Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

lunedì 21 novembre 2022

IRAN basket, mondiali di calcio e diritti civili


Mentre in Qatar va in onda il mondiale di calcio dell’assurdo, un campionato che ha visto 6.500 operai morti costruendo stadi, dove la donna è relegata al ruolo di schiava, dove gli omosessuali sono stati definiti “mentalmente disturbati” e l’omosessualità è un reato.

 

“La prima denuncia sulle condizioni degli operai è arrivata nel 2016 da Amnesty International, secondo cui i lavoratori erano alloggiati in case squallide, subivano trattenute dallo stipendio e avevano subito la confisca del passaporto. Nonostante qualche miglioramento dopo questa denuncia, nel 2021 Human Rights Watch ha denunciato come molti di questi operai siano stati costretti a lavorare col sistema della “kafala”, in pratica una sponsorizzazione del datore di lavoro che impediva agli operai di lasciare il Paese senza l’approvazione di quest’ultimo.” (Fonte: virgilio)

 

Altre denunce seguirono, tuttavia la FIFA (pur con numerose inchieste ai suoi delegati per corruzione, proseguiva a testa bassa a portare il circo dei fighetti del calcio in un paese incivile.

Proprio in difesa dei diritti civili negati i capitani di alcune nazionali hanno deciso di mettere la fascia al braccio arcobaleno. Una protesta mite ma ragguardevole. Bene, è intervenuta la FIFA stessa minacciando ritorsioni e squalifiche. Ricatto riuscito. Nel calcio non si devono difendere i diritti civili.

Mentre tutto questo succede, le atlete dell’ “Iranian basketball team Canco” si presentavano in campo senza l’obbligatoria hijab a capo scoperto, rischiando denunce e non solo, il carcere, per osare sfidare un altro regime infame. Onore a loro e a tutte e tutti le/gli iraniani che rivendicano, banalmente, democrazia in stati teocratici, dove il governo coincide con l’integralismo.

Anche per questo, qui da noi, la proposta indecente dei deputati leghisti Domenico Furgiuele, Simone Billi, Ingrid Bisa, Alberto Gusmeroli ed Erik Pretto, di un bonus per le coppie che si sposano con rito religioso,  ha il sapore di quello stesso integralismo. Ed è talmente indegna di un paese civile che neppure l’estrema destra al governo ha osato appoggiarla, mettendo subito una pezza e dicendo che se bonus sarà, sarà per tutti gli sposi. 


 

mercoledì 16 novembre 2022

Shomér ma mi – llilah

https://www.youtube.com/watch?v=gyTqIV7otos


 Shomér ma mi – llilah canta un colto Guccini. “Sentinella quanto di  notte?”  Il passante che chiede alla sentinella quanto ancora ci sarà della notte che sta attraversando. Passarci dentro, non riuscire a vedere l’alba, non ancora, occorre camminare, riprovare, caparbiamente. Quelle barche frustate dalle onde, quelle navi che raccolgono umanità, quei missili che cascano, quella povertà che morde e attanaglia, quell’inverosimile vero che ci circonda, tutto questo è una notte che stiamo attraversando. Fino a quando? Fin dove? Non vediamo la sentinella per chiedere Shomér ma mi – llilah. E la tristezza morde e attanaglia, un tempo avevamo un futuro, oggi abbiamo nostalgia di quel futuro, mica per noi, per i nostri figli sballottati dalla nostra inutile stupidità. Non siamo stati capaci di creare un mondo migliore, le certezze che avevamo sono scoppiate come bolle di sapone, ed ora ci troviamo a sperare in una sentinella che ci dica quanto manca della notte, con lo scoramento di chi è disilluso. Che dire ai ragazzi che ci guardano? Scusateci.  

venerdì 23 settembre 2022

Si vota Si vota (parlando di peppa pig)

