Non sono un critico teatrale, ma un comune spettatore, quindi non sono in grado di scrivere cose dotte e colte. Mi limito a descrivere sensazioni, emozioni, ricordi. E così l'articolo è nato come lettera (aperta) al regista e protagonista di un evento che è stato unico ed irripetibile.
Ciao Mario
Accidenti a te! Hai fatto piangere un’intera platea.
Ho saputo del progetto Versoterra e mi sono detto che, si, forse valeva la pena, "in fondo Perrotta è bravo, andiamoci". Così mi sono calato in un "full immersion Perrottiana", come dicevo
agli amici che non amano svegliarsi all'alba, “passerò tre giorni a vedere cosa combina il narratore Perrotta”
poi ne parleremo, dicevo.
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Mario Perrotta |
Così è arrivato il venerdì mattina, ad ascoltare, a vedere
la prima parte di Emigrati Express al Carlo V°. Uscendo da quella prima parlavo
con un amico, era stato bellissimo, però c'era in me la sensazione che qualcosa dovesse ancora essere detto.
Poi la sera alle 20,45 ad Acquaviva a imparare la storia vera di Lireta Katiaj – A chi viene dal mare.
Poi la sera alle 20,45 ad Acquaviva a imparare la storia vera di Lireta Katiaj – A chi viene dal mare.
Il palco dentro al mare, un luogo meraviglioso del Salento,
il sottofondo delle onde lievi, molta gente, un freddo che penetrava con la sua umidità, e sul palco lei, Paola Roscioli,
immensa.
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Paola Rostatoricioli (ph: Luigi Burroni) |
In un’intervista che ti feci nel 2014 mi dicesti “si, è attrice molto più brava di me”.
Non faccio paragoni, però, accidenti, è brava veramente, la storia di Lireta raccontata nel
silenzio irreale, con il rumore delle onde, con musica, e quella sensazione di
disagio inquietante. La sensazione di essere noi spettatori i "fuori luogo", non quella Lireta che parlava sul mare, quella "straniera".
Storie come coltellate, Lireta è venuta dal mare, come migliaia di immigrati ha un passato pesante, denso, scuro.
Ed è “solo” una storia fra le mille e altre mille di questa immigrazione, e le emozioni assalivano me e chi stava con me. Tutti eravamo bloccati al freddo. Non era il freddo però a tenerci immobili, a farci ascoltare, oltre la narrazione e la musica, solo il rumore dei nostri respiri. Erano le coscienze che scalpitavano, e le domande, una due, tre, cento, non dette, solo pensate in una specie di coro collettivo che aveva per sottofondo Lireta, il mare, l’Albania immaginata oltre il nero della notte, a pensare a come reagire all'assurdo ed incredibile vero che ci avvolge di fronte a queste persone che arrivano dal mare, diventato suo malgrado cimitero di speranze, amori, voglia di vivere. Pieno di corpi veri. Quell'urlo di Paola Roscioli/Lireta guardando al di là del mare “vieni qui Albània”, anche se sa che lei sa che non potrà mai arrivarci qui, quell'urlo è identico a quello
Storie come coltellate, Lireta è venuta dal mare, come migliaia di immigrati ha un passato pesante, denso, scuro.
Ed è “solo” una storia fra le mille e altre mille di questa immigrazione, e le emozioni assalivano me e chi stava con me. Tutti eravamo bloccati al freddo. Non era il freddo però a tenerci immobili, a farci ascoltare, oltre la narrazione e la musica, solo il rumore dei nostri respiri. Erano le coscienze che scalpitavano, e le domande, una due, tre, cento, non dette, solo pensate in una specie di coro collettivo che aveva per sottofondo Lireta, il mare, l’Albania immaginata oltre il nero della notte, a pensare a come reagire all'assurdo ed incredibile vero che ci avvolge di fronte a queste persone che arrivano dal mare, diventato suo malgrado cimitero di speranze, amori, voglia di vivere. Pieno di corpi veri. Quell'urlo di Paola Roscioli/Lireta guardando al di là del mare “vieni qui Albània”, anche se sa che lei sa che non potrà mai arrivarci qui, quell'urlo è identico a quello
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Approdi |
delle migliaia di
immigrati. L’odio verso le terre lasciate, l’amore per le stesse terre. No, non era solo il mare, neppure la cruda
bellezza di Acquaviva, non erano solo quelli ad emozionarci, a farci stare in un
silenzio che lasciava spazio solo alle onde e alla musica in sottofondo. Era
quella domanda sul perché siamo diventati così. Perché siamo tanto bravi ad
abituarci a tutto, a scordare anche di indignarci di fronte alle nefandezze.
