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sabato 14 gennaio 2012

Concordia

costaconcordia
concordia.....


Giù botte all'imbianchino


La Francia perde la tripla A. L’Italia perde il treno. L’Europa perde la faccia.
Certo, non c’è assolutamente da essere felici per tutto questo scempio, semplicemente è bene riflettere (da sinistra?) ai motivi che ci hanno portato fin qui e a cosa sta succedendo.  Riporto, condividendo, un post sul blog di Gad Lerner:
Prevista ma non per questo meno dura, la botta di S&P al rating francese - accompagnata dall’altrettanto previsto passo ulteriore verso il default in Grecia - ci rammenta che la crisi di sistema dell’eurozona non viene risolta dai virtuosismi tecnici del governo Monti. Temo che qualche sciocchino, di quelli che già manifestarono in piazza Farnese a Roma contro Sarkozy, traggano motivo di compiacimento dalla retrocessione dei cugini, come se in ballo fosse una rivalità campanilistica. Invece si rafforza il dubbio che la manovra lacrime e sangue non serva a nulla perché è il sistema nel suo insieme a subire un collasso.
ph: http://altocasertano.wordpress.com/2011/12/12/la-vignetta-di-questa-settimana-dedicata-alla-lotta-all-evasione-fiscale-a-cura-di-enzo-damore/



In sostanza il capitalismo mostra la sua faccia peggiore, e lo fa con il placet delle sinistre europee. La svolta epocale  ebbe inizio con la lady di ferro inglese e con Reagan, quando si spinse a gran forza verso il liberismo sfrenato (nel senso più letterale del termine) che piano piano, nel corso degli ultimi decenni, ha preso il sopravvento globale, promuovendo speculazioni a livello planetario, causando impoverimenti e razzie dei territori, arrivando alla crisi del 2008 che possiamo definire “la madre di tutte le crisi” dovuta allo sciacallaggio delle banche, prontamente salvate, contrariamente ai posti di lavoro.  A fronte di questo percorso  le sinistre, in primis quelle europee non hanno fatto altro che accettare lo stato delle cose, senza porre alternative credibili. Si è imposto questo come l’unico mondo possibile. Prova ne sia, tornando in Italia, una concezione del welfare quasi come una “carità”. La concezione dei diritti alla vita si è trasformata, di fatto, in “vinca il migliore, gli altri si arrangino”. I contorcimenti del PCI PDS DS che è diventato PD  nel modo peggiore, portando in parlamento individui che starebbero meglio in qualche zoo (parlo dei radicali evidentemente più vicini ai collusi che alle persone ) ed espellendo scientificamente tutto ciò che stava alla sua sinistra (antico vezzo dei comunisti di ogni tempo) altro non ha fatto che invitare al pensiero unico come visione del mondo perfetto. Ora che fare? Purtroppo saranno i più deboli a subire queste sciagurate scelte. Gli interventi sulle pensioni sono emblematici da questo punto di vista. D’altronde da un governo di banchieri, segnalato da valorosi pensatori   come unica alternativa, cosa poteva fare di diverso? E’ pur vero che abbiamo un problema in più in Italia ma anche in Europa, manca una sinistra credibile. Parlando di noi tutto ciò che è fuori dal parlamento si limita a poetare senza essere capace di unire forze residuali, anzi, marcando differenze, facendo così in modo che il partito neoconservatore (leggi PD) sia alternativa unica. 
E siamo arrivati alle criminalizzazioni dell’imbianchino e dell’idraulico, piuttosto che del pizzicagnolo. Chi ha gestito negozi di prossimità è al corrente che se non si evade fra il 10 e il 15% non si sopravvive. Questo è stato accettato da sempre a fronte di un sistema fiscale che definire criminale è poco. So di dire cose impopolari e politicamente scorrettissime, però sono nati siti internet che invitano a mettere alla pubblica gogna il panettiere sotto casa, e vedo programmi TV condotti da personaggi politcamente correttissimi che invitano a fare altrettanto. Così si innesca la più idiota guerra fra poveri, con il plauso delle sinistre tutte ovviamente. Proviamo a vedere i dati dell’evasione? Eccoli, per ordine di  importanza:
1) L'economia criminale (mafia e malavita). Evade 78,2 miliardi di euro l'anno.
2) Big company (le grandi aziende). Evadono 38 miliardi di euro l'anno.
3) L'economia sommersa (extracomunitari e doppio lavoro). Evade 34,3 miliardi di euro l'anno.
4) Le società di capitali (spa e srl).evadono 22,4 miliardi di euro l'anno.
5) Autonomi e piccole imprese (idraulico e parrucchiera) evadono. 8,2 miliardi di euro l'anno.
Ne vogliamo parlare. O preferiamo a sorridere vedendo il finanziere che multa il pizzicagnolo? E perché non denunciamo i disoccupati che fanno gli imbianchini per sopravvivere? In fondo sono evasori. Veltroni ne sarebbe felicissimo.