 Ph by: google


 Prosegue una stanca campagna elettorale fatta di promesse (le solite di ogni campagna), priva di dibattiti, faccia a faccia, con sommo disappunto di Mentana, perché i leader non vogliono incontrarsi, si insultano solo sul web e in comizi a distanza. Il momento più alto del dibattito è stata l'uscita di una nota politica italiota aspirante primo ministro che si è scagliata contro Peppa Pig. Poi ci stanno quelli che hanno il reddito di cittadinanza e voteranno per chi vuole toglierlo, quelli che sperano nella pace fiscale, quelli che “mi turo il naso e voto così”, quelli che “ah le tasse”, quelli che “non voto perché sono tutti uguali”. Ci stanno putiniani e antiputiniani, quelli che sono alla canna del gas, ops, non si può, costa troppo, e non votano perché devono pensare a come mettere assieme pranzo e cena. Mica hanno tempo da perdere.

Però ci stanno i meravigliosi ragazzi che oggi scenderanno in piazza per il clima, loro (si spera) non voteranno per chi vuole centrali nucleari ovunque e non ci dice come smaltirà le scorie. Per chi vuole il ponte sullo stretto, opera inutile , dannosa e fortemente voluta da cosa nostra e dai suoi inviati in parlamento. E ci stanno quelli che votano per “la famiglia tradizionale”, proprio quella predicata da conviventi, quadrisposati, olgettari e via dicendo.  E mentre avanza una crisi economica che sembra feroce, tutti spese di miliardi e altri miliardi. Intanto gli stessi partiti che oggi ammiccano dalle TV e sul web (non si fanno più manifesti e volantini) ci hanno privati, noi cittadini comuni, di una legge elettorale dignitosa. Tutti a dire che è brutta questa, ma ci fosse stato uno che in cinque lunghi anni ha preso provvedimenti.

Brutta campagna elettorale veramente, dalle spiagge al primo autunno, dal profumo di finocchietto selvatico al terrore per i costi del riscaldamento invernale è stato un attimo.

Intanto proprio qui vicino qualcuno arma eserciti e mette in guardia “vedete che ho l’atomica”, come fosse un gioco. Ed è morto un altro mercenario italiano andato a combattere là, per soldi ovviamente, mica per alti ideali.

Nonostante tutto e mio malgrado, anche con una legge elettorale ademocratica, voterò. Non sono tutti uguali, almeno negli intenti, se poi verrò smentito dai fatti ne prenderò atto.

mercoledì 21 settembre 2022

Crisi energetica, pasta cotta senza fiamma e altre amenità

 La crisi energetica genera mostri.

Occorre attrezzarsi ad un inverno che si teme lungo, freddo, poco riscaldato. La guerra della Russia, le sanzioni che hanno (come non prevederlo?) provocato reazioni con le mancate forniture di gas, i costi dell’energia imputabili solo in parte alla situazione politica internazionale, piuttosto alle speculazioni delle solite consorterie finanziarie criminogene, non frenate da una politica miope e da un’Europa, tutto sommato, debole, un cocktail micidiale che  rende difficile la vita per chi non ha potere alcuno e salari e pensioni da sussidio di sopravvivenza.

In tutto questo arrivano i “consigli” della politica e della cultura per risparmiare.

In Italia c’è chi suscita clamore parlando della pasta cotta senza fiamma, ribatte lo chef che dice che è una porcheria “meglio cuocere il pollo, debitamente sottovuoto, nel lavastoviglie mentre si lavano i piatti…” L’opzione lavaggio dei piatti a mano non è contemplata.

In Svizzera, dotta e colta, leggo su ANSA.it che  “La ministra dell'Ambiente, Simonetta Sommaruga, ha proposto ai cittadini la doccia in coppia, per risparmiare sui consumi energetici di fronte all'attuale crisi, per la quale ha suggerito una serie di misure domiciliari .” Un quotidiano locale ha  ironicamente proposto ai cittadini svizzeri di fare l’amore ogni mattina per riscaldarsi dopo le notti passate al freddo.