Macchè Mario, l’immensa Paola e la storia di Lireta ci hanno emozionati. Ora però ci tocca ripartire, rifare i ragionamenti, ci tocca imparare a capire che
non abbiamo diritto di abituarci, che l’indignazione è un sentimento nobile,
alto, fiero.
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Lireta - A chi viene dal mare |
Il mattino dopo, erano le 4,30 quando suonava la sveglia, e
poco dopo eravamo a San Foca, di fronte
ad un altro mare da dove l’alba avrebbe illuminato i monti di Albania poco dopo. Alle
nostre spalle uno dei crimini contro l’umanità più grandi di questo Salento. Cos'altro è stato il centro di accoglienza Regina Pacis se non un vero e
proprio crimine? Ce l’hanno raccontato gli attori con la regia di Ippolito
Chiarello. Con parole degli attori che ci hanno messo di fronte ai pregiudizi di questo
primo mondo: “Io sono venuta qui per fare la puttana” “io sono venuto per
rubare” “io sono venuta per costringere le donne a mettersi il velo” e così
via, in un rosario fatto di luoghi comuni nel mondo detto “primo”.
E io pensavo che nel comune parlare esistono il primo e il
terzo mondo, manca il secondo. Forse per marcare le differenze in modo
inequivocabile: noi i primi voi non sarete mai secondi, siete merce di scambio.
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Regina Pacis (ph: Claudia De Blasi) |
Macchè Mario, questo non dovevi farcelo, dovevi lasciarci
credere che il teatro, in ogni sua forma, fosse un luogo di svago, dove si va
per divertirsi, mica per piangere o per fare esami di coscienza.
Così dopo le “Partenze” di San Foca sono tornato a Lecce,
giusto il tempo per rilassarmi un attimo e di nuovo al Carlo V°, andava in
scena la seconda parte di Emigranti Express e volevo capire perché quella
sensazione di disagio, di non detto.
Mentre camminavo verso il castello mi veniva in mente l’intervista
del 2014. E quel tuo rammarico nell'essere dovuto andar via,
in particolare quelle parole dove, ancora, il mare sembra essere il fulcro della
salentinità e il confine senza linee:
Un
mare non solo per andarsene quindi.
Per andare, forse è meglio. andare per lavorare, per scoprire, a
volte anche per cercare un figlio in Africa. invece la voglia di tornare ed
essere nuovamente leccese per me è stata una conquista. Me ne andai perchè
sentivo la mancanza di opportunità per quello che volevo fare. Partii nel 1988
per Bologna all'Università. Mi iscrissi a ingegneria, passai brillantemente un
esame e migrai a Filosofia. a Bologna nacque la compagnia di teatro, dopo anni
di gavetta, di buone cose fatte, era un teatro in gestione e dopo anni di
recitazione anche con artisti come Anna Falk, Graziosi, Glauco Mauri, ad un
certo punto mi trasferii a roma dove ho incontrato mia moglie (l’attrice Paola
Roscioli n.d.r.). Però mi accorsi che non stavo bene da nessuna parte. L’intuizione arrivò: il problema ero io, non
i luoghi altri, le altre persone. io non ero metropolitano, ero leccese fino al
midollo. Ho sentito il bisogno di riconquistare i miei luoghi, quelli in cui
sono nato e dove è nata tutta la mia famiglia. sono tornato a casa con l’anima,
italiani Cincali è nato da questa esigenza di ritorno. Ho ripreso in mano il
mio dialetto, quello parlato dalla mia gente. e la storia non poteva non essere
che racconto di emigrazione. La mia fisionomia è diventata chiara e leggibile proprio
da quel passaggio.
