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sabato 6 maggio 2017

Alessandria, Lecce, elezioni e maionesi impazzite

Elezioni amministrative e liste trasversali ormai sono un tutt’uno. A Lecce tal Delli Noci, proveniente dal MSI, assessore per cinque anni meno qualche mese della giunta guidata dal Forzitaliota Paolo Perrone (già vicesindaco della ex sindaca missina, poi ministro berlusconiano Poli Bortone Adriana, ed ora passato con Raffaele Fitto portando in dote voti acq… pardon, conquistati con il sudore della fronte) ad un certo punto esce dalla giunta Perrone e dice “mi candido come sindaco”. Il centro destra non lo adotta e lui va avanti a testa bassa formando un po’ di liste più o meno civiche. La sua operazione ha visto le simpatie di parte di esponenti delle sinistre (non esclusi alcuni PD) e di molta destra. Risultato finale: nelle liste a sostegno di Delli Noci si trovano fuorusciti del PD, alcuni sinistri (ex), candidati che nelle loro pagine facebook inneggiavano a Hitler e Mussolini (pagine eliminate dagl istessi ma documentate nella pagina ANPI Lecce), candidati che amano fare il saluto romano e così via.

Alessandria. Leggo nelle cronache che un ex sindaco ed ex deputato PSI di area lombardiana e fedele di Signorile, Felice Borgoglio, fonda un movimento per scalare il Comune contro il sindaco uscente, la PD Rita Rossa. Per fare questo giochino il nostro non esita a mettere assieme ex comunisti (federazione della sinistra), la vicepresidente ANPI Carla Nespolo, ex forzanovisti, ex leghisti e via di questo passo. Il Borgoglio però non si sputtana, manda avanti come candidato sindaco Oria Trifoglio, ginecologa che prima era in quota al sindaco uscente Rita Rossa.

Come si vede le maionesi impazziscono se non si curano per bene, sarebbe interessante sapere   dai sinistri (ex e non ex) se veramente hanno in un comune sentire, simili visioni del governo  della cosa pubblica con i destri. Parliamo, che so, di immigrazione? Parliamo di diritti? Parliamo di contrasto alla criminalità organizzata? Di gioco d’azzardo? Parliamo, e qui penso che ANPI nazionale dovrebbe porsi il problema, di come un’alta dirigente dell’associazione possa candidarsi a fianco di un fascista, pur dichiarando “però ha cambiato idea”.
E per Lecce vogliamo dire di un candidato sindaco che fino a pochi mesi fa è stato assessore della giunta uscente ed ora ne contesta l’operato? Dov’era per cinque anni? Forse sonnecchiava, chissà.


Per la cronaca diciamo che ad Alessandria Sinistra Italiana appoggia il sindaco uscente, lo fa con il PD ed altre forze. Anche questa maionese forze potrà impazzire, però quanto meno c’è più dignità. 

giovedì 4 maggio 2017

Giro d'Italia numero 100 - In ricordo di Scarponi e Pantani

Michele Scarponi
Il Giro d’Italia numero cento sta per partire. Sarà un’altra festa per il ciclismo mondiale. Tuttavia parte offuscato  dalla nebbia della morte. Michele Scarponi se ne è andato il 22 aprile scorso, alla vigilia di quel giro di cui sarebbe stato uno dei protagonisti. Uno stupido incidente in allenamento, l’incrocio, il furgone. La morte fu istantanea.
Con il Giro vengono in mente tanti ricordi, strade afose ai bordi delle quali lo aspettavamo le poche volte che passava vicino a casa, e il gruppo sempre compatto che sfilava in pochi secondi con il sottofondo del rumore delle catene che giravano. A malapena si scorgevano i volti dei ciclisti, meno male che la maglia rosa era riconoscibile, almeno potevamo dire di averlo visto.
Eddy Merckx
Ricordo i racconti di epici scontri fra campioni e campionissimi. Le narrazioni di due, trecento Km. di strade semisterrate, senza meccanici, se c’era un guasto il corridore doveva aggiustarselo da solo, ricordo i racconti di Girardengo, Binda, Bartali, Coppi e ancora altri, ricordo Eddy Merckx detto il  cannibale perché non lasciava nulla a nessun altro, voleva vincere tutto. E ci riusciva. Vinse cinque Tour de France e cinque Giri d’Italia, un mostro vero e proprio.