I partiti nostrani invece parlano di energia pulita e molti vogliono il nucleare. Un ossimoro vero e proprio, ancora non ci dicono come smaltire le scorie de trent’anni fa e vogliono farne di nuove. Ma questo fa il paio con le promesse di dentiere gratis e del sempreverde pontesullostretto. Il sogno di Silvio, abbracciato e caldeggiato da iosonogiorgia, matteo detto orban de noialtri e matteo due, detto l’arabo. In realtà anche dentro il PD ci sono ammiccamenti (si spera in minima parte).

Detto questo, domenica si vota. Sceglieremo il meno peggio, visto che il meglio è utopia. Ero molto attratto, vista una legge elettorale indegna, incivile, ademocratica, ad iscrivermi al partito di maggioranza assoluta, quello degli astenuti, però l’idea di dare una mano, anche minima, contro la deriva melon salviniana, è vincente.

Comunque vada a finire, buon autunno a chi si fa la doccia in coppia e chi è costretto a farla tutto solo, a chi cuoce il pollo in lavastoviglie e a chi opta per un carpaccio.

venerdì 17 giugno 2022

Siccità, dispersione di acqua e mala gestione.

Ph: Pexsels

135 comuni fra Piemonte e Lombardia in emergenza idrica. Secondo l’osservatorio sugli indirizzi idrici del fiume Po, stiamo vivendo la peggior crisi idrica degli ultimi 70 anni. Le cause vanno ricercate nella mancanza di neve sulle Alpi, che “riforniva” il fiume Po che al momento è in quasi siccità, nella carenza di piogge, e soprattutto nella mala gestione della risorsa acqua. E questa crisi, se è emergenziale in alcuni luoghi lo sarà presto in maniera molto più estesa, si parla dei Castelli romani, del Veneto dove sono state già limitate le irrigazioni e di altri luoghi.

Gli eventi estremi sono in continuo aumento, ma i nubifragi, le piogge violente, le grandinate, potrebbero, se gestiti in modo razionale, diventare risorse. L’acqua improvvisa e violenta crea disastri e scivola verso il mare disperdendosi, non si pensa a soluzioni di accumulo, possibili secondo ANBI (Il Fatto Quotidiano) .

Esiste poi il problema enorme e osceno della dispersione di acqua negli acquedotti. “Quando a Bari si tira uno sciacquone, l’acqua compie un tragitto di trecento chilometri con un’alta probabilità di dispersione, oltre al costo energetico altissimo. Bisogna puntare a fare arrivare meno acqua da lontano. Perché se c’è una dispersione fisiologica del 10%, i dati ci dicono che nel nostro Paese ci sono aree dove questa percentuale di dispersione è molto più alta. Questo significa che su dieci litri di acqua disponibili, se ne perdono cento. Non ce lo possiamo più permettere”.

Si parla molto di transizione ecologica, di ridurre emissioni, di PNRR per fare opere, per quanto utili, forse meno indispensabili della razionalizzazione delle acque. Non vorremmo trovarci, come succederà a situazione invariata, con i rubinetti senza acqua la notte, come sta succedendo in alcuni comuni.

Secondo ISTAT si disperdono 3,4 miliardi di metricubi di acqua (42,5%) che non arriva ai nostri rubinetti.

E’ già emergenza, occorre agire anche a livello individuale, adottando tutti quei comportamenti già noti, quanto difficilmente seguiti. Evitare ogni spreco di acqua può aiutare a salvare il pianeta.


mercoledì 15 giugno 2022

Laghi, fiumi, utopie ...

 

“Che cos’è un lago, Maurice?” “è un fiume che si è addormentato ed ha sognato di diventare mare” “Perchè non c’è riuscito?” “Non tutti i sogni durano abbastanza a lungo”…

 

Antonietta De Pace

E’ una citazione trovata on line. Già la riportai in altre epoche, e su altre pagine. Però ogni tanto ritorna, mi accompagna. Perché fiumi laghi e mari sono costantemente indispensabili per me. Non si tratta della necessità fisiologica dell’acqua, è altra cosa, forse più inutile?  L’acqua così penetrabile e avvolgente, così dolce e fresca, che seduce ed inquieta,perché lei erode anche le rocce. Nelle litoranee salentine, gli scogli  hanno tutti un profondo incavo dove batte il mare. Eppure mi prende e mi culla, mi  ammalia ed affascina. Ed il fiume che diventa lago e sogna di diventare mare,  forse oceano, che sa di potercela fare  a mutare la fisionomia del Salento come della Liguria, quel fiume dove vola? Ah le contraddizioni, un fiume non sa volare come il gabbiano.

