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sabato 30 marzo 2013

Grillo? Il trota 2.0


Molti di noi si aspettavano una rivoluzione dall’esito di queste elezioni. I risultati inclementi davano un peso notevolissimo, decisivo, al movimento di Casaleggio e del suo megafono, il comico genovese che non fa più ridere. Confesso, speravo in un’alzata di spirito dagli eletti, quando una persona passa di botto a cittadino a cittadino parlamentare (mai come oggi la parola “onorevole” è impronunciabile proprio per il significato intrinseco che i dizionari le attribuiscono, se vogliamo utilizzare un termine potremmo chiamarli “servi muti”) ha alcuni obblighi dai quali non può prescindere. In primis, soprattutto quando il suo voto è decisivo, come dice l’amico Pino su facebook, “non può più limitarsi a fare domande, deve dare risposte”. Gli eletti, quanto meno i loro portavoce, dimostrano invece una pochezza, una non conoscenza delle regole, che rasentano un insulto alla Costituzione oltre che al buon gusto. Nella mia lunga vita non mi è mai capitato di evitare uno che mi tende la mano per salutare, nessuno l’ha mai negata a me, al di là e oltre la stima personale (so di essere antipatico a moltissimi). Fare un gesto simile e vantarsene è maleducazione se fatta da chiunque, è un insulto agli elettori se fatto da una parlamentare che in dichiarazioni successive mostra di non conoscere i fondamentali dell’economia e della vita parlamentare in genere, delle regole che garantiscono la democrazia. Scrissi prima delle elezioni che le piazze di Grillo mi ricordavano maledettamente altre piazze, quelle di Bossi del ‘92/’94. Stesse folle ululanti, stesso grido “mandiamoli a casa tutti”, identica voglia di sfasciare senza sapere assolutamente cosa ricostruire. Solo che quelli di prima erano geograficamente limitati alle terre del nord, questi hanno una indubbia capacità comunicativa e sono presenti a livello nazionale. Anzi, un ragionamento viene spontaneo, se Bossi arrivò a percentuali a due cifre in sole quattro regioni, in confronto questi hanno preso inezie, quindi la capacità comunicativa si potrebbe anche discutere. Un risultato identico però l’hanno ottenuto, hanno portato in parlamento (per dirla con il loro linguaggio) tanti “Trota 2.0”. Anche qui corre l’obbligo di fare un paragone, il trota padre ebbe il coraggio di presentarsi agli elettori, il trota padre 2.0 no.
La prova di formazione del governo è emblematica della miopia e della supponenza di questa nuova forza. La politica è l’arte del compromesso, è contrattazione allo stato puro tenendo conto soprattutto, anzi, solamente del bene dei governati, oggi ci troviamo di fronte a “no” preconcetti a tutto. Quando un capogruppo dice “non siamo disponibili a sostenere governi politici né governi tecnici, ma solo un monocolore nostro” dimostra di volere lo sfascio della democrazia, per governare ci vuole una maggioranza e allo stato attuale la si può ottenere esclusivamente con la somma dei voti di più partiti, l’ultima volta che successe un plebiscito, finì con l’entrata in guerra a fianco dei nazisti. Oggi, piaccia o meno a loro, esiste una Costituzione alla quale si debbono inchinare, a meno di voler fare come i loro antenati verdi che non sapevano leggerla.
Anche il bluff della trasmissione in diretta “di ogni decisione, riunione e discussione” tanto decantata e promessa è caduta alla prima resa dei conti interna, quando si trattava di cacciare la loro capogruppo rea (non a torto) di incapacità. Allora dissero “ce ne siamo scordati”, eggià, anche Ruby era la nipote di Mubarak.
Se svolta ci dovrà essere, sarà solo quando, e ne sono sicuro che esistono, i più democratici fra gli eletti inizieranno a ragionare, come qualcuno di loro fece eleggendo Grasso. Ne abbiamo tutti bisogno. A differenza della lega che manifestò immediatamente razzismo e xenofobia, in questo caso pensavamo di trovarci di fronte ad un momento di innovazione, veramente ci speravamo in molti. L’elezione stessa di Presidenti delle camere nuovi e non paludati ha prodotto l’immediato effetto di ridurre i costi del Parlamento, il PD che naviga verso la riduzione (se non l’abolizione) del finanziamento pubblico è un altro segnale. Sull’abolizione ci sarebbe molto da discutere in realtà, come si salvaguarderebbero le pari opportunità fra chi ha emittenti e giornali e quattrini e gli altri? Ma questo è altro discorso. Insomma, una ventata nuova potrebbe arrivare, esiste però una precondizione essenziale: che si governi. Il rifiuto, il tentativo del papà trota 2.0 di forzare una grande coalizione PD/PDL per poi dire che “sono tutti uguali, aveva ragione Casaleggio”, sono veri schiaffi agli elettori. In questo periodo in cui si parla di problemi immediati da risolvere: legge elettorale, conflitto di interessi, finanziamento ai partiti ecc. è scomparso ogni accenno a problemi (minori?) quali: disoccupazione, mutui non pagati perchè mancano i soldi, tasse in arrivo da far fischiare le orecchie, negozi che chiudono a ritmi vertiginosi, famiglie sul lastrico, scuola allo sfascio, sanità precaria, comuni in dissesto a ritmo di uno al giorno e via dicendo. Ma di cosa stanno parlando i piccoli trota? Del monocolore cinque stelle.
Un appello accorato agli eletti si impone, tornate fra le persone, uscite dal web in cui vi gratificate a vicenda e dove il vostro trotone padre cancella i post che lo criticano. A questo è arrivato, chi non pensa come lui non ha diritto di cittadinanza.
Mi raccontano di un bimbo piccolissimo che si mise a piangere quando gli tagliarono le unghie la prima volta, le rivoleva indietro. Il racconto è simpatico se riferito ad un bimbo, se invece sono dei “cittadini” a spingere Berlusconi e i suoi sgherri al governo, non ci fa ridere, la Democrazia è come le unghie del bimbo, potrà solo ricrescere negli anni.   
   

