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venerdì 29 aprile 2016

Omaggio a Rita De Matteis

In omaggio a Rita De Matteis, scomparsa improvvisamente, ripropongo l'intervista che feci a lei e a Riccardo Rella nel lontano 2009 per Paese Nuovo, davanti a un piatto di spaghetti. Di lei rimane il sorriso sempre luminoso. 

 


“Ma io sono un sedentario, anche un po’ pigro…” accolsi con queste parole l’invito di amici per una domenica diversa. Era l’autunno 2008. Accettai, un po’ controvoglia, un po’ per curiosità. Il trekking non era fra le mie aspirazioni. Però in Salento non ci sono montagne, al massimo qualche scoglio e qualche piccola salita. Quindi si può provare. Dodici chilometri alla prima esperienza, quando me lo dissero rischiai la depressione. Però non lo diedi a vedere.  Sono comunque stati sufficienti a farmi rivisitare i   sospetti e le   ansie. Speleo trekking non è un gruppo che fa percorsi estremi, anzi, è alla portata di tutti coloro che se la sentono di camminare. “ Da noi tutti possono farcela veramente, Badiamo a   fare i percorsi prefissati, ma soprattutto a osservare e rispettare ciò che incontriamo.  E le persone che ci seguono in questi serpentoni che sembrano non finire, fra i sentieri o le rocce, diventano subito amici. C’è uno zoccolo duro di assidui, oltre un ricambio frequente.” mi dice Ricardo Rella da sotto la sua folta barba bianca, i suoi capelli arruffati “perché al mattino uso lo spettine, una mia invenzione”. E  le pause pranzo delle camminate si trasformano più in pic - nic che in riposo di persone stremate. Si materializzano ogni volta vassoi di dolci, bottiglie di vino, thermos di caffè, limoncelli, tutto collettivizzato.  I partecipanti dei serpentoni della domenica superano spesso i 100. E sono di  ogni età.  E il cuore di tutto questo  “è senza dubbio Riccardo” mi dice Rita Dematteis, che di Riccardo è l’alter ego . Insieme   studiano i percorsi, li provano. Lei in particolare, studiosa e storica,  mette a disposizione dei gruppi le sue conoscenze.  Di ogni masseria, menhir, chiesetta che si incontra sul cammino, Rita racconta la storia. E lo fa con la verve di chi ama veramente il territorio. Chissà quante volte ha già detto le stesse storie, ma ogni volta è come le scoprisse lei stessa. Sempre con un sorriso che rassicura anche i pigri. 

Ci siamo incontrati una sera di ottobre per parlare dell’associazione. Riccardo ne racconta volentieri la storia.

“Perché Speleo trekking? Lo faccio per amore sviscerato per il territorio. E per offrire ai salentini e non solo l’opportunità di conoscere ed apprezzare le eccellenze di cui  è disseminato. E l’intento è anche quello di contribuire, con il passaparola, ad attirare un turismo qualificato, rispettoso delle eccellenze salentine di cui abbiamo abbondanza”

“Ma che c’entra il trekking con la speleologia? Perché Speleo trekking?”

