Rino Gaetano era nato il 29 ottobre 1950. Oggi avrebbe compiuto 66 anni se un incidente stradale non lo avesse portato via quando di anni ne aveva solo 30.
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sabato 29 ottobre 2016
giovedì 27 ottobre 2016
Elezioni, legalità, mafie in Salento
E’ di ieri, 27 ottobre 2016, la notizia
dell’ omicidio di Augustino Potenza, azione di chiarissimo stampo mafioso a
Casarano (Lecce). Il personaggio era già stato arrestato per omicidio e poi
assolto, è stato freddato a colpi di mitra nel parcheggio di un supermercato.
Altre notizie nelle stesse ore dicono di automezzi di un
imprenditore andati
in fiamme, di arresti per corse
di cavalli clandestine, di colpi
di pistola contro una casa.
Ph: Dipalermo.it |
Insomma, di tutto un po’. Mentre per l’omicidio a sangue
freddo non ci dovrebbero essere dubbi, per gli altri episodi sicuramente si dirà
di “verifica che non si sia trattato di un corto circuito” per gli incendi. Per i colpi di
pistola “si segue la pista passionale”, quasi fosse plausibile che un tizio,
per gelosia, se ne vada in giro armato a sparacchiare come gli pare.
Episodi inquietanti tutti quanti, che dovrebbero portare ad
una seria riflessione non solo all'interno della magistratura e degli inquirenti, che già fanno bene il loro dovere, ma anche
della politica, soprattutto alla vigilia di importantissime elezioni
amministrative che dovrebbero (il condizionale si impone) mettere ai primi
posti queste emergenze.
Da quanto dicono i magistrati e gli investigatori, le strade
che percorrono le organizzazioni mafiose sono note. Sappiamo quali clan si
occupano dei vari settori, illuminante un articolo
di Antonio Pezzuto per Antimafia Duemila, datato febbraio 2016 che fa una precisa mappatura della malavita
organizzata in Puglia, con attenzione particolare al Salento.
Per rimanere strettamente nell’ambito della provincia di
Lecce, Pezzuto ci fa sapere che: “I clan
salentini sono fortemente operativi nel settore del narcotraffico,
dimostrandosi in grado di tessere relazioni anche oltreoceano. Tanto emerge
dall’operazione “White Butcher” che ha portato all’arresto di 7 soggetti, di
cui due calabresi e un colombiano, finiti sotto inchiesta per aver costituito
un’associazione per delinquere transnazionale finalizzata all’importazione e
alla vendita di ingenti quantitativi di cocaina in parte destinati ad un gruppo
salentino. La sostanza stupefacente, occultata sotto carichi di copertura,
veniva nascosta in container a bordo di navi che salpavano dalla Colombia, dal
Cile, dall’Ecuador e dal Perù dirette verso i porti di Gioia Tauro e Genova.
I clan attivi in
provincia di Lecce sono in tutto undici.
A nord del capoluogo
troviamo il clan Tornese (Monteroni di Lecce, Carmiano, Guagnano, Veglie,
Leverano, Arnesano, Porto Cesareo e Sant’Isidoro); il clan Pellegrino
(Squinzano, Trepuzzi); il clan Caramuscio (Surbo); il clan De Tommasi (Campi
Salentina). A sud della capitale del Barocco sono operativi il clan Rizzo
(Cavallino, Lizzanello, Melendugno, Merine, Vernole, Caprarica, Calimera e
Martano); il clan Leo (Vernole, Melendugno, Calimera, Lizzanello, Merine, Castrì,
Cavallino e Caprarica); il clan Coluccia (Galatina, Noha e Aradeo); il clan
Padovano (Gallipoli); il clan Scarcella (Ugento) e il clan
Montedoro-Giannelli-De Paola (Casarano-Parabita). Nella città di Lecce sono
egemoni i clan Cerfeda-Briganti-Pepe e il clan Rizzo.”
Come si vede, la mappatura è inquietante quanto dettagliata.
