Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

sabato 27 ottobre 2012

Grillezio: grillo più borghezio

Grillezio: uomo un tempo comico, ora non più che utilizza i metodi del suo maestro Borghezio il nazista. Quello gettava disinfettante sugli immigrati, il suo discepolo lo getta sui giornalisti.
Grilloduce: colui che dice "più giornali chiudono, meglio è." A lui non piace chi lo critica, appena sarà al potere manderà i giornalisti che non pensano come lui al confino.
Grillossi: Incrocio fra Grillo e Bossi (Renzo) "i figli degli immigrati non sono italiani e puzzano".

Etica... brutta bestia per molti politici



Etica: L'etica (dal greco antico εθος (o ήθος, èthos, "carattere", "comportamento", "costume", "consuetudine") è un ramo della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di assegnare ai comportamenti umani uno status deontologico ovvero distinguerli in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati.

ph: http://animaimpresa.wordpress.com/tag/etica/
Cosa c’è di tutto questo nella politica che ci viene servita con i giornali del mattino?
Leggo che la Grecia otterrà l’aiuto dell’Europa ed altri euro per uscire dalla crisi. Per essere virtuosa tuttavia dovrà fare altre manovre, non ultima quella di licenziare 50.000 statali. Dove sta l’etica? Forse nel creare miseria e fame per rimanere nei salotti buoni?
Soprattutto, come potrà la Grecia elevare il tenore di vita ei suoi cittadini impoverendoli, precarizzandoli e privandoli del reddito? Forse non è questa l’Europa etica che volevano i suoi creatori.
Leggo che in Spagna la situazione è parallela a quella greca, e sappiamo come l’Italia sia sulla stessa china. Cosa c’è di etico in un’Europa che bada ai saldi di bilancio piuttosto che alle persone?
Leggo che in Italia si amumenta l’IVA per tutti e si abbassano le tasse per chi le paga. E’ eticamente corretto offrire a chi non ha reddito da dichiarare, quindi non ha nulla da detrarre, esclusivamente gli aumenti di tutti i generi anche quelli di prima necessità?
Leggo che verranno comunque spesi miliardi di euro per acquistare aerei da guerra, mentre si chiede agli insegnanti di aumentare le ore di lavoro a fronte di nessun aumento di stipendio. I neo ministri tecnici insistono “i saldi devono rimanere invariati” dove sta l’etica?
E va bene, qui siamo ai massimi sistemi, torniamo a Lecce e leggiamo cose di casa nostra. La prima notizia in evidenza è una dichiarazione di tal Pagliaro del partito Regione Salento, schierato con le destre in città e non solo che dice papale papale che riunirà i suoi per vedere se è il caso di votare Renzi alle primarie del centro sinistra. “Maionese impazzita” mi dice Alessandro che incontro per strada. E non ha mica torto, per questi signori l’etica è una merendina della Ferrero, mica roba da chi aspira a governare una città, a fare una regione nuova. Anziché schierarsi nella sua parte politica, della quale condivide i fondamenti e i principi, pensa di andara a scardinare l’altra parte portando i suoi a votare per uno schieramento per il quale non ha simpatia alcuna e che non riconosce come buon governo. Alle primarie di una coalizione si vota se si crede di poter dare un contributo a quella parte politica, non certo per calcoli di bassa lega. L’etica vorrebbe che l’accettazione dei principi e dei risultati finali della coalizione fossero condivisi dopo le primarie, a prescindere da chi si vota. Pagliaro dica che sarà disposto a votare per il centro sinistra anche se vincerà Vendola, poi sarà credibile.
L’impressione è che veramente, oltre l’etica, sia sparita anche la capacità di intendere la politica come cosa alta, dignitosa, e che si stia remando per far saltare tutti i banchi tranne quello dell’antipolitica che, a fronte di queste scelte, è oggi forse il più limpido comportamento.
Lascio correre il pensiero che si insinua: se Renzi è appoggiato da questi signori, è del tutto evidente quanto la sua politica sia vicina a loro, piuttosto che allo schieramento per il quale si candida.   
E va bene, mentre termino di scrivere arriva una mail che annuncia che Loredana Capone, in attesa delle politiche prossime venture, riunisce i suoi sostenitori in conclave perché punta a Roma,  in Senato o alla Camera poco importa, basta candidarsi. Dopo gli esultanti risultati a Lecce pare veramente ottima scelta. Uno zoccolino duretto ce l’ha lei pure, magari esile, ma duro… molto duro… 

venerdì 26 ottobre 2012

Lunedi al tribunale di Lecce


Prima udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia
Manifestiamo a sostegno della Procura di Palermo