Tito
Schipa, Carmelo Bene, Antonio Verri, Vittorio Bodini, Mario Perrotta. L’unico
che è rimasto in Salento è Verri che ancora deve essere riconosciuto in tutto
il suo valore, gli altri te compreso, hanno dovuto andarsene per farsi
riconoscere.
Siamo ai confini del regno. Oggi forse internet ha sdoganato
anche il Salento, moltissimi vogliono venirci grazie alla rete. in uno dei
monologhi che scrissi per la RAI, dicevo che il Salento è una zattera separata
dal resto d’italia. Pensiamo a queste terre com’erano solo negli anni ’70, per
arrivare a Bari impiegavi due ore e mezzo, immagina una persona che parte solo
da Galliano del Capo, era un viaggio anche solo arrivare all’oppidum, a Lecce.
Gli artisti che hai citato hanno fatto una scelta, spesso dolorosa e sofferta,
di andare a cercare fuori la possibilità di esprimersi, di fare ciò per cui
erano nati. Vedi, io so fare bene una sola cosa nella vita: il teatro. ne vado
fiero. Per riuscirci, però, sono dovuto andare via, capivo che qui non avevo
opportunità. Tuttavia questa è terra di formazione, io penso di non avere
nessun merito, sono semplicemente nato nel posto giusto. Permettimi però, fra
quelli citati manca il nome di un altro grande, Franco Causio. nel suo ruolo è
stato un genio, ha inventato l’ala destra moderna.
E va bene, mi dicevo, aspettiamo questa seconda parte di
spettacolo. Quell'ora è passata leggera, pesante, l’abilità del regista/attore
riuscivano ad alternare risate a momenti in cui l’inquietudine si faceva risentire. Io ed il mio amico reincontrato eravamo commossi e felici di averti
sentito. Però ancora c’era un non detto nell'aria, e chissà cosa diavolo era.
Ventiquattro ore sarebbero passate perché tu uscissi allo
scoperto, nella terza parte di Emigranti Express, in cui il viaggio arriva in
Belgio per poi tornare “nel sole”. La luce del Salento in cui sei tornato con
quel treno. E tutto l’amore per questa terra, e tutto l’odio per le sue
contraddizioni sono esplose improvvisamente, un crescendo di parole a chiusura
della spettacolo che hanno lasciato la platea immobilizzata fra commozione e
lacrime, quelle degli spettatori e le tue mischiate. Non era senso di
impotenza, forse solo consapevolezza e terrore e voglia di sentire quelle
parole che non uscivano da un copione qualunque ma dal cuore, proprio come
quando si scrive con gesti che vanno dal cuore alla tastiera senza passare per
il cervello. Parole di condanna per il malaffare, per quei “salotti invisibili”
che governano la città dal chiuso delle loro stanze di potere, contro
l’assuefazione alla compravendita di voti e avanti con tutto un rosario di
problemi che ingessano questa terra, vorrebbero immobilizzarla.
Il tuo Salento che, almeno questa volta, e almeno in parte,
è riuscito a riabbracciarti. Hai sentito l’affetto? Ho capito, penso di aver capito,
il dolore di chi arriva dal mare e quello di chi il mare ha dovuto lasciarselo
alle spalle, grazie alle tue parole che cercavano storie di minatori,
viaggiatori loro malgrado, espulsi, cacciati da terre che non sapevano offrire
dignità. E ricordo i racconti di lassù, in Piemonte, ricordo che mi dicevano di emigranti nelle Americhe, in Francia e altrove.
E tutti abbiamo capito che questo Salento che ti ha cacciato
via non ti perderà mai. Per fortuna sua.
Accidenti a te, aspettavamo un guitto ed abbiamo trovato chi
ci ha messo di fronte alle nostre contraddizioni, quelle dei salentini e di chi
vive in Salento anche se salentino non è. Quelle delle persone tutte che non si
indignano più. Accidenti a te Mario. E’ vero quello che dicevi nell'intervista “sono tornato a casa con l’anima…”
E non è stato un colpo di teatro neppure quel ripresentarti
sul palco a ricevere applausi con tuo figlio Gabriele in braccio, macchè, era
un gesto di leggerezza e di dolcezza, mentre vedevo donne e uomini ancora con
le lacrime agli occhi.