Ovviamente al traffico di stupefacenti dobbiamo aggiungere l’acquisizione con o
senza estorsione di attività già avviate, la gestione in prima persona del
gioco d’azzardo imponendo slot agli esercizi commerciali, l’usura che consente
di impadronirsi di grosse fette di mercato. In sostanza un controllo capillare
del territorio da parte delle mafie in ogni segmento della società. Non scordiamo la gestione delle affissioni elettorali a Lecce, gestite da
organizzazioni mafiose, la gestione delle assegnazioni di case popolari e via
dicendo. Non dobbiamo scordarcene mai. E assieme al ricordo dobbiamo porci la domanda: possibile che i politici che concedevano manifesti da affiggere non si siano mai accorti di nulla? E' plausibile?
Questi episodi non insegnano solo di malavita furbescamente intrufolata nei gangli della società, ma dicono chiaramente di collusioni fra malavita
e politica. Il candidato che affida a questi signori l’affissione dei manifesti,
probabilmente chiederà loro di gestire anche alcune zone e magari vendere i
voti di preferenza a chi più necessita di denaro. Oppure a chi vuole una casa
popolare senza averne diritto. E i favori, bene lo sappiamo, debbono essere
pagati in qualche modo.
Magari chiudendo un occhio su concessioni edilizie, magari
su appalti e sub appalti, lasciando in questo modo ampia facoltà di azione alle
mafie imprenditrici ed attivando una spirale senza fine. Anche se pare
impossibile ripulire la politica dalla corruzione, vogliamo e dobbiamo
crederci, i fatti che la magistratura porta alla luce ogni giorno sono
scoraggianti, giusto per citare, altri arresti sono avvenuti per la T.A.V.
Milano Genova. Sembra che ad ogni livello delle amministrazioni, dai consigli
di quartiere al governo nazionale, ci sia malaffare diffuso ai danni dei
cittadini tutti.
Tuttavia qualcosa può cambiare partendo dal basso. Se i
cittadini vessati da usura denunciano, gli inquirenti hanno il dovere di
proteggerne l’anonimato. Se i candidati alle prossime elezioni torneranno a
fare politica virtuosa, gestendo con il volontariato e la militanza le
affissioni, senza pagare organizzazioni o false cooperative, se nei primi posti
dei programmi elettorali ci sarà l’attenzione al “bene comune” più importante che
è la legalità, se i giornalisti seguiranno l’esempio di pochi virtuosi colleghi e tornano
all’inchiesta e all’informazione puntuale, senza lasciarsi andare a titoli
roboanti quanto vuoti. Se tutto questo
succederà, forse, piano piano, qualcosa potrà mutare.
Gli investigatori, i giudici, non possono fare tutto senza
l’aiuto della popolazione, e senza l’appoggio non solo a parole degli
amministratori.
Controllo degli appalti, delle aziende che si occupano di
lavori pubblici, delle licenze commerciali. Controllo e regolamentazione
rigidissima delle sale per il gioco d’azzardo che diventano luoghi di incontro
della peggiore umanità che sfrutta le
vittime del G.A.P. (Gioco d’Azzardo Patologico), porsi il problema di
riqualificare le città manutenendo giardini, facendo attività nelle piazze
anche periferiche, facendo rivivere la sera giardini e giardinetti, in una
parola, consentendo alle persone di riprendersi i luoghi e gli spazi comuni
togliendoli agli spacciatori, ai malavitosi, alla prostituzione. Consentire
l’utilizzo delle città non solo alle auto aumentando parcheggi in pieno centro,
ma pedonalizzando, facendo piste
ciclabili, eliminando barriere architettoniche e via dicendo, sono tutti
elementi indispensabili per tornare a far vivere un’idea di legalità e di “bene
comune”.
martedì 25 ottobre 2016
Goro, Milva, civiltà, inciviltà e due adolescenti
Sette di mattino, cammino per strade semideserte, arriva un
pullman, scendono due studenti, lui e lei, adolescenti.
Appena scesi si prendono per mano e camminano verso la
scuola. In forte anticipo, quindi i passi sono lenti.
Sorridono.
Mi viene in mente un’altra adolescenza, di mille anni fa,
quando i primi amori prendevano l’anima e la tiravano via e quando, tornando a
casa, si leggeva Prevert.
I ragazzi che si amano
I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
Altri tempi, altre emozioni, altra idea di libertà,
che era solo e semplicemente il poter camminare mano nella mano “molto
più in alto del giorno…”
Sensazioni,
ricordi, forse un po’ di invidia per quell’età andata via e sciolta nell’aria.
