Alessandria, la CIttadella |
Leggo nella mail di un amico a proposito della Cittadella di Alessandria, passata dalle mani dei militari a quelle del Comune: “Il vicepresidente esecutivo
del Fai in merito al suo intervento al convegno del 25 settembre dedicato a
"La sfida della Cittadella". Intervento nel quale per il futuro della
fortezza il responsabile nazionale del Fai propone un utilizzo
"commerciale" (abitazioni, cinema, teatro, spazi commerciali tout
court - negozi, piccoli supermarket, botteghe artigianali) in grado di attrarre
capitali privati per il restauro del complesso.”
Bene, mi è immediatamente venuta in mente la proposta di
Briatore (a proposito, qualcuno lo vuole premier, sarebbe il primo capo del
governo italiano con residenza in Svizzera o a Monte Carlo) che voleva
rivalutare Pompei facendone una new Las Vegas. Come le new town di quello
vecchio, piccolo e con le orecchie grandi, quattrini spesi nel modo peggiore
per favorire tangentisti e penalizzare gli aquilani.
Per azzardare un paragone potremmo dire che questi sono i
concetti di chi della cultura ha la stessa idea che il trota ha delle lauree.
La Cittadella è sicuramente una delle più importanti a
livello europeo, quindi mondiale, ricordo che scherzando e ridendo, quando
venne ceduta al Comune, qualcuno disse “ne facciano un supermercato”. Pensavamo
di scherzare, allora, non pensavamo al FAI.
Consapevoli che le qualità di Alessandria come monumenti è a
dir poco scarsa, se pensiamo che neppure il duomo ha un’età decente e non è
neppure così bello, ci pensò Napoleone a far fuori quello antico, una delle tre
cose considerevoli che esistono dovrebbe diventare un supermercato? E perché
non farne viali alberati e la cittadella del sesso e dell’amore? Così si
ottengono alcuni risultati: la prostituzione potrebbe trasferirsi lì in blocco,
pagando il plateatico ovviamente.
Si interdirebbe il via vai di bambini che notoriamente
sporcano tutto e non producono reddito. Ed altri vantaggi di sicuro impatto
socio ambientale.
Oppure se ne potrebbe fare un piccolo casinò, o una enorme
sala Bingo. Tutto fa mercato.
Che ci vogliano quattrini per restaurare è scontato, che le
proposte per farne siano di così bassa lega (nomen homen) mi pare, ad essere
benigni, bizzarro. Viviamo nel paese che
ha il patrimonio artistico e culturale più immenso del mondo, ci sono tuttavia luoghi
appena sfiorati da questo fenomeno, Alessandria ne è limpido esempio, perché
volersi ostinare a creare “mercato” dentro i beni artistici e non fare
dell’arte stessa mercato virtuoso? Qualcuno, in altri tempi, decise di fare di
Alessandria “zona turistica”, che equivale a fare stabilimenti balneari a
Cuneo, se non si valorizza il poco che esiste. E’ errato il concetto di
partenza di questi ragionamenti, quello liberista che dice che tutto è mercato,
quindi tutto deve essere trasformato in business ad ogni costo, anche
penalizzandolo. E tutto riporta all’esubero nel mercato della politica di
uomini liberisti e alla carenza assoluta di persone culturalmente equipaggiate,
che abbiano a cuore il turismo come vera azienda non inquinante.
E poi, dicamolo, l’Italia intera, e penso che Alessandria
non sia da meno, vede aumentare a dismisura i cartelli “affittasi” appesi alle
vetrine di negozi desertificati e chiusi, creare nuovi centri commerciali in
periferia e penalizzare il centro facendolo crepare di inedia è cosa così
allettante? Occorre richiamare a nuove aperture defiscalizzando, occorre che
gli affitti tornino ad essere umani per creare circuiti virtuosi.
Lasciate perdere la cittadella per favore, fatela gestire da
persone avvedute. Lascio correre l’invito di Penna alla Regione. Coinvolgere un
presidente leghista, vicino alle destre più culturalmente disarmate, a parlare
del bello mi pare sforzo inane.
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