Il 29 ottobre si tiene a Palermo l’udienza preliminare per decidere la sorte dell’inchiesta sulla trattativa Stato–mafia e sul rinvio a giudizio di dodici imputati: alcuni boss mafiosi, come Riina e Brusca, altri esponenti delle istituzioni come Mancino, Mannino, Dell’Utri.

Il clima che si respira alla vigilia del processo è alquanto teso e complesso. Un’intera classe dirigente non ha alcuna intenzione di far luce sulle stragi e continua ad attaccare l’indipendenza della magistratura.

Salvatore Borsellino, fratello di Paolo ucciso nel 1992: “Io mi sono già costituito parte civile nel nuovo processo che si svolgerà a Caltanisetta per la strage di via D’Amelio, ma per me è ancora più importante il processo che si svolgerà a Palermo, perché si indaga su quella trattativa che io ritengo sia stata la causa scatenante dell’assassinio di Paolo e perché a Palermo, contrariamente a quanto avvenuto a Caltanisetta, le indagini non si sono arenate quando sarebbe stato il momento di chiamare in causa Istituzioni e servizi deviati. Ho preso quindi la decisione di chiedere di costituirmi parte civile anche in questo processo, sia come persona, in quanto fratello di Paolo, sia come Movimento delle Agende Rosse. Credo che una mobilitazione del movimento il 29 ottobre possa essere, nel giorno dell’udienza preliminare, di grande significato nei confronti di quei magistrati che vogliamo sostenere”.

Libera Lecce, Cgil Lecce, Arci Lecce, Anpi Lecce, con l’adesione di UdU Lecce, Terra del Fuoco Mediterranea Lecce, e con l’adesione e la partecipazione di Nandu Popu dei Sud Sound System e del cantautore Mino De Santis, hanno deciso di rispondere all’appello di Salvatore Borsellino e dell’Associazione le Agende Rosse, organizzando:
    lunedì 29 OTTOBRE ore 9
     SIT-IN
davanti al Tribunale di Lecce
     (piazzetta della “ruota dei dieci comandamenti”)


La società civile è invitata a partecipare

Movimento delle agende rosse www.19luglio1992

giovedì 25 ottobre 2012

Notiziole


Notizia uno: Berlusconi dice che lascia. Lo dice solo però, in realtà pensava al Quirinale poi si sta accorgendo che il parlamento prossimo avrà maggioranze che non potranno eleggerlo, così indice primarie che dovrebbero, nel suo immaginario, nominare Alfano che lancerà Berlusconi premier. Forse un po’ cervellotico, però il solo pensiero che una delle candidate sarà quella giovinetta stupendamente sexy della fidanzata di Sallusti fa venire la pelle d’oca.

Notizia due: Il trota è intelligentino. Bossi senior è democratichino. Santanchè è bella, giovane e avvenente. La Russa ha charme. Borghezio è un bravo ragazzo. 
Queste notizie non provocheranno carcere, né multe impossibili da pagare per i giornalisti normali. Non c’è diffamazione.

