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sabato 16 febbraio 2013

"Se vuoi lavorare paga mazzette" (Silvio il breve)


"La tangente è un fenomeno che esiste, non si possono negare le situazioni di necessità se si va trattare nei Paesi del terzo mondo o con qualche regime”... Altrimenti, se si vuole indulgere a "moralismi assurdi", meglio non fare gli imprenditori. (Dal Vangelo di Silvio il breve)

Qual è il problema della Repubblica detta “seconda”? Penso sia la venuta meno dell’etica in politica. Le frasi citate sono una narrazione plastica della filosofia dei peggiori dittatorucoli da avanspettacolo, guitti dell’informazione, populisti d’accatto, di chi ammicca all’illegalità per ottenere facili consensi.
E quel signore non è nuovo a queste uscite, una volta elogiò l’evasore fiscale in quanto vessato, lo fece poco prima di aumentare la vessazione fiscale con il suo compare di merende Tremonti.  E non si è fermato, dato per assunto che la corruzione è un reato previsto dai codici, il nostro si spinge a dire che le indagini sui dirigenti di Finmeccanica, rei di avere violato le leggi, sono colpa (udite udite) della magistratura. Badiamo, il problema non è lottare contro un sistema fiscale ritenuto iniquo, piuttosto è quello di eluderlo.    
La filosofia del più forte contro l’etica e il senso dello Stato. Arrivò, sull’orlo di accusa per falso in bilancio, a depenalizzare il reato dicendo che “così fan tutti”.
Quale messaggio si invia alle giovani generazioni? Parlavo con un sedicenne che gioca d’azzardo in un centro scommesse (a proposito, qualcuno controlla?), gli dissi che è vietato dalla legge per i minorenni, mi rispose con sguardo angelico e stupito: “ma lo fanno tutti, e il gestore non mi dice nulla”.
“Lo fanno tutti”. Anche corrompere, anche pagare mazzette, anche violare qualsiasi legge. Lo fanno tutti anche parcheggiare in tripla fila pulendosi la coscienza accendendo le luci di emergenza. Il fatto che lo fanno tutti toglie valore al reato? Soprattutto un personaggio che si candida alla presidenza del consiglio, può permettersi di dire che le leggi sono il problema e l’elusione delle stesse una sorta di lecita autodifesa?  
Certo, così dicendo si fa l’occhiolino ai peggiori. Stiamo parlando di criminali, come altro chiamare chi ruba soldi pubblici? Come altrimenti chiamare chi inquina i mercati con tangenti? Chi utilizza i quattrini dei contribuenti per comprarsi lecca lecca? Il messaggio è chiaro ed ovvio: votatemi e sarete protetti, votate gli altri e dovrete (addirittura) rispondere ai giudici se rubate, se pagate ragazze minorenni, se evadete le tasse e corrompete un politico.
Purtroppo si stanno ribaltando i termini delle cose. Non è più l’accusato che deve difendersi e dimostrare la propria innocenza, ma è la magistratura che deve difendere sé stessa perché fa il suo lavoro. Il signor Fitto è stato condannato in primo grado, noi concediamo, come l’etica prevede, il beneficio del dubbio fino al terzo grado di giudizio, lui e il suo datore di lavoro dicono che la colpa è dei giudici. Dove sta l’etica? Dove il senso dello Stato? Al momento il signor Fitto è stato giudicato colpevole.  
A quando la depenalizzazione del reato di mafia perché fa girare denaro, ha imprese, offre lavoro, perché è un volano per l’economia? Non è un assurdo, neppure ci siamo lontani. Dire che la corruzione è fisiologica e che procura lavoro è esattamente aprire le porte alle mafie che di corruzione vivono e lanciare un chiaro segnale “votatemi, sto dalla vostra parte”.  Non siamo neppure più nella filosofia liberista che ha, tutto sommato, un’etica, che tende a farsi le leggi e a rispettarle, con queste parole si è superato il limite e il re è finalmente nudo (anche fuori da villa Certosa). Ed otterrà i voti di chi dice che lui parla il linguaggio della chiarezza, di quelli che evadono, poco o tanto, le tasse. Otterrà i voti di chi vuole uno Stato assente, e di chi pretende di essere sopra le leggi, anche quelle del divieto di sosta. Quando si dice di Democrazia bloccata e prigioniera si intende proprio questo. E badiamo, è ovvio e scontato che ottenga i voti dei fuori legge, assolutamente incomprensibile è che li ottenga dai pensionati al minimo, dai precari, dai redditi fissi. Nessun altro oltre lui arriva a dire che chi lo vota è un coglione, le persone per bene il voto lo rispettano, anche se assolutamente non risulta facile comprendere.
L’impressione è che si voglia, con un voto, dare un colpo alla Democrazia. Si sceglie il buco nero del via libera per i più forti a discapito dei troppi socialmente deboli. Si opta per fare dell’evasione fiscale e dell’illegalità il vero governo del paese. Lo stato sociale, la scuola per tutti, la sanità per tutti saranno solo sogni nel cassetto, vincano i più forti, studino e si curino i più ricchi, per gli altri (quelli che non sono furbi e non pagano mazzette) ci sarà un’assistenza sociale minima. Avranno diritto a crepare in qualche centro della Caritas perché sono solo un peso, non producono ricchezza, sono un costo vivo. Mica come Totò Riina che ha conti in ogni banca. Mica come il più ricco d’Italia.
 
