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giovedì 25 febbraio 2016

petaloso, diritti civili e la luna

Ny, magica luna piena: si 'accende' la torcia della Statua della Libertà
Ph: repubblica esteri



L'accademia della Crusca promuove "petaloso" come neo aggettivo, e boccia l'utilizzo smodato ed immorale di inglesismi utilizzati dal governo per confondere le idee alle persone. Intanto la statua della libertà sorregge la luna piena in una stupenda foto. 
Al Senato va in onda una delle scene, a mio modesto parere, più belle dei film di Chaplin, quella de "Il Grande Dittatore":




un despota che gioca con il mondo, sulla pelle dell'umanità intera. 
Sono i senatori che giocano con i diritti elementari delle persone? Che decidono chi e come ha diritto di un rapporto dignitoso e paritario il/la suo/a partner? Che non vogliono vedere riconosciuti i diritti dei bimbi? 
Soprattutto in nome di chi alcuni senatori del partito di maggioranza si arrogano il diritto di stralciare, tagliare, eliminare pezzi di leggi? Dei loro elettori forse?   Degli iscritti al loro partito? Li avranno ascoltati? No! non l' hanno fatto,  loro si arrogano di decidere anche sull'amore e sugli affetti del popolo (ritenuto bue). La puzza di marcio si respira in ogni dove, puzza di una paura folle del primo ministro di deludere la parte meno democratica del partito sedicente democratico e gli alleati di governo. Il governo del ministro Alfano con l'appoggio esterno del sindaco Renzi. 
E la luna sembra sorretta...
Tutto questo dovrebbe essere facile, agile, in fondo si tratta banalmente di riconoscere diritti elementari, quelli alla felicità. E subito dopo si potrebbe parlare di Sigonella, per esempio, o delle velleità del soldato Renzi di andare a spezzare le reni alla Libia.
Oppure, che so, si potrebbe parlare degli immigrati che sono, loro si, il vero problema. Difenderli dalla xenofobia europea che dilaga ovunque. Oppure dei pensionati al minimo che non riescono neppure a curarsi. Diritti... La luna... Chaplin... Petaloso... pensieri in libertà.   Questa sera alle 19 andrà in onda lo schiaffo agli italiani, si voterà la fiducia al governo Alfano. 


mercoledì 24 febbraio 2016

Il giudice Di Matteo a Lecce



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 Lunedi 23 febbraio sono arrivato nell’aula magna, con un ritardo di alcuni minuti, l’appuntamento era con il Giudice Di Matteo per una conferenza su “Mafia dal colletto bianco” organizzata dall’Università del Salento. Mal me ne incolse, per fortuna l’aula, pur se capiente, era gremitissima, solo pochi posti in piedi e un caldo incredibile.

Di Metteo si è concentrato soprattutto su due aspetti: la politica collusa e l'informazione che spesso modo tralascia aggiornamenti sulla lotta alla criminalità organizzata per dedicarsi a casi “di cassetta”. Embelmatici i plastici brunovespiani delle villette di Cogne e delle viuzze di Manduria  contrapposti ai silenzi su un processo come quello Stato – mafia che sta avendo risvolti degni di note più accurate e di informazioni più dettagliate.
“ E’ Un momento di bellezza parlare con i giovani in terra del sud… Noi magistrati siamo cittadini e non eroi… ” ha esordito.
Le mafie dal colletto bianco sono quelle che manovrano per avere interlocutori “affidabili” dentro le centrali del potere, nella politica, e che nella politica trovano troppo spesso fertile terreno.
Sono state citate le parole di un pentito che  sedette al tavolo di Riina, Bagarella e altri capi mandamento; disse testualmente: “Se cosa nostra non avesse avuto e non avesse gli agganci che ha (in politica) sarebbe soltanto una banda di criminali ordinari, destinati a sparire in poco tempo”. La potenza di cosa nostra deriva solo da questi contatti e collusioni.
Nonostante queste convinzioni e queste riprove, lo Stato, quanto meno ambienti molto diffusi al suo interno, pare non aver mai avvertito la necessità di tagliare questo cordone che lega a filo doppio le sue strutture con quelle mafiose.
In queste condizioni la costanza di polizia e inquirenti ha vinto molte battaglie, la guerra tuttavia, “senza un cambio di marcia di organismi politici, non si potrà vincere mai”.
“Perché la politica non interviene?” si chiede Di Matteo,  per sottovalutazione, ma soprattutto per convenienze elettorali e di potere. Ciò che la criminalità rappresenta in altri paesi è assolutamente marginale, mentre in Italia è devastante, i mafiosi intercettano ed utilizzano denaro pubblico, con l’utilizzo di questo denaro e con le connivenze, formano un vero e proprio potere parallelo, il cui fine ultimo non è la guerra allo Stato, ma una pacifica convivenza con esso, un riconoscimento reciproco. 
Parte da lontano la storia della mafia nelle istituzioni.
Di Matteo cita un documento USA del 1943, dopo lo sbarco in Sicilia degli alleati, intitolato “prospettive di confronto con la criminalità organizzata in Sicilia”. Si valutarono allora tre ipotesi:
·       Repressione di Cosa Nostra
·       Tregua negoziata
·       Evitare ogni controllo dell’isola (in pratica una resa).
Venne scelta la seconda possibilità, infatti molti sindaci di città importanti erano di chiara derivazione mafiosa.