Ma il Giro ha anche ombre pesanti, inquietanti. Era il 1999, Marco Pantani, detto il pirata per la bandana che portava sempre in corsa, nella tappa di Madonna di Campiglio, due giorni prima della fine del giro, aveva praticamente conquistato la maglia rosa, nessuno avrebbe potuto colmare il distacco di 5 primi e 38 secondi che lo staccavano da Salvoldelli. Le due tappe successive erano pane per i suoi denti, sul Mortirolo avrebbe dato la zampata finale. La doccia fredda, gelata, arrivò quel maledetto 5 giugno, quando alle 10,10 vennero comunicati gli esiti degli esami antidoping. Marco Pantani risultava con ematocrito al 51% contro il limite massimo del 50% consentito. Fu la fine, l’esclusione per 15 giorni fu fatale per il pirata. In pochi credevano ad un Pantani dopato, anche Savoldelli rifiutò di indossare la maglia rosa il giorno successivo.
Da quel momento per Marco iniziò un giro negli infernali gironi della depressione. Provò più volte a rialzarsi, ma il convitato di pietra del male oscuro lo teneva in pugno. Fino al 14 febbraio 2004, quando venne trovato morto nella stanza del residence Le Rose a Rimini. Overdose di cocaina, dissero, però molti sospettano l’omicidio, giustamente. Troppi lati oscuri, troppi non detti, soprattutto la drammatica verità sui fatti di Madonna di Campiglio.
Renato Vallanzasca, noto criminale in galera, condannato a 4 ergastoli e a 395 anni di prigione, confidò di un colloquio con un detenuto di camorra poco prima di quel maledetto 5 giugno 1999 in cui gli disse: “non vincerà Marco Pantani il Giro”.
Marco Pantani
Indagini successive portarono ad un’intercettazione telefonica fra un detenuto di camorra ed un suo parente, il testo:

Uomo: “Mi hanno interrogato sulla morte di Pantani”.
Parente: “Noooo!!! Va buo’, e che c’entri tu?”.
U: “E che c’azzecca. Allora, Vallanzasca ha fatto delle dichiarazioni”.

P: “Noooo”.

U: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano…”.
P: “In galera”.
U: “Insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me. Io gli davo a mangia’.Nel senso che, non e’ che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perche’ e’ una persona che merita. E’ da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo societa’ insieme”.
P: “E che c’entrava Vallanzasca con sto Pantani?”
U: “Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni”.
P: “Una dichiarazione…”.
U: “Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla fine. Perche’ sbanca tutte ‘e cose perche’ si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani.Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma”.
P: “Ma e’ vera questa cosa?”.
U: “Si’, si’, si’… si’, si'”.

Altre indagini hanno portato gli inquirenti alla conclusione che la camorra “costrinse” il medico addetto alle analisi, ad alterarne i valori per far perdere Marco Pantani ed incassare milioni di euro dalle scommesse clandestine e non. Si sa infatti che la malavita organizzata gestisce in prima persona moltissimi punti scommessa legali, grazie alla latitanza di una legge nazionale che regolamenti il tutto.
Il baratro, la fine di una carriera, la fine di un mito.
Gli sport, purtroppo, sono spesso nelle mani di criminali che sfruttano la dabbenaggine degli scommettitori, che non esitano ad ammazzare, che lucrano sul lutto.