Ricordando Violeta Parra


Non esistono vite banali, perché ogni vita è meravigliosamente unica e preziosa. Tuttavia alcune persone lasciano segni indelebili per la storia e per la cultura di tutti noi. La nostra conoscenza allarga i suoi orizzonti anche grazie a queste persone. Storie che si intrecciano con altre storie, vite che   arrivano a svolte incomprensibili. Non ci si deve porre il problema del perché e del come. La grandezza occorre accettarla così com’è, senza condizioni, senza “distinguo”, senza pregiudizi e, soprattutto, senza giudicare. Ho letto la storia della vita di Violeta Parra e ve la ripropongo senza nulla aggiungere. Vale la pena leggerla.   
Violeta Parra nasce il 4 ottobre 1917 , terza di nove figli, in una remota provincia del Cile. Il padre, insegnante di musica ed appassionato della canzone popolare, le trasmette la capacità musicale. All’età di tre anni si trasferisce con la famiglia a Santiago del Cile. A 6 anni inizia a cantare nei locali per aiutare economicamente la famiglia. A 9 anni impara a suonare la chitarra. E a 12 compone le sue prime canzoni. Si diploma maestra elementare e a 23 anni si esibisce in un teatro di Santiago e pubblica i suoi primi dischi. La passione per la musica popolare e per la ricerca sul campo la portano a contatto con la gente e con la sua maturazione politica. Per lungo tempo viaggia nel Cile, dal deserto al gelo del sud. Questo infinito viaggio le permetterà di mettere assieme i canti popolari cileni che saranno la spina dorsale di tutto il suo lavoro di ricercatrice. In un secondo viaggio nel paese conosce il sottoproletariato e il proletariato urbano e contadino. Intanto si dedica, oltre che alla musica, anche alla ceramica e alla pittura. I suoi quadri sono esposti anche al Louvre, ed è la prima artista dell’America latina ad averne l’onore. Nel 54 viene proclamata miglior cantante folk dell’anno. quindi parte per l’Europa e partecipa a festival in Polonia, URSS, Inghilterra e Francia. Durante questo viaggio perde la figlia Rosita Clara. Tornata in Cile inizia a scrivere la sua autobiografia. Tiene conferenze nelle università cilene sempre accompagnata dai figli Isabel e Angel con i quali inizia un sodalizio artistico che durerà fino alla sua morte.


Negli anni 60 si avvicina al Partito Comunista Cileno e la sua produzione musicale diventa violentemente rivoluzionaria ed anticlericale.
A Santiago vive in una tenda da circo per ristrettezze economiche, tutto quel che aveva lo utilizza per il suo lavoro di ricerca e nel suo centro di ricerca del folklore e dell’arte popolare
Nel 66 tiene i suoi ultimi concerti. Durante uno di questi una donna del popolo, che aveva notato la sua difficoltà con la sedia di scena, (Violeta era alta 1,50) ne costruisce una adatta a lei..
Su quella stessa sedia verrà trovata suicida il 5 maggio 1967.
Durante la sanguinosa dittatura di Pinochet i suoi due figli saranno esuli in Italia come gli Inti Illimani.
Le canzoni di Violeta Parra sono state cantate dai suoi figli Angel e Isabel Parra, ma anche da Mercedes Sosa (Argentina), Elis Regina e Milton Nascimento (Brasil), Joan Manuel Serrat (España), Silvio Rodríguez (Cuba), Joan Baez (Stati Uniti), e da molti altri, fra cui, in Italia, da Gabriella Ferri.
La canzone che la portò agli onori del mondo fu “gracias a la vida” considerata, un meraviglioso e commovente  testamento spirituale: 



« Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el oído, que en todo su ancho
Graba noche y día, grillos y canarios
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos
Y la voz tan tierna de mi bien amado

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido y el abecedario
Con él las palabras que pienso y declaro
Madre, amigo, hermano y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha, de mis pies cansados
Con ellos anduve, ciudades y charcos
Playas y desiertos, montañas y llanos
Y la casa tuya, tu calle y tu patio

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió el corazón, que agita su marco
Cuando miro el fruto, del cerebro humano
Cuando miro el bueno tan lejos del malo
Cuando miro el fondo de tus ojos claros


Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la risa, y me ha dado el llanto
Así yo distingo, dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes que es el mismo canto
Y el canto de todos que es mi propio canto
Gracias a la vida, que me ha dado tanto. »


« Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato due occhi che quando li apro
distinguo nitidamente il nero dal bianco,
e nell'alto cielo il suo sfondo stellato
e nella folla l'uomo che io amo.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato l'udito che in tutta la sua apertura
registra notte e giorno grilli e canarini,
martelli, turbine, latrati, burrasche
e la voce tanto tenera del mio beneamato.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il suono e l'abbecedario.
Con esso le parole che penso e dico:
madre, amico, fratello e la luce che illumina
la rotta dell'anima di chi sto amando.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi.
Con essi ho percorso città e pozzanghere,
spiagge e deserti, montagne e pianure
e la casa tua, la tua strada, il cortile.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cuore che agita il suo involucro,
quando guardo il frutto del cervello umano,
quando guardo il bene così lontano dal male,
quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il riso, e mi ha dato il pianto.
Così io distinguo gioia e dolore,
i due materiali che formano il mio canto
e il canto degli altri che è lo stesso canto
e il canto di tutti che è il mio proprio canto.
Grazie alla vita, che mi ha dato tanto. »


(6/3/2008)
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venerdì 13 gennaio 2012

Parlamento indecente


La Consulta boccia i referendum elettorali. Aspettiamo le motivazioni non senza osservare ancora una volta come la Democrazia in Italia sia commissariata. Un governo non eletto, un parlamento di nominati e pieno di collusi con le malavite di ogni tipo e genere. La giusta lotta all’evasione fiscale si sta trasformando poco a poco in una guerra senza quartiere fra poveri. Il precario contro il pizzicagnolo. La lotta all’evasione non si fa con telecamere al seguito. Occorreva andare a Cortina in pompa magna per sapere dove stanno le Ferrari?  A Cortina come a Gallipoli o a Asti dovrebbe essere assolutamente normale controllare. Il problema vero è che si tende alla spettacolarizzazione, in perfetto stile berlusconiano, di ogni movimento.  Così il governo non eletto, fatto di banchieri, potrà proseguire a salassare i salari  e dire di avere il coraggio di osare, il tutto mentre cala le brache di fronte ai tassisti. Ma chi saranno mai questi tassisti? Sono protetti da Cosentino? La verità è che le caste non le vogliono toccare perché Berlusconi non vuole, la patrimoniale non si può fare perché Silvio non vuole.
Il Parlamento invece promuove Cosentino a santo subito, la lega ladrona si accoda al suo padrone. Dopo l’incontro in Tanzania fra il derelitto bossi e il suo capo silvio il breve le posizioni sono mutate improvvisamente. Ma questo c’era da aspettarselo. Stucchevole il comportamento degli eletti nelle liste di Veltroni. Quei radicali che hanno promosso Cosentino e bocciato la democrazia. Un capolavoro veramente quello di Walter, incredibile. In un sol colpo ha cacciato ogni sinistra dal Parlamento e spalancato le porte ai radicali e a Scilipoti. Complimenti Veltroni.

