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sabato 25 maggio 2013

Pericle... così, per ricordare.


 Discorso agli ateniesi 461 a.c. Pericle -
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo
viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro
dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell'eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di
altri,chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una
ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non
siamo sospettosi l'uno dell'altro e non infastidiamo mai il nostro
prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia
siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle
proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici
affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato
anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che
risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è
buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della
democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà
sia solo il frutto del valore.


Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell'Ellade e che ogni
ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,
la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la
nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così

venerdì 24 maggio 2013

I morti sono tutti uguali? Pensando al militare inglese ammazzato.



E’ difficilissimo trovare dati certi sulle morti di civili in Afghanistan in questi anni eterni di guerra. Pace Reporter parla di almeno 50.000 morti: 2000 soldati NATO, 27.000 guerriglieri, 14.000 civili, 7.000 militari afghani.
Per contro l’UNAMA (Un Assistance Mission in Afghanistan), agenzia ONU, dice che nel solo 2011 i civili uccisi sono stati 3.021, nel 2010 furono 2.790, nel 2009 2.412. Dati ovviamente plausibili,  forse calcolati per difetto, tengono conto delle sole azioni di guerra, tralasciando gli effetti collaterali: povertà, fame, criminalità, devastazione. Soprattutto non tengono conto delle migliaia di persone, bimbi e adulti, menomati, feriti gravemente, comunque con una vita tranciata.
A fronte di questi dati il criminale attentato a Londra, dove due nigeriani hanno colpito ed ammazzato a colpi di mannaia (impropriamente chiamata machete) e coltelli un militare britannico, induce a pensare. Si parla di “attacco terroristico”, e se invece si provasse a dire che “l’esportazione della democrazia” con i metodi fin qui utilizzati dai paesi sedicenti civili, è stato l’errore più clamoroso dell’occidente? Assolutamente non si intende giustificare nessun tipo di violenza, tanto più quando è così efferata, però pensavo: e se gli assassini del militare si fossero sentiti in guerra contro chi è in guerra in altri luoghi? Una sorta di “anche se non ve ne siete accorti, siete lo stesso coinvolti”, per dirla con Fabrizio De Andrè. E se avessero voluto dire “là si vive così, in attesa di un altro bombardamento”. Un paese civile e democratico ha il dovere di agire con civiltà e democrazia, piuttosto che di armarsi ed attaccare un altro paese. E quando c'è guerra, non è giusto pensare che sia cosa di altre persone e di altre terre, che non ci riguardi tutti quanti, tanto più quando tornano bare avvolte con bandiere e gli “eserciti” nemici non sono convenzionali, ma militanti. E ancora fa molto pensare come le truppe più attrezzate, moderne e imponenti del mondo, oltretutto in coalizione, non riescano ad avere ragione di un manipolo di “straccioni”, almeno così vengono dipinti i talebani dalla maggior parte dei media. I casi sono due, o qualcuno non è così attrezzato, o qualcuno non ce la racconta giusta sulle capacità dell’esercito avversario.  
Tutta la stampa mondiale piange il militare morto, giustamente. Nessun cenno ai 14.000 civili afghani? Forse un morto inglese o italiano o statunitense è più morto di un altro?
Comunque sia l’antica saggezza aveva un senso, un tempo si diceva: “chi semina vento raccoglie tempesta”. Appunto!



giovedì 23 maggio 2013

23 maggio 1992 - Strage di Capaci





23 maggio 1992 presso lo svincolo di Capaci vengono trucidati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicilio e Antonio Montinaro. La strage mafiosa venne decisa dalla “commissione” presieduta da Salvatore (Totò) Riina. In un primo momento gli obiettivi dovevano essere Martelli, ministro all’epoca dei fatti, e Falcone. Riina decise però che il giudice doveva cadere in Sicilia con l’utilizzo di esplosivo. Pietro Rampulla si occupò dei 400 kg. di tritolo mettendoli sotto un cunicolo dell’autostrada, Giovanni Brusca premette il telecomando. Brusca, per ricordare, è lo stesso che sciolse nell'acido Giuseppe Di Matteo  un bimbo figlio di un pentito. Il 23 maggio 1992 all’Ucciardone si festeggiò. Pochi mesi dopo toccò a Borsellino. La trattativa Stato mafia era nel pieno del suo splendore. Pochi mesi dopo Berlusconi (sodale di Dell’Utri) entra in politica.