mercoledì 24 ottobre 2012

Tango e tanghi al Matteotti


Sono stupendi, sensuali, avvolgenti, conturbanti i ballerini di tango che sanno ballare, quelli che improvvisano passi lasciandosi andare al ritmo di una musica piena di evocativa tristezza e intensità. E’ meraviglioso ascoltare Piazzolla nella notte che passa là fuori. “Piove su Santiago” si intitola il pezzo che sto ascoltando ora, il bandoenon che piange ed emoziona. Lui che è di origine tranese da parte del nonno paterno riuscì ad infrangere la regola aurea argentina che diceva “tutto può mutare tranne il tango”. Piazzolla riuscì a farne musica universale.
E Carlos Gardel, che ha vissuto un sacco di anni con un proiettile in un polmone, sparato durante una rissa, lui che ha dovto passare da 120 kg a meno di 80 per girare un film e che è diventato eroe popolare argentino per la sua voce, per il suo tango.
 “Il Tango platense nasce tra il 1880 e il 1900 in un preciso contesto geografico, ovvero lo spazio compreso fra le due città che fiancheggiano l’estuario del Rio de la Plata: Buenos Aires (capitale dell’Argentina) e Montevideo (capitale dell’Uruguay).
Il Tango è il frutto di una ibridazione tra diverse popolazioni; nella sua creazione sono implicati almeno tre continenti: l’America, dove questo ballo è nato e si è sviluppato; l’Europa, con i suoi emigranti che stabilitisi nella realtà platense hanno contribuito fortemente alla sua creazione; l’Africa, che a livello ritmico ha influenzato molto la sua nascita.
Il Tango è un universo, di cui si è detto tanto o tutto, ma di cui pare resti sempre altro da dire. È un’emozione dalle tante facce che ha stimolato libri, cinema e teatro, che ha costruito un contenitore di metafore e racconti; nata da un crogiolo di razze, somiglia molto al jazz, che è filosofia del tempo (sempre perduto) e della solitudine (sempre ineluttabile). Il Tango è un linguaggio, è un fenomeno vivo di cultura, che oltrepassa i confini della sua terra. 
Nasce come ballo introverso, ballato tra uomini soli, poi danzato nei bassifondi di Buenos Aires “a dieci centesimi il giro compresa la dama” (Borges); infine guadagna i salotti europei dei primi del Novecento, in forme più eleganti e stilizzate.”
Così inizia il piccolo saggio di Francesca Toti dal titolo “La Vera Storia del tango argentino”.
Il tango è emozione, sensualità, contaminazione. Nato come musica allegra, con il passare del tempo si è trasformato in “pensiero triste che si balla” come lo definisce Enrique Santos Discèpolo, paroliere di Gardel.
Nato verso la fine dell’ottocento nei quartieri poveri di Buenos Aires, passata in poco tempo da 210.000 a 1.200.000 abitanti, ha subito la contaminazione delle popolazioni immigrate da tutto il mondo in terra argentina.  Quindi ha fuso esperienze diverse. Verso gli anni ‘20 del novecento inizia ad essere apprezzato e a diventre nazionale e ad essere “esporatato” fino a diventare mondiale e a subire, soprattutto in Francia, modifiche nel modo di ballare.
Fra estrema popolarità e cadute di fama, riacquisterà valore internazionale con l’avvento di uno dei più grandi compositori mai esistiti, Astor Piazzolla. Le parole dicono di sentimenti, di amore, rabbia. Soprattutto tristezza, quella che accompagna gli emigranti, la sudaji, malinconia.
 Fra gli interpreti principali, oltre al citato Piazzolla, non si può non dire dell’eroe popolare Carlos Gardel, e ancora Osvaldo Pugliese, Anibal Troilo e le donne del tango, una su tutte Eloisa d’Herbil, morta a 101 anni nel 1953.
 La danza e i suoi passi sono un inno alla sensualità, all’improvvisazione dei ballerini che stanno sempre in stretto contatto.  Non più la partenza convenzionale del valzer, non più giri uguali tra loro, ma invenzione continua: questo è il Tango. Questo gioco splendido tra i ballerini, nel quale entrambi vivono in uno stato perenne di allerta, senza sapere che cosa sarà il dopo, li rende leggeri, liberi e pronti ad ogni possibilità.
Allo stesso modo lo spettatore vive l’attesa: come la dama, non sa cosa farà l’uomo, e
attende trepidante un segnale. Lo spettatore vive il Tango attraverso la coppia, per questo riesce a distinguere l’ “improvvisatore” dal principiante, che ha già la sua sequenza in testa indipendentemente dalla dama con cui balla, dalla musica su cui balla, dalla risposta che trova; perché il tango è improvvisazione ma è anche ascolto.” (Francesca Toti  “La Vera Storia del tango argentino).