Con questa legge purtroppo non mi sarà possibile votare. Un parlamento di nominati che hanno il compito di salvare il culo a collusi con le mafie non mi interessa. E non si parli di giustizialismo, penso all’uguaglianza di ogni cittadino davanti alla legge. Se non si deve chiedere autorizzazione per arrestare un cittadino qualunque, lo stesso deve valere per i parlamentari. Il prbloema vero è che lo scempio è bipartisan, da destra a sinistra. Questo è molto doloroso. Ovvio e scontato il comportamento dei leghisti collusi e del PDL , dal centro sinistra mi aspettavo altro. Per questo non voterò con questa legge. Voglio dare il mio voto ad una persona che stimo, non certo ad un Scilipoti qualunque o a uno che piace soltanto a un Veltroni indecoroso.

giovedì 12 gennaio 2012

il presidente del consiglio

Fonte: http://www.facebook.com/photo.php?fbid=327817827250704&set=a.195858277113327.50087.195625987136556&type=1&theater

Nessuno tocchi la mafia... Veltroni non vuole

Cosentino non si tocca perchè i radicali non vogliono. Ancora per due anni dovremo subire le scelte idiote del più idiota segretario del PD, quel veltroni che correva da solo. Che i leghisti votino a favore della mafia è ovvio e scontato, hanno il dna di berlusconi nelle loro casse, che lo facciano energumeni votati da chi crede nella democrazia non è ammissibile. 
Sono gemelli

Amadou a Calimera




    • venerdì
    • Ora
      18.30 fino a 21.30
  • Dove
    libreria voltalacarta, via atene 39, calimera (le)
  • Descrizione
    venerdi 13 gennaio alle ore 18,30 PAPA NGADY FAYE (AMADOU) e ANTONELLA COLLETTA saranno nostri ospiti per parlarci del loro libro.

    Dialogherà con gli autori GIANNI FERRARIS.




    La sorprendente storia di un Senegalese che immigrando in Italia cambia nome e prende quello disuo padre Amadou, per trovare la forza di affrontare le avversità. Egli ha lo sguardo e il sorriso di sua madre Ramatoulaye, che vuol dire misericordia, e questo gli serve a non perdersi mai d'animo.

    Di lavoro vende libri per strada, lo fa con entusiasmo perché gli sembra che questo sia il suo destino. ed infatti un giorno, mentre propone una raccolta di fiabe dell'Africa, conosce una donna italiana che sposerà e gli darà un figlio. Insieme a lei ha scritto questo libro per celebrare il mistero della umana avventura dove la realtà è più grande di qualunque sogno.

Lynn, un razzista che fa il professore



“… Uomini, ominicchi, mezzi uomini e quaquaraqua…”  E’ la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo le parole di un personaggio che non appartiene a nessuna delle prime tre categorie. La frase che Sciascia, terrone, quindi, secondo Lynn meno intelligente del trota fece dire ad un mafioso, ben si attanaglia a chi scrive cose come le sue.
Intanto annotiamo che per esprimersi utilizza un alfabeto arabo e numera  le pagine dei suoi testi con numeri arabi. Il tutto dopo essersi formato su testi di filosofia che hanno radici   nella Magna Grecia. Secondo Richard Lynn – docente emerito di psicologia all’università dell’Ulster a Coleraine-, mentre nel nord Italia il quoziente intellettivo è pari a quello di altri Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, più si va verso sud, più il coefficiente si abbassa. La causa è “con ogni probabilità” da attribuire “alla mescolanza genetica con popolazioni del Medio Oriente e del Nord Africa”.
Si sono fatti contaminare dagli incivili africani, financo dagli egiziani che quando gli avi dell’emerito stavano ancora nelle palafitte, sapevano già costruire piramidi e sapevano le costellazioni.
Uno è terrone, l'altro no. Secondo Lynn il secondo è più intelligente vedete un pò voi
Per estensione potremmo dire che i terroni non sono ariani. Toh, un parallelo con il Bossi pensiero?  E’ probabile che la prova provata dell’inferiorità dovuta a commistioni di sangue sia proprio la trota. Infatti è figlio di un ariano duro e puro, e di una siciliana. Vuoi vedere che il professore emerito  ha letto la Padania dal numero zero ad oggi, lasciando perdere tutto il resto?  Non sto a citare i nomi illustri del meridione, solo perché sono troppi e ne scorderei qualcuno. Il meridione è una fucina di intelligenze, di premi nobel, di statisti, matematici, scienziati e via dicendo. Si potrebbe invitare il professore e fargli vedere un po’ di civiltà vera. Però non voglio farlo.  Non ne vale la pena. Perché inquinare con cascami sconfitti dalla storia questo meridione?  Solo un consiglio mi sento di dare all’emerito:  se vuole vedere dei QI difficilmente catalogabili, accenda la TV italiota, fra  grandi fratelli e facezie simili, tutti programmi fatti e prodotti nel regno del trota, potrebbe trovare materiale per il prossimo libro.
Per ulteriore informazione ricordiamo che l’emerito  in due scritti precedenti sostenne che gli abitanti dell’Estremo oriente fossero più intelligenti dei bianchi. Salvo poi, in altra pubblicazione, teorizzare che nella popolazione di colore una pigmentazione più chiara corrisponde a un quoziente intellettivo più alto. Termino con un proverbio del mio paese, nel profondo nord piemontese. Lassù, quando qualcuno diceva porcherie come quelle dell’emerito, al bar, magari dopo un paio di bicchieri di vino, c’era sempre un altro che lo guardava dicendogli: “se tutti gli asini volassero, a te tireremmo il fieno con la fionda”. Non potrebbe sottovalutare la cosa, l’emerito. Considerato che il proverbio è del nord…..

