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sabato 12 dicembre 2015

12 dicembre 1969 - La prima strage di stato.

Il primo grande boato che aprì quegli anni che vennero detti "di piombo" avvenne il 12 dicembre del 1969 a Milano, falciando 17 persone e lasciando 88 feriti. Era la Banca dell'agricoltua in Piazza Fontana, a Milano.

Fu l'anno della strage che voleva chiudere le vertenze operaie. A mettere le bombe, ad ammazzare, furono i neofascisti. Purtroppo ancora oggi non si sa esattamente chi furono gli esecutori materiali e i mandanti. Sicuramente i servizi deviati, sicuramente molecole della politica, sicuramente qualcuno nei servizi segreti statunitensi conosce ogni piccolo dettaglio. 

A 46 anni da quella che fu la prima strage di stato sappiamo perfettamente tutto e anche di più sul terrorismo "rosso". Nulla su quello fascista. Sappiamo talmente tanto che esponenti di Lotta Continua sono stati ingiustamente condannati per l'omicidio Calabresi. 

Non perdiamo memoria!


lunedì 7 dicembre 2015

Con Elio al Fondo Verri

aumenta il gioco d'azzardo

 Un articolo su l'avvenire mette a nudo, se ancora ce ne fosse necessità, il comportamento dei governi che sul gioco d'azzardo fanno cassa. 
"...Alla fine dell’anno gli italiani avranno speso 88 miliardi contro gli 84,5 del 2014, ritornando così, dopo due anni di calo, alla cifra record del 2012 quando si giunse a 88,5 miliardi. Anno record dopo una crescita galoppante (basti ricordare che nel 2000 si era ad appena 14 miliardi) e senza paragoni in Europa. In Spagna, ad esempio, si spendono "solo" 24 miliardi.
Niente crisi, dunque, per "azzardopoli" che ha ancora il suo zoccolo duro nelle slot. Sono, infatti, ben 340.785 le "macchinette" attualmente in esercizio in bar e altre sale, oltre a 34.077 "parcheggiate" in magazzino.
Mentre le Vlt, gli apparecchi che permettono vincite fino a 500mila euro, sono 51.971 in 4.864 sale dedicate. Dati, questi ultimi, riferiti dal ministero dell’Economia in risposta ad un’interrogazione in commissione Finanze della Camera presentata dal deputato di Sel, Giovanni Paglia.
Una risposta nella quale vengono confermati i dati sui centri scommesse, contenuti nella legge di stabilità, dai 5mila illegali ancora presenti ai 15mila che si vuole mettere a gara il prossimo anno, in calo rispetto agli attuali 17mila ma anche alle iniziali intenzioni del governo che puntava su 22mila..."

E' pur vero che ci sono blandissime aperture verso il divieto di pubblicità, non si capisce perchè queste non debbano essere totali come per le sigarette. Altrettanto vero è uno Stato che per fare cassa si basa su quella che Camillo Benso di Cavour chiamò "una tassa sugli imbecilli" dicendo di gioca d'azzardo, è uno Stato accattone. 

domenica 6 dicembre 2015

ricordando Victor Jara

              



Le mani   che avevano suonato la chitarra accompagnando le canzoni del popolo cileno e della speranza sono state spezzate. Non doveva più suonare nulla Victor. Le parole della libertà e dell’uguaglianza sono nemiche delle dittature. E quando quelle parole entrano nella testa e nel cuore di chi le ascolta, e vengono cantate in ogni strada, il cantautore è pericoloso quanto una rivoluzione, perché tocca le corde più profonde delle persone.

Victor era già stato   in quello stadio. Era stato li per cantare. Perché sapeva che le idee si possono diffondere anche con le canzoni. Perché il governo di Salvador Allende era una speranza vera di riscossa dalla miseria e di una reale rivoluzione dei costumi e della società cilena . E quelle idee toccavano le corde più profonde dei campesinos, dei minatori, degli studenti cileni. E questo non poteva essere tollerato dai militari. Neppure dagli USA che mal sopportavano un presidente socialista nel “cortile di casa”.  Perché era meglio una dittatura, più manovrabile.  Che magari vedesse chi reclamava diritti   come un pericoloso sovversivo da fermare con ogni mezzo. Anche con la torture imparate da istruttori che bene conoscevano la materia.

