Il 2018 inizia con una rivoluzione (manco a dirlo on line) e
sui social. La rivolta del sacchetto a un centesimo di euro. Ammetto che pare
una bizzarria dire “utilizzate sacchetti ecologici però li dovete pagare”, tuttavia le reazioni on line sono state veramente tragicomiche. Pagine e pagine di
improperi, prese di posizione, minacce di rivolte e via dicendo. E’ vero quanto
sosteneva Umberto Eco forse, quando diceva che il web ha dato: «diritto di parola a legioni di imbecilli
che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la
collettività»?
Anche perché l’evidenza dice che molti post sui social sono
scritti con costosissimi smartphone.
Comunque è bene ricordare che i sacchetti
sempre si sono pagati, solo che prima il loro costo era spalmato nei prodotti
ed ora è evidenziato in scontrino.
Ciò che fa specie è invece la virulenza e la tempestività di
voci che arrivano da ogni dove e che non si occupano delle pensioni al minimo
di 400 euro, di una sanità sempre più per privilegiati, del fatto che
moltissimi italiani non vanno dal dentista perché non hanno i quattrini per
farlo, dell’inquinamento e via dicendo. Ovviamente qualcuno dirà che ci si deve
occupare di ogni problema e che questo è il modo di dire “il problema è un altro”, non penso le cose stiano proprio in
questo modo, penso invece che si tratti di soppesare i problemi uno ad uno e
non dare per scontato, per esempio, che le pensioni a 400 euro siano ovvie perché
scontate, che i rifiuti interrati che causano cancro siano ineluttabili, che la
plastica abbandonata nelle spiagge e nelle campagne sia il giusto prezzo da
pagare al turismo.
Insomma, il web e i social dovrebbero essere momenti e
opportunità per affrontare i problemi in modo complessivo e non impulsivo.
Penso alla tristissima vicenda TAP, un gasdotto maledetto fatto passando sulla
testa delle popolazioni locali, in un territorio fragilissimo che non ha
necessità di opere faraoniche, invasive, un’opera che vede presidi permanenti
di cittadini osteggiati da forze del disordine in assetto da guerra che nei
fatti hanno militarizzato fette di territorio arrivando ad arrestare per una
notte 50 manifestanti rei di passeggiare in campagna. Questa vicenda tuttavia non si
dovrebbe affrontare dal solo punto di vista di difesa del territorio. A pochi
chilometri, con la benedizione dell’amministrazione comunale di Otranto, della
Provincia e della Regione, è previsto un gemello di TAP, il gasdotto Poseidon,
fortemente voluto, all’epoca da Berlusconi per aiutare il suo amichetto Putin (quello
del lettone n.d.r.).
Opera altrettanto invasiva sulla quale pare esserci una
cortina di silenzio.
La domanda da farsi, oltre che la ovvia, scontata ed
irrinunciabile difesa del territorio, è se non si debba finalmente parlare di
come sostituire le fonti di energia fossile con altre ecologiche, compatibili
con l’ambiente, pulite. E’ come superare la centrale a carbone più grande ed
inquinante d’Europa, quella di Cerano che ha trasformato interi territori in
gironi infernale di polvere di carbone, ha inquinato aria e falde, ha impedito
la coltivazione di pregiati prodotti quali i carciofi. Il problema è di come
superare le morti per cancro di Taranto, con un’industria, anche qui la più
grande d’Europa, che ha nei fatti tagliato di netto la prospettiva di vita dei
tarantini che si vedono ricattati dalla discussione se sia meglio avere un
lavoro o crepare di polveri di ferro.
Abbiamo assistito in questo giorni ad una piroetta degna
degli equilibristi del circo Togni, l’ha fatta per noi tutti il viceministro
Teresa Bellanova. Ha convocato TAP e i lavoratori di BAT, industria manifattura
tabacchi che ha lasciato a casa i lavoratori per palese incapacità
amministrativa e per delocalizzare le produzioni, dicendo alla prima di
assumere i lavoratori licenziati. Un modo stupendo di tentare di creare
fratture tra le popolazioni che si oppongono a TAP, e i lavoratori che hanno necessità di un posto
di lavoro.
Tutto questo vale molto di più di un centesimo per un
sacchetto di plastica. Ed è decisamente più dignitoso indignarsi per questi
problemi, anche sui social.