Mancava ancora un appuntamento, ancora una volta in riva al
mare, ancora con la regia di Ippolito Chiarello siamo andati a Porto Selvaggio.
Si, proprio il parco naturale per il quale Renata Fonte venne ammazzata perché i
cementificatori volevano costruire proprio lì e lei si opponeva. Una camminata
fra le nostre contraddizioni ancora una volta, nel bosco giù fino al mare
passando fra attrici e attori che erano prostitute, raccoglitori di pomodori
gestiti da caporali nei campi di salentini, operai in nero sfruttati, badanti…
un esercito di irregolari. Poi quegli altri attori “appesi” ad una richiesta di
asilo che non consente loro alcun movimento, non possono andare perché sono
“richiedenti asilo”, non possono fare nulla in attesa. Sono Appesi in senso
figurato come gli attori erano appesi in senso reale agli alberi, crocifissi.
E poi i racconti di come “loro” ci vedono, ancora una volta
di fronte alle nostre contraddizioni, ancora una volta lacrime di molti
spettatori. E poi di nuovo il mare, quello di Porto Selvaggio con i corpi di
immigrati che galleggiavano, pesci fra i pesci… Immobili, cullati dall'acqua.
La sera poi a casa, con una sensazione di vuoto perché ci
mancherà tutto questo, nonostante l’angoscia, nonostante le coscienze smosse. E
con il pensiero che ancora volava verso quei ragazzi in ogni parte d’Italia che
vengono spinti via perché le loro lauree, il loro essere ricercatori abili, è
apprezzato all’estero, qui è sottopagato, maltrattato. E agli altri, quelle
donne, bimbi, uomini che arrivano su barconi in un’Europa che danzava quando
cadde il muro di Berlino ed ora eleva muri e altri muri. Perché “noi non li
vogliamo” perché forse qualcuno andrà a spolverare quei cartelli, a cambiarne
una parola sola. Quelli che dicevano “non si affitta a meridionali”, e "meridionali" forse diventerà “negri” “mussulmani” o chissà che altro. O gli altri
cartelli, quelli su cui era scritto “ni animaux ni etrangeres”. Qui non debbono
entrare animali e stranieri. E gli unici stranieri erano italiani là, dove si
scendeva in miniera.
Il mare nella mente, i luoghi del Salento dove ancora
sbarcano migranti nella speranza di arricchirsi, come diceva Lireta, “contando
fagioli”. Dove immigrati crepano fra le onde. Tre giorni fra emigrazioni ed
immigrazioni. Così simili fra loro, L’Albània non si avvicina, neppure il
Salento si avvicina a Bologna. E penso che il tuo
odio/amore verso questa terra sia così uguale a quello degli immigrati verso le
loro da poterli sovrapporre. Penso che, forse, con queste tre giornate voi: tu,
Chiarello, Paola Roscioli e tutti i collaboratori dell’evento, abbiate provato a
fare un lavoro intenso per cancellare quella terra di mezzo, quel secondo mondo
che manca nel dire quotidiano, abbiate voluto, almeno per un momento, far
coincidere il primo al terzo mondo, farli convivere, farci capire che non
abbiamo diritto di parlare di confini, di immaginare l’altro come il diverso, ma
solo come Persona. Abbiate provato a smuovere coscienze!
Accidenti a te, Mario. Comunque Grazie!
Il programma completo:
30
settembre – 2 ottobre ( ore 20.45)
Marittima
di Diso / Cala dell’Acquaviva
LIRETA – A CHI VIENE DAL MARE
con
Paola Roscioli, Laura Francaviglia (chitarra) e Samuele Riva (violoncello)
Prima
nazionale. Nella cala Acquaviva, un palcoscenico sull’acqua ospiterà la prima
nazionale del nuovo spettacolo di Mario Perrotta, interpretato da Paola
Roscioli e tratto dal diario di Lireta Katiaj. Insieme alla protagonista sul
palco, Laura Francaviglia alla chitarra e Samuele Riva al violoncello,
diventeranno la voce in controcanto della storia di Lireta, dando corpo a quello che
le parole non possono dire. Al termine dello spettacolo, un breve incontro con
la vera protagonista della storia; Lireta Katiaj.
