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venerdì 28 ottobre 2011

regione Salento 2


La regione Salento è stata archiviata dalla civiltà e dalla Costituzione che, al momento, gode ottima salute. Anche se viene attaccata da chi vuole annullare le conquiste delle democrazia, parliamo di opportunismi localisti, personalismi che  mirano al disfacimento dello stato nazionale. L’antistoricismo del tentativo di dividere l’Italia da una parte, una regione dall’altra, non sono che il risultato dell’antipolitica che arriva da lontano e che ha trovato il suo apice più alto dopo l’affaire chiamato tangentopoli. Da allora i “ladroni” sono tutti coloro che fanno politica. “Tutti tranne noi” sembrano dire i celoduristi. La loro filosofia è infatti mutuata direttamente dalle vulgate popolari “le donne, tutte p… tranne mia madre, mia figlia e mia sorella”. Però la storia insegna che quando arrivano alle comode poltrone romanladrone si accomodano felicemente ed elevano dita medie verso il cielo con voluttà.
Il fatto che la Corte Costituzionale abbia negato il referendum per il distacco del Salento dalla Puglia non vuol dire, tuttavia, che le pulsioni populiste e secessioniste siano finite. Mai come in un periodo di crisi valoriale ed economica il “padroni a casa nostra” rischia di fare proseliti. Mi inquieta non poco l’atteggiamento di chi dice “quelli non sono un problema”. Possono diventarlo veramente.  Ho visto nascere la lega nord, in poco più di dodici mesi passò dal destare curiosa ironia con i suoi elmi cornuti, il suo linguaggio privo di congiuntivi, il suo dialetto e il suo razzismo, a governare città come Alessandria, saldamente in mano ad amministrazioni di sinistra (sindaco socialista e vicesindaco comunista) dal 46 al 92.  E fu debacle.
Non si debbono fare sconti di sorta a nessuno per il malgoverno. Lo stato maggiore alessandrino socialista dell’epoca finì in galera o davanti ai giudici. Ne uscì pulito ed indenne il PCI, però ancora mi chiedo come mai dopo tanto governo assieme, nessuno si fosse mai accorto di nulla. Rimane un mistero. La neonata lega nord vinse la mano e si prese e il cucuzzaro intero andando a muovere i bassi istinti delle persone. Ricordo, dopo tangentopoli, amici che votavano tiepidamente a sinistra dire “votiamo Bossi, così i partiti capiranno il segnale, poi torneremo a votare a sinistra”. La storia sappiamo com’è andata. L’atto ufficiale della nascita della lega nord data 10 febbraio 1991 a Pieve Emanuele in provincia di Milano, con il primo Congresso Federale. Era costituita dalla federazione fra Lega Lombarda, Liga Veneta, Piemont Autonomista, Uniun Ligure, Lega Emiliano-Romagnola, Alleanza Toscana. Movimenti autonomisti di impatto elettorale poco superiore allo zero che viravano dal razzismo sfegatato della liga veneta, al Piemont autonomista di Gipo Farassino. Mi raccontano amici che parteciparono a quella prima fase, di una cena in cui si confrontarono due posizioni. Una che guardava con simpatia alla democrazia e a sinistra, l’altra decisamente di destra estrema. Vinsero i secondi, i Maroni, i Borghezio, i Castelli. Farassino si defilò prestissimo e di lui non abbiamo più sentito parlare se non come cantautore di ballate in piemontese. In soli tre anni questi figuri diventarono forza di governo, presero città come Milano e moltissime amministrazioni locali. Il tutto avendo nello statuto, al primo punto, la richiesta di secessione. Una domanda inquieta non poco, come fanno politici del sud a governare fianco a fianco con questi figuri che li chiamano terroni nei loro comizi? Sarebbe interessante arrivasse una risposta da Maglie, piuttosto che da Lecce o da Gallipoli. Caduta dei valori, dicevamo, a questo facevamo riferimento.  In quegli anni la sinistra tutta sottovalutò l’impatto mediatico dei discorsi farneticanti del capo verde come la bile.
Ora mi sembra che lo stesso sfacelo si stia delineando al sud. Movimenti localisti, con l’alibi di difendersi dagli attacchi della lega nord, e della difesa del territorio (toh, stessi discors, identici) vanno pian piano tentando unificazioni e alleanze. Nascono Io Sud, Noi Sud, nasce il movimento Regione Salento, che al momento ha l’importanza, a livello nazionale, che aveva Piemont, poco più di zero. Però hanno una forza mediatica che quegli altri non avevano. Il fatto di detenere una televisione, per esempio, di assumere giornalisti compiacenti e via  dicendo, rischia di dare una visibilità impossibile a partitini e movimenti altri, diversi, magari più vicini alla democrazia. Mettono in campo quattrini, anche per aprire uno store per vendere i loro gadget e robaccia simile.  La storia serve per essere studiata e commentata,  per evitare gli errori già commessi. Non sottovalutiamo le pulsioni localiste, altrimenti ci ritroveremo fra pochissimo tempo a lamentarci per le ronde contro gli immigrati, piuttosto che contro poveri cristi. Peggio, rischieremo di vedere governate città e paesi da improvvisati arrembanti che passeranno la consiliatura a fare ordinanze contro i figli di immigrati o simili ignobili amenità. E’ successo!
La democrazia è un affare troppo serio per lasciarla nelle mani di chi irride la Costituzione, di chi con la bandiera nazionale (domani regionale) si vuole pulire… 