“Nella mia vita ho avuto molte passioni. La terzultima fu il paracadutismo. Superai con successo tutti i lanci, anche il 17°, quello che in pochi volevano fare. Smitizzai la sfortuna appesa ad un numero. Il 18° invece fu la vendetta del destino. Arrivai male a terra e mi fratturai un osso del piede di cui non sospettavo neppure l’esistenza: il cuboide. Presi la cosa come un monito e mentre stavo ingessato meditai che era tempo di cambiare.  Ero arrivato tante volte a terra dall’alto, pensai che sicuramente c’è qualcosa di affascinante anche sotto.  Sapevo di un gruppo di speleologi dilettanti. Che poi tanto dilettanti non erano, dobbiamo a loro la scoperta della grotta dei cervi di Porto Badisco, unica al mondo. Albertini, Mazzotta, Evangelista, Pizzo, Mattioli. Mi aggregai, anche se erano molto titubanti nell’accettare nuovi adepti. Gli inizi furono un po’ duri. Superate le diffidenze fui accettato.  Era un gruppo molto spartano, si costruivano da soli le scalette e usavano sistemi antichi, quasi rifiutando la tecnologia.   Nella mia attività di speleologo ebbi anche il piacere di scoprire, in agro di Cerfignano, una grotta che porta il mio nome, la grotta Rella”.
Con l’intento di riunire  gli speleologi salentini sparsi, creai  il   gruppo speleologico  “Andronico” .   Nel gruppo stesso conobbi l’amico Gennaro Nirra, un napoletano che mi parlò di trekking, parola a me sconosciuta. “E’ una passeggiata in campagna con un gruppo appresso” mi disse sintetizzando. “Ricorda le carovane che attraversano il deserto. Tutti in fila indiana.” L’idea mi piacque. Far conoscere quello che noi   vedevamo andando alla ricerca di antri e grotte, i luoghi che percorrevamo a piedi e che ci mostravano paesaggi stupendi.  Il lago di bauxite, per esempio, era pressoché sconosciuto. Del faro della Palacìa pochi sapevano l’esistenza. Però nessuno in Salento aveva mai praticato questa attività, né io avevo assolutamente idea di come si organizzasse un percorso. Quanti chilometri si possono fare? A quale livello di difficoltà?  Il 31 gennaio 1993 volli provare un percorso pionieristico. E’ l’atto ufficiale di nascita del trekking salentino. In zona Ciolo facemmo un breve percorso, 5 km circa, per capire.  In quell’occasione si avvicinò a noi Antonio Adamo.  Che sarebbe diventato la prima vera guida trekking salentina e con il quale abbiamo condiviso moltissimi percorsi, scoperte, attività. Anche lui fu affascinato. E proprio da lui nacque il primo percorso : la Orte – Palacia. Pubblicammo sui giornali l’appuntamento, si presentarono 20 persone. Facemmo quel percorso e tutti rimasero entusiasti. Si vede il Salento da un punto di vista inedito e nuovo, si attraversano i profumi e i colori della campagna. Quella volta fu una vera e propria festa. Nella pausa pranzo uscirono dagli zaini anche tovaglie ed ogni ben di Dio. Questo accadde il 5 giugno 1994. Poco dopo uscii dal gruppo Andronico per dissapori di varia natura e fondammo lo speleo trekking Salento. Fu subito successo.”

“Grazie a voi ho conosciuto il Salento in modo diverso, qual è la vostra filosofia?”

“E’ un vero e proprio spirito di fratellanza quello che ci fa camminare. E non ci sono restrizioni,  tutti possono partecipare, i percorsi settimanali sono soft, 12, 15 km di media. Per i più tenaci organizziamo anche percorsi più complessi,   in montagna per esempio, l’8 dicembre prossimo. O la 50 km Otranto – Gallipoli. Ci guida l’amore per il territorio. Quando recuperano una masseria prima abbandonata, per esempio, c’è un misto di felicità per il patrimonio rinato e tristezza perché non possiamo più vederne i particolari, la corte. Ovviamente ora sono abitate e chiuse.

“Parliamo di Rita.  E’ l’anima culturale delle camminate ed   ha un pregio unico: è sempre sorridente”

“Rita arrivò una sera nella sede di viale Gallipoli. Eravamo seduti fuori  e la sua figura si stagliò nell’androne. Si presentò e disse “voglio conoscere il Salento con il vostro gruppo”  mi alzai, tesi la mano   “piacere, sono io il Salento”. Da questa battuta nacque un sodalizio inossidabile. Rita è insegnante, ed è una studiosa di cose salentine.  A noi mancava un referente culturale.” 

“In effetti avevo studiato molto il Salento” prosegue Rita “ma non avevo possibilità da sola di visitare tutto quel che avrei voluto, andare a cercare masserie e chiesette o menhir.  Conobbi l’associazione su un quotidiano e li contattai. Era il giusto strumento per me. Quando iniziai io c’erano due correnti di pensiero. Una concepiva il trekking come attività incalzante e quasi solo muscolare. Noi volevamo invece un escursionismo soft, che legasse cultura e natura. E che mirasse al recupero della dimensione umana, del contatto, alla scoperta del territorio e al fare gruppo. E fu la scelta che prevalse e che è tutt’ora vincente, considerate le adesioni crescenti e i contatti.  Riccardo si è  dimostrato da subito una persona disponibile verso tutti quanti, sempre pronto ad aiutare chiunque avesse un minimo di difficoltà. Un ottimo livello di umanità.”

 In effetti Riccardo, sotto la folta barba bianca  e la scorza di un decisionismo che può mettere soggezione, è un buono.

