglianze e, in una situazione come quella europea, rischierebbero di approfondire la recessione.

SI PUÒ ANCORA ASPETTARE?
L’Europa può ancora permettersi di aspettare? Se non si cambia la struttura dell’eurozona, se l’Europa continua sulla strada attuale, si candida a perdere un quarto di secolo, dovete esserne consapevoli. Quando eravamo nel mezzo della Grande Depressione degli anni trenta, non si sapeva quanto sarebbe durata, ed è finita solo con la seconda guerra mondiale e la massiccia spesa pubblica che l’ha accompagnata. Non dobbiamo augurarci che l’attuale crisi venga risolta allo stesso modo, ma oggi l’Europa ha le mani legate.

Infine, la questione della democrazia. C’è un deficit di democrazia creato dall’introduzione dell’euro. Gli elettori votano a favore di un cambiamento delle politiche, poi arriva un nuovo governo che dice «ho le mani legate, devo seguire le stesse politiche europee». Questo compromette la fiducia nella democrazia. Oltre alle argomentazioni economiche che rendono necessario un cambiamento c’è questa disaffezione nei confronti della politica, che porta al rafforzamento delle forze estremiste. Non è soltanto l’economia che è in gioco, la posta in gioco è la natura delle società europee.



Folla sulla cattedrale di Tricase


Affollatissimo tetto nella cattedrale di Tricase
chissà se da lassù benedicono sotto o guardano stupiti...



mercoledì 3 dicembre 2014

Famoso non sarai se in Salento non passerai.

Faceva notare l’amico Pierpaolo Tarsi in un bell’articolo su Fondazione terra d’Otranto come sia difficile diventare noti senza avere avuto almeno un passaggio nel basso Salento. Negli ultimi mesi abbiamo letto che la Cristoforetti, prima donna astronauta italiana, è stata a Galatina a imparare a volare. Dopo di lei una notizia più triste, però il personaggio è, ahinoi, noto. Il medico di Emergency colpito da ebola è stato lui pure a Galatina, in ospedale però. I giornali salentini non possono che fiondarsi su queste notizie quasi a dimostrare l’imprescindibile salentinità dell’umanità intera. Ma forse non sanno che Adriano Celentano una volta mangiò una guantiera di pasticciotti regalatigli da un fan. Senza quelli sarebbe a mendicare nella via Gluk forse. Anche il nobel Dario Fo ben otto volte (cosa che lo lanciò nella corsa all’ambito riconoscimento) pronunciò la parola “Salento”. Ah questi giornalisti che si lasciano sfuggire queste chicche, non ci sono più i reporter di una volta!
C’è tuttavia una salentina DOC che è assurta alle cronache internazionali e, chissà perchè, nessuno sembra volerne parlare, nessuno è profeta in patria evidentemente.

martedì 2 dicembre 2014

Tremonti voleva vendere le coste. Renzi lo fa!

Riporto l’articolo su L’Espresso che riguarda un disegno di legge incredibile, che offre la proprietà delle spiagge trasformando il demanio in patrimonio. In allegato il DDL completo. Si tratta di un vero e proprio regalo agli speculatori e a quanti hanno interessi di ogni tipo a danno e a scapito delle persone che vogliono semplicemente avvicinarsi al mare. Dovremo pagare il pizzo anche per fare una passeggiata sulla battigia? 

L' (in)civiltà dentro facebook.

269 “mi piace”, 354 condivisioni. Sono gli esiti di un post pubblicato su facebook. Il testo della frase che tanto piace e tant osi condivide era: “sei morta troia”, l’aveva messa la persona che poco prima aveva ammazzato l’ex moglie. Mille domande si possono fare, probabilmente si avranno mille risposte, l’anonimato della rete consente a chiunque di dire qualunque cosa, senza ritegno, senza remore, senza regole. Le regole sociali che si perdono come si perde il linguaggio, la capacità di parlare guardandosi negli occhi. Quanti “mi piace” circolano in rete? Quanti sconosciuti si prodigano a solidarizzare con non si sa cosa o chi? E’ appena passata la giornata contro la violenza sulle donne, subito un padrone ritiene di poterne massacrare una e di postare la sua virilità su facebook. E’ ancora vivo l’orrore per il bimbo ammazzato negli USA e in Italia un bimbo di otto anni viene trovato strangolato e gettato in un canale, una violenza che è stillicidio, goccia a goccia, i morti per fame e morbillo sono lontani, troppo. Non li contiamo neppure, macchè, noi contiamo i nostri morti, quello della donna uccisa da un ex marito con il quale ha condiviso attimi, anni, giorni, esperienze, con il quale ha fatto un figlio. E subito davanti ad una tastiera 354 complici dell’omicida condividono, come fosse festa.  Subito 269 mettono “mi piace”, con gioia forse, sicuramente senza coscienza, senza etica, senza messaggi diversi da quelli dell’orrore. Queste sono persone che domani andranno a votare, che forse, al bar sport, commentano la partita del milan (o della juventus, per par condicio) e che certamente non conoscono grammatica e sintassi. Nessun’altra diversa da quella dell’inciviltà. Intanto noi ci chiediamo in quale maledetto mondo stiamo vivendo, soprattutto quali mostri ha creato la nostra (in)civiltà. Nessuno, penso, si può sentire non coinvolto, come diceva De Andrè un tempo. 


lunedì 1 dicembre 2014

Lecce, la città dove pubblico e privato interagiscono nella lotta contro i pedoni.