padania... regione Salento... non esistono

La Corte Costituzionale ha messo fine alle assurde richieste di chi voleva un referendum sulla regione Salento. Richiesta antieconomica ed antistorica. Nel periodo in cui tutto si globalizza, in cui l'Europa dovrebbe diventare un unicum, proporre di creare una nuova regione (con relative province, giusto per gestire più quattrini) è una rincorsa verso il demenziale. A meno che alle spalle ci siano ragionamenti diversi, simil leghisti, quindi per loro natura secessionisti, separatisti, fascisti. Perché tutto questo è la lega nord. Ora la partita non è affatto vinta per la democrazia. Occorre vigilare perché il tarlo non roda troppo. La lega nacque dalla progressiva unificazione di vari movimenti particolaristici: Piemonte, Liga Veneta, Lega Lombarda e simili. Dopo l'unificazione ci fu una fuoruscita immediata di chi voleva ispirare il movimento a principi di etica democratica, vinsero i Bossi, i Borghezio, i Castelli e via dicendo. Forse i sudisti dei vari movimenti pensano ad un percorso simile? Io Sud, Noi Sud, Regione Salento.... Attenzione a questi signori, in tempi di crisi il populismo e "padroni a casa nostra" può fare molto male alla democrazia. 

giovedì 27 ottobre 2011

sinistra svegliati!!!!



20.38 – Bossi: “La lettera è andata bene. E si vota quando dico io, ho il coltello dalla parte del manico”
“Da quel che sento, e’ andato tutto bene”, ha detto il leader del Carroccio commentando la partecipazione di Berlusconi al vertice di Bruxelles. Quanto alla durata e al futuro del governo, il Senatur ha detto: “Si vota quando lo dico io”, aggiungendo di avere “il coltello dalla parte del manico”

Queste le affermazioni. Ora, chi pensava di avere un governo guidato da un utilizzatore finale di minorenni, ora ha la certezza di avere un tandem guidato da lui e da una pletora di minorati che hanno come simbolo unificante il medio alzato verso il cielo, alla faccia degli italiani. Anche questo è il frutto della sciagura peggiore della sinistra italiana: la sbornietta (votata da pochi) veltroniana. Si svegli il PD, è il maggior partito di opposizione, si svegli la sinistra a dire chi sarà il leader quando si voterà, a fare programmi alternativi. Ne abbiamo piene le tasche di sentir dire "se ne deve andare". Ormai è roba da macchietta.  

mercoledì 26 ottobre 2011

nove morti ammazzati dall'incuria e da governi straccioni

Nove morti fra Liguria e Toscana. Uno dei luoghi più belli del mondo, le cinque terre, devastato da acqua e fango. La protezione civile italiana è stata utilizzata per organizzare il G8, per le olimpiadi di nuoto, per i grandi eventi, comprese le visite del papa qua e la in giro per l'Italia a fare quel che fa un capo di stato straniero. Lo  sfascio del ministro dell'ambiente di questo e dei governi precedenti è evidente. L'Italia del ponte sullo stretto non stanzia un quattrino per proteggere il territorio e le persone. Vergogna, colpevoli di omicidio premeditato tutti quanti. A casa subito questo governo straccione. Ministri semianalfabeti, da quello dell'istruzione a quello del dito medio levato in aria. Puttanieri, sfruttatori della prostituzione, utilizzatori finali di minorenni, indagati per collusioni con la mafia, altro che protezione civile. Altro che Bertolaso che si faceva massaggiare mentre l'Italia andava sott'acqua. Avanzi di galera. 