Il cane che ci seguiva ieri notte, mentre camminavamo in riva al mare, forse era già un lago, forse solo un ruscello. Forse voleva semplicemente capire se lo meritavamo, se poteva concederci il   privilegio della sua compagnia silenziosa.

E un torrente che mi è caro e che scalpita, a volte si lascia andare e mi dice “potessi essere in un pizzo di mondo dove non debbo prendere decisioni, dove posso vivere di quel che sento e vedo…” e mentre lo dice sta pensando a quale decisone prendere. Vorrebbe vivere un sogno, però lei sa che sta correndo verso il mare. Forse è già mare. “In calle mai più…” cantava Vecchioni. Già, in calle mai più si sogna, ma si vive.  

E il sorriso dell’anziano che parla pacatamente e racconta delle tabacchine di un tempo, piuttosto che di quell’agrario illuminato che trattava bene i suoi salariati,  prima era silenzioso sulla sua panchina, poi si è lasciato andare… come un fiume carsico. Sotto quel sorriso scalpita  un torrente imponente e fiero. E’ sufficiente una domanda per vederlo tornare su, dove batte il sole dei ricordi e dell’indignazione.  

E chi ha fatto quella scritta “meno stress più farfalle” su un muro non ricordo dove, era sicuramente una cascata che sconvolge chi sta sotto. E’ un peccato se finirà in un pacato laghetto silenzioso e fermo, se non riuscirà a diventare “mare oceano”.

E dell’acqua più pura portava il nome un immenso mare che è stato affogato con una colata di cemento. Apparente contraddizione: affogare un mare. Però si può. Qualcuno ci riesce. Purtroppo ci riesce. Era una donna con una stupenda, bellissima rabbia dentro. Contro la stupidità.  

Lei era già un mare tumultuoso, stava per diventare oceano. Non sognava più, si era svegliata dal torpore che stava pervadendo tutti quanti. Baciata dalla brezza marina di Porto Selvaggio. Si chiamava Renata Fonte.

E ancora mille rivoli e altri mille. Piccoli, caparbi e determinati a scendere, a farsi la strada. Poco importa se qualcuno li argina e li devia, si riprendono poco per volta il cammino che la natura impone loro di seguire. Quelli che “non ci stanno”. Così diversi dalle pozzanghere, da quelli che dicono “così è … rassegnamoci”.

Un fiume apparentemente pacato e calmo, ma costante nella sua discesa verso il mare, ha costretto gli addetti ai lavori a salvare una torre in territorio neritino. Chissà a che punto stanno i lavori. Perché una torre non è solo un cumulo di carparo o pietra leccese, neppure di tufo. E’ un pezzo di storia che ci riguarda tutti quanti. Senza quella torre e tutte le altre torri sorelle, la storia del Salento sarebbe stata diversa, altra. Ah il pacato dottor Gaballo….

Altri fiumi ad altri laghi. Giangiacomo dell’Acaya, valente architetto e costruttore della città fortificata più importante, l’antica Segine, era un fiume, costruiva e progettava. La diga che lo fermò venne progettata dalle sue stesse mani, prima di essere chiamato ad altri impegni e di passare i progetti al costruttore Guarino Renzo. Proprio in una cella di quelle mura che aveva progettato morì prigioniero nel castello di Lecce. Quando il destino è baro….

E poi lei, una delle signore dell’unità d’Italia. Lei che entrò a fianco di Garibaldi a Napoli, una di due donne in quell’impresa.  Era il 7 settembre 1860. Dopo l’ingresso trionfale,  Garibaldi decretò: “Si accordano ducati 25 al mese, vita durante, ad Antonietta De Pace,  per i danni e le sofferenze patite per causa di libertà".