venerdì 29 marzo 2013

Venerdi santo...

E vai, è venerdi (santo)... Oggi Bersani verrà crocifisso, ma non si sa se riuscirà a risorgere domenica, è più probabile che i suoi fedeli si spacchino in tante piccole sette. A fianco a lui altre due croci, da una parte Napolitano che pregustava la pensione e si ritrova con un patatone bollente mica da poco, l'altra è molto affollata, ci sono tutti gli elettori che avrebbero voluto uscire da un ventennio di sciagure etiche, politiche, economiche. Sotto le croci, a ridere e insultare, un sacco di personcine "per male" con le telecamerine, quelli che dicono "via tutti, in croce in croce" e si sfregano le mani felici. Appartengono a tribù che sono apparentemente contrapposte, ma che hanno un unico fine: la crocifissione della possibilità di cambiare. Hanno tuniche azzurre gli uni, verdi gli altri, poi ci sono quelli incappucciati che corrono sulla sabbia del deserto a dire "vaffanculo vaffanculo vaffanculo". E già parte la rincorsa per far vincere Barabba, quello voluto salvo dai processi. Buona Pasqua a tutti!  

giovedì 28 marzo 2013

Di cupole, dittatori e centralismo democratico


Centralismo democratico: Sistema di stampo leninista in cui le decisioni venivano dibattute nel partito e quella che usciva vincente veniva difesa da tutti i membri del partito senza più discussione.

Cupola mafiosa:  “Direttorio” fatto dai capi mandamento delle varie “famiglie” che decidono la spartizione dei territori e le varie “operazioni” delle famiglie stesse. Una struttura piramidale in sostanza.

Dittatura: Forma di governo in cui i poteri sono accentrati nelle mani di un solo organo, molto spesso di un solo uomo (il dittatore) non limitato da leggi, costituzioni o altro.