Violeta Parra







Non esistono vite banali, perché ogni vita è meravigliosamente unica e preziosa. Tuttavia alcune persone lasciano segni indelebili per la storia e per la cultura di tutti noi. La nostra conoscenza allarga i suoi orizzonti anche grazie a queste persone. Storie che si intrecciano con altre storie, vite che   arrivano a svolte incomprensibili. Non ci si deve porre il problema del perché e del come. La grandezza occorre accettarla così com’è, senza condizioni, senza “distinguo”, senza pregiudizi e, soprattutto, senza giudicare. Ho letto la storia della vita di Violeta Parra e ve la ripropongo senza nulla aggiungere. Vale la pena leggerla.   
Violeta Parra nasce il 4 ottobre 1917 , terza di nove figli, in una remota provincia del Cile. Il padre, insegnante di musica ed appassionato della canzone popolare, le trasmette la capacità musicale. All’età di tre anni si trasferisce con la famiglia a Santiago del Cile. A 6 anni inizia a cantare nei locali per aiutare economicamente la famiglia. A 9 anni impara a suonare la chitarra. E a 12 compone le sue prime canzoni. Si diploma maestra elementare e a 23 anni si esibisce in un teatro di Santiago e pubblica i suoi primi dischi. La passione per la musica popolare e per la ricerca sul campo la portano a contatto con la gente e con la sua maturazione politica. Per lungo tempo viaggia nel Cile, dal deserto al gelo del sud. Questo infinito viaggio le permetterà di mettere assieme i canti popolari cileni che saranno la spina dorsale di tutto il suo lavoro di ricercatrice. In un secondo viaggio nel paese conosce il sottoproletariato e il proletariato urbano e contadino. Intanto si dedica, oltre che alla musica, anche alla ceramica e alla pittura. I suoi quadri sono esposti anche al Louvre, ed è la prima artista dell’America latina ad averne l’onore. Nel 54 viene proclamata miglior cantante folk dell’anno. quindi parte per l’Europa e partecipa a festival in Polonia, URSS, Inghilterra e Francia. Durante questo viaggio perde la figlia Rosita Clara. Tornata in Cile inizia a scrivere la sua autobiografia. Tiene conferenze nelle università cilene sempre accompagnata dai figli Isabel e Angel con i quali inizia un sodalizio artistico che durerà fino alla sua morte.
Negli anni 60 si avvicina al Partito Comunista Cileno e la sua produzione musicale diventa violentemente rivoluzionaria ed anticlericale.
A Santiago vive in una tenda da circo per ristrettezze economiche, tutto quel che aveva lo utilizza per il suo lavoro di ricerca e nel suo centro di ricerca del folklore e dell’arte popolare
Nel 66 tiene i suoi ultimi concerti. Durante uno di questi una donna del popolo, che aveva notato la sua difficoltà con la sedia di scena, (Violeta era alta 1,50) ne costruisce una adatta a lei..
Su quella stessa sedia verrà trovata suicida il 5 maggio 1967.
Durante la sanguinosa dittatura di Pinochet i suoi due figli saranno esuli in Italia come gli Inti Illimani.
Le canzoni di Violeta Parra sono state cantate dai suoi figli Angel e Isabel Parra, ma anche da Mercedes Sosa (Argentina), Elis Regina e Milton Nascimento (Brasil), Joan Manuel Serrat (España), Silvio Rodríguez (Cuba), Joan Baez (Stati Uniti), e da molti altri, fra cui, in Italia, da Gabriella Ferri.
La canzone che la portò agli onori del mondo fu “gracias a la vida” considerata, un meraviglioso e commovente  testamento spirituale: 

« Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió dos luceros, que cuando los abro
Perfecto distingo, lo negro del blanco
Y en el alto cielo, su fondo estrellado
Y en las multitudes, el hombre que yo amo
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el oído, que en todo su ancho
Graba noche y día, grillos y canarios
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos
Y la voz tan tierna de mi bien amado

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido y el abecedario
Con él las palabras que pienso y declaro
Madre, amigo, hermano y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha, de mis pies cansados
Con ellos anduve, ciudades y charcos
Playas y desiertos, montañas y llanos
Y la casa tuya, tu calle y tu patio
Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me dió el corazón, que agita su marco
Cuando miro el fruto, del cerebro humano
Cuando miro el bueno tan lejos del malo
Cuando miro el fondo de tus ojos claros

Gracias a la vida, que me ha dado tanto
Me ha dado la risa, y me ha dado el llanto
Así yo distingo, dicha de quebranto
Los dos materiales que forman mi canto
Y el canto de ustedes que es el mismo canto
Y el canto de todos que es mi propio canto
Gracias a la vida, que me ha dado tanto. »

« Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato due occhi che quando li apro
distinguo nitidamente il nero dal bianco,
e nell'alto cielo il suo sfondo stellato
e nella folla l'uomo che io amo.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato l'udito che in tutta la sua apertura
registra notte e giorno grilli e canarini,
martelli, turbine, latrati, burrasche
e la voce tanto tenera del mio beneamato.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il suono e l'abbecedario.
Con esso le parole che penso e dico:
madre, amico, fratello e la luce che illumina
la rotta dell'anima di chi sto amando.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato la marcia dei miei piedi stanchi.
Con essi ho percorso città e pozzanghere,
spiagge e deserti, montagne e pianure
e la casa tua, la tua strada, il cortile.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il cuore che agita il suo involucro,
quando guardo il frutto del cervello umano,
quando guardo il bene così lontano dal male,
quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari.

Grazie alla vita, che mi ha dato tanto,
mi ha dato il riso, e mi ha dato il pianto.
Così io distinguo gioia e dolore,
i due materiali che formano il mio canto
e il canto degli altri che è lo stesso canto
e il canto di tutti che è il mio proprio canto.
Grazie alla vita, che mi ha dato tanto. »

martedì 25 ottobre 2011

una risata ci seppellirà?