In ciclismo era lo sport per eccellenza un tempo, da quel 1999 quanti giri d’Italia sono stati comprati e svenduti? Quante partite di calcio? Non lo sapremo mai, però guardiamo con più disillusione e ricordiamo Scarponi, Marco Pantani e tutti gli eroi positivi.

mercoledì 3 maggio 2017

Papaveri e fiordalisi (flash di memoria)

Papaveri e fiordalisi



Ci sono sapori, profumi, colori, sensazioni che, passando il tempo, diventano flash di memoria. Immagazziniamo informazioni come nessun computer sa fare. A volte queste tornano improvvise senza che ci si ricordi come e quando le abbiamo imparate senza rendercene neppure conto.
Mi successe sentendo il “banale” profumo di mandarino appena raccolto da un albero, io quel profumo l’avevo dentro e l’avevo perso da tempi immemorabile, probabilmente da quando ero bimbo e i mandarini acquistati erano merce rara in Piemonte e arrivavano dal profondo sud, oggi diremmo che erano bio. Poi, penso, arrivò la produzione che seleziona ed uniforma. Ora ci sono serre e coltivazioni seriali, antiparassitari, sostanze chimiche che chissà da dove arrivano, selezionano il bello dal meno bello, non necessariamente il buono dal meno buono, l’immagine è tutto. Così le  fragole sono grandi come meloni e le mele lucide al punto che ti ci puoi specchiare.
Quei profumi però sono rimasti un ricordo. Mi si dice che immagaziniamo sapori e odori, come i cani in fondo.
Ed abbiamo ricordi che affiorano ogni tanto. Correvamo in bicicletta su stradine sterrate nelle giornate estive, giugno, luglio, prima della trebbiatura. Caldo afoso, polvere: “ma chi se ne frega”, noi andavamo a scoprire campi, boschetti, pioppeti, e chissà quale segreto nascosto ci stava aspettando. Tesori non ne scoprimmo mai, la speranza però ci supportava, era immortale.  

Ph: Maria Pacoda (Lecce)

I campi di grano allora erano multicolori, gialli come le spighe, rossi come i mille papaveri, azzurri come i mille fiordalisi. Erano uno spettacolo nell’afa padana, se c’era un po’ di vento erano ondulati come un mare, e ci si fermava a guardare, neppure troppo però, era spettacolo usuale. E magari ci si sedeva per terra a riposare parlando di chissà cosa in attesa di chissà quali avventure, poi crescemmo con i papaveri e i fiordalisi negli occhi. Improvvisamente, senza che ce ne rendessimo conto, sparirono. Sterminati da diserbanti “intelligenti” che selezionavano la pura razza ariana del grano (anche lì) e aiutavano i contadini a fare meno fatica per la mietitura.
Ora vedo papaveri, non vedo più fiordalisi però, estinti forse. Successe solo una volta, era il 1988, ricordo la data perché stava arrivando prepotentemente Giulia. Improvviso un campo come quelli che ricordavo, improvviso come il profumo di quel mandarino raccolto e che non osavo sbucciare per il suo profumo. Eravamo in bicicletta, sempre per stradine sterrate come un tempo,  più vecchi, forse meno saggi. Quella distesa gialla, rossa e azzurra io la conoscevo da tempo, fu emozione.
Ora vedo papaveri ai bordi delle strade salentine, e imparo che con loro si faceva un infuso, la “paparina” in cui si imbeveva il ciuccio dei bimbi per aiutarli a prendere sonno…
Flash, ricordi, emozioni improvvise, impreviste, che passano velocemente per lasciar posto a fragole grandi come meloni e mele lucide da potersi specchiare.



lunedì 1 maggio 2017

Cantar maggio



Il cantar maggio è tradizione antichissima, radicata nel centro nord Italia (Toscana, Lazio, Emilia, Liguri e Piemonte soprattutto) raccontava auspicio di buoni raccolti e la resurrezione della natura. in Toscana la notte fra il 30 aprile e il primo maggio, e solo in quella notte, giovani e giovinette poteva uscire a raccogliere fiori dai rami degli alberi, qualcuno li poteva utilizzare deponendoli davanti alla finestra della donna amata quale dichiarazione d'amore. Nelle Langhe era diffuso il Cantè i euv (catar le uova), gruppi di ragazze e ragazzi andavano nei cascinali dei signori cantando canti tradizionali e chiedendo in cambio uova fresche.

