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sabato 13 febbraio 2016

Raccolta differenziata a lecce (nel 2017?)

Un servizio pubblico, bene sappiamo, deve avere alcune caratteristiche imprescindibili, uno su tutte: la puntualità.
Siccome non abbiamo alcun motivo per dubitare di Monteco, che organizza la raccolta differenziata dei rifiuti a Lecce, ringraziamo per la solerzia con cui opera.
Dal cartello apposto in zona Piazza Partigiani e fotografato sabato 13 febbraio deduciamo che con un anticipo di ben un anno Monteco annuncia trionfalmente che dall'otto febbraio (2017 non è scritto ma sottinteso) anche qui spariranno i cassonetti! Lunga vita alla raccolta differenziata e alla puntualità.   

Scirocco - Francesco Guccini

 Guccini con una canzone stupenda. 


mercoledì 10 febbraio 2016

In Italia succede


La notizia non è nuova, però rimane assurdamente e drammaticamente italiota.
Stefano Rho, professore passato di ruolo dopo 14 anni di precariato, viene licenziato in tronco per avere fatto pipì all’aperto 11 anni prima.


Via non faccio per dire, ma in Italia ci sono parlamentari con un po’ di condanne e avvisi di reato (oltre 100 ne siedono in Parlamento, a vario titolo inquisiti per reati), ci sono bancarottieri che proseguono tranquillamente a dirigere aziende, ci sono sindaci che rimangono aggrappati alla poltrona nonostante siano in odore di mafia. Tutto si può fare, in Italia, ma se ti beccano a pisciare in un cespuglio rischi grosso.

martedì 9 febbraio 2016

De Andrè, Salento, Pagghiare e mare







Evaporato in una nuvola rossa
in una delle molte feritoie della notte
con un bisogno d'attenzione e d'amore
troppo, "Se mi vuoi bene piangi"
per essere corrisposti, valeva la pena divertirvi le serate estive
con un semplicissimo , "Mi ricordo"
per osservarvi affittare un chilo d'erba
ai contadini in pensione e alle loro donne
e regalare a piene mani oceani
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità;
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi
ero molto più curioso di voi…

Guidare con leggerezza in un tour del basso Salento con De Andrè in sottofondo è una situazione che ha piacevole. 
E’ domenica pomeriggio, il cielo là sopra è nuvoloso, è presto, le 13,30 . Poche auto in giro. Si arriva ad Alessano passando accanto a campagne crude. De Andrè prosegue le sue parole e la sua musica


E poi sospeso tra i vostri "Come sta"
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci
tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta"

Parole che dicono di mancanza di dialogo, in fondo.
Mentre fermo l’auto e visito uno dei pochissimi cimiteri in cui entro quando capita. Anche qui mi accoglie il silenzio dei cimiteri. Tonino Bello è lì. Ad accogliermi la tomba di un alessanese morto nei campi di concentramento nazisti, un internato.
Dura poco la visita, giusto alcuni minuti per ricordare. L’aria è fredda, gli abeti e quel cartello gentile “non calpestare l’erbetta”. 
Arriva un signore vestito da boy scout, dice una veloce preghiera ed esce. Usciamo. Il silenzio è quasi irreale mente a piedi andiamo al “Villaggio Macurano”, rupestre, di epoca incerta, rimangono resti di un frantoio e grotte, rimangono reperti di vita vissuta chissà da chi e chissà quando. Lì vicino, qualcuno vuol far passare una inutile strada immensa che taglierà in due il basso Salento. Mica si spendono quattrini per la cultura. Per l’asfalto dannoso si.
Si risale in auto proprio mentre Fabrizio canta:

Lengua ‘nfeuga Jamin-a
Risultati immagini per foto di pagghiarelua de pelle scûa
cu’a bucca spalancà
morsciu de carne dûa
stella neigra ch’a lûxe
me veuggiu demuâ
‘nte l’ûmidu duçe
de l’amë dû teu arveà
ma seu Jamin-a
ti me perdunié
se nu riûsciò a ésse porcu
cumme i teu pensë
destacchete Jamin-a
lerfe de ûga spin-a
fatt’ammiâ Jamin-a
roggiu de mussa pin-a…
(Lingua infuocata Jamina
lupa di pelle scura
con la bocca spalancata
morso di carne soda
stella nera che brilla
mi voglio divertire
nell’umido dolce
del miele del tuo alveare
sorella mia Jamina
mi perdonerai
se non riuscirò a essere porco
come i tuoi pensieri
staccati Jamina
labbra di uva spina
fatti guardare Jamina
getto di fica sazia)
La musica accompagna i pensieri. 
Mentre l’auto mi porta verso il mare a vedere onde alte e la sempre incredibile emozione del Ciolo. Un ponte sul mare. Poi si svolta, dall’Adriatico allo Jonio, passando per le campagne che i salentini chiamano “’mmare”, crude. Terreni e oliveti in mezzo ai sassi, terre dure, perfide, dissodate fin quando e dove si poteva, a mano, per piantarci ulivi che qualcuno vuole espiantare ora. Secoli di lavoro in quei campi, da lì sono passati baroni e turchi, viandanti e contadini che vivevano una vita grama a cercare di sopravvivere, pagghiare che raccontano quelle fatiche, emozioni forti anche oggi pensandoci mentre Fabrizio canta Cecco Angiolieri:

S'i' fosse foco, arderei 'l mondo 
s'i' fosse vento, lo tempesterei 
s'i' fosse acqua, i' l'annegherei 
s'i' fosse Dio mandereil'en profondo 

S'i' fosse papa, sare' allor giocondo 
tutt'i cristiani imbrigherei 
s'i' fosse imperator, sa' che farei ? 
a tutti mozzerei lo capo a tondo 

S'i' fosse morte, andarei da mio padre 
s'i' fosse vita, fuggirei da lui 

similimente faria da mi' madre 
S'i' fosse Cecco come sono e fui 

torrei le donne giovani e leggiadre 
e vecchie e laide lasserei altrui

Già, le contraddizioni fra la bellezza e la potenza immensa di queste storie e la realtà di chi vuole cementificare emozioni… S’i fosse foco…
Campi crudi, costruzioni fatte con le pietre tolte per rendere la terra coltivabile stanno in piedi da secoli e lì vicino, in mezzo ai colori ed ai profumi della campagna in inverno, al verde che d’estate diventerà bruciato, una casa moderna, color verde pisello. Un vero insulto al buon gusto e al senso estetico.
Paesini che sembrano deserti nel tempo della controra, come si chiama a Napoli  il riposo pomeridiano, quando non si esce per lo scirocco che taglia in due i pensieri, li spacca, li scinde, razionale ed emotivo stanno il luoghi diversi. Il pensiero dei contadini che si spaccarono mani e schiena per dissodare sta da una parte, i progetti di cementificazione e la casa verde pisello dall’altra, come l’inutilità assurda di una rotonda immensa, 150 metri di diametro, messa in un incrocio di tre strade due della quali portano nel nulla, in “zone industriali” senza industrie. Il primo pensiero che viene è il più ovvio e scontato e credo di non pensare neppure male: “chi ha preso le mazzette per fare questo scempio?”
Non penso male perché proprio non c’era alcun motivo razionalmente credibile per farla quella rotonda immensa. Come non c’era alcun motivo per fare zone industriali che hanno parcheggi immensi, strade perfettamente asfaltate, illuminazione pubblica che non hanno uno straccio di laboratorio, officina, negozietto. Neppure i venditori di verdure con l’APECAR ci vanno. Chi ha preso mazzette in mezzo alle emozioni?  E chi li rivota ad ogni tornata elettorale?
Eppure i paesi stanno lì, con la loro infinita bellezza, schiaffeggiati dallo scirocco e, in estate, bruciati da un sole che li fa diventare proprio quelli che immaginavo da ragazzino pensando al meridione: bianchi paesi assolati, poca gente in giro nelle ore calde, qualcuno al bar.  Calma, lentezza.

Alla parata militare 
sputò negli occhi a un innocente 
e quando lui chiese "Perché " 
lui gli rispose "Questo è niente 
e adesso è ora che io vada" 
e l'innocente lo seguì, 
senza le armi lo seguì 
sulla sua cattiva strada. 

Sui viali dietro la stazione 
rubò l'incasso a una regina 
e quando lei gli disse "Come " 
lui le risposte "Forse è meglio è come prima 
forse è ora che io vada " 
e la regina lo seguì 
col suo dolore lo seguì 
sulla sua cattiva strada. 

Canta Fabrizio mentre questi pensieri corrono e girano con le ruote dell’auto, mentre da lontano si vede lo Jonio  arriva, mentre in paese ragazzini in maschera camminano felici.
Poi un the con Melissa e Marco, un po’ di parole sul Salento di sassi e su quello del cemento. Marco conosce uno ad uno i sassi che rispetta ed ama, li studia, ne scrive. Lui sa la fatica e rispetta la filosofia della vita nel capo di Leuca.
Poi la sera cala, leggera, in febbraio le giornate durano un po’ di più, però il buio arriva. Quando il cielo non è così grigio vedi tramonti che portano via i pensieri, li cullano. Poi si riparte, si costeggia ancora lo jonio andando verso Gallipoli,il mare si intravede lì vicino, si immagina, si respira. Il mare che da lassù, dalle terre  crude, dissodando terre rosse, i contadini non vedevano. Solo andando a Tricase o in altri mercati lo vedevano a volte, ma era un altro luogo, un’altra vita. In fondo qui siamo nei luoghi dove la terra finisce. Siamo fra muretti a secco, pagghiare e improbabili case verde pisello. Siamo nel regno della contraddizione a volte. Ancora lui, ancora Fabrizio che canta

