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venerdì 17 febbraio 2012

salento piemonte.... due canti d'amore



Due canzoni d’amore. Una del profondo nord, l’altra del Salento. Due canti della tradizione. Chissà se servono per dire a qualcuno che ci sono linguaggi universali, adatti ad ogni latitudine. Chissà se possiamo urlare che i sentimenti appartengono  al di là dei dialetti, delle abitudini, degli usi.   



Se chanta

Devant de ma fenèstra
i a un auselon
Tota la nuèch chanta,
Chanta sa chançon

Se chanta, que chante
Chanta pas per ieu
Chanta per ma mia
Qu'es al luènh de ieu

Aquelas montanhas
Que tan autas son
M'empachan de veire
Mes amors ont son

Se chanta…

Baissatz-vos montanhas,
Planas levatz-vos
Perquè pòsque veire
Mes amors ont son                               

Se chanta….

Se canta
Davanti alla mia finestra
C'è un uccello
Tutta la notte canta,
Canta la sua canzone

Se canta, che canti
Non canta per me
Canta per la mia amica
Che è lontana da me

Quelle montagne
Che tanto alte sono
Mi impediscono di vedere
Dove sono i miei amori

Se canta…
Alte, ben son alte,
Ma si abbasseranno
E i miei amori
Verso me torneranno
Abbassatevi montagne,
Alzatevi pianure
Affinché io possa vedere
Dove sono i miei amori

Se canta…





Kalinifta

Ti en glicèa tusi nifta, ti en orria
c'evò e' pplonno pensèonta s'esena
c'ettumpi' sti ffenestrassu, agapimu,
tis kardi'ammu su nifto ti ppena.

Evo' panta s'esena penseo,
jatì sena, fsichìmmu, gapò
ce pu pao, pu sirno, pu steo
sti kkardìa panta sena vastò.
C'esù mai de' m'agàpise, òria-mu,
'e ssu pònise mai puss' emèna;
mai cìtt'oria chili-su 'en ènifse
na mu pì loja agapi vloimèna!

T'asteràcia pu panu me vlepune
ce m'o fengo krifi'zzun nomèna
ce jelù ce mu lèune: ston ànemo
ta traùdia pelìs, ì chchamèna.

Kalinìfta! Se finno ce feo,
plàja esù ti 'vò pirta prikò,
ma pu pao, pu sirno, pu steo
sti kkardìa panta sena vastò

Com'è dolce questa notte, com'è bella
e io non dormo pensando a te
e qui dietro alla tua finestra, amore mio,
del mio cuore ti apro le pene.

Io sempre a te penso,
perchè te, anima mia, io amo
e ovunque io andrò, vagherò, starò
nel cuore sempre te porterò.

Eppure tu non mi hai mai amato, bella,
nè mai avesti pietà di me;
mai apristi le tue belle labbra
per dirmi dolci parole d'amore!

Le stelle da lassù mi guardano,
e con la luna bisbigliano di nascosto
e ridono e mi dicono: al vento
butti le canzoni, sono perdute.

Buonanotte! Ti lascio e fuggo via
dormi tu che io sono partito triste
ma ovunque io andrò, vagherò, starò,
nel cuore sempre te io porterò.