1
e 2 ottobre (ore 05.45)
Melendugno
/ San Foca Ex-Cpt Regina Pacis
PARTENZE
Regista di percorso: Ippolito Chiarello
Regista di percorso: Ippolito Chiarello
Progetto
musicale: Claudio Prima ed Emanuele Coluccia
Coreografie:
Maristella Martella
L’alba.
Il sole sorge sul mare Adriatico salendo dietro i monti di Albania. Rischiara
il paesaggio di rocce e sabbia, le mille insenature tra San Foca e Roca e un
edificio fatiscente che guarda il mare: l’ex centro di permanenza temporanea
Regina Pacis. Nella sospensione della prima luce arrivano migranti con le loro
storie di partenze. Le ragioni che, in ogni sud del mondo, inducono a partire
suoneranno nelle parole e nelle note degli attori e musicisti coinvolti e degli
immigrati ospiti nei centri di accoglienza salentini. Poi, così come sono
arrivati spariranno verso l’entroterra. Resterà solo, ingombrante, l’edificio
del Regina Pacis con la sua cancellata, trasformata per l’occasione in una
esposizione di foto, articoli di giornale, video e suoni di ciò che accadde per
anni in quel centro, simbolo del lato oscuro dell’accoglienza. Con la luce del
sole ormai alta, gli spettatori lasceranno la costa per ritrovarsi, durante la
giornata, negli altri luoghi del progetto.
30
settembre – 1 e 2 ottobre (ore 11.30)
Lecce
/ Cortile del Castello Carlo V
EMIGRANTI ESPRÈSS LIVE
di
e con Mario Perrotta
in
collaborazione con Lecce Festival della Letteratura
Evento
in esclusiva assoluta. T re giornate per raccontare un’unica storia, quella del
treno Lecce-Stoccarda che partiva tutti i giorni verso le “Americhe” del nord
Europa carico di emigranti salentini. I tre spettacoli sono la realizzazione
live della nota trasmissione Emigranti Esprèss realizzata per Radio Rai 2
sull’emigrazione italiana del dopoguerra.
1
e 2 ottobre (ore 17.15)
Nardò
/ Porto Selvaggio
APPRODI
Regista di percorso: Ippolito Chiarello
Regista di percorso: Ippolito Chiarello
Progetto
musicale: Claudio Prima
Coreografie:
Maristella Martella
Tramonto.
Il sole si dissolve sulle acque del mare Ionio e, nella scia di luce che resta,
ombre umane riemergono tra la pineta e il mare con le loro storie di approdi.
Il pubblico sarà avvolto dalle speranze, le attese e le delusioni di tanti
possibili approdi e ascolterà il racconto del nostro mondo così come non lo
abbiamo mai pensato, perché diversi sono gli occhi di chi lo guarda e lo
racconta. Scopriremo così quale esito hanno avuto le vite incontrate all’alba
sull’Adriatico. Con la sera che incalza, non resta che lasciare lo Ionio,
attraversare ancora il Salento verso est, affacciarsi sulla scogliera e
avventurarsi nella boscaglia che conduce a un palco sull’acqua, in attesa che
la storia di Lireta si svolga davanti ai monti di Albania.
1
ottobre (ore 18.00)
Fondazione
Palmieri / Lecce
LIRETA NON CEDE – il diario di
Lireta Katiaj
Presentazione in prima
nazionale in collaborazione con Lecce Festival della Letteratura
con Lireta Katiaj e Natalia Cangi (direttrice dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano)
in collaborazione con Lecce Festival della Letteratura e l’Archivio Diaristico Nazionale
con Lireta Katiaj e Natalia Cangi (direttrice dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano)
in collaborazione con Lecce Festival della Letteratura e l’Archivio Diaristico Nazionale
Lireta
Katiaj, la donna albanese la cui storia sarà oggetto dello spettacolo che andrà
in scena a Marittima di Diso, sarà presente in Salento nei tre giorni di
progetto e farà incursione nella città di Lecce per la presentazione in
prima nazionale del suo diario intitolato “Lireta non cede” pubblicato da Terre
di Mezzo editore.
I protagonisti
I protagonisti
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