Non mi hanno offeso Sarkozy e Merkel, quelle risatine erano per lui, quello di Arcore. Nessuno si fida più delle sue parole e delle sue promesse, alla buon’ora. Quello che offende ed è poco dignitoso per tutti quanti è questa Europa delle banche. Due governanti di destra impongono le loro agende a tutti gli staterelli satelliti, a questo siamo arrivati, questa è l’Europa non dei padri costituenti, piuttosto quella di Maastricht. E’ l’Europa delle economie arrembanti piuttosto che di quelle sociali. Possono ridere quanto vogliono del guappo che saltella sui lettoni, è alla frutta come uomo di governo, come persona e come dignità. Non lo è come personaggio più ricco d’Italia che, neppure agonizzante, smette di farsi leggi ad personam, l’ultima quella sulle successioni che privilegiano alcuni figli piuttosto di altri. E le risate sono rivolte a tutti quei parlamentari, nessuno escluso, che hanno votato la fiducia con la convinzione che Ruby fosse la nipote di Mubarak. E noi abbiamo subito, fino ad annichilirci. Siamo in una società che appare impotente di fronte a tanto scempio.
Ora i guasti sono troppi e forse difficilmente riparabili, anche da un governo alternativo, pur fingendo che ci sia un leader e una proposta politica credibile. Voteremo il meno peggio probabilmente, ancora una volta ci affideremo a chi fa del mercato la moneta di scambio con l’Europa dei potenti. Le pensioni, tanto richiamate nell’ultima settimana, sembrano il solo ed unico problema. Voterei per chi dice: “assegno unico per tutti per la pensione”, dove quel tutti significa proprio tutti, le pensioni troppo alte e quelle indegne di decine di migliaia di euro vanno a chi ha guadagnato pacchi di quattrini quando lavorava, quindi non dovrebbe avere problemi di sorta, se ha risparmiato. Voterei per chi dice che le frontiere vanno aperte e chi sta in mare viene soccorso e   aiutato. Voterei per chi dice che la scuola e la ricerca sono il futuro dell’Europa e debbono essere aiutate, che i ragazzi non debbono fuggire da questa Italia indegna e stracciona. Voterei per chi dice che il patrimonio dell’umanità dobbiamo preservarlo. Ad oggi siamo, unici al mondo, commissariati dall’UNESCO che manda esperti a Pompei perché il governo italiano la sta lasciando crollare a pezzi. Da un anno paghiamo accise sulla benzina che dovrebbero andare alla salvaguardia del patrimonio culturale. Da un anno Pompei cade, non sono stati fatti lavori, c’è un solo archeologo a libro paga. Vergognoso, indegno, straccione. Intanto proseguono i lavori delle cosche al ponte sullo stretto, cosche di ogni tipo: costruttori, movimento terra, progettisti e via dicendo. Crolli il ponte prima di nascere e si girino i quattrini altrove, dove servono. Voterei per chi mi dice che un parlamentare inquisito ha i diritti  di tutti gli esseri umani non parlamentari. E che un ministro indagato per collusioni se ne deve andare a casa e difendersi in tribunale.
Voterei per chi dice chiaro e forte che l’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro e che è indivisibile e solidale.  E voterei per chi dice che l’Europa è quella delle persone, non già delle banche che dettano esclusivamente le misure economiche agli stati membri. Merkel e Sarkozy ridano pure quanto vogliono, non delle persone normali però, lo facciano contro il guappo al governo e  i suoi servitori. Unarisata vi seppellirà, si diceva un tempo, loro stanno ridendo, però rischiamo di venire seppelliti noi tutti da questa Italia stracciona in un’Europa delle banche e dei banchieri. 

domenica 23 ottobre 2011

la nave dei folli

Scritto mesi fa......


 E disse «Andiamo si va per partire
il vento già spacca già gonfia le vele
e l'àncora-angoscia per mille e più braccia
già leva dal fango di mille miserie»

«Non posso» - risposi - «le mille valigie
di questa partenza mi legano al mondo;
io per partire le devo lasciare
però senza quelle per me non c'è volo»

Mi disse: «Il bagaglio di mille paure
per mille d'angosce di vecchie certezze
per mille speranze di cane deluso
che resta bastardo tra mille carezze»

Mi disse: «È questo che devi lasciare
sul molo del tempo per una speranza
raccogli il tuo sporco e tienilo stretto
ché altro non serve per fare allegria»

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

È piena la nave dei cani delusi
rimasti bastardi tra mille carezze
è bello vederli coi pugni ben chiusi
tenersi lo sporco, lasciar le promesse

dei mondi civili dei mille ritratti
quadrati perfetti del senso comune
cornici di forme a specchio pulite
così che la rabbia si umilia nell'arte

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

E guardo la vela di fogli di carta...
mi volto e lontano sul molo già vedo
con l'occhio civile l'esperto dell'arte
cercare l'orgasmo sui mille bagagli

Lo guardo felice e lancio la pietra:
si ferma nel cielo più grigio di lastra,
nel cielo si affila a lama sicura
che piomba, ti sfiora babbeo e ti castra

La nave dei folli veleggia veloce
il foglio garrisce nel gioco di parte;
sul bianco compare ben rossa una croce:
un altro caduto sul campo dell'arte

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

Milano spaccata tra uffici e stazioni
tra fabbriche e chiese tranciate ridendo
passate sul filo di spada e di prua:
la nave dei cani veleggia sicura

A notte coi pugni ben chiusi d'amore
guardando la scia dei mille rottami
di arte e cultura, d'angosce d'autore
dei mille valori metropolitani:

a noi cani sporchi più volte delusi
rimasti bastardi tra mille carezze
ci prende la voglia di aprire le mani
di unire alle vele le nostre bandiere

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

E quando spaccata ogni vecchia cultura
che è anche nostra e che abbiamo lasciata
tra mille valigie sui moli d'angoscia
nel porto dell'arte timbrata e schedata:

potremo guardare la scelta futura
la scelta dei cani bastardi nell'ossa
e ancora una volta e chiedersi ancora
se ancora tentare se ancora si possa

E allora trovando negli occhi compagni
la voglia e la gioia di essere bimbi
ognuno già bimbo dirà: «Certo è mia:
si può si può fare la nave è anche mia

La nave del sogno è mia per ragione,
è nostra per scelta di cani delusi
che sanno creare tenendo lo sporco
ben stretto e cosciente tra pugni rinchiusi».