Il duro lavoro dei parlamentari

Silvana Amati del PD e Fucsia Nissoli di Scelta Civica sono due parlamentari toste, hanno a cuore il destino dei disoccupati, dei cassaintegrati, della sanità, della crisi economica. Per questo utilizzano il loro tempo di parlamentari a fare interrogazioni. L'ultima è la più incisiva sui destini dell'Italia (forse dell'Europa intera), si chiedono, le due parlamentari, perchè la RAI non trasmette più Miss Italia.  

mercoledì 22 maggio 2013

Venner si suicida... La non notizia

«Serviranno certamente gesti nuovi, spettacolari e simbolici per scuotere i sonnolenti, le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini». Lo aveva scritto martedì mattina sul suo blog lo storico francese di estrema destra Dominique Venner, invitando all'azione contro la «probabilità che la Francia cada nelle mani degli islamisti» e contro la legge sui matrimoni omosessuali, promulgata sabato scorso dal presidente François Hollande.  (Fonte: Il Corriere della Sera)

Ieri, 22 maggio 2013, il signor Venner si è sparato sull'altare di Notre Dame, a Parigi. I fanatismi spesso possono portare molto oltre il buon senso. Spacciare per "storico" un individuo che vede la strada verso l'islamismo costellata da matrimoni gay è già di per  cosa stramba. E' come se dicessimo (qualcuno lo fece in realtà, ma Fanfani non si spacciava per storico) che la legge sull'aborto (della quale ricorre oggi il 17° anniversario della promulgazione in Italia) è il prologo per le invasioni sovietiche. Macchè, con tutto il rispetto verso i suicidi e verso i morti, posso dire serenamente che questa morte non mi emoziona per nulla. Purtroppo di pessimi maestri, di cascami dell'umanità è pieno il mondo, Borghezio ne è un fulgido esempio, gentaglia che fa del disprezzo degli altri, ritenendoli diversi, una filosofia di vita, che parla di razze riferendosi agli uomini, personaggi che si ritengono superiori data la loro origine cristiana, quando il Cristo scelse altri luoghi per nascere, come ben sanno tutte le persone normali, e comunque probabilmente  ha il sangue che bolle ogni volta che uno di questi neo qualcosa parla di cristianesimo per giustificare i massacri di persone. No, proprio non mi emoziona questo suicidio.

martedì 21 maggio 2013

Paese Nuovo... Si riposa...