 Sono tre esempi limpidi di governo delle cose e delle persone che mettono al centro l'indiscutibilità delle scelte prese dall'alto. Il primo, il centralismo democratico, in realtà aveva una sua coerenza nell’istituzione partito in quanto poneva i suoi membri di fronte alla scelta “democratica” assunta nelle discussioni precedenti, peccato però che non tenesse conto della mancanza del vincolo di mandato per cui ogni eletto deve rispondere solo ai suoi elettori e a sé stesso, il seguire o meno le indicazioni di partito lo ponevano fuori dallo stesso, non già dall’istituzione.
Quando in un partito (o movimento) chi non sta alle regole dettate dall’alto è messo fuori, di cosa parliamo? “A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura” (Beppe Grillo). I due erano colpevoli di non aver fatto alla lettera quello che il direttorio aveva detto, la prima aveva osato parlare con i giornalisti, il secondo in un fuori onda diceva che Grillo è nelle mani di Casaleggio.  E Roberto Fico, deputato di fede grilliana, non la manda a dire: “Se uno vota contro la decisione dei gruppi, stavolta, è fuori. Se al Senato votano contro in 53, sono fuori in 53". Il vincolo di mandato è bello e liquidato.
A questi comportamenti diciamo così “austeri” si aggiunge la supponenza e l’arroganza di chi pensa di appartenere all’unica casta in grado di cambiare il mondo, incredibile quello che si è sentito dopo le consultazioni con Bersani, solo Silvio da Arcore avrebbe osato tanto: 
 “O governo 5 stelle o governo 5 stelle”, ha detto la Lombardi  E. Crimi: “Noi proveremmo a fare il governo perché a differenza degli altri abbiamo la credibilità: noi in questi tre anni abbiamo fatto quello che dicevamo e detto quello che avremmo fatto. I numeri? Sarà responsabilità degli altri partiti...”   In una botta sola sono stati spazzati via i principi fondamentali delle democrazia, la politica è l’arte del compromesso, ognuno deve calibrare e valutare le proprie forze e metterle a disposizione di soluzioni per il buon governo. Purtroppo da vent’anni così non è più, si è nei fatti aperto ad ogni nefandezza, la buona politica ha in questi ultimi tempi fatto rima con volgarità. Ed è una volgarità di atti e di parole e terminologia che ha contaminato ogni parte politica, fino ad un assessore cantautore che dice che in Parlamento ci sono troie, o a un guru incappucciato (ricordate gli elmocornuti della lega?) che dice di puttanieri. Quando il linguaggio triviale diventa lingua corrente anche delle istituzioni, quando un signore accusato di ogni nefandezza compresa la prostituzione minorile diventa “utilizzatore finale”, è veramente il momento di fermarsi e ragionare sull’etica (e sull’estetica) della Democrazia. Invece assistiamo ad una rincorsa ad appropriarsi del peggio e a farne dottrina. Ciò che a volte è concesso al bar sport davanti ad un bicchiere di vino non può per nessun motivo essere consentito nelle istituzioni, quindi l’utilizzo del “linguaggio popolare” è solo un alibi per nascondere incapacità, supponenza e arroganza, per nascondere un utilizzo del potere al di là del consentito. La caduta delle forme partito ha nei fatti favorito tutto questo scempio. Per quanto riguarda la sinistra la debacle iniziò alla Bolognina e culminò nel “partito liquido” di veltroniana memoria, quando, per non cambiare nulla, se decise di fare un comitato nazionale che contava più membri del comitato centrale del PC cinese. Una scelta ottima per azzerarlo nei fatti, rendendolo talmente pachidermico da essere incontrollabile e inconvocabile. Da qui al grillismo è stata una frana che ha coinvolto soprattutto la sinistra. La sedicente trasparenza delle dirette streaming degli incontri per il governo è il giusto traguardo raggiunto. La diretta per un incontro delicato significa il non voler dire altro del già detto, ognuno recita la sua parte sapendo di essere visto e guardato, è qualcosa di diverso dalla trasparenza. Gli elettori si aspettano risultati e vogliono sperare che non ci sia l’antico mercato delle vacche tanto caro alla lega. Ma questi risultati si ottengono trattando e potendo parlare tranquillamente senza l’ansia da prestazione delle dirette televisive.    I grillini dicono no a tutto, Bersani ci prova a parlare ma senza un interlocutore credibile, quelli dall’altra parte del tavolo parlano sotto dettatura incappucciato  Non sono credibili proprio per la forma del movimento al quale appartengono, quello che fonde centralismo democratico, cupola e dittatura. Un’ottima occasione persa perché questo avrebbe potuto essere veramente la legislatura del cambiamento. Molti giovani e molte donne, ora sono  ostaggi di chi, in streaming, vuole ad ogni costo un governissimo per poter dire “ecco, quanto siamo bravi noi e quanto sono puttane gli altri…” A tutto questo si aggiunge l’autocandidatura di quello di Arcore al Colle. Non è veramente un buon momento per la Democrazia, anzi, è forse il peggiore dal ’46. E non sembrano buone neppure elezioni subito, intanto non sono praticabili con Napolitano a fine mandato, in secondo luogo non muterebbero nulla. Ripartiamo da un capo di stato nei pieni poteri, magari Rodotà, sperando che gli eletti del cinque stelle siano meglio del loro guru, sono giovani e forse, come nel caso dell’elezione di Grasso, hanno una coscienza civica estranea alla loro cupola.