mercoledì 11 gennaio 2012

Intervista a Mario Perrotta



Intervista risalente alla primavera 2011

  • Dalle note biografiche di Mario Perrotta sappiamo che è nato nel 1970 a Lecce, dovrà arrivare al 1980 per iniziare a vincere “a chi arriva più in alto”, arrampicandosi sulle impalcature dei palazzi in costruzione raggiungerà il quinto piano, record imbattuto per ben 5 anni. Uno spunto non da poco, stai ancora arrampicando?
Sì, sto ancora arrampicando, poiché quel senso di sfida mi aiuta ancora oggi nel tentare nuove vie (proprio come gli scalatori che cercano di aprire “nuove vie” per scalare lo stesso monte).
In realtà, ho scoperto abbastanza presto che la sfida non era con gli altri ma con me stesso: volevo sapere se ce la potevo fare e, soprattutto, se potevo arrivare a qualcosa rompendo un protocollo o una barriera consolidata nel tempo. La sfida al “questo si fa così da sempre”, al “questo non sei in grado di farlo” è una delle due molle che mi tiene in piedi, quella più infantile, direi. L’altra è l’indignazione civile. E qui non posso che citare Flaubert sul quale sto lavorando in questo momento: “l’indignazione è per me come lo spillone che hanno le bambole nel culo. E’ ciò che le tiene in piedi. Il giorno che dovessi perdere la mia indignazione, cadrei a terra bocconi.”
  • Poi Lo scientifico a Lecce, quindi Bologna, ingegneria, abbandonata per filosofia (laurea con 110 e lode), e la scuola di teatro pagata lavando auto. Bologna la ricca signora, Bologna “busona” o che altro?
Quando sono partito per l’Università (1988), Bologna era il paese dei balocchi di ogni Lucignolo meridionale, quindi la scelta fu facile. Bologna però, era anche sufficientemente lontana per poter dire che andavo a vivere da solo e che me la dovevo vedere con me stesso, senza contare sulla vicinanza fisica della famiglia. E ancora: era un percorso inconscio sulle orme dell’emigrazione poiché è nel DNA di ogni meridionale l’idea che, lontano da casa, è più facile trovare lavoro. Come una condanna dell’anima che ci portiamo addosso da secoli.
Infine, era anche il desiderio adolescenziale di sprovincializzarmi, un desiderio che mi fece abbandonare anche Bologna (nel 1998) per Roma. E dopo qualche anno romano, capii che, per essere centrato e in pace con me stesso, dovevo tornare a casa. Come ho detto spesso, un ritorno dell’anima non del corpo che, invece, continua a vivere in giro per alberghi ma con le sue origini ben ancorate nel cuore e nella lingua che uso in scena.
  • Poi l’incontro  Paola Roscioli, attrice che diventerà tua compagna. E arriviamo al 2001 dove (cito dalla tua biografia):   progetta e dirige per il Comune di Otranto il festival Otranto In Scena. Nelle tre edizioni realizzate il festival ospita compagnie assenti dalla Puglia da oltre 20 anni come il Teatro dell’Elfo, e ancora Ascanio Celestini, Lorenzo Salveti, Paolo Rossi, Peppe Barra, Laura Curino, Ozzano Teatro Ensemble. Purtroppo, lo scontro permanente con l’amministrazione forzitaliota, della quale deve risolvere gli svarioni organizzativi e a cui deve spiegare ogni nuova edizione la differenza tra gli spettacoli ospiti e il culo di Valeria Marini, decreta la fine di quell’esperienza.
Appunto: il ritorno a casa (insieme a Paola che mi aveva regalato la stabilità affettiva). Ci provai, mi giocai i rapporti personali che avevo instaurato con gli artisti citati, mi buttai capo e collo in un’impresa rischiosissima, senza alcuna copertura economica poiché il Comune si limitava a darmi lo spazio e poco più. Ogni serata del festival era carica di attese, di entusiasmo per ciò che stava avvenendo in scena e di timori fugati solo dalla conta dei biglietti venduti: il primo anno incassammo 500mila lire in meno dei 60 milioni che avevamo speso. Gli altri due anni andarono in pareggio.
Mi sarebbe bastato continuare a pareggiare pur di fare qualcosa per la mia terra, ma sul piatto della bilancia dovevo mettere le discussioni infinite con amministratori sordi a ogni stimolo culturale, che mi chiedevano centinaia di biglietti da distribuire ai vari maggiorenti cittadini (riuscivo quasi sempre a decimare le richieste ma era veramente un gioco duro); le “velate minacce” di alcuni ispettori della commissione tecnica che anche loro volevano  biglietti per familiari vicini e lontani – pena, non dare il visto tecnico per lo svolgimento della serata; e poi, l’asso di briscola, che era appunto il culo di Valeria Marini (e quello pesa molto sul piatto della bilancia).
M’aggrappai alla “mia indignazione” e mollai tutto. In quell’esperienza capii definitivamente che non riesco ad accettare nessun tipo di compromesso, di “aggiustamento” all’italiana. Quei sorrisetti padronali e quelle occhiate di intesa di stampo mafioso – dove per “mafioso” intendo una mentalità e non il reato -; quel gestire la cosa pubblica come si possedesse un dominio medioevale su ciò che è di tutti; quelle relazioni compromettenti tra uffici, assessorucoli, segretari, missi dominici, elementi della pubblica sicurezza in borghese, della Asl in borghese, della Protezione civile in borghese; quella zona liquida tra legalità e illegalità che pervade il nostro paese: tutto questo mi provoca l’orticaria. Probabilmente è un limite forte e mi rende refrattario a una certa italianità, ma acuisce la mia indignazione, consentendomi di continuare a scrivere e di stare in piedi di fronte a quei personaggi guardandoli dritti negli occhi. Non so se loro potrebbero fare altrettanto visto che, due anni dopo la fine di “Otranto in scena”, molti esponenti di quella giunta comunale furono inquisiti dalla magistratura per il loro operato: non so come è andata a finire, ma mi vengono i brividi se penso che, con un briciolo di indignazione e di dignità in meno, avrei potuto cedere a uno di quei sorrisetti per ritrovarmi indagato anch’io, con le mani sporche del letame che mi avevano indotto a toccare.
dal sito di Mario Perrotta
  • Nel 2003 nasce il progetto CINCALI in collaborazione con Nicola Bonazzi. Riusciamo a fare un flash dell’opera omnia?