…”Contemporaneamente, gli Alleati affidarono molte cariche, nel governo provvisorio della Sicilia dopo lo sbarco, a noti mafiosi: Calogero Vizzini fu nominato sindaco di Villalba, Giuseppe Genco Russo divenne sindaco di Musumeci, Vincenzo Di Carlo fu nominato responsabile dell'Ufficio per la requisizione del grano, ecc. Ciò diede nuova e sicura autorità ai mafiosi, oltre a concrete possibilità di arricchimento e di accrescimento del loro potere”. (storia xx secolo)

La storia prosegue ancora oggi, nonostante ciò moltissima informazione prosegue a titolare in modo fuorviante con parole come “La mafia nei salotti buoni” e ancora “la politica infiltrata dalla mafia” come se fosse un problema attuale, mentre poco si dice di una continuità da sempre che vede interessati: mafia, massoneria, servizi deviati, borghesia, imprenditoria e via dicendo.
“Sapete tutti” ha proseguito “Come sono finiti i processi dei rapporti fra cosa nostra e Andreotti? E quello con Dell’Utri?” sicuro della mancanza di informazione di moltissimi.
“Andreotti, dice la sentenza della corte di Cassazione, quindi definitiva, aveva amichevoli rapporti con noti mafiosi, con loro ha interagito”.
“Dell’Utri con cosa nostra aveva un solido patto per la protezione di un imprenditore milanese che si chiama Silvio Berlusconi”.
Queste sono sentenze della Corte di Cassazione, non illazioni.   Eppure il messaggio che passa è quello della politicizzazione della magistratura.  Sappiamo tutto delle villette di Cogne, e di Sara Scazzi, mentre sul processo sulla trattativa stato mafia in corso nessuno parla, questo è il limite dell’informazione.
 “La memoria è il bene collettivo primario, e la stiamo perdendo” conservarla permette di comprendere. I rimedi a tutto ciò sono una corretta e puntuale informazione, senza scordare che è un diritto di ogni cittadino, ed è una reazione politico – giudiziaria – culturale che permetta di rendere punibili alcuni reati che al momento sono considerati “minori”, il concorso esterno altro non è che il tramite che consente le peggiori nefandezze e deve essere considerato in tutta la sua gravità, cosa che la legislazione attuale non fa.  Reati come la corruzione e la turbativa d’asta, che al momento quasi sempre sono prescritti e rimangono nei fatti impuniti in quanto giudicati dalla legge “minori”. Si mandano in fumo con la prescrizione anni di lavoro di giudici e inquirenti e si rende il tutto vano offrendo la sponda proprio alle mafie che su questi reati si arricchiscono.

L’intervento completo del giudice Di Matteo al link.



martedì 23 febbraio 2016

Coppie di fatto: Renzi e Al Fano tubano

Risultati immagini per diritti civili renzi sposa alfano
Novelli sposi



Sulle unioni civili abbiamo visto (quasi) tutto. Prima il capo del governo giurare e promettere: "la legge deve passare così com'è", ora un dietro front immorale e la convinzione che "la legge deve passare solo come la vuole Alfano". 

Mica poco, si tratta  di stravolgerla, di fare una pessima legge contro la promessa di una che era democratica. Il tutto dando la colpa ai grillini ovviamente. Solo che loro, i grillini, hanno garantito i voti necessari, forse almeno poteva provarci, il sindaco di Firenze, anzichè avere garantito l'appoggio delle destre all'interno e all'esterno del suo partito. Questa è la cifra di Renzi evidentemente, terra bruciata a tutto ciò che ricorda le sinistre e la democrazia. A partire dall'immonda riforma costituzionale, per arrivare ad una legge elettorale che è peggio della famigerata "legge truffa",  fino a questi giochini sulla pelle delle coppie di fatto e dei bimbi.

Non sono un fan del cinque stelle, però ammetto che questa volta non avevano tutti i torti, le leggi le vota il Parlamento! 
Loro garantivano i voti. 
Ora possiamo pensare ogni cosa, compreso il ricatto di Al Fano (un altro Al ricattava un tempo i poteri forti negli USA) al sindaco: "O fai come dico io o ti faccio cadere". Giochini sporchi sulla pelle delle persone. E ancora mi chiedo cosa ci fanno le minoranze del PD dentro quell'amalgama guidato da cotanto personaggio. 


domenica 21 febbraio 2016

Parlare bene l'italiano secondo Umberto Eco

LE 40 regole  per parlare bene l'italiano secondo Umberto Eco  (Fonte:  huffingtonpost)



1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo. 
Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.