mercoledì 27 marzo 2013

Chi vuole privatizzare Porto Selvaggio?

Renata Fonte


Nardò, la seconda città dopo Lecce per abitanti, è inquieta sempre. Sembra quasi che non riesca a trovare pace. E si che c’è il parco di Porto Selvaggio, quello di Renata Fonte, proprio lui, dovrebbe essere un’oasi  naturalistica nella quale ti puoi addentrare fra flora e fauna guardandoti attorno e vedendo animali, piante, macchia, il tutto incontaminato. Dovrebbe essere di tutti. Invece, secondo operatori del settore turismo, trekking turistico ed escursionistico, qualcuno lo vuole privatizzare. E non un qualcuno a caso, il Comune stesso.
I fatti denunciati, in sintesi, sono questi: Il Comune emana un bando per la concessione di servizi di allestimento e gestione degli spazi espositivi della Masseria Torre Nuova e della casa del Capitano nel parco regionale naturale “PortoSelvaggio e Palude del Capitano”, comprese le attività di educazione ambientale e fruizione turistica sostenibile. Fin qui nulla da eccepire, dare in gestione a chi lavora sul territorio un parco di quelle dimensioni ed importanza naturalistica ed etica è cosa ottima, significa dare spazio al lavoro di esperti e creare un indotto notevole per la città intera (B&B, ristoranti, bar, cantina sociale, oleifici ecc.). Dove sta l’inghippo? Lo sospettano gli operatori: Avanguardie, Cooperativa Fluxus,  Cooperativa Terrammare Teatro, Emanuela Rossi (guida ambientale), Manuela Rizzo (Guida turistica) che indicono per mercoledi 27 marzo alle 17 un incontro con la stampa e i cittadini, presso la sede dell’associazione Messapia (Via Personè – Nardò).
Il bando ipotizza che i ricavi di gestione a cura del concessionario ammontino a 711.115 euro, per cui si richiede un fatturato di 400.000 euro annui negli ultimi tre anni di cui 160.000 nel settore turistico ed educativo. Ne abbiamo parlato con Salvatore Inguscio di Avanguardie, lui è guida turistica ed ambientale escursionistica, ed è fra i promotori della conferenza stampa.

“La vostra associazione…” e qui mi interrompe

“No, siamo una ditta. Non è questione formale ma essenziale, esiste una legge quadro che dice che le associazioni possono fare escursioni e attività per i soci e non a scopo di lucro, noi ne facciamo lavoro. Solo che in Salento esiste un po’ di confusione in materia”.

