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martedì 11 aprile 2023

Di Faugno, Macaia e lupa di mare

 Succede, nelle città di mare e di entroterra, di essere avvolti da una cappa calda, umida, che rende l’aria difficile da respirare e i movimenti lenti, succede che gli abiti si appiccicano alla pelle, succede che in una giornata di sole stendi la biancheria e non asciuga. Allora i pensieri diventano molli, i ricordi si attorcigliano a quella sensazione caldo umida. Anche gli amori sono lenti come i pensieri, come le cose della vita quotidiana.

Neppure la rabbia per il mondo che gira a rovescio mostra la sua irruente forza.

E vicino al mare o nelle campagne assolate  tutto questo ha un nome.

In Salento questa sensazione si chiama Faugno. Deriva, pare, da Favonio, il vento che arriva da sud o da ovest, insistente, fiero, lento. Un vento che ti fa sentire bagnato.

In Liguria il suo nome è Macaia,  (dal greco malakia, languore, o dal latino malacia, bonaccia di mare). Ne canta Conte in Genova per noi “Macaia, scimmia di luce e di follia…” Quella Genova che (per noi del basso piemonte) era la meta e la partenza. Arrivavano navi, c’era il mare che non sta fermo mai, c’era via del Campo con tutte le sue meraviglie, e c’era, a volte, la Macaia con il suo folle e umido umore.

Con il faugno e la macaia la vita rallenta, “usciamo dopo, quando rinfresca”.  

Era spesso ben accompagnata dalla Caligo,  che in Salento e in Sicilia si chiama Lupa di mare.

La Caligo è quella nebbia sul mare che si forma per l’aria fredda che incontra la superficie più fredda del mare, però noi siamo più legati alla leggenda che dice come la nebbia che non tocca terra   accompagna le anime verso la loro pace. Le preleva da terra, le avvolge e le accompagna verso la luce. Un altro modo per guadagnarsi l’immortalità.

Molto leggendaria anche la Lupa di mare, avvolge e nasconde acque, il suo nome pare derivi dalla Brogna, una grande conchiglia che usavano i marinai per segnalare la presenza dell’imbarcazione. Il suono emesso somigliava all’ululato di un lupo. Insomma, evocativi fenomeni metereologici che si ammantano di mistero.

Mani protese dal profondo sud all’estremo nord, tamburelli e organetti, Paolo Conte e lu rusciu te lu mare si incontrano a raccontare fole.