Otto scatti di Stefano Fittipaldi al caffè Matteotti (Via Matteotti, centro storico) a Lecce. 


martedì 23 ottobre 2012

il sole rotto, pensieri in libertà


 (Scritta nel 2010)
Esco alle otto, perché c’è l’eclissi di sole. Parziale, peccato. Una totale la ricordo, ero piccolo, forse alle elementari. La vidi con la maschera da saldatore di mio padre. Eravamo in piazza, al paese. Inquietante il cielo che si oscura. Immagino nel passato remoto, quando nessuno le annunciava ed arrivavano implacabili ed inattese. Immagino le preghiere agli dei per quel monito di sciagura che stavano inviando. Il sole che si spegne. E ricordo un altro sole, “il sole rotto”,così l’ho battezzato, così  mi si è impresso nella memoria. Ero in auto con Mattia, mio figlio, aveva forse due o tre anni. Stavamo andando verso il paese, era una giornata tersa e leggermente ventosa,  si vedevano in lontananza le Alpi che si stagliavano, era l’ora del tramonto, il sole, prima di ficcarsi dietro le montagne, diventava una enorme palla rossa come il fuoco all’orizzonte, stupendo ed emozionante sempre. Un tempo, con una piccola Kodak, andavamo a fotografarlo. Le foto erano sempre identiche, però ogni volta che eravamo lì ci si scordava dello stesso tramonto di alcuni giorni prima e ci si emozionava come se fosse stata la prima volta. Quasi come un rito, forse propiziatorio, forse scaramantico. Però ora so che un tramonto non è mai uguale ad un altro. Perché la vita prosegue. Chissà se è la saggezza dell’età, o piuttosto la sciagura del sentirsi impotenti di fronte a quel che accade.  Eravamo giovani allora, forse anche belli. Anzi, senza forse, i giovani sanno essere stupendi a prescindere da tutto, quando sognano, quando hanno il mondo fra le dita, quando si innamorano, quando dicono di sapere le cose della vita. I giovani sperano e sanno di poter cambiare il mondo intero. E sanno commuoversi di fronte alla morte o a un tramonto, a volte di fronte a un’alba, però questo è più arduo, perché la mattina si dorme.  E di fronte a quel sole grande come il mondo intero stavamo a parlare finchè non se ne andava e lasciava in cielo i colori del tramonto, quelli che nessun pittore sa riproporre. Perché la natura conosce segreti che non può svelare. Anche le foto, sviluppate, avevano un sapore diverso, più freddo, più lontano, decisamente meno coinvolgente. E ricordo mia nonna, viveva con noi, una volta il municipio, di fronte a casa nostra, si accese di un rosso inusuale, un altro tramonto, dai colori forti, intensi, decisi. Lei guardava fuori e disse “è segno di guerra in arrivo quel rosso vivo”. Lo disse in dialetto. Non chiesi perché, non andò oltre. Chissà quale guerra o quale sciagura ricordava. Quella sera, in auto, Mattia stava sul suo seggiolino, nel sedile dietro, il cielo era sereno, solo una nube a forma di sigaro, lunga e stretta, si andò a piazzare proprio nel mezzo della palla rossa ed enorme. Quasi a dividerlo un due. Mattia mi disse “papà, il sole si è rotto…” Aveva ragione, accidenti. Poi dicono che i bimbi non sanno le cose della vita. Ci ho messo anni ad altri anni per capire che i soli si rompono uno ad uno. Che si piomba spesso, troppo spesso, nell’incapacità di capire come mai la luce si sta spegnendo. Ci ho messo un sacco di tempo a  non stupirmi per un’eclissi, anche parziale, come per una cosa scontata. Invece è un evento straordinario. Dovremmo chiedercelo, accidenti, perchè gli dei ce l’hanno con noi. Non siamo più in grado di farlo.    Così è perché così deve essere. E chi l’ha detto? Dove sta scritto? Quale cabala, quale astrologo della TV lo impone?