Del maggio a Costabona cantò un  mirabile pezzo Ivan Della Mea "Stu cantà culur de tera veur di creà..." Questo cantare color di terra vuol dire creare, creare cultura...   il maggio di Costabona ha origini epiche, drammatiche e farsesche, gioco e canti e tragedia si intrecciano nei giorni di maggio.


Nell' alessandrino invece, come racconta Enzo conti, dal suo profilo facebook, il leader del gruppo
I Tre Martelli che ha appena festeggiato i 40 anni di attività di ricerca di canti popolari:


Durante la nostra ricerca documentammo in diverse occasioni l'usanza del "Cantè Magg" (Cantar Maggio) un rito di innegabile derivazione pagana, collegabile alle antiche tradizione del Calendimaggio, in uso in diverse località del Piemonte fino circa agli anni '30 del secolo scorso. Nelle ore pomeridiane del primo maggio piccoli drappelli di bambine e ragazzine, in genere composto da tre fanciulle, giravano di porta in porta. In molte località una di loro, la sposa di maggio, vestiva in maniera sfarzosa e aveva in testa un cappellino a larghe falde. Sul petto portava il rametto di pino ornato di nastri. Le due damigelle avevano invece un canestro per le uova e talvolta un ramo verde guarnito di nastri colorati e con in cima una bambolina di panno raffigurante la primavera, con alcune ovvie differenze da zona a zona.
Enzo  Conti
Mentre di porta in porta attendevano l'offerta in denaro o in natura delle famiglie a cui rendevano visita, levavano il loro canto (di cui nel video riportiamo alcune strofe tratte dal nostro album "Giacu Trus" del 1985). L'inizio era simile al Cantè i'euv, la questua delle uova del periodo pasquale, con le solite strofe adatte ad ogni canto di questua: il saluto al padrone di casa, i complimenti alla gente della famiglia.
Su tutto, l'esaltazione del maggio, ripetuta più volte come un ritornello: Ben vena magg (Ben venga Maggio). Più anticamente i doni venivano richiesti in nome di una divinità vegetativa che si credeva incarnata nel maggio e portata dalle fanciulle di casa in casa. Di qui l'abitudine di non negare l'offerta, per non offendere lo spirito vegetativo che in primavera rinasce e dal quale dipendono la fertilità della campagna e la ricchezza dei raccolti. Già la festa pagana di Attis vedeva un pino tagliato e adornato di bende e ghirlande, le stesse bende che adornano l'albero del "Piantè Magg" (Piantar Maggio) rito differente ben diffuso nel Roero e in Langa, e praticato sempre in tale mese, in cui si ravvisano anche elementi della antica festa celtica di Beltane.
Riguardo la diffusione europea di tali riti primaverili vedere: "Il ramo d'oro" di James George Frazer (Glasgow 1854 - Cambridge 1941).
Per il Piemonte:
G. Ferraro - Canti popolari monferrini - 1888
A. Barolo - Folklore monferrino - 1931
A. Vivanti - Canti popolari in Monferrato, Pasqua, le uova, la Passione - 1954
E. Cappelletti, R. Mamino, M. Pregliasco - Sopravvivenza e vitalità del canto popolare nell'alta Langa - 1981
S. Benaduce, S. Benedetti, G.R. Morteo, - Spettacolo e spettacolarità tra Langhe e Roeri - 1981
F. Castelli - Ballate d'amore e d'ironia. Canti della tradizione popolare alessandrina - 1984
T. Mo - Le parole della memoria - 2005
A. Adriano - Feste sotto la luna - Balli e ballate dell'albese - 2006