Par condicio a Lecce. Le tre foto sotto sono state scattate nel giro di 100 mt. in via Cesare Battisti Nella prima e seconda è palese l'imbecillità di alcuni ignobili privati che, sia pure in presenza di cassonetti e campane vuoti, lasciano  a terra le loro immondizie. 
Nella terza invece è il Comune a brillare per assenza. Un' apoteosi di erbacce   In entrambi gli interventi (quello pubblico e quello privato) si evince la ferma volontà di impedire l'utilizzo  del marciapiedi, con particolare riguardo per le mamme con bimbi su passeggini e delle carrozzine per invalidi. Chapeau! 




domenica 30 novembre 2014

TAP... solo un tubetto

Le foto sotto sono di Sant’Andrea. A poche decine di metri da qui, a San Foca,  qualcuno insiste per far arrivare TAP. Un “tubetto”. Non so perché ma mi sembra che avrebbe lo stesso effetto mettere antenne per telefoni cellulari sulla torre di Pisa, “sono solo antennucce”.







venerdì 28 novembre 2014

Intervista a Ferdinando Boero

Ferdinando Boero
Chiaccherata con Ferdinando Boero, docente di biologia marina all’Unisalento di Lecce, collabora con alcuni quotidiani (La Stampa, Il Secolo XIX, Nuovo Quotidiano di Lecce) e altre testate scientifiche e non. Personaggio eclettico, scienziato che è difficilissimo trovare a casa perché chiamato in ogni parte del mondo a parlare della sua specializzazione.
Oltre che lo studio delle meduse, delle quali è uno dei massimi esperti a livello mondiale, e della biologia marina in genere, uno dei suoi amori più grandi è stato da sempre Frank Zappa, e una medusa da lui scoperta ne porta il nome.
Genovese trapiantato in Salento, ogni tanto ci si incontra, si scambiano otto parole e quattro battute e battutacce sulla vita, il lavoro, la politica, il succo di melograno ed altre amenità.  Siccome il prof. Boero ha un curriculum esageratamente impegnativo da riportare, rimando alla sua scheda nel sito unisalento .

martedì 25 novembre 2014

Fine settimana GRAN BAZAR al Fondo Verri



Gran bazar

banco dell'editoria, degli autori e della poesia del Fondo Verri

Racconti del territorio luoghi, narrazioni, musica e visioni di poesia
Venerdì 28 novembre
- Ore 18.00 –Raccontare i luoghi
  Tra formiche e formiconi. La Puglia di Tommaso Fiore a cura Domenico Fazio
- Ore 19.15- Luoghi narranti
 “Lucugnano e il suo territorio. Storia, architetture, archeologia e paesaggio di un      paese del Capo di Leuca” di Marco Cavalera. Con l’autore Giuliana Coppola e Gianni  Ferraris
- Ore 20.30 –La musica
Radicanto il mondo alla rovescia (rassegna Mare Aperto)
Recital musicale a cura di Claudio Prima, Giuseppe De Trizio, Fabrizio Piepoli
Sabato 29 novembre
- Ore 18.00 - Il libro
Aspettati l’inferno di Omar Di Monopoli, ISBN edizioni
- Ore 19.15 - Luoghi narranti
Il Museo di Arte Contemporanea di Matino (MACMa) Salvatore Luperto e Anna Panareo raccontano la collezione di opere verbo-visive.
- Ore 20.30 – Poesia
Letture da I versi della polvere. L'Aquila, 6 aprile 2009 di Lara Savoia, Argo editore
- Ore 21.30 – Editoria
Musicaos party
Domenica 30 novembre
- Ore 18.00 - Il libro
La pittora dei demoni di Antonio Errico, Manni Editori
- Ore 19.15 – Luoghi narranti
L’ecomuseo delle Bonifiche di Frigole lo raccontano Ernesto Mola e Antonio Passerini
Ore 20.30 – Raccontare i luoghi - Fotografia
Andrea Morgante, Come dio vuole, luci e visioni della terra, libro fotografico edito da Kurumuny
- Ore 21.30 - Il recital
Omaggio alla Sardegna e all’opera di Maria Lai a cura di Salvatore Calafior
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