Nell'agosto del 1891 tornò nella sua Gallipoli anche per la pesca notturna. Morì fra le braccia del marito il 4 aprile 1893 a Portici. Lei che aveva sopportato la detenzione in uno stanzino di un metro quadro per 15 giorni senza parlare né denunciare, che non si fece piegare. Il commissario Campagna non ottenne nessuna dichiarazione nonostante l’avesse tenuta sempre sveglia in condizioni pietose.  

Una donna/oceano anche questa. Non certo un torrentello di vallata. Il sogno, per lei come per la Fonte, non c’era più, era diventato realtà. Per altri era un incubo. Ma gli altri erano melmose pozzanghere putrefatte.

 

Ed in apparente contraddizione con la De Pace fu un altro fiume impetuoso. Apparente, perché Antonietta voleva un più luminoso avvenire per l’Italia. Mazziniana e avanti nel tempo, immaginando una democrazia ed una liberazione dal regno del Borboni, certo, ma anche dalla miseria e dalla povertà. Le lotte di liberazione a volte si infrangono contro loro stesse. E’ successo spesso che una rivoluzione vinta trasformasse i nuovi potenti in nuovi schiavisti. Forse, se fosse vissuta più a lungo, Antonietta avrebbe dialogato e ragionato con la bellissima capobanda, la brigante Michelina De Cesare. 

 

«Erano le dieci di sera, pioveva a dirotto ed un violentissimo temporale accompagnato da forte vento, da tuoni e da lampi, favoriva maggiormente l'operazione, permettendo ai soldati di potersi avvicinare inosservati al luogo sospetto; da qualche tempo si stavano perlustrando quei luoghi accidentati e malagevoli perché coperti da strade infossate, burroni ed altri incagli naturali, già si perdeva la speranza di rinvenire i briganti, quando alla guida venne in mente di avvicinarsi a talune querce che egli sapeva alquanto incavate, ed entro le quali poteva benissimo nascondersi una persona» come dice un resoconto dell’epoca.  Era il 30 agosto 1868. La ‘guida’ dei piemontesi era suo fratello Giovanni. Lei era bellissima. Una donna guerrigliera e brigantessa. Michelina de Cesare fu massacrata, e il suo corpo esposto in piazza come orrido trofeo, nuda. Onta, mancanza di rispetto per il vinto. Piemontesi come aguzzini si scambiavano gesti di orgogliosa vittoria. Le genti “liberate” dai borboni erano più umane, migliori, molto, degli aguzzini di Michelina De Cesare.

Era nata   il 28 ottobre del 1841, a Caspoli una frazione del comune di Mignano Monte Lungo, in provincia di Caserta. Una bimba irrequieta e “veggente”. Sapeva in anticipo gli accadimenti. Non era una strega, aveva un forte senso delle cose. Come si era innamorata di Francesco Guerra non è dato sapere. Lui era il capo della banda del Rafaniello, ereditata quando il capo, Domenicangelo Cecchino, morì Lei non ci pensò molto. Sanguigna donna dalle rapide decisioni. Con il fucile a tromboncino, con i riccioli neri, con lo sguardo penetrante. E quei maledetti piemontesi che avevano invaso, venuti come occupanti anziché liberatori. Contro quelli bisognava disperatamente ribellarsi. Michelina. Quel fulmine improvviso che illuminò il suo nascondiglio.” (Il Brano l’ho  saccheggiato da un vecchio numero di Paese Nuovo)

 

Già, fiumi, laghi, mari, oceani…. Quante acque ci circondano, in quanti mari sappiamo nuotare. Perché c’è bisogno di loro, perché anche se i sogni non durano abbastanza a lungo, poi ne arrivano altri e altri ancora. In fondo  L’utopia è come l’orizzonte che non raggiungi mai, però “Serve per continuare a camminare”.

mercoledì 13 aprile 2022

Casa è....

Girovagando nella memoria del computer si trovano reperti antichi. Queste frasi sciolte erano là da chissà quando.