Il progetto Cìncali nasce da quell’esigenza interiore di riavvicinamento con i luoghi dove sono nato e cresciuto sino ai diciotto anni, quell’esigenza di cui parlavo prima, sopravvenuta dopo le fughe adolescenziali e le smanie “metropolitane”. Dopo Bologna e Roma non c’erano altre possibilità di luoghi più estesi (New York?): non mi restava altra soluzione se non chiudere il cerchio, dovevo ritornare in qualche modo alla mia terra, indagarla per riavvicinarla, farla scivolare, se possibile, anche nel mio lavoro per riconciliarmi con una parte di me che avevo lasciato lì a diciotto anni. Avevo però, bisogno di una visione particolare di quei luoghi per portarli in scena. Non ho trovato sguardo migliore per raccontarli se non quello di chi li aveva dovuti lasciare forzatamente: gli emigranti. Il loro è uno sguardo privo di presbiopie, al contrario di chi in quella terra continua a vivere. Ne ho intervistati centinaia, allargando, nel tempo, il campo d’azione in Veneto, in Friuli, all’estero, spostando così il centro di interesse su un fenomeno nazionale. Ma la matrice pura del lavoro è stata questo bisogno tutto mio di riconciliazione.
Un’altra leva importante è sopraggiunta in seguito, durante le ricerche nel Salento, quando ho cominciato a sentire con troppa frequenza questo commento: “tutto il marcio di questa terra è colpa degli albanesi”. Lì ho capito che la mia gente, emigrante da sempre, aveva trovato un “sud” su cui scaricare le proprie frustrazioni e le mancanze. Allora mi sono detto che era ancora più urgente portare avanti quel lavoro, raccontare chi siamo stati e come ci hanno trattato all’estero, con la speranza che, almeno uno spettatore su cento ogni sera, si faccia una domanda in più su chi oggi arriva in Italia spinto dalle stesse esigenze degli emigranti di tutti i tempi e di ogni luogo della terra. Perché sono convinto (ed è convinzione del tutto personale) che nessuno lascia la propria terra se non è costretto da urgenze elementari cui dare una risposta. Il progetto è nato così, per questi motivi. In fase di scrittura poi, abbiamo deciso di dividere il progetto in due spettacoli, per poter descrivere meglio i due aspetti che caratterizzano ogni “migrazione”: che lavoro vai a fare e qual’è la legge che regolamenta la tua permanenza nel paese di emigrazione.
       In questo senso Belgio e Svizzera sono le risposte “migliori” a questi interrogativi. Infatti il primo spettacolo: “Italiani Cincali! Minatori in Belgio”, racconta dell’emigrazione italiana nelle miniere del Belgio, tra gli anni ’40 e i ’90. E solo quando cominci a studiare e scopri veramente cosa vuol dire “miniera” capisci quanto sia assurdo ciò che avviene lì sotto. La miniera è la risposta più chiara a quel primo interrogativo: chi emigra va a fare i lavori peggiori che gli autoctoni non vogliono più fare.
Il secondo spettacolo: “La Turnata- Italiani cincali parte seconda” si svolge in Svizzera e racconta di un bambino clandestino che, dopo 5 anni di clausura in casa, torna con tutta la famiglia nel suo Salento.
Qui lo scopo era raccontare la legislazione svizzera che, se possibile, è peggiore della Bossi-Fini. Una legge che impedisce il ricongiungimento del lavoratore con la famiglia, che ti tiene in condizione di ricatto per decenni e che ha pesato come un macigno sulla condizione di tanti italiani fino al 2005, anno in cui è stata abrogata.
  • Parliamo di Emigranti esprèss. Per me ha un significato importante. E’ successo ben due volte che, per puro caso, rimanessi incollato alla TV o alla radio senza riuscire a staccare. La prima quando incontrai Vajont di Paolini. La seconda, andavo stancamente in auto verso dove non ricordo e rimasi folgorato da Migranti. Mi dovetti informare presso amici. Ma chi diamine è questo? E’ bravissimo. Con Emigranti esprèss il ciclo dovrebbe chiudersi? Il condizionale è obbligatorio?  La collaborazione conla RAIti ha lanciato verso un pubblico radiofonico e verso l’apprezzamento anche di chi non frequenta i teatri. Si tratta dei tuoi viaggi, da bambino, in treno per raggiungere tuo padre in Lombardia e ritorni a Lecce, sempre affidato a famiglie trovate sui treni. Impari i linguaggi dei migranti in quelle lunghe notti. E parli di Sguardi di andata e sguardi di ritorno, cosa sono?
Emigranti Esprèss nasce dalla richiesta di Rai Radio2 di creare un ciclo di puntate sull’emigrazione con la modalità narrativa dei miei spettacoli. Così ho scelto di dilatare il prologo di Italiani Cincali in cui racconto i miei viaggi da bambino sul treno degli emigranti, e farlo diventare la linea portante delle 15 puntate previste. In ogni tappa di quel treno accade qualcosa e, raccontando ciò che avveniva realmente su quei treni, ne approfitto per immaginare incontri straordinari con storie di emigranti molto particolari. Le storie le ho tratte dalle centinaia di ore di registrazioni che avevo nel cassetto e che non avevano trovato spazio nei due spettacoli teatrali.
Ho cercato di giocare ogni puntata equilibrando le storie di me stesso bambino con le storie degli emigranti e mescolando i miei ricordi reali con i ricordi delle persone intervistate. Tra i miei ricordi personali certamente ci sono gli sguardi di quella gente, sguardi che io bambino, non seppi definire se non “di andata” e “di ritorno”. Intendo che, quando si partiva da Lecce – ogni sera alle 21.07 – e man mano che il treno procedeva, la gioia che riluceva negli occhi degli emigranti che avevano appena salutato i parenti, una moglie, i figli o un amico, piano piano si smorzava fino al momento del sonno tra Bari e Foggia. Ma era all’alba che comprendevi tutta la tragedia di quelle persone, quando gli occhi si riaprivano in un paesaggio biancolatte dove tutto era indistinto e la nebbia avvolgeva intere città: allora ogni luce negli occhi era spenta e si innestava quello che potrei definire lo sguardo “da lavoro”, uno sguardo cupo, assente, senza vita.
Se tutto ciò era lo “sguardo di andata” è facile immaginare cosa fosse lo “sguardo di ritorno”: quando si ripartiva da Milano per tornare a Lecce – sempre la sera intorno alle 23.00 – ci si addormentava con uno sguardo “da lavoro” per riaprire gli occhi sulle piane della Capitanata e vedere sorgere, insieme al sole, gli ulivi e il mare. Ecco che in quelle ore tra l’alba e l’arrivo a Lecce, gli sguardi riconquistavano la luce e si riempivano di immagini, di speranze per un futuro ritorno definitivo.