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

La nave dei folli che rompe in letizia
la vecchia cultura con nuova allegria
e tutto il dolore già trancia sul ferro
del grande lucchetto per dare la via

al volo finale di tutto l'amore
al volo finale della fantasia
e ridere al tempo di oggi struttura
eletta a potere della borghesia

E ancora più bimbi con carta e bandiere
guardando diritto il solo pennone
faremo la danza dei cani delusi
coi pugni serrati per nuova illusione

Ma quanto dolore per dare allo svolo
di te fantasia un attimo solo

La nave dei folli eletta a "ragione"
per segno diventa parola e poesia
diventa creazione per rivoluzione
per l'attimo solo, ma di fantasia

diventa creazione per rivoluzione
per l'attimo solo, ma di fantasia 

http://www.youtube.com/watch?v=xMOEYobmWqA




[Ivan Della Mea (Luigi all’anagrafe) – Lucca 16/10/40- Milano 14/6/09)]





La partenza sulla “nave dei folli”, andare lasciando sul molo le valigie che  legano a questo mondo. Una cultura forzata, innaturale. Il mondo che diventa plurale, così siamo più tranquilli, ci sono più mondi, il primo e il terzo. Toh la natura che provvede a farci sentire meno idioti e colpevoli.  Le persone divise per caste e incasellate,  ognuna nel suo scaffale. Poveri, ricchi, morti di fame, morti di morbillo, il nuovo SUV che scavalca montagne, la Ferrari e la 500 vecchio tipo che si incontrano su una strada secondaria. Tutto ovvio, scontato, normale. Morire soffrendo e non poter morire con la leggerezza della cura del dolore. Normale, ovvio, scontato che si bombardi da qualche parte. Ovvio, normale e scontato che si seppelliscano rifiuti tossici e nocivi dove crescerà insalata o raccoglieremo funghi.
"Creare cultura” sulla nave che salpa, tenendo i pugni chiusi per non mostrare lo sporco. Sulla nave c’è la speranza, in un mondo fatto di “cani delusi rimasti bastardi fra mille carezze”. E i bagagli finalmente lasciati sul molo, mentre il battello carico di folle follia è in mare, quasi lontano, sono prede per gli “esperti dell’arte” che cercano l ’orgasmo su di loro. Frugano, cani da riporto, per difendere quel che le valigie contengono.  E poco importa che la vela sia foglio di carta, finchè resiste si va. Poi passa, poi passa, nessun problema, si disferà di fronte al primo tsunami e tutto tornerà come prima. Qualche relitto, qualche pezzo di legno marcio.  Una speranza in mare, la ribellione di miseri straccioni impazziti,  mille cuori che cercano un sogno e che, tutto sommato, non sanno capire il mondo così com’è. A quello servono gli esperti dell’arte. Loro no, sono illusi utopisti che ci provano. Rischiano anche il naufragio pur di navigare senza bussola. Si voltano indietro a guardare il vecchio mondo nelle valigie piene di polvere. E poi, sulla nave, la notte aprono i pugni per “unire alle vele le nostre bandiere”. Non fa nulla ,è solo un sogno, lasciamolo andare leggero come una foglia.
E si squarciano le antiche culture di cui abbiamo piena la testa. Cultura che è nostra, ma è “di padrun”. Imposta, ipoteca sul futuro senza una nave che salpi, senza volerci credere.  In fondo non è nostra.
E la nave invece: “è anche mia”. “Si può fare… si può fare”. “La nave del sogno è mia per ragione, è nostra per scelta di cani delusi”. Finchè diventa parole, diventa poesia. L’arte, quella che gli esperti sul molo non comprenderanno forse mai. Tagli, come quelli di Fontana. Sacchi, come quelli di Burri. Uscire fuori dal quadro, penetrarlo quasi come in un orgasmo.