 "-Dove abiti?. -Ovunque." Tempi moderni - Modern times USA 1936 Charlie Chaplin

 "Io mi sento di casa in tutto il mondo, ovunque siano nuvole e uccelli e lacrime umane" (Rosa Luxemburg) 

 Facebook a volte aiuta a pensare, non tutto e tutti sono come diceva Umberto Eco, fortunatamente, non tutti imbecilli, ci sono anche persone che pensano, a volte provocano pensieri trasversali. Questi Nascono da un post che dice: Molti luoghi si chiamano, per comodità, per abitudine, "casa", persino una stanza d'albergo è "casa", a volte. Ma la casa, quella vera, la riconosci da una vibrazione del cuore che non può essere simulata. E “casa” è il luogo, sono i luoghi dell’anima, casa può essere il paese, anche quello di Cesare Pavese “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo…” Le risposte a quel post sono state varie e variegate, chi scriveva che “casa” è la piana con i gelsi, chi la vista del Monte Bianco e così via, insomma, casa non è necessariamente un edificio fatto di muri e porte (chiuse?), piuttosto è il luogo nel quale ci si sente vivi, in cui la saudade si mischia con i sorrisi e con i rimpianti, casa è un treno che ti porta al mare, un’auto che vaga per le colline del Monferrato al tramonto, mentre una palla rossa come il fuoco ti suscita emozioni e silenzi, quelli che accompagnano i pensieri, quella, anche quella è casa, da quell’auto, da quel treno, in fondo non si vorrebbe scendere mai. Casa è, come diceva il post, una vibrazione del cuore. Così casa diventa improvvisamente quel bacio (solo quello) e quell’abbraccio, (solo quello). Casa sono gli sguardi incrociati per strada, che sembrano avere mille cose da dire, da dirti, ma che sfuggono via leggeri come sono arrivati, diventano eterei, impalpabili, spariscono dietro l’angolo. Casa è la strada in cui vi incontravate e vi salutavate, tu e lei, tu e lui, prima ancora di dirvi che vi piacevate. Casa… anche la scuola a volte diventa casa, anche il luogo di lavoro quando c’è condivisione. Casa è il ricordo, ed è quel profumo ritrovato dopo anni, a volte dopo decenni, che improvvisamente ti riporta allo stesso profumo della tua fanciullezza, quando poi uscivi di casa e correvi per le vie del paese. Casa erano le braccia di tua madre o le parole di tuo padre a tavola, pranzando, poi si cresce, poi le case diventano mille e altre mille. Casa per gli immigrati è una barca, poi le braccia del marinaio che li salva, poi quel poliziotto che prende loro le impronte. Casa per lui non dovrà mai essere un filo spinato.

domenica 3 aprile 2022

Un birraio e una bicicletta


Carlo Michel

Un birraio alessandrino e la bicicletta, o velocipede come si chiamava all’epoca. Cosa hanno in comune la birra e il velocipede? Carlo Michel, presidente della camera di commercio di Alessandria, già si era distinto per bizzarre idee. In terra di vigneti e vignaioli, di vini pregiati, lui, alla fine dell’800 si mette in testa di produrre birra. Prima con il suo nome, poi ribattezzata “birra Alessandria”, che ebbe un successo nazionale.



 Estroso e curioso, il Michel, decise di andare a curiosare l’esposizione universale di Parigi del 1867. Lì rimase folgorato dal velocipede a pedali. La primitiva draisienne, due ruote spinte praticamente camminando, senza pedali, venne modificata dal genio di Pierre Michaux e suo figlio Eugene, fabbri in Parigi, che inventarono i pedali al mozzo anteriore creando così il velocipede. Carlo portò la nuova creazione al Alessandria, possiamo dire che fu il primo prototipo di bicicletta arrivato nell’Italia da poco unita. Probabilmente raccolse il sarcasmo tipico alessandrino, forse qualcuno lo derise, certo è che aprì un’epoca che avrebbe trasformato Alessandria nella città delle biciclette. Qui nacquero le prime corse italiane dalla Coppa del Re alla Milano-Sanremo, dal Giro del Piemonte, al Giro di Lombardia fino al Giro d’Italia. Queste terre fra pianura e collina videro nascere campioni e campionissimi, parliamo di Coppi, Girardengo, Carrea, Cuniolo, Malabrocca, Meazzo, e ancora altri più vicini a noi come Giorgio Zancanaro (maglia rosa proprio nella tappa alessandrina nel 1967, e già terzo nella classifica finale al giro del 1963). Passando da Alessandria non si dovrebbe tralasciare una visita al Museo ACDB (Alessandria città della bicicletta) per immergersi in questa ed altre storie delle due ruote.