…Angiolina cammina cammina
sulle sue scarpette blu.
Carabiniere l'ha innamorata,
volta la carta e lui non c'è più!
Carabiniere l'ha innamorata,
volta la carta e lui non c'è più!
C'è un bambino che sale un cancello
ruba ciliegie e piume d'uccello,
tira sassate non ha dolori,
volta la carta c'è il fante di cuori
Il fante di cuori che è un fuoco di paglia,
volta la carta il gallo ti sveglia

Angiolina alle sei di mattina
s'intreccia i capelli con foglie d'ortica.
Ha una collana di ossi di pesca,
la gira tre volte intorno alle dita.
Ha una collana di ossi di pesca,
la conta tre volte in mezzo alle dita…

E penso che anche qui si dovrebbero voltare carte: vedi quella campagna che ha una storia da raccontare, che si dovrebbe rispettare per il suo passato e il suo presente, quei sassi che Marco sa raccontare ai turisti che arrivano senza cercare Rimini o Las Vegas. Volta la carta e trovi rotonde inutili e case verdi come evidenziatori. Volta la carta e cammina nelle alture che guardano il mare, ascolta i silenzi e senti i profumi di mentastra e finocchio selvatico, impara le erbe spontanee che fanno dire a qualcuno che sa: “qui puoi vivere di quel che trovi nei campi, erbe spontanee che danno nutrimento”. Volta la carta e trovi immondizie lasciate nei campi, plastica e lastre di amianto.

E se voltassimo tutte le carte in una volta sola? 

domenica 7 febbraio 2016

Il Venezuela al Fondo Verri

 Interessante serata, sabato 7 febbraio,  per imparare qualcosa che conoscevo solo per le informazioni (poche) sui giornali e per un mio limite oggettivo in fondo. 
Al Fondo Verri, luogo di cultura unico a Lecce, Ada Donno ha coordinato gli interventi della giornalista Gerardina Colotti, direttrice di Le Monde Diplomatique edizione italiana e della console generale della Repubblica Bolivariana del Venezuela a Napoli: Amaryllis Gutierrez Graffe.
Il tema della serata è stato: Dove va il Venezuela? Problemi e prospettive della rivoluzione bolivariana. 
Per quanto mi riguarda si è   confermato che l'America Latina dovrebbe (il condizionale si impone) essere per molti aspetti rivisitata da chiunque abbia a cuore lo sviluppo di Democrazie non succubi delle 60 famiglie che hanno in mano l'economia mondiale. Il Costa Rica è dal 1949 senza esercito, oggi consuma il 100% di energia green.  Il Venezuela di Hugo Chavez da questo punto di vista è stato emblematicamente grande, ha nazionalizzato il petrolio (di cui la nazione è produttrice primaria) per restituire alla società gli utili sotto forma di stato sociale: scuola, sanità ecc.  
Come fare a rendere il mondo meno criminale e le diseguaglianze meno imponenti? Personalmente non ho risposte, passato il tempo di quelle che chiamavano "Utopie" e passate le certezze sono diventato, ahimè, pessimista sul futuro. Si chiamava internazionalismo la forza che avrebbe dovuto unire gli ultimi della terra, ha vinto la globalizzazione, l'internazionalismo dei capitali. Ma questo pessimismo è riflessione personale. In Italia siamo ancora al medio evo delle discussioni se una coppia deve avere più o meno diritti di un'altra coppia, se un bambino abbia o meno diritti di altri bimbi. Siamo nell'Europa che chiude le frontiere per non accogliere miserabili.
"Non so quale sia il mondo migliore, so per certo che questo è il peggio che ci possa capitare" diceva qualcuno. 
Nel dibattito che è seguito, si sono aperte porte diverse, dal richiamo a guardare con attenzione al processo globale del mondo, fatto da Carlo Formenti ad interventi che mi hanno fatto fare un balzo indietro nel tempo di quarant'anni almeno. "Dobbiamo fare la rivoluzione in Italia per capire quella bolivariana, partire dalle classi povere, dai luoghi di aggregazione..." in estrema sintesi uno di questi. Da quarant'anni siamo fermi qui, come se il mondo non avesse rotto tutti gli argini, come se nulla fosse successo, come se fossimo in un'assemblea di "operai studenti uniti nella lotta" dei primi anni '70. Identiche parole, stessi concetti.  In fondo, pensavo, se siamo ancora fermi qui, la rivoluzione per alcuni rimarrà un modo per dire: "come eravamo belli quando eravamo vivi"....