giovedì 16 febbraio 2012

Vernole: attenzione aerei in strada


Passando vicino all’aeroporto di Lecce Lepore, che probabilmente si trova in territorio di Vernole, paese noto per quel bizzarro: “alto tasso di incidentabilità”,  si può vedere il segnale riportato in immagine.
Ogni volta che passo lì accanto, i dubbi si affollano nella mente. Sono ormai arrivato al declassamento della patente per raggiunti limiti di età, avevo la D, arrivato a 60 anni tondi tondi mi si dice che devo scegliere fra la C e la B, implicitamente significa “Ormai sei un rottame”. Ho optato per la B, anche perché al prossimo rinnovo avrei dovuto declassare nuovamente, poi dicono le depressione della terza età. Non si può avere la patente superiore, ma neppure andare in pensione perché, dicono i ministri competenti “ci sono ancora notevoli capacità lavorative, e c'è la recessione” soprattutto perchè "l'emergenza è la disoccupazione giovanile". E' un pò come (facciamo un esempio squisitamente teorico) la Germania e la Francia imponessero l'impoverimento dei greci e contemporaneamente vendessero loro   armi. E' un pò come (altro esempio teorico) se lo stato italiano imponesse austerità aumentando anche i giochi gestiti dai monopoli di stato.  Ma tralasciamo i commenti.
Nella mia lunga esperienza di guida comunque ne ho viste di tutti i colori. Mai, per fare un esempio, ho capito i cartelli “attenzione caduta massi” che sono a migliaia in montagna. Cosa significa? Forse debbo guardare in alto anziché la strada? Oppure debbo mandare in avanscoperta il mio passeggero che vigili sui massi appesi in attesa di cadere proprio quando passo io? Il migliore però lo vidi in collina, in Piemonte, diceva letteralmente “attenzione possibile caduta brecciolino”. Brecciolino? Opperbacco, forse da quelle parti ha studiato il sindaco di Vernole che poi inventerà “incidentabilità”. Ma se cade un masso o del “brecciolino” io cosa posso farci? Non sarebbe opportuno mettere in sicurezza le strade anziché terrorizzare  gli autisti? Resta tuttora un mistero irrisolto, quasi come i cartelli che indicano “tutte le direzioni”, spesso se li segui vai dritto nel cortile della signora Concettina. Unica reazione ottenuta dagli automobilisti è una sano e dignitosissimo menefreghismo. Se vedi: “attenzione scuola” oppure “Ospedale” stai attento, se vedi “Caduta massi”  te ne freghi, figurarsi se leggi di brecciolino.
Così   mi risulta incredibilmente arduo comprendere il cartello dell’aeroporto di Lepore. Mi chiedo come debbo comportarmi. Significa che l’aereo ha la precedenza? Soprattutto, cosa diavolo ci fa un aereo sulla strada dove passo io con la mia auto? Per inciso faccio notare che gli aerei oggi si chiamano aeromobili.
Sarebbe come mettere al porto di Brindisi “attenzione passaggio piroscafi”. E io, umile guidatore raso terra, dovrei guardare in alto trascurando il pullman che mi precede che a sua volta deve guardare verso l’alto e così via? Oppure debbo mettere la testa fuori dal finestrino, imparare  a rendere autonomi gli occhi, uno guarda in su, l’altro in giù? E ancora, se un aereo mi taglia la strada dobbiamo compilare la constatazione amichevole di incidente oppure dobbiamo chiamare i vigili di Vernole che mi faranno la multa perché la strada è segnalata come “incidentabile”?
E chi lo spiega che proprio per leggere quella parolaccia mi sono distratto e non ho visto la cosa più scontata su quella strada: un aereo che arriva da destra?
Comunque ho fatto una piccola indagine che non ha valore demoscopico in quanto valutato su una piccolissima percentuale di amici, l‘opzione più praticata quando si vede quel segnale da parte degli automobilisti, compreso il sottoscritto, è la seguente:  fregarsene e riderne. Molti addirittura non ci hanno fatto caso mai. Comunque se passate vicino a Lecce Lepore sappiatelo, un aeromobile potrebbe piombarvi sul cofano e poi vi diranno “ma non li leggete i segnali?”.


mercoledì 15 febbraio 2012

Lecce rispetta le regole per la toponomastica?

Qual è l’iter per cambiare o assegnare un nome ad una via? Sicuramente gli amministratori illuminati ne sono informati.  Per capire leggiamo: “La legge n.1188 del 1927, concernente le intitolazioni di nuove strade, oltre che di monumenti e altri ricordi permanenti, attribuisce ai prefetti la competenza ad autorizzare le intitolazioni di strade e piazze pubbliche. Prevede, altresì, il divieto di intitolare strade e piazze pubbliche, oltre che monumenti o altri ricordi permanenti, a persone che siano decedute da meno di dieci anni, demandando al Ministero dell'interno la facoltà di derogare a tale disposizione in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano acquisito particolari meriti in ambito sociale”.  