lunedì 28 febbraio 2022

Ucraina e utopie

 

Ph da Corriere.it



Venti di guerra sull’Ucraina. Uno stato sovrano invade militarmente un altro stato sovrano, cannoneggia, bombarda, ammazza civili.

Se è vero che la NATO si è espansa in modo che può essere anche provocatorio ai confini della Russia, altrettanto vero è che gli ucraini hanno diritto alla loro autodeterminazione, ed è altrettanto vero che la risposta non può e non deve mai essere la guerra e l’occupazione militare.

Purtroppo nel secolo scorso abbiamo assistito a bizzarre esportazioni di “democrazia” nel centro/sud America da parte degli USA.

Come scordare le dittature foraggiate e i militari addestrati alla tortura dalla CIA in Salvador, Argentina, Guatemala, Nicaragua e via dicendo? Come scordare le centinaia di migliaia di morti, desaparecidos, suore e vescovi massacrati? Non ci scordiamo. E purtroppo non scorderemo un esercito in armi e con un armamentario nucleare immenso, invadere e cannoneggiare un paese terzo.

In tutto questo mancano alcuni tasselli. Manca un’Europa coesa con una difesa (dei diritti non solo militare) comune. Con una politica estera comune, che metta al bando le derive nazionaliste di troppe nazioni anche ad essa aderenti, con politici che un giorno vanno in giro con la maglietta con Putin stampato sopra e il giorno dopo fingono di condannare ma non fanno un rigo di autocritica. Troppe nazioni, non ultima l’Italia, con governi deboli  e contradditori, sono di fatto ininfluenti nello scenario internazionale.

Per fortuna, non certo per caso, entrano in scena in tutti i paesi civili le persone. Manifestazioni oceaniche e spontanee contro la nuova guerra ai confini dell’Europa, centinaia di migliaia di persone in ogni capitale, centinaia in ogni città minore. Una boccata di ossigeno che non sappiamo come potrà influire sulle decisioni dei criminali invasori e del loro capo, ma che sicuramente provoca commozione e una tiepida speranza che non tutto è perduto, che si può fare.  Ce lo insegnano le decine di migliaia di russi che sfidano gli arresti per dire no all’invasione. Ce lo insegnano i resistenti ucraini.

Certo, è avvilente sentire personaggi  duri e puri di sinistra, dire che Putin ha le sue ragioni. Politicamente si può discutere sulle pretese della NATO che forse, dopo la caduta del muro di Berlino, non ha saputo evolversi dalla monodirezione di generali statunitensi che vedono i paesi dell’est come possibili colonie. Tuttavia nulla può giustificare una guerra, i massacri di civili, le invasioni che fanno tornare la storia indietro, a quella di  Polonia, Francia   che portarono alla seconda guerra mondiale, complici i peggiori dittatori che pensavano alla guerra lampo. Sappiamo come andò a finire.

Ucraina oggi resiste.

Cito Gino Strada e penso che questa sia un’utopia realizzabile:  “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. E non mi piace la parola "utopia"; preferisco parlare di "progetto non ancora realizzato."

E ancora:  “Il 90% delle vittime erano civili, (in Afghanistan) un terzo dei quali bambini. È quindi questo "il nemico"? Chi paga il prezzo della guerra?”

Noi società civile, abbiamo il dovere di manifestare in ogni momento, in ogni modo, il nostro basta alla guerra. A tutte le guerre, quelle in nome della real politik e quelle in nome di qualche Dio bizzarro e probabilmente distratto dall’osservare le umane vicende.