   

venerdì 15 febbraio 2013

Bossi, Grillo, Grossi, Brillo.....


La dittatura partitocratica che andiamo ad abbattere...  


Se vogliamo le riforme dobbiamo farcele, perché nessuno le farebbe al nostro posto. Numerose saranno le riforme della Costituzione che  intendiamo far partire...  Non è difficile sognare. È difficile, invece, sognare confrontandosi con la realtà per cambiarla...

Un principio fondamentale che sta alla base di tutte le Costituzioni, è quello della resistenza che i cittadini e i popoli hanno diritto di fare nei confronti di uno Stato quando commette ingiustizie...

Berlusconi è bollito.

Berlusconi mostra le stesse caratteristiche dei dittatori. È un Kaiser in doppiopetto. Un piccolo tiranno, anzi è il capocomico del teatrino della politica. Un Peron della mutua.

Toh, Beppe Grillo nel suo tsunami tour....
Errore, sono frasi di Bossi (il troto) del 1994. Quanta somiglianza, quanta identità di vedute. 

giovedì 14 febbraio 2013

Marco Pantani

Il 14 febbraio 2004 moriva Marco Pantani 



L'altro San Valentino


 Lo chiamavano "il napoletano", Alfonso (Al) Capone si contendeva il mercato degli alcoolici. Proprio il giorno di San Valentino (14 febbraio 1929) la diatriba venne risolta a favore del mafioso italo americano. 
Sam Giancana, suo braccio destro, guidò la banda , erano travestiti da poliziotti, fecero una "retata" dei nemici e li caricarono sui cellulari per condurli alla stazione di polizia, il traguardo fu però un garage dove li trucidarono con i mitra. Oltre 50 proiettili in ogni corpo. Al Capone aveva un solidissimo alibi, era a Miami per un processo. Per 40 anni si credette ad un'operazione di poliziotti corrotti, finchè l'unico sopravvissuto, Alphonse Karpis, fece luce sull'accaduto. 

mercoledì 13 febbraio 2013

Crozza, San Remo & c.