Un sogno in quella nave, un periodo lungo un secolo e anche più. Non so perché oggi, non so perché qui ho voluto riascoltare Ivan che cantava la follia lucida e coraggiosa. Anzi, lo so, il pragmatismo è omologazione, giovani senza utopie sono senza speranze. “Siamo nel 2011, non abbiamo ideali come i vostri”. Dicono ragazzi nuovi e freschi, così vecchi, così antichi. Così senza neppure i tempo di essere ragazzi. Nei moli del grande fratello arrugginiscono navi coraggiose e fiere. “Quanto dolore per dare allo svolo di te fantasia un attimo solo”. Costa abbandonare bagagli sicuri, nel tempo dell’incertezza e della precarietà. Non c’è più il posto fisso, anzi, non c’è più il posto. Il lavoro bisogna crearlo, immaginarlo, inventarlo. Partono i ragazzi, vanno in Transilvania o in Canada a cercare un posto, non un luogo, proprio un posto. Per cominciare a provarci a vivere, a creare, ad essere, finalmente, persone. Non hanno tempo per lasciare bagagli sul molo, anche se sono valigie piene di un vuoto strambo, quelle che abbiamo consegnato loro con tutta la nostra  vergogna per un mondo così putrefascente, con moli dismessi e senza utopie. Un mondo che pare non avere speranze. Rincorse a perdifiato su crinali di colline che erano verdi.    Forse è   tempo di chiudere un capitolo di impotenza e provare a gonfiare un canotto, solo quello, giusto per iniziare, lasciando il pragmatismo a chi è “maestro” di coerenza, a chi ha la verità in tasca per risolvere ogni problema. A loro “gli esperti dell’arte” che sanno così bene rovistare nella palta per “dare la linea”. Riprendersi la gioia, riprendere la follia, riprendere il sogno. E poi lo sappiamo, si vive una volta sola, tanto vale vivere.   Guardava in silenzio il mare la donna sul molo, era sera, dietro c’erano ragazzi mano nella mano. Uno strano sole cadeva là sotto, portandosi appresso una giornata passata come altre mille e ancora mille. Chissà perché piangeva guardando il mare. Passano notizie nel telegiornale, tutte uguali da mesi, da anni, forse da sempre. Ivan è morto in giugno qualche anno fa. Si è portato via la sua nave e i suoi sogni. Ha lasciato una valigia vuota, non aveva culture da lasciare, solo canzoni e parole. “Un attimo solo ma di fantasia”. Crollano muri come scatoloni vuoti che prima contenevano frigoriferi di plastica e alluminio. Abbiamo costruito muri falsi, finti come il PIL. Economia domestica, economia delle banche che rubano  quattrini a chi ne ha già pochi. Noi nel mondo detto primo. Ma pare normale a qualcuno che si debba difendere la Costituzione? “Ogni cittadino è uguale davanti alla legge”. Difendere un’ovvietà?  Culture diverse o scontro fra barbarie di varia provenienza? Ma pare ovvio che si debba difendere la dichiarazione universale dei diritti umani?  Articolo 1: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” Difendere un’altra ovvietà? Tempo perso per chi vorrebbe vivere dignitosamente.  “Non è più tempo di sogni, vedete di crescere, avete giocato a fare la rivoluzione, ora tutto torna come prima”. E noi qui a prenderci le misure. Come il becchino dei film western che misurava il pistolero per preparargli la cassa giusta. “Quello è troppo comunista, quell’altro troppo socialista, quello là in fondo, si, quello con la barba bianca, non ha il senso della realtà”. Parliamone, parliamoci. Anzi, andiamo a guardare il mare bevendo pinte di vino rosato e mangiando pane e mortadella. “Non possiamo sparare ai clandestini sulle barche, per ora” dice Castelli, un viceministro. “A quelli bisognerebbe sparare” dice Speroni, un eurodeputato. “Loro vogliono che il figlio dell’operaio e quello del professionista abbiano le stesse opportunità” dice Silvio B. da Arcore. “Sapesse contessa….”

incontro merkel - silvio il breve

La "culona inchiavabile" non ha prestato ascolto a Silvio il breve. Chissà perchè