E quindi uscimmo a riveder le stelle (Inferno XXXIV)
Non so perché mi è venuto questo incipit per dire della pausa di pubblicazione di un giornale. In realtà stelle ne abbiamo viste molte in questi anni, bianche, rosse, verdi, blu. Tuttavia la sensazione è di uscire en plein air. Sempre si camminava sull'onda dell’attualità, molti di noi nei meandri della politica, magari senza più riuscire a prenderci troppo sul serio, forse senza neppure credere che un paese bizzarro come il nostro potesse rinascere sull'onda di parole scritte, gettate, volatili, dette, sussurrate, ridette, quasi un mantra infinito il dire le cose che vanno male, l’irrealtà che circonda questa politica che era speranza ed è divenuta non amica, logorata, sempre uguale a sé stessa. Ed è sempre stupore quando qualcuno incontrato al bar Matteotti o sotto la colonna di Sant'Oronzo dice: “ti leggo sai?” Erano i momenti in cui capivi di non parlare al vento, allora arrivavano i dubbi. Improvvisamente ci si rendeva conto che l’utilizzo delle parole deve essere moderato, mediato. Però poi leggi i poeti e ti dici “allora facciamo poesia”, leggi Vito Antonio Conte e dici “scusate mi sono sbagliato, lui la sa fare, io no, meglio che mi occupi d’altro, quasi quasi mi cucino un risotto”.  Poi leggi Maira e dici che è vero, che il Salento è quello che lei dice e che noi stranieri riusciamo a scorgere, ad amare e detestare, a seconda dall'angolo da cui si guarda. Ma no, meglio, molto meglio parlare di scirocco che rende umide le cose, di tramontana che asciuga le anime mentre vagano senza stelle… cercando di rivederle… cercando lune e falci di luna… ascoltando Mino de Santis che canta in lontananza “Salento, lento, lento, lento” mentre un’auto ti sorpassa va a velocità indicibili e passa sotto un segnale che dice di “alto rischio di incidentabilità”, roba da Salento, appunto. Perché la velocità la si vive o non la si può conoscere. Come la lentezza, come l’infinito che non sappiamo, o il “per sempre” che si dicono sciagurati amanti guardandosi negli occhi davanti ai laghi Alimini. E qui il dubbio sorge, il “per sempre” è un mare senza coste dove arriva lo sguardo, il lago è chiuso, piccolo, triste a volte, il per sempre non ha sponde. Macché  in questi lunghi (?) anni è passato di tutto sui fogli di questo giornale, la politica politicante, quella impolitica, amministrazione che non amministra mica bene e l’opposizione che si oppone (inascoltata perché la legge vuole che la giunta sia sovrana), è passato Vendola con Woitek, ma è passato Verri con le sue poesie, i suoi amici e quella maledetta morte arrivata esageratamente presto. Lui forse, vedendo lo stato dell’Italietta di oggi tornerebbe, chissà, a fare il pensionante dei saraceni per accogliere chi sa dire poesia e leggere dietro le parole, chi sa guardare dalla torre del serpe e vedere i turchi arrivare su barconi guidati da scafisti. O forse, chissà, inventerebbe una parola nuova per rifare poesia. Noi siamo stati qui, allertati sui luoghi dell’allerta e sulle torri di guardia, a leggere storie e storiacce. A volte mangiando un rustico.  
Ma si, dai, in fondo è stato bello starsene qui tutto questo tempo, fra amici, a leggerci, commentarci, ridere, imparare. A leggere (compiacenti) quello che dotti medici e sapienti scrivono in altri fogli, sicuramente più noti e venduti, ma che hanno, i fogli, molto spesso un’ansia da prestazione di arrivare per primi a dire le cose, quando primi nel mondo dell’informazione non si è mai. Perché in fondo un incidente rimane tale anche mezz'ora dopo, meglio, molto meglio capire perché.  E’ forse anche questo è un modo di fare poesia. Gocce di rugiada, pioggia sottile e lieve, sole accecante. “Face cautu” in estate, “Face friddu” in inverno. Come se non fosse naturale, come se non fosse scontato. Parole al vento nella primavera salentina, parole sparse nella testa. Il privilegio di aver conosciuto e letto le parole di Amadou che scrive e vende i libri che scrive camminando sulla strada e sempre sorridendo, vuoi mettere confronto alla politica politicante ed autoreferenziale? Quella va a finire che parla di povertà davanti ad un astice e dice “che poveri i poveri…”. Ma si, usciamo a riveder le stelle, in fondo si può. 

Il saluto del direttore Mauro Marino (au revoir?) : http://www.pnquotidiano.it/edicolaonline/Lavori%20in%20corso%20-%20Locandina.pdf

lunedì 20 maggio 2013

Lindbergh... e Giulia


Il 20 maggio 1927 si può dire che sia inizia l’era moderna. Alle 7,52 lo Spirit of Saint Louis, pilotato da Charles Lindbergh, decolla da Long Island (News York)I alla volta di Le Bourghet (Parigi) dove atterrerà il 21 maggio alle 10,22. Fu la prima trasvolata atlantica. Da allora è successo di tutto, oggi addirittura si vola low coast. A proposito, leggo che le hostess Ryan air si debbono comprare la divisa (400 euro) e pagare i corsi per la sicurezza (2000 euro). Per non dire degli stipendi. Chissà se Lindbergh si stia rivoltando nella sua culla…


P.S. - il 20 maggio è il compleanno di mia figlia Giulia.... Auguri.