Ho visto spezzoni di festival di San Remo. Un po’ di Litizzetto con la sua immobile staticità, battutine scontate, sempre le stesse da decenni, un po’ di canzoni fra una pennichella e l’altra, poi Crozza che, ammetto, mi ha tenuto sveglio. E già immaginavo quel che oggi c’è sui giornali: lancia in resta tutti i destri che si stracciano vesti, mutande e tutto ciò che indossano urlando allo scandalo, quasi come fossero gli altri a monopolizzare le TV. Ammetto, se invece di Crozza fosse stato qualcuno di destra a fare battute ci sarebbe stata protesta vibrata e sentita. Però poi ci ho pensato un po’, me ne venisse in mente uno ascrivibile a quella parte politica capace di fare audience e a far ridere in modo intelligente. Perché la satira non può prescinedere dall’intelligenza vivace. D’altra parte il comico offre quel che l’utenza chiede.
L’elettore medio di Berlusconi ride quando si fanno battute sul sesso e sulle tasse, e si scompiscia alle barzellette del padrone del vapore, idiote o fuori contesto esse siano, inopportune se dette da un capo di governo, poco importa, lui è il capo supremo e può tutto. In questi giorni ha dato il meglio di sé chiedendo ad una giovane ragazza “lei quante volte viene?”, se non è alta ironia questa!
I bersaniani, ammetto, mostrano una certa propensione alla risata, solo se “intelligente”, a condizione che sia pacatissima. Amano Crozza e Litizzetto perché fanno battutine argute contro Berlusconi, però si inalberano e fanno un comizietto improvvisato ogni volta che considerano qualcuno non politicamente corretto. L’elettore medio di centro sinistra si bea guardando Ballarò e Santoro che vaga di TV in TV con i suoi inviati speciali e il suo neopopulismo di sinistra, e raggiunge l’orgasmo quando il dibattito dure più di tre ore. Soprattutto non si perde un TG. Spesso insiste un antico vezzo (lo stesso il cui primato oggi appartiene a quelli di Casa Pound) a non ridere  perché si deve essere attenti e fieri a comprendere quel che accade per non perdere il momento della rivoluzione.   
Gli elettori di Grillo, ammetto, sono ad amplissimo ventaglio, però quello di base si scompiscia veramente quando sente ammiccare ed ha la sensazione di “creare caos”. Parlavo con un ragazzo che voterà cinque stelle, mi diceva che vota così “perché in Parlamento ci sarà un bel casino, rideremo molto”. Programmi? E chi se ne frega!
Poi ci sarebbero i sedicenti centristi, Casini, Fini, Monti. Vero aplomb simil istituzionale, sorridono con pacata gioia vedendo un cagnolino scodinzolare ai giardinetti, a volte arrivano a ridere addirittura quando si fa una battuta sullo spread o sulle tasse. Ma non toccategli la famiglia (in senso stretto), su quella non si transige, parola dei divroziati Casini e Fini.
I leghisti, ecco, qui lo zoo è variegato veramente, non li fa ridere tutto ciò che non ha pesanti allusioni sul sesso, sulle dimensioni del pene, su tette e culi, sugli extracomunitari e sui meridinali che debbono necessariamente avere alcuni requisiti: puzzare, essere sporchi, non apprezzare la polenta, averlo piccolo. Il clou di risate lo raggiungono nelle cene di partito, quando qualcuno scoreggia rumorosamente. E’ il massino della satira sociale e sprezzante che esternano.
Hanno comici forse quelli di Casa Pound? Macchè, ma li avete visti mai quando sono in pubbliche piazze o manifestazioni? Pago un caffè a chi mi porta un casapoundino sorridente. Sono sempre truci, tetri. Come in arte non è bello ciò che piace, ma esiste un bello oggettivo, i casapoundini sono oggettivamente brutti.
D’altra parte per far ridere e riuscire a divertirsi ci vuole intelligenza critica e capacità comunicativa che riesca ad uscire dai recinti di appartenenza. Ecco spiegata la carenza di capacità comica e satirica delle ultime due tribù.
Eggià, se ne diranno moltissime su questa edizione del festival che va in onda prima dell’altra parata da comiche finali, le elezioni.
Per chi vorrà seguire i giornali e i TG dei giorni del festival il divertimento è assicurato. Certo che se il papa aspettava a dimettersi a marzo ci sarebbero state meno distrazioni ed avremmo potuto concentrarci meglio sul faceto. Oddio, non che le dimissioni di un capo di stato straniero siano così inquietanti, però tutte le prime pagine sono per lui…

lunedì 11 febbraio 2013

Tutto è cultura?



Tuttu è cultura,
e sta parola me face paura,
sarà ca sbaju vocabolariu,
ma tutte ste cose le chiamerei "sguariu"
(Mino De Santis – Tuttu è cultura)