Victor Jara era figlio di un coltivatore con cui non aveva un buon rapporto e di una donna del popolo che suonava la chitarra e cantava nelle feste di matrimonio. Cantava canti popolari. In tenera età si trova a dover accompagnare i genitori nel lavoro dei campi. Un incidente alla sorella Maria costringe la famiglia a trasferirsi a Santiago per seguirne le cure . Victor si iscrive con il fratello al liceo. Il duro lavoro della madre permette un certo benessere alla famiglia. A Victor  piace suonare e  cantare e si accompagna con la chitarra della madre. Lei gli aveva insegnato i primi accordi.  A Santiago frequenta gli ambienti della chiesa e partecipa a cori e alla vita dell’ oratorio, fatta di partite e di allegre compagnie. Si avvicina al Partido Demócrata Cristiano ed  il suo sogno è quello di fare il sacerdote. Frequenta il seminario. Racconterà così la sua scelta: “« Fu una decisione importante quella di entrare al seminario. A pensarci adesso, da una prospettiva più asciutta, credo di averlo fatto per ragioni intime ed emozionali, a causa della solitudine e la sparizione di un mondo che fino ad allora era sembrato solido e duraturo, un mondo simbolizzato dal focolare e dall'amore di mia madre. Avevo già rapporti con la Chiesa e, in quel momento, cercai in essa un rifugio. Allora pensavo che questo rifugio mi avrebbe guidato verso altri valori e mi avrebbe aiutato a trovare un amore differente e più profondo che, magari, avrebbe compensato l'assenza di amore umano. Credevo che avrei trovato questo amore nella religione, dedicandomi al sacerdozio. » ma dopo due anni si rende conto della mancanza di una vera vocazione ed abbandona gli studi.  Entra subito nell’esercito e, alla fine del servizio militare, aderisce ad un gruppo di ricerca di musiche popolari ed incontra Violeta Parra, dopo un’esperienza con il gruppo teatrale dell’università del Cile. Violeta, la piccola donna della canzone popolare, quella che, alta 1,50 visse gli ultimi anni della sua vita nel tendone di un circo che era la swua casa e la sede della sua associazione di ricerca di musiche popolari. Lei che verrà trovata suicida dopo averci regalato il più grande inno alla vita possibile, quel “Gracias a la vida” che verrà riproposto in ogni lingua e da moltissimi cantanti,  lo convincerà a riprendere anche la sua  attività di cantante.

Il teatro gli permette di viaggiare parecchio in america latina ed in Europa. Il suo lavoro di regista lo fa spaziando da Brecht a Sofocle. Nei maggiori teatri:  tocca l'Olanda, la Francia, l'URSS,la Cecoslovacchia, la Polonia, la Romania, la Bulgaria.
Come cantautore e compone nel 1961 la sua prima canzone: “Paloma quiero contarte”.
Le due attività lo assorbono completamente.  

Riceve molti riconoscimenti per le sue attività . Nel frattempo partecipa attivamente alla campagna elettorale di Allende per Unidad Popular. Dallo stesso Allende verrà nominato ambasciatore culturale per il Cile. Nel 73, convinto da Pablo Neruda, dirige programmi televisivi contro la guerra e il fascismo. Il golpe arriva improvviso ed inatteso. Victor era membro del     Partito Comunista, i militari lo sorprendono all’università dove viene arrestato insieme a molti studenti e professori. Torna , prigioniero, in quello stadio dove era stato applaudito  . Il suo cadavere verrà riconosciuto dalla moglie, Joan che così descrive la scena:

  « Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Víctor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Víctor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti. »

Dopo averlo massacrato dicendogli “Su, cantaci una canzoncina ora” ed avergli spezzato i polsi perché non suonasse più la chitarra, i militari l’hanno finito a colpi di pistola. Il governo del fascista Pinochet vietò la vendita dei suoi dischi.  
Non si conosce la data esatta della sua morte. Chi dice il 16, chi il 23, chi il 26 settembre. Subito dopo il golpe.
Ma neppure la morte riuscì a farlo tacere.
Infatti una voce libera non si ferma. Così le sue canzoni giunsero anche a noi grazie a gruppi esuli come gli Inti Illimani e i Quilapayun .




Discografia essenziale:
 1966 - Victor Jara (Arena)
 1967 -
Victor Jara (Odeon)
 1967 - Canciones Folcloricas de America
[Con i Quilapayun (Odeon)]
 1969 -
Pongo en tus manos abiertas (Jota Jota) 
 1970 -
Canto libre (Emi-Odeon)
1971 -
El derecho de vivir en paz (Dicap) 
1972 -
La poblacion (Dicap)
1973 -
Canto por travesura (Dicap)
1974 -
Canciones postumas