Leggiamo poi sul sito della Provincia di Lecce “Nel caso di cambiamento del nome all’area di circolazione sul cartello deve essere indicata anche la precedente denominazione (art. 41 comma 4 DPR 223/89). Riassumendo, per titolare o cambiare il nome ad una via l’Amministrazione Comunale deve seguire un iter preciso:
1 Proposta Ufficio Toponomastica/Anagrafe
2 Parere favorevole Commissione
3 Deliberazione Giunta Municipale
4 Approvazione PREFETTURA
5 Apposizione cartelli con i nomi strada
6 In caso di rinonimazione mettere il nome vecchio sotto il nuovo.
Due sono i ministeri coinvoli, quello degli Interni per la titolazione di nuove vie, quello dell’Istruzione per il cambio di nome.
Non sempre il percorso è agevole, qualcosa ne sa  il Sindaco di Roma Veltroni che tentò di titolare parte del lungotevere Michelangelo a Federico Fellini (mica uno qualunque). La controversia con la soprintendenza, che diede parere negativo, durò otto lunghi anni, a decidere fu il TAR che bloccò l’intitolazione e invitò le “Amministrazioni comunali a valutare di disagi che si creano con la variazione della denominazione di una strada sia sui cittadini che sulle pubbliche amministrazioni: aggravio di lavoro per il servizio anagrafico, il catasto, il registro immobiliare” Circ. Min.Int. n.7 (1987) n.4 (1996) e ancora si deve tener conto della “tradizione storica e culturale delle popolazioni e della cultura di cui il toponimo è espressione”. In sostanza occorre guardare la tradizione culturale del luogo, ragion per cui il ministero competente per rinominare vie esistenti è quello dell’Istruzione, non degli Interni.   
E veniamo a Lecce, la città che nella sua toponomastica non si fa mancare le vie Predappio e Almirante, chissà se per continuità storica o contiguità ideale. Siamo certi che la titolazione delle Vie Gaetano Quarta, deceduto il 9 ottobre 2003, Vittorio Aymone, deceduto il 22 gennaio 2010 e Ernesto Alvino hanno seguito tutte le regole. Sicuramente dal 2003 e dal 2010 non sono passati 10 anni dalla morte degli interessati. Al di là dei meriti sicuramente significativi dell’industriale Quarta, dell’editore Alvino, e dell’avvocato Aymone, rimane irrisolto il problema dell’apposizione sulle targhe dei nomi delle vie loro dedicate e dell’antica denominazione delle stesse. In Piazza Sant’Oronzo si legge, giusto per fare un esempio, la targa Via E.Alvino, manca la dicitura: già Piazza Sant’Oronzo. Si trova sul marciapiedi ed è attualmente corredata da stemmini di qualche giovincello nostalgico di quando c’era lui, è brutta e nuova, nero su bianco in lamierino e fa a pugni con la bellezza dell’insieme.  Alle sue spalle è rimasta l’antica targa “Piazza Sant’Oronzo” in maiolica e sul muro. Che la stessa strada abbia due nomi, per il turista e per il passante che passa è un enigma.  Siamo certi che l’attenta Amministrazione Comunale ha allo studio qualcosa di dignitoso per l’estetica, per la logica e per il rispetto delle normative. Insomma, la piazza più bella di Lecce merita qualcosa di meglio di un paletto in ferro con una targa in lamiera. Nel frattempo rimane senza risposta l’interpellanza del Consigliere Pankiewicz che chiede più visibilità per le strade dedicate a due illustri leccesi, si legge nell’interrogazione: “A Giuseppe Codacci – Pisanelli è stata dedicata una via, desolata e senza case, alle spalle della stazione ferroviaria, e ad Augusto Melica un’altra via, altrettanto desolata e senza case, nei pressi del carcere di Borgo San Nicola, esprimiamo il disappunto per tali scelte a suo tempo adottate”.



martedì 14 febbraio 2012

gli insegnamenti del gelo artico


Giorni di gelo artico, ne hanno parlato ampiamente tutti i media. Allora impariamo a comportarci per bene. Vediamo le lezioni che ci ha impartito il generale inverno.

Primo insegnamento: in inverno fa freddo. Da tre settimane tutti i media danno la notizia dell’arrivo del grande gelo, e lo fanno con enfasi, quasi fosse la sola notizia degna di nota. Chi se ne frega della disoccupazione o dello spread che è passato di moda. A proposito, siamo in grado, unici in Italia, di anticipare i titoli dei giornali del luglio prossimo: “Fa caldo”. Soprattutto la novità sarà nei consigli degli esperti: gli anziani è meglio che stiano tappati in casa, in inverno per il freddo, in estate per il caldo. Possono uscire in aprile e in settembre? Se proprio vogliono in luglio e agosto possono andare al supermercato, come insegnano ex ministri. Per i bambini è la stessa cosa. Le strade sarebbero piene di trenta quarantenni ad ascoltare i giornali.