“Parlami del cammino per Leuca”

“La via dei pellegrini è stata ideata da Antonio Adamo. Un ragazzo molto in gamba. Ha lavorato molto con noi, ora è preso dal suo lavoro e ci segue come associato.
La domanda che mi ha spinto al percorso dei pellegrini è stata più o meno questa: Perché i salentini vanno a Santiago de Compostela e qui abbiamo il primo santuario al mondo dedicato alla Madonna?   La lapide che c’è sulla porta dice che nel 43 dopo Cristo san Pietro, che dalla Palestina si recava a Roma, arrivò lì, cristianizzò il tempio di Minerva e lo dedicò a Maria. E’ veramente il primo in assoluto.  Noi vogliamo che questo messaggio scavalchi i confini. Vogliamo che questo diventi il vero finis terrae, la vera fine della via francigena. Purtroppo le istituzioni non sempre ci aiutano. Non chiediamo  soldi, perché un’associazione deve auto mantenersi con gli associati e le sue attività, non vivere di denaro pubblico. A provincia, Comune ecc. chiediamo a volte un pullman per gli spostamenti, un maxischermo per manifestazioni. Non soldi a fondo perduto, ma materiali da utilizzare in determinate occasioni. In fondo facciamo promozione turistica. La via del pellegrini è in 4 tappe che vanno dai 24 ai 26 km. Abbiamo anche avuto 5 partecipanti che arrivavano da S. Francisco. Il nostro obbiettivo è arrivare un giorno a concludere il percorso con una grande riunione multietnica. Sarebbe un grande risultato.”

“Le tappe della Via dei Pellegrini?”

“Lecce – Soleto  il primo giorno, poi nell’ordine: Galatina – Supersano, Supersano – Alessano, Alessano – Santa Maria di Leuca.”

“C’è una ampia letteratura che attesta il culto di quel santuario” prosegue Rita “ nel 143  Alfonso d’Aragona, con 800 bimbi, fece un pellegrinaggio da Brindisi a Santa Maria di Leuca. E ancora i pellegrini che si imbarcavano per Gerusalemme, pare passassero da Leuca a chiedere protezione alla Madonna. C’è inoltre una leggenda che dice che a Leuca bisogna andarci in vita o in morte, se non riesce prima, deve comunque andarci per chiedere le chiavi del paradiso, perché proprio  lì si aprono le porte.”

“La 50 chilometri invece?”

“Sempre Antonio la ideò. Nell’intento di unire idealmente i due mari. La Otranto Gallipoli è una camminata stupenda che riproporremo. La sperimentammo in sette. Nel 2008 la facemmo in due tappe perché la ritenevamo troppo impegnativa. Nel 2009 invece abbiamo osato. Eravamo in 57. 10 ore di cammino, e siamo arrivati quasi tutti, pochissimi hanno fatto gli ultimi chilometri con le auto al seguito. Ed abbiamo avuto un sacco di richieste. Si passa dai menhir, ai trappeti, ai fenomeni geomorfologici ed è la via del sole, l’abbiamo visto nascere e morire. Il percorso si snoda fra muretti a secco e oliveti.
Stiamo preparando l’edizione 2010 dove avremo una nuova figura “L’idroforo”  che porterà l’acqua dalla Palacìa in una boccetta che, a staffetta, arriverà al mar Ionio”

“Non l’ha l’ha già fatta Bossi una cosa simile?”

 “Ma per favore, nulla a che vedere”

“Come si prepara un percorso?”

 “Con un sacco di lavoro, lo proviamo, chiediamo permessi ai proprietari dei luoghi che attraversiamo e via dicendo, non è sempre agevole. E’ un lavoro di passione. Per la 50 km che era stata meditata come Gallipoli Otranto, abbiamo voluto cambiare, perché era tutto in leggera salita”.

“Il futuro?”

“Abbiamo in mente un altro percorso importantissimo. La via dei messapi, da Roca a Santa Maria di Nardò, stiamo cercando documentazione in merito che ancora è incompleta.” Al momento portiamo avanti quello che è il nostro motto: “In un mondo che tende a dividere Speleo trekking aggrega”.

“Se amici di Alessandria o del Piemonte avessero l’idea di venirvi a trovare per fare quattro passi?”

“Saranno ben accetti, se vengono in pochi possono aggregarsi a noi ogni domenica, se il gruppo è di almeno 15 persone possiamo pensare ad escursioni dedicate a loro”

Ed è finita con una stupenda spaghettata e un ottimo vino bianco la serata di chiacchiere con Rita e Riccardo. Due utopisti un po’ fuori dal mondo? No,  solo amanti della natura, al servizio di un territorio troppo spesso ferito da incuria e ineducazione.

 


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