“Il Comune di Nardò ha fatto questo bando, organizzare queste perle del Salento è buona cosa”

“Il comportamento del Comune è stato anomalo, in altre realtà, cito il parco di Otranto, il Comune ha individuato gli operatori locali cercando di agevolarli, quanto meno di non escluderli. Lo stesso ha fatto il Parco di Porto Cesareo dove esiste un marchio di qualità.
A Nardò per partecipare alla gestione della masseria e delle visite guidate una ditta piccola come la nostra deve aver guadagnato 400.000 euro negli ultimi tre anni”

“Con tuttA evidenza le vostre aziende  guadagnano un sacco di soldi”

“Neppure per idea, le mie dichiarazioni dei redditi parlano chiaro, io riesco a pagare tasse e bollette e con la crisi attuale è peggiorato tutto. Nel bando parlano di 40.000 euro di visite guidate ogni anno, se guadagnassi quella cifra sarei ricco. Con questo paletto hanno nei fatti tagliato fuori gli operatori locali in blocco”

“Nessuno, in caso di assegnazione come da bando, potrebbe più visitare organizzato Porto Selvaggio senza passare dalla ditta che si è aggiudicata il lavoro”

“Nei fatti è una privatizzazione del parco. E penso sia anche non proprio a norma, infatti non esite un articolo di legge che neghi  di lavorare in un parco pubblico. Succede solo in Salento questo fatto. Guardi, ho già avuto problemi con Torre Guaceto e il Rauccio, anche lì ci dicevano di esclusive in corso e che noi non potevamo portare escursionisti. La realtà è che solo per le attività svolte in conto gestore c’è l’esclusiva, se una guida ambientale vuole fare un trekking in quei luoghi nessuno può impedirlo. In entrambi i casi che ho citato, alle nostre rimostranze è seguito solo silenzio dagli enti gestori, nessuna risposta alla domanda “quale legge sto violando?” Nessun Comune può dire chi lavora nel parco e chi non ci può lavorare. Ora la stessa storia viene riproposta a Porto Selvaggio. Sono vent’anni che ci lavoro, che porto turisti di ogni nazionalità, ora si vuole vanificare tutto quanto”.

“Fra i firmatari qualcuno ha redditi sufficienti?”

“Non penso, potrebbe averli, ad esempio, chi gestisce già altri parchi e beneficia di finanziamenti regionali o statali. Non è il caso dei firmatari”

“In sostanza voi potreste lavorare solo passando attraverso la ditta aggiudicataria”

“In teoria e secondo il bando no, noi dovremmo semplicemente dirottare i nostri clienti a loro ed uscire di scena. Guardi che siamo in tanti, neretini, a gravitare attorno a Porto Selvaggio, ci sono i tour operator, la cooperativa del teatro, la Fluxus che si occupa di visite guidate alle ville di Porto Selvaggio. Poi c’è l’indotto commerciale.”

“Voi con i neretini avete parlato?”

“Stanno privatizzando un pezzo di Porto Selvaggio, quando lo volevano cementificare la cittadinanza si ribellò, speriamo. Qualcosa si muove, solo che a noi è precluso anche un ricorso al TAR perché costa un sacco di soldi che non abbiamo. Risposte ufficiali dagli amministratori non ne abbiamo avute al momento, tranne che la solidarietà di alcuni esponenti politici. Vedremo se mercoledi saranno presenti”.

“E’ incredibile sentirlo, si vuole veramente privatizzare il parco?”

“Temo di si, il bando dice che si vogliono coinvolgere le realtà locali e nei fatti ci tagliano fuori. Questi parchi per noi rappresentano almeno il 50% del lavoro, siamo seriamente preoccupati.”