Nell’ex chiesa di San Sebastiano, a Lecce venerdi 8 febbraio si è tenuto un incontro per parlare di cultura. Il titolo era accattivante. “E se iniziassimo con la cultura? Casi regionali e progetti nazionali”
Hanno partecipato: il sociologo Franco Cassano, candato al Parlamento con il PD, lo storico Andrea Carlino, Fernando Blasi per Sud Sound System, l’antropologo Gianni Pizza, Antonio Princigalli di Puglia Sound, il regista Maurizio Sciarra e Massimo Bray, candidato nelle fila del PD al Parlamento, dell’Istituto Treccani e presidente della Fondazione Notte della Taranta. Proprio a Massimo Bray è indirizzata una lettera con firme illustri della cultura italiana, in cui si chiede, in estrema sintesi, di tornare a fare cultura e di impegnare i suoi giorni in Parlamento ad occuparsi di far rinascere il paese e a contribuire a “superare l’imbarbarimento e la conseguente crisi culturale italiana, che hanno toccato toni drammaticamente acuti in quest’ultimo ventennio”.
Un declino assolutamente non casuale, secondo l’antropologo Gianni Pizza l’incultura dell’ultimo devastante ventennio è essa stessa una forma di cultura in quanto la crisi dei saperi va di pari passo con quella della democrazia. Cultura non significa tout court dimostrazione di bravura nell’elaborazione di manufatti, opere, scritti, ma deve essere, tornare ad essere, il vivere quotidiano, in un’interazione fra il vissuto e il governo delle cose. In buona sostanza, la cultura deve essere quello strumento che permette di vivere anzichè  sopravvivere.  Da questo punto di vista è indispensabile di tornare a parlarne.
Franco Cassano ha detto di come la primavera pugliese sia iniziata nel 92, con gli sbarchi degli albanesi, quando si è inizato a guardare oltre i confini, oltre Roma, quando si capì che c’era un mondo intero là fuori con cui rapportarsi. E da allora si scoprì che esistono modi nuovi di narrare.
E Franco Bray dice di guardare cosa succede negli U.S.A. dove Obama ha parlato di diritti e di speranze mentre in Italia dobbiamo tornare a vedere il mond oa colori, uscire dal bianco e nero di questi incredibili anni; invece la cultura, “come un campo, deve essere coltivata perché non cresca gramigna”.
La domanda ai politici e futuri parlamentari ed agli amministratori dovrebbe andare proprio in questa direzione. La Puglia, il Salento in particolare, sembrano vulcani in continua eruzione: film, libri, editoria, festival, notti della taranta e via dicendo. Il problema è capire quanto queste rappresentazioni siano fini a sé  stesse e quanto lascino di “non tangibile” sul territorio. Comprendere la differenza, ad esempio, fra la notte della taranta e il premio Barocco, Il volano economico e turistico è sicuramente importante, però occorre rinascere nel senso più nobile del termine, rifarsi società, tornare a comprendere gli accadimenti e governarli. In caso contrario, se si bada al mero ritorno economico, produrre festival e notti musicali e produrre taralli è assolutamente la stessa cosa, non esiste un valore aggiunto che la cultura dovrebbe dare. Tornare a fare cultura del territorio, del paesaggio non ad uso e consumo dei turisti (magari mordi e fuggi), ma dei salentini tutti che nel quotidiano vivono la loro terra, significa riallacciare, come diceva Fernando Blasi  dei Sound S.S.  il dialogo interrotto fra generazioni.
Per fare tutto ciò, ne erano consapevoli tutti gli interventi, occorre ricostruire dalle ceneri del terremoto degli ultimi vent’anni in cui si sono tolti finanziamenti a quella cosa che “non si mangia” come disse un ministro dell’economia che con tutta evidenza non è in grado di fare due conti, l’industria culturale italiana è seconda come addetti solo a quella automobilistica. Ma questi dati sembrano non interessare. Meglio vedere Pompei che cade a pezzi, meglio vedere i soffitti degli Uffizi che crollano. Meglio passare da un’agricoltura intelligente ad una fatta di pannelli fotovoltaici o pale eoliche e costruire strade a quattro, magari sei corsie. Emblematica la presa di posizione dei costruttori leccese in questi giorni, che ipotizzano una crescita in verticale della città, abbattendo edifici vecchiotti per costruire grattacieli. Non sempre essere produttori di beni materiali equivale ad avere visione ampia delle cose. Troppo spesso, ci insegna quest’ulimo ventennio, si bada al mordi e fuggi, alle feste di una sola notte estiva. In realtà si avrebbe necessità di riaprire le porte al dialogo con il territorio, comprendere se sia meglio il ponte sullo stretto piuttosto che rirpristinare la viabilità in Sicilia e comprendere se sia meglio in Salento fare una mobilità morbida, servita magari dalle ferrovie del sud est o asfaltare uliveti. Forse la strada per ripensarsi, per tornare a fare cultura in un mondo di sagre del lampacione spacciato per l’unico sapere e lasciare ricadute non esclusivamente economiche sul territorio è la strada.

domenica 10 febbraio 2013

Scacchi: il matto di legal

animazione stupenda matto di legal

Scacchisti, udite! Un'immortal tenzone
In brevi tratti il verso mio dipinge;
Inoltra il Re dei Bianchi il suo pedone,1. e4,
Quel del Re Nero contro a lui si stringe.1. ... e5;
L'assalta un Cavalier; ma gli si oppone2. Cf3,
Quel della Donna e i colpi suoi respinge.2. ... Cc6;
Alla quarta d'Alfier l'Alfier si pone,3. Ac4,
La Donna il suo pedon d'un passo spinge.3. ... d6;
L'altro Cavallo accorre. Al primo è sopra4. Cc3,
l'Alfiere e il preme. Egli il pedone uccide,4. ... Ag4; 5. C:e5,
Benché al nemico acciar la Donna scopra.
Ed essa muor, ma non indarno. In fallo5. ... A:d1;
Cadde il duce dei Neri: ei non previde
Scacco d'Alfiere e matto di Cavallo.6. A:f7+, Re7 7. Cd5#