L’altra sera era a Minervino, stupendo presepe vivente. Soprattutto meraviglioso luogo. Stava dentro ad un frantoio ipogeo di 700 metri quadri. Immenso, passava sotto la strada provinciale e si snodava  in locali grandissimi. Completamente scavato nella roccia. “È privato, non si può visitare di solito, lo concedono solo in alcune occasioni” mi dice la ragazza che me lo racconta. Oggi, di fronte ad un sole che si oscura parzialmente, pensavo alla fatica di chi scavava la roccia, pensavo che 700 metri quadri sono tanti, troppi. E pensavo alla macine che giravano ed alla vita là sotto. Dove non arrivava il sole, neppure quello rotto. E pensavo alle speranze dei giovani di allora. Se ne avevano, di speranze. Certo, non conoscevano il mondo oltre i confini del loro Comune, forse poco più. Però stavano facendo la storia anche loro, con i loro muli che giravano continuamente, con le loro macine, con quell’olio che sarebbe stato portato a Gallipoli o chissà in quale porto e poi sarebbe andato a illuminare qualche lampada di chissà chi, magari di un poeta lontano mille chilometri ed altri mille. O di una regina. O forse, più banalmente, sarebbe rimasto in terra d’Otranto a illuminare, chissà, le notti del barone che era proprietario di quello stesso frantoio. Quanti soli si sono rotti anche per loro? Frantumati, spezzati, spaccati, infranti, spezzettati. Come molte speranze, come lo sguardo di mia nonna su quel rosso vivo contro il municipio. “Quando non provi più emozioni è la fine” mi diceva qualcuno. È vero, però mica è facile non mediare fra le emozioni e la razionalità. Quasi come se la realtà che viviamo e vediamo ogni giorno fosse  l’unica possibile. L’olio che veniva prodotto dallo sciagurato che stava mesi sotto terra non era lo stesso che avrebbe illuminato lo scrittoio di un poeta? Era lo stesso, certo, era la mano di uno che si intrecciava a quella dell’altro. Forse è questo il passaggio che manca per incollare due pezzi di un sole rotto.  Solo che il poeta non ci pensava e non ci pensa. Solo che la persona che lavorava le olive nel frantoio di 700 metri quadri forse non sapeva neppure leggere.
Quanti soli rotti ci sono in giro per il mondo. Ieri ho avuto la fortuna ed il privilegio di ascoltare un intervento. Lui è un giovane costituzionalista di cui non ricordo il nome. Diceva che il problema grande, forse il principale delle attuali sciagure civili, etiche e politiche che viviamo, sta nella mancanza di aggettivazione. “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” aveva detto un ottantottenne nel suo intervento. Lui replicò che no, non dice così la Costituzione, “L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro…” togliamo l’aggettivo e cambia tutto. Oggi ci sono i partiti dell’Ecologia e della Libertà, Democratici, Del Futuro e Libertà, della Libertà tout court. Ma chi si dichiara non democratico? Chi è contro la libertà? Chi è antiecologista? Sembra che ci si possa riconoscere in ognuno di questi partiti, quanto meno nel loro enunciato, nel logo. Mancano, banalmente, gli aggettivi. Quale democrazia? Quale libertà? Quale ecologia? Quale Repubblica? Ci hanno scippato anche gli aggettivi, quasi a costringere tutti quanti all’omologazione. “Noi siamo il popolo della libertà”. Trovatemi un solo popolo che sia “delle schiavitù” se ne siete capaci.  Soli rotti anche questi. In fondo non aveva torto Mattia, il sole si sta rompendo. In fondo non avevano torto gli antichi che si prostravano al cospetto dei loro dei che mandavano maledizione sotto forma di notte improvvisa.
Aspettiamo con pazienza che arrivi primavera, aspettiamo, in fondo, che il tempo passi. Però ci saranno fioriture allora, e i campi rinasceranno, è vero, saremo un po’ più vecchi, però vuoi mettere la fortuna di poter sentire i profumi e vedere i verdi della campagna? Vuoi mettere andare a passeggiare vicino al mare e sentire in faccia l’aria che ti porta profumi di Grecia o di Albania?