“Non è la vostra una richiesta di casta per tagliare fuori gli altri operatori? Se l’aveste voi gestireste tutto quanto come privati”

“Neppure per idea, noi faremmo il nostro lavoro, interagiamo già ora, chi fa teatro continuerebbe a farlo, chi si occupa di didattica idem e così via, abbiamo idee decisamente più aperte e collaborative”.

“Possiamo dire che opponete ad una gestione privatistica una collaborativa?”

“Ovviamente si, ne guadagnerebbe il turismo e la città. A Nardò ci sono almeno 50 persone che vivono di escursioni e natura, Porto Selvaggio e la Palude del Capitano rappresentano una fetta amplissima del nostro lavoro”.

“Cosa rappresenta il Parco per il Comune di Nardò?”

“Forse la più importante voce in bilancio, i finanziamenti che arrivano sono importantissimi”.

Chissà, forse fa gola a qualcuno. Seguiremo gli eventi. Certo è che la domanda se in Puglia e nelle regioni limitrofe esista più di un operatore con le caratteristiche richieste dal bando sorge spontanea. Ma di questo Inguscio non parla, non ama le dietrologie.




martedì 26 marzo 2013

Castro marina e quelli che vanno in piscina



ph: http://www.flickr.com/photos/hydruntum/2225699993/ la piscina sul mare
Guardando mare mosso un pomeriggio a Castro. Mentre il vento (scirocco…scirocco…scirocco) picchia sulla costa proprio di fronte. E meno male che c’è punta Mucurune che ripara per quel che può e sa fare. Dietro la punta c’è Zinzulusa, la grotta che si va a vedere, bisogna andarci prima o poi, anche se sopra hanno costruito una improbabile piscina. Poco oltre c’è Santa Cesarea con il bar con scritte in ebraico e un’amministrazione che si fa sequestrare un pezzo di costa perché la maltratta, dicono i giudici che la vogliono scippare alle persone tutte per farne scalo di pochi (ricchi ricchi ricchi). 
A Porto Miggiano ci andavo gli anni passati, era bello farci il bagno, entravi in una cava ed avevi ombra e sole, sole ed ombra. Non c’era mai troppa gente, era bello, allora. Ho visto giocare bimbi ed ho parlato con altri non amanti della sabbia che penetra anche nel cervello. Neppure amano le sdraio e quelli che ti fanno fare ginnastica in acqua, tutti a tempo, chi sgarra è fuori. Sugli scogli trovavo salentini che amano il Salento. Poi i cementificatori vinsero la causa e costruirono una cosa, un crimine contro il buon senso (la legge consente…. L’amministrazione comunale consente e plaude…) , hanno fatto tre piscine che guardano il mare, fra i più belli di Puglia. Tutti affacciati a vedere approdare i ricchi con le loro barcone. Che bello che bello che bello… Mica come i pezzenti che si tuffano nelle acque blu, noi stiamo nelle piscine e guarda come ci divertiamo…. Balliamo la lambada tutti assieme, tutti a tempo (chi sgarra è fuori), noi facciamo notte in discoteca.  A fianco delle piscine tristi c’è un ristorante, ci entrai una volta a guardare. Stupito, attonito, incredulo, rassegnato. Pareva la casa di un arricchito che compra tutte le cose più appariscenti per far vedere che è ricco. Il kitch mi pare si chiami. Chi non ha pochi anni dovrebbe ricordare le FIAT 600 con il coprivolante di pelo finto leopardo… Ecco, la filosofia è la stessa. Parlavo con un signore che si apprestava a pescare in quel che rimane di Porto Miggiano,  accanto a quella colata di cemento per arricchiti. Mi diceva che lui si, da moltissimi anni viene lì con la sua canna, mi diceva che è vero, prima era bello, “ora scavano ovunque e l’amministrazione comunale plaude”. Plaude e dà concessioni. Sono stato sopra Santa Cesarea, a vedere le nuove terme. Uno scempio di spreco di denaro pubblico, un altro insulto al buon senso. Ho visto una piscina coperta immensa abbandonata, ho visto vetri rotti e infissi (mai utilizzati) deturpati da vandali e dall’incuria e dall’abbandono. Ho visto il disastro dell’amministrazione pubblica.