Districandosi tra centinaia di questi racconti, la trasmissione radio ha portato il dialetto leccese e le storie della nostra gente in tutta Italia e anche all’estero. 
Il successo è stato notevole, con centinaia di mail giornaliere cui rispondere, premi internazionali (anche un ex-equo con la mitica BBC inglese) e ascolti record per la fascia, e così ho potuto dare spazio a gran parte del materiale che avevo a disposizione, pensando di aver chiuso un cerchio e dedicandomi ad altre scritture soprattutto in teatro.
dal sito di Mario Perrotta
  • Emigranti esprèss diventa anche un libro (edizioni Fandango libri)
Infatti. Non era finita con l’emigrazione. Dal successo radiofonico seguì la pubblicazione nella collana romanzi della Fandango Libri e anche in questo caso devo dire che le vendite sono state buone tanto da indurre Fandango a chiedermi di scrivere un nuovo romanzo. Non ho avuto ancora il tempo e lo spazio ma credo che presto mi ci metterò.
Ma non basta. Qualche mese dopo è arrivata anchela Raitelevisiva. Ricevo una chiamata da Rai 3 “La grande storia” e mi chiedono di realizzare sei nuovi monologhi per una puntata in prima serata dedicata a cosa? Ovviamente all’emigrazione italiana dal 1850 ad oggi. E così mi sono rimesso sull’argomento e siamo andati in onda a settembre del 2010. Anche in questo caso valanghe di mail di emigranti che mi raccontano le loro storie e mi ringraziano  di averli “portati in Tv”. Insomma, pare proprio che il mio percorso artistico continui a intrecciarsi con la questione emigrazione e un motivo c’è: oggi siamo sull’altra parte della barricata, riceviamo immigrati e l’argomento scotta.
Italiani Cincali è stato tradotto in francese per il teatro Belga, com’è stato accolto?
E’ stato un vero “botto” teatrale poiché siamo andati a casa loro a raccontargli la loro storia vista con gli occhi di un italiano. In sala ogni sera si avvertiva una tensione che non avevo mai notato in Italia, quasi si potesse udire il flusso di una presa di coscienza collettiva.
La critica belga ha scritto pagine entusiastiche e di profonda condanna dei loro connazionali che permisero tutto ciò che viene raccontato nello spettacolo. Per me è stata una soddisfazione particolare vedere lo spettacolo dalla platea, recitato da Hervé Guerrisi e con la mia regia. Nella prossima stagione farà tournée in Belgio, Francia e stiamo lavorando anche per andare in Canada.
Veniamo a Lecce, o meglio, alla Puglia dove, dicevi a Nardò quasi con pacata rabbia (o era solo presa di coscienza di uno status, una condizione incomprensibile) non riesci a lavorare. Penso che il Salento e la Puglia tutta perdano moltissimo, ma è poi vero che nessuno è profeta in patria? O Lecce è austera al punto di non accorgersi dei suoi figli? Mi raccontano che lo stesso successe con Tito Schipa.
A me basta pensare cosa è accaduto a un vero genio espresso dalla terra salentina: Carmelo Bene. Parliamo di un uomo che ha cambiato la storia del teatro del ’900 e che – finché era in vita – è stato misconosciuto dai suoi concittadini (a volte anche denigrato). Oggi che non c’è più, ogni angolo del Salento si fregia di averlo ospitato a dormire, di avergli offerto un caffé, di averlo visto passare per le vie di questo o quell’altro comune.
Se questo è avvenuto con una pietra miliare del teatro figuriamoci con me che sono semplicemente un buon artigiano.
Oggi, però, qualcosa sta accadendo visto che il mio prossimo spettacolo sarà coprodotto dal Teatro Pubblico Pugliese. Spero di smentire, nel tempo, il “nemo profeta in patria”, ma non credo che sia una peculiarità leccese: è così in qualunque luogo di questo paese spesso distratto nei confronti delle espressioni culturali e artistiche dei suoi cittadini.
Per i premi, le pubblicazioni, i libri che hai scritto rimando al tuo sito:www.marioperrotta.it – rimangono collaborazioni importanti e amicizia con i grandi del teatro contemporaneo (Ascanio Celestini, Paolo Rossi ecc) con i quali ti sei anche impegnato nella campagna referendaria, non per chiedere un SI o un NO, piuttosto per invitare le persone al voto, a non astenersi. Come nasce questo sforzo?
E’ il corollario e il completamento di quell’indignazione di cui sopra. Essere impegnato civilmente è un tutt’uno con la mia scrittura, altrimenti “cadrei bocconi”. Con Ascanio discutiamo spesso di quanto si compenetrino le nostre vite private con ciò che mettiamo in scena e siamo concordi nel pensare che l’una non può fare a meno dell’altra. E’ necessario intervenire nel dibattito pubblico e usare quel poco di seduzione che si ha sul proprio pubblico per invitarlo a muoversi, a farsi sentire. Bisogna, però, non essere “partigiani” ma puntare ai valori di base di una democrazia. Ecco perché l’invito che ho rivolto ai miei “colleghi” è stato quello di sollecitare la gente all’esercizio del voto, a prescindere dalle ragioni del Sì o del No. Questo è un diritto-dovere di ogni cittadino, ma spesso gli italiani abdicano ai propri diritti e, soprattutto, fuggono il loro doveri.
L’ultima, inevitabile e forse oziosa domanda: progetti?
Sto chiudendo la mia trilogia teatrale che ho intitolato “Trilogia sull’individuo sociale” giocando tra questo apparente ossimoro tra individuo e società. La domanda è: siamo naturalmente portati all’individualismo – all’uomo lupo all’altro uomo di Hobbes -, oppure siamo per natura animali sociali – come sosteneva Rosseau?
Gli autori presi in considerazione e sui quali ho messo le mani a mio modo, sono Molière, Aristofane e Flaubert. Tre modi diversi di affrontare il problema, che mi hanno consentito di descrivere l’uomo contemporaneo nella sua versione sociale e in quella privata. L’ultimo capitolo intitolato “Atto finale: Flaubert”, debutterà il prossimo 4 settembre al Festival Castel dei mondi di Andria per poi circuitare nelle prossime stagioni.
Adesso, dopo quattro anni di scrittura intensa – da “Emigranti Esprèss” in poi, ben 10 produzioni tra spettacoli, libri radio e televisione -, vorrei fermarmi un po’ e lasciare che i miei spettacoli vadano in giro senza avere in testa una nuova scrittura da completare.

