Qual è l’iter per cambiare o assegnare un nome ad una via?
Sicuramente gli amministratori illuminati ne sono informati. Per capire leggiamo: “La legge n.1188 del
1927, concernente le intitolazioni di nuove strade, oltre che di monumenti e
altri ricordi permanenti, attribuisce ai prefetti la competenza ad autorizzare
le intitolazioni di strade e piazze pubbliche. Prevede, altresì, il divieto di
intitolare strade e piazze pubbliche, oltre che monumenti o altri ricordi
permanenti, a persone che siano decedute da meno di dieci anni, demandando al
Ministero dell'interno la facoltà di derogare a tale disposizione in casi
eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano acquisito particolari
meriti in ambito sociale”.
Leggiamo poi sul sito della Provincia di Lecce “Nel caso di
cambiamento del nome all’area di circolazione sul cartello deve essere indicata
anche la precedente denominazione (art. 41 comma 4 DPR 223/89). Riassumendo, per
titolare o cambiare il nome ad una via l’Amministrazione Comunale deve seguire un
iter preciso:
1 Proposta Ufficio Toponomastica/Anagrafe
2 Parere favorevole Commissione
3 Deliberazione Giunta Municipale
4 Approvazione PREFETTURA
5 Apposizione cartelli con i nomi strada
6 In caso di rinonimazione mettere il nome vecchio sotto il
nuovo.
Due sono i ministeri coinvoli, quello degli Interni per la
titolazione di nuove vie, quello dell’Istruzione per il cambio di nome.
Non sempre il percorso è agevole, qualcosa ne sa il Sindaco di Roma Veltroni che tentò di
titolare parte del lungotevere Michelangelo a Federico Fellini (mica uno
qualunque). La controversia con la soprintendenza, che diede parere negativo,
durò otto lunghi anni, a decidere fu il TAR che bloccò l’intitolazione e invitò
le “Amministrazioni comunali a valutare di disagi che si creano con la
variazione della denominazione di una strada sia sui cittadini che sulle pubbliche
amministrazioni: aggravio di lavoro per il servizio anagrafico, il catasto, il
registro immobiliare” Circ. Min.Int. n.7 (1987) n.4 (1996) e ancora si deve
tener conto della “tradizione storica e culturale delle popolazioni e della
cultura di cui il toponimo è espressione”. In sostanza occorre guardare la
tradizione culturale del luogo, ragion per cui il ministero competente per
rinominare vie esistenti è quello dell’Istruzione, non degli Interni.
E veniamo a Lecce, la città che nella sua toponomastica non
si fa mancare le vie Predappio e Almirante, chissà se per continuità storica o
contiguità ideale. Siamo certi che la titolazione delle Vie Gaetano Quarta,
deceduto il 9 ottobre 2003, Vittorio Aymone, deceduto il 22 gennaio 2010 e
Ernesto Alvino hanno seguito tutte le regole. Sicuramente dal 2003 e dal 2010
non sono passati 10 anni dalla morte degli interessati. Al di là dei meriti
sicuramente significativi dell’industriale Quarta, dell’editore Alvino, e
dell’avvocato Aymone, rimane irrisolto il problema dell’apposizione sulle
targhe dei nomi delle vie loro dedicate e dell’antica denominazione delle
stesse. In Piazza Sant’Oronzo si legge, giusto per fare un esempio, la targa
Via E.Alvino, manca la dicitura: già Piazza Sant’Oronzo. Si trova sul
marciapiedi ed è attualmente corredata da stemmini di qualche giovincello nostalgico
di quando c’era lui, è brutta e nuova, nero su bianco in lamierino e fa a pugni
con la bellezza dell’insieme. Alle sue
spalle è rimasta l’antica targa “Piazza Sant’Oronzo” in maiolica e sul muro. Che
la stessa strada abbia due nomi, per il turista e per il passante che passa è
un enigma. Siamo certi che l’attenta Amministrazione
Comunale ha allo studio qualcosa di dignitoso per l’estetica, per la logica e
per il rispetto delle normative. Insomma, la piazza più bella di Lecce merita
qualcosa di meglio di un paletto in ferro con una targa in lamiera. Nel
frattempo rimane senza risposta l’interpellanza del Consigliere Pankiewicz che
chiede più visibilità per le strade dedicate a due illustri leccesi, si legge
nell’interrogazione: “A Giuseppe Codacci – Pisanelli è stata dedicata una via,
desolata e senza case, alle spalle della stazione ferroviaria, e ad Augusto
Melica un’altra via, altrettanto desolata e senza case, nei pressi del carcere
di Borgo San Nicola, esprimiamo il disappunto per tali scelte a suo tempo
adottate”.
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