A Castro Marina il mare si incazza. Non ha mica torto.
Pensavo, mentre un’onda più alta faceva schiuma sugli scogli, a cosa si intende per turismo. La mattina ero andato con il FAI a vedere il convento dei francescani a Lequile. Bello, peccato per quella meravigliosa tela in chiesa deturpata da qualche sciagurato sedicente restauratore. Ed ho visto la biblioteca. Cinquecentine, seicentine,  tutte sugli scaffali, tutte belle da vedere, tutte erose da tarli con polverina che scendeva. “Non toccate, sono preziosi” diceva la guida. “Non tocchiamo, si sfaldano solo a guardarli” sibilavo ad un amico che era con me. Questa vera ricchezza lasciata allo sfascio del tempo perché “mancanoisoldiperrestaurare” e dietro punta Mucurune (tristanzuola per le violenze che vede) non mancano i soldi per deturpare la costa.   Ecco, il turismo giusto e bello e sano qual è? Chi arriva fin qui cerca una piscina o vuole respirare Salento?  Ci vogliono far credere che turismi siano notti tarantate? Mah, saranno anche quelle, con le sagre e tutte le pittule del mondo, a noi però Porto Miggiano con il suo faro che era solo soletto a guardare l’Albania nessuno lo ridarà più, a tutti noi. Rimarrà quello scempio di ristorante finto ricco per ricchi, resteranno improbabili piscine per esporre culi e tette, e rimarrà l’amarcord del pescatore e di qualche turista che è venuto qui 10 anni fa, prima che la demenza da cemento prendesse tutti. Certo, tutto è PIL, anche la droga produce PIL, anche il gioco d’azzardo. I tarli potrebbero produrne se qualcuno volesse mettere in sicurezza quel che rimane di quei libri prima che evaporino. E se facessimo creare un po’ di PIL ai restauratori?  Chissà che direbbe il mare di Castro se potesse parlare, probabilmente se la prenderebbe con amministratori incapaci di pensare a qualcosa di diverso dal fare cassa con le strisce blu che fra un po’ mettono anche nei cortili privati.
Mentre in qualche parte di questo Salento così bello quanto maltrattato, c’è chi pensa a fare poesia, a scrivere libri che non leggeranno certo quelli delle piscine di Porto Miggiano, loro leggono “Chi” per sapere del gossip, per capire se quest’anno è meglio il perizoma verde smeraldo e andare senza mutande perchè fa tanto trandy.
E facciamo poesia allora! A Racale l’altra domenica hanno letto per le strade, autori e attori leggevano brani di opere d’altri autori. E c’era gente nonostante il freddo pungente, c’era voglia di ascoltare poesia. A Lecce, nel corso, c’è il signore che suona il suo pianoforte piccino picciò che fa da sottofondo ai tuoi passi, li candenza. Poi c’è il ragazzo con il cane che ti chiede pochi centesimi. Lui nelle piscine non ci va, preferisce il mare. Mi piace trovare lui a fianco, facendo un bagno fra onde e schiuma. Tornando da Castro notavo come funzioni in questi luoghi la raccolta differenziata (altro che a Lecce che per trovare un cassonetto per la plastica devi viaggiare un bel po’), qui raccolgono porta a porta. Ebbene si, nonostante questo ogni piazzola di sosta è colma di rifiuti abbandonati. Chi abbandona sacchetti non va al mare, va nelle piscine da dove vede il mare là sotto e dice “che bello il panorama da qui, noi ricchi siamo fatti così, guardiamo là sotto quelli che annaspano. E non hanno neppure un tatuaggio sulle chiappe, che pena”.
  