domenica 21 ottobre 2012

La Cittadella? Facciamone un supermarket

Alessandria, la CIttadella

Leggo nella mail di un amico a proposito della Cittadella di Alessandria, passata dalle mani dei militari a quelle del Comune: “Il vicepresidente esecutivo del Fai in merito al suo intervento al convegno del 25 settembre dedicato a "La sfida della Cittadella". Intervento nel quale per il futuro della fortezza il responsabile nazionale del Fai propone un utilizzo "commerciale" (abitazioni, cinema, teatro, spazi commerciali tout court - negozi, piccoli supermarket, botteghe artigianali) in grado di attrarre capitali privati per il restauro del complesso.”
Bene, mi è immediatamente venuta in mente la proposta di Briatore (a proposito, qualcuno lo vuole premier, sarebbe il primo capo del governo italiano con residenza in Svizzera o a Monte Carlo) che voleva rivalutare Pompei facendone una new Las Vegas. Come le new town di quello vecchio, piccolo e con le orecchie grandi, quattrini spesi nel modo peggiore per favorire tangentisti e penalizzare gli aquilani.
Per azzardare un paragone potremmo dire che questi sono i concetti di chi della cultura ha la stessa idea che il trota ha delle lauree.
La Cittadella è sicuramente una delle più importanti a livello europeo, quindi mondiale, ricordo che scherzando e ridendo, quando venne ceduta al Comune, qualcuno disse “ne facciano un supermercato”. Pensavamo di scherzare, allora, non pensavamo al FAI.
Consapevoli che le qualità di Alessandria come monumenti è a dir poco scarsa, se pensiamo che neppure il duomo ha un’età decente e non è neppure così bello, ci pensò Napoleone a far fuori quello antico, una delle tre cose considerevoli che esistono dovrebbe diventare un supermercato? E perché non farne viali alberati e la cittadella del sesso e dell’amore? Così si ottengono alcuni risultati: la prostituzione potrebbe trasferirsi lì in blocco, pagando il plateatico ovviamente.
Si interdirebbe il via vai di bambini che notoriamente sporcano tutto e non producono reddito. Ed altri vantaggi di sicuro impatto socio ambientale.
Oppure se ne potrebbe fare un piccolo casinò, o una enorme sala Bingo. Tutto fa mercato.
Che ci vogliano quattrini per restaurare è scontato, che le proposte per farne siano di così bassa lega (nomen homen) mi pare, ad essere benigni, bizzarro.  Viviamo nel paese che ha il patrimonio artistico e culturale più immenso del mondo, ci sono tuttavia luoghi appena sfiorati da questo fenomeno, Alessandria ne è limpido esempio, perché volersi ostinare a creare “mercato” dentro i beni artistici e non fare dell’arte stessa mercato virtuoso? Qualcuno, in altri tempi, decise di fare di Alessandria “zona turistica”, che equivale a fare stabilimenti balneari a Cuneo, se non si valorizza il poco che esiste. E’ errato il concetto di partenza di questi ragionamenti, quello liberista che dice che tutto è mercato, quindi tutto deve essere trasformato in business ad ogni costo, anche penalizzandolo. E tutto riporta all’esubero nel mercato della politica di uomini liberisti e alla carenza assoluta di persone culturalmente equipaggiate, che abbiano a cuore il turismo come vera azienda non inquinante.
E poi, dicamolo, l’Italia intera, e penso che Alessandria non sia da meno, vede aumentare a dismisura i cartelli “affittasi” appesi alle vetrine di negozi desertificati e chiusi, creare nuovi centri commerciali in periferia e penalizzare il centro facendolo crepare di inedia è cosa così allettante? Occorre richiamare a nuove aperture defiscalizzando, occorre che gli affitti tornino ad essere umani per creare circuiti virtuosi.
Lasciate perdere la cittadella per favore, fatela gestire da persone avvedute. Lascio correre l’invito di Penna alla Regione. Coinvolgere un presidente leghista, vicino alle destre più culturalmente disarmate, a parlare del bello mi pare sforzo inane.