martedì 10 gennaio 2012

Tribattito alle Cantelmo


ph: www.20centesimi.it


C'era la Loredana, con squillante foulard verde verde verde. Per chi arriva da lassù vedere verde su un palco fa correre un brivido lungo la schiena. Tirava in ballo la regione ad ogni intervento, ma ben sappiamo ne è vice presidente. Ha anche rivendicato con forza la "scoperta" dell'omofobo assessore. Salvemini aveva invece più sobriamente detto che  il meerito delle dimissioni dell'assessore è stato ascrivibile al popolo della rete (annotiamo comunque che l'iniziativa della petizione è partita da lui).  C'era poi la Sabrina,  forse più avvezza ai numeri che non al parlar forbito, "a me mi" , "noi del sud abbiamo l'accoglienza nell'anima... poi nel cuore"-  Anema e core insomma. Stupendo poi quando dice "dovremo migliorare la qualità dei cittadini".
E Carlo, con il suo aplomb, in verità è una conferma: rimane l'unico votabile fra i tre.
Dibattito che in qualche modo ha annoiato, scontato, ovvio. Aspettiamo il candidato vero e il vero antagonista, e speriamo ci si possa divertire.

la lega ha esaurito la fantasia

La strategia dei creativi della lega in due manifesti. Già pronti i prossimi slogan:
Marx è nato a Cuneo. Togliatti ce l'aveva duro. Pare che l'idea sia venuta al trota renzo in persona dopo giorni di studio. 

lunedì 9 gennaio 2012

Assessore Ripa, la pezza e il buco

“Preso atto che le mie dichiarazioni sono state sicuramente fraintese, nel porgere le mie scuse per quanto successo al presidente Vendola, riconosco di essermi fatto trascinare nella foga di un dibattito politico affermando cose che nella realtà non appartengono alla mia cultura nè penso, e non volendo in tal modo minimamente offendere alcuno nel rispetto di scelte che sono e rimangono strettamente personali”. Lo afferma stasera in una nota l'assessore comunale leccese ai Trasporti, Giuseppe Ripa.


giuseppe_ripa
il frainteso assessore Ripa

Avete capito, comunisti? Siete in malafede, voi fraintendete. Quando un definisce Vendola "Signorina affetto da turbe psichiche" dice cose che non appartengono alla sua cultura politica. E cos'è tutto questo casino? In pratica l'assessore Ripa sostiene di parlare senza pensare, come si dice da qualche parte, di non collegare il cervello alla bocca. Se dobbiamo prestar fede a quest'ultima affermazione siamo obbligati a chiedere all'assessore di dimettersi immediatamente. Uno che non pensa a quel che dice forse è meglio si astenga da posti di responsabilità. Se invece così non è l'assessore deve dimettersi perchè omofobo. Sostenere poi che la foga del dibattito politico fa dire cose che non si pensano è assai singolare, quanto poco credibile. Nella vis polemica  si esterna in genere il proprio ego, anche quello più nascosto. Ha fatto il giro del mondo la foto della Brambilla (scosciata ministressa bunga bunga) mentre si esibisce in un saluto romano a sua insaputa. Un raptus. Insomma, Assessore Ripa, la pezza è molto peggio del danno. Dia retta, si dimetta da solo, intanto manca una manciata di giorni alla sua espulsione per raggiunti limiti di mandato
In più esiste un altro problema, ho letto su http://www.iltaccoditalia.info/sito/index-a.asp?id=19396 il pezzo della direttrice Mastrogiovanni che dice di come sia inquietante la definizione "signorina" in senso così volgarmente ed esplicitamente riduttivo per le donne. Nell'inconscio dell'assesore Ripa essere donna significa, con tutta evidenza, essere inferiori, non ariani, non machi. 