Secondo insegnamento: In caso di neve, anche solo pochissimi centimetri, evitare di prendere il treno perché si bloccano tutte le linee. Evitare l’auto perché sul ghiaccio sbanda. Evitare i bus pubblici perché non hanno catene. A piedi camminare con moltissima cautela. Però il PIL ha le sue regole e a lavorare si deve andare ad ogni costo. Come? E cosa rompete! Il governo ha altro da fare, arrangiatevi!

Terzo insegnamento: Gli abitanti di Roma quando nevica o cambiano città o cambiano sindaco. Se i tecnici e il primo cittadino non sono capaci di leggere i comunicati della protezione civile e se pensano che il sale sui marciapiedi e sulle strade si mette come sulle insalate, a pizzichi, vuol dire che qualcosa non funziona a dovere. Bastano le dichiarazioni di Alemanno per capire la stupidità di chi governa: “gli alberi romani non sono abituati ala neve”, va a finire che li manderà a svernare in montanga per abituarli?  E ancora “Qualcuno non vuole le olimpiadi a Roma, per questo quelli del nord sono contenti per la neve a Roma”, ora, non per dire, ma che Bossi e Castelli governino anche la neve mi pare leggermente azzardato.

Quarto insegnamento: Bruno Vespa non può fare il plastico della neve e la cosa lo innervosisce moltissimo.

Quinto insegnamento: la Lega Nord chiede di utilizzare gli immigrati per spalare, previo incatenamento alle caviglie che li unisca per scongiurare pericolose evasioni e soprattutto per poterli imbarcare non appena l’emergenza sarà finita.

Sesto insegnamento: Incredibile ma vero, ascoltavo in TV uno della Protezione Civile che ha detto testualmente: “La neve occorre spalarla appena cade”. Eh se lo sapevamo prima ci saremmo dotati di reticelle per farfalle per intercettare i fiocchi svolazzanti.

Settimo insegnamento: Non nevica più, però non fate i furbi che venerdi nevica di nuovo.



lunedì 13 febbraio 2012

Arriva EGGY


Per chi ha dimestichezza con la cucina, o per chi deve cucinare perché è single, è sempre stato uno dei problemi più grandi, da decenni l’uomo si chiede come risolverlo. Avere a che fare con le uova rappresenta una delle peggiori incombenze da affrontare. Pensate solo per fare un uovo al tegamino. Occorre adeguarsi ad un iter cavilloso e preciso:
  • Comprare le uova rischiando di romperle nella busta assieme al parmigiano reggiano e agli spaghetti numero cinque.
  • Mettere il tegame sulla fiamma.
  • Mettere burro (o olio).
  • Rompere l’uovo.
  • Metterlo nel tegame e aspettare il giusto grado di cottura.
  • Salare.
  • Mettere nel piatto.
Vedete come a descriverlo è un percorso lungo? Fra le operazioni sopra descritte però la più laboriosa e inquietante è una sola. Da tempo immemore ci chiedevamo come fare per evitarla. Ci sono trattati dal medio evo ad oggi che si chiedono come poterla evitare. Ebbene oggi un inventore degno del Nobel ha risolto il problema. Non dovremo più rompere le uova. Non “le uova nel paniere” come recita un antico detto, proprio quelle da cucinare.
Quando ho letto la notizia riportata su L’Unità mi sono detto “perché non ci ho pensato io?” Poi, confesso, mi sono commosso. E’ vero che c’è la crisi economica, è vero che nevica e le temperature si sono abbassate (tranne che in Salento) a livelli da Siberia, però questa invenzione sarà la panacea di molti mali. Non ci saranno più uova disperse nei lavelli, non più dita impiastricciate, non avremo più gusci per casa. Oggi c’è Eggy, L’uovo spray in comoda bomboletta ergonomica.  Vuoi una frittatina? Uno spruzzo in padella e via. Vuoi fare la carbonara? Spruzza e vai che sei bello.
Già me le vedo migliaia di massaie e di uomini single accaparrarsi milioni di bombolette che non dovranno mancare mai, neppure nelle cucine dei pensionati al minimo. Davvero, non vedevo l’ora. Si spera che verrà perfezionata però, al momento non puoi separare tuorlo e albume, quindi se vorrai montare a neve i bianchi dovrai sottostare alla tortura dei gusci da rompere. Ma a tutto c’è rimedio, aspetto con ansia il doppio beccuccio: Bianco e rosso separati.