lunedì 25 marzo 2013

Oscar Romero a 33 anni dalla morte



 “ Io vorrei lanciare un appello in modo speciale agli uomini dell’esercito, e in concreto alle basi della Guardia Nazionale, della polizia, delle caserme. Fratelli, che fate parte del nostro stesso popolo, voi uccidete i vostri stessi fratelli contadini! Mentre di fronte a un ordine di uccidere dato a un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: Non uccidere !
Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che va contro la legge di Dio. Una legge immorale, nessuno è tenuto a osservarla. È ormai tempo che riprendiate la vostra coscienza e obbediate alla vostra coscienza piuttosto che alla legge del peccato. La Chiesa, sostenitrice dei diritti di Dio, della dignità umana, della persona, non può restarsene silenziosa davanti a tanto abominio(…) In nome di Dio, e in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono ogni giorno più tumultuosi fino al cielo, vi supplico, vi prego, vi ordino: basta con la repressione!”

Queste sono le parole dell'omelia che Oscar Romero pronunciò il 23 marzo 1980. Il giorno dopo un criminale al soldo di D'Abuisson (fondatore del gruppo fascista Arena) gli sparò lasciandolo a terra sull'altare.

Otto giorni prima di morire rilasciò un'intervista di cui proponiamo alcuni stralci:

“Finché i contadini, e gli operai e i loro dirigenti non hanno sicurezza; finché il popolo viene sistematicamente assassinato dalle forze di repressione della giunta, io, che sono un semplice servitore del popolo, non ho nessun diritto di cercare misure di sicurezza.
Vi prego di non fraintendermi: non voglio morire, perché so che il popolo non lo vuole, ma non posso tutelare la mia vita come se fosse più importante della loro vita. La più importante è quella dei contadini, degli operai, delle organizzazioni popolari, dei militanti e dei dirigenti, ed essi muoiono tutti i giorni; ogni giorno ne trucidano venti, trenta, quaranta o più ancora. Come potrei adottare delle misure di sicurezza personale?"

"Sì, possono uccidermi; anzi, mi uccideranno, benchè alcuni pensino che sarebbe un grave errore politico; ma lo faranno ugualmente, perché pensano che il popolo sia insorto dietro le pressioni di un vescovo. Ma non è vero: il popolo è pienamente consapevole di chi sono i suoi nemici; e altrettanto conosce bene i propri bisogni e le alternative che si presentano.
Se uccidono me, resterà sempre il popolo ,il mio popolo. Un popolo non lo si può ammazzare".

Se questi sono uomini.........


QUESTI VOGLIONO GOVERNARE UN'ALTA VOLTA...



domenica 24 marzo 2013

24 marzo 1944 Fosse Ardeatine

Alle Fosse Ardeatine
Il 24 marzo 1944 Harbert Kappler organizzò uno dei più feroci massacri nazisti. 
Alle Fosse Ardeatine vennero trucidate 335 persone per rappresaglia. 

Il criminale nazista, processato in Italia, venne condannato all'ergastolo e a più anni di galera per aver rubato l'oro degli ebrei ammazzati. Ricoverato al Celio per la salute malferma, il 15 agosto 1977 riuscì a fuggire con la complicità della moglie che disse testualmente di esserselo messo in una grossa valigia. Nulla di sicuro si sa di quella triste vicenda italica, tranne che i carabinieri di guardia a un vecchio criminale non si accorsero di nulla, e tranne il fatto che il ministro della difesa Vito Lattanzio rassegnò le dimissioni per vergogna e venne immediatamente reintegrato come ministro per la marina mercantile  (un rimborso?)  Negli anni successivi il nazista fece la vita del reduce benvoluto, nella sua casa di Soltau riceveva visite e intervistatori come una star. Alle richieste di estradizione fatte alla Germania la risposta fu sempre: "come prigioniero di guerra Kappler ha diritto a tentare la fuga". Prima il criminale non era "prigioniero di guerra" ma "detenuto", uno status ben diverso. Per aiutare l'iter della fuga il signor Forlani, ministro degli in terni, ne mutò lo status prima di concederne il ricovero in un ospedale dal quale si poteva uscire in valigia.