http://www.firmiamo.it/no-all-omofobia-a-lecce


nel pomeriggio e dopo reiterati inviti a farlo da parte di migliaia di persone si è dimesso. Non senza dire di essere vittima di gogna mediatica. LUI???????????????????????????

domenica 8 gennaio 2012

Il talentuoso sindaco di Lecce


Confesso di essere stupito. Ci vuole talento per scegliere compagni di cammino. Ancora di più per selezionare una classe dirigente. Occorre saper valutare le tensioni emotive, culturali, etiche e politiche che muoveranno chi viaggerà al nostro fianco per un arco di tempo durante il quale si dovranno fare  scelte ponderate, giuste, socialmente utili.
Ripensando agli ultimi sei mesi devo dire che il Sindaco di Lecce ha avuto talento, moltissimo.
I fatti sono noti. Dalle colonne di Paese Nuovo in un'intervista,  un assessore riuscì a beccarsi una smentita e promessa di querela da Mario Capanna per averlo annoverato fra i terroristi, che l’abbia fatto a sua insaputa? Pochi mesi prima un altro assessore rispose piccato, sempre a Paese Nuovo, dicendo che il giornale esagerava nel denunciare una rotonda sbagliata. “Solo 20 centimetri…” scriveva. Solo 20 centimetri però hanno costretto a rifare completamente la rotatoria. Per soli 20 centimetri ho visto sventrare una casa che aveva le altezze di 2 metri e cinquanta anziché 2,70 previsti dalla legge. Saranno solo 20 centimetri, però è stato un errore di cui qualcuno sarà pur responsabile. Ameno che il tecnico avesse sbagliato a sua insaputa.
In questi giorni un altro assessore si è prodigato in battute al limite dell’omofobia su facebook contro il Presidente della sua Regione. E’ vero, il sindaco Perrone ha preso le distanze, ed è vero che l’assessore ha detto che la sua era solo una battutina. Non sempre essere spiritosi è facile, soprattutto se a volerlo essere ad ogni costo è un uomo pubblico con responsabilità. Sarebbe come se un premier dicesse che una sua omologa, facciamo finta tedesca, è una “culona inchiavabile”. Magari voleva essere spiritoso pure lui, il risultato è stato pessimo per il buon nome dei suoi amministrati oltre che per il ruolo ricoperto.
Si, il Sindaco di Lecce ha talento da vendere nello scegliere i suoi uomini….


http://www.firmiamo.it/no-all-omofobia-a-lecce

ripa si deve dimettere

http://www.20centesimi.it/blog/2012/01/07/la-signorina-vendola-dellassessore-ripa/

http://www.firmiamo.it/no-all-omofobia-a-lecce

Quelli sopra sono due link che riportano a un indicibile comportamento di un assessore leccese. La sciagura non deve rimanere circoscritta a Lecce, ma deve coinvolgere tutte le persone che sono contro il razzismo, l'omofobia e le discriminazioni. Firmiamo la petizione in tantissimi, leccesi e no. Troppo in questi anni abbiamo sopportato dalle parole dei peggiori governanti che un paese civile possa avere. Razzisti e xenofobi come bossi e calderoli e maroni sono stati ministri. Uno individuo che considera le donne come strumento di piacere senza cervello è stato presidente del consiglio. Non abbiamo più il diritto di ignorare.
L'assessore se ne deve andare.  

C'è pena e pena...



In Italia la pena minima per chi passa uno spinello ad un amico è di sei anni, se si stupra una persona si rischia di meno perché la pena minima è di cinque anni. 




 Chiunque abbia un figlio adolescente ne può parlare con lui tranquillamente “figliolo, se proprio devi è più vantaggioso stuprare una persona che farsi uno spinello”.
Mica siamo nell’incivile Olanda che si trova a chiudere un po’ di galere per carenza di ospiti. Lassù i barbari hanno depenalizzato le droghe leggere, qui da noi no. Siamo il popolo della severità con tutti. Con quasi tutti. Con qualcuno. Un pubblico funzionario che si rende responsabile di falso ha una pena minima di sei mesi. E che volete che sia una concessione edilizia concessa con leggera disinvoltura. Un parlamentare indagato per mafia da noi è condannato a restare parlamentare ad ogni costo. 
Come diamine faranno ora i leghisti a prendersela con gli olandesi che sono più a nord e non hanno neppure l’onta di essere terun? Mistero.

Noi siamo per il rispetto delle regole e soprattutto dell’etica. Siamo per la salvezza delle anime. Ci fa sapere il neo integralista Ferrara (quello che ha fatto abbassare gli ascolti di un’intera rete in tandem con il suo amichetto Minzolini) che il sindaco Alemanno farà il cimitero degli angeli per metterci tutti i feti abortiti. Le anime Alemanno le salvaguarda. Anche la Pivetti, ex presidente della camera, è contro l’aborto e per la salvezza delle anime. Vabbè, non per essere pignolo, è anche vero che quando arrivavano albanesi disse, alla vigilia dello speronamento della nave albanese da parte della marina militare italiana che provocò 81 morti: “gli albanesi ributtiamoli in mare”. Anima candida,  proprio come il Giuliano.