Sono belli i ragazzi che camminano tenendosi per mano.
![]() |
Abitanti di Goro. Ph: dirittiumani.it
|
Orda di barbari invasori
Poi
si torna alla vita quotidiana di anziano, con meno emozioni e con la voglia di
comprendere. Così, per caso, si leggono i titoli dei giornali on line.
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Napoli. Ph: La
Repubblica.it
|
Ho
ancora un vivo ricordo di “Verso terra” l’opera immensa di Mario Perrotta,
Ippolito Chiarello e altri artisti che per tre giorni ci hanno tenuti per mano,
per aiutarci a comprendere le nobiltà degli immigrati e le miserie dei nostri
pregiudizi. Proprio per questo la
tristezza è salita, contrapposta alla serenità di quelle mani intrecciate,
leggendo di Goro, in provincia di Ferrara.
![]() |
Milva |
Fino ad oggi la cittadina era famosa
perché da lì arriva Milva, la grandissima cantante di Brecht e di canzoni che
hanno fatto epoca. Oggi Goro è balzata agli onori delle cronache perché i suoi
cittadini hanno elevato barricate, non contro la disoccupazione, che sarebbe
stato gesto nobile, neppure contro la scuola che non funziona, neppure per il
venir meno dello stato sociale. Nulla di tutto ciò, le barricate erano per
bloccare 11 (undici!!!!) donne e alcuni bimbi immigrati che il Prefetto di
Ferrara stava inviando in quel paese. “Ci sentiamo invasi” “Voi che protestate
non siete italiani” sono le frasi lette sui social forum indignati per questo
gesto che definire indecente è solo utilizzare un sottile eufemismo.
Intanto a Napoli uno striscione diceva "Benvenuti Rifugiati". Quanti chilometri civiltà separano i gretti barricaderi e i nobili napoletani?
E
siccome al mattino a volte ci si vuole fare un po’ di male leggendo altri
giornali, mi sono soffermato all’articolo che diceva di religioni e di
mussulmani:
“Andiamo
a pregare alla Mecca e vediamo come ci trattano”. Altro indecente pezzo, altro
indecente giornalista. In verità mi aspettavo che il pezzo finisse con Sieg
Heil, Sieg Heil, Sieg Heil. Così non è stato, però i concetti espressi sono
assolutamente identici.
domenica 23 ottobre 2016
Al supermercato
Questo è un pezzo che ha qualche anno, lo ripropongo.
E’ un giorno qualunque.
E’ Lecce, ma potrebbe essere Torino o Genova, non importa. In certi luoghi l’omologazione inquieta.
Però era un ministro che consigliava agli anziani
di andare, in estate, nei centri commerciali, "C’è l’aria condizionata".
E oggi
il mio frigorifero è desolatamente vuoto. Quando lo apro vedo
l’acqua e quella superstite scatoletta di tonno tristemente sola. Sott’olio
però. Allora entro nel regno dell’aria condizionata e della spesa. Tutto bello,
colorato. Le cassiere tutte in fila. Qualcuna sorride affabile. Altre sono
proprio avvilite, tristi. Sarebbe il caso di offrire loro un fiore, però non si
fa. Passo fra i corridoi. Tonnellate di biscotti con o senza gocce di
cioccolato. Con o senza glutine. Con il latte o con le mandorle. L’apoteosi,
l’inno al diabete e all’obesità. Intanto penso ai tre o quattro tipi di
biscotti che trovavo il secolo scorso, quando eravamo meno intelligenti e più bruttini.
Come diamine facevo senza le ciambelline al cocco? O quelle ripiene di crema di
limone? O quelli integrali e ricchi di fibre? Mistero. Però quelli integrali non li compero,
hanno la consistenza della segatura.
Proseguo indifferente per
la mia strada. Duecento metri quadri di pasta incombono. Se frana uno scaffale
rischio il soffocamento da fusilli, o di venire trafitto da spaghetti numero 5.
Pasta all’uovo, senza uovo, con farina altoatesina o trafilata al bronzo. Roba
da perdersi.
Poi la trincea di assorbenti.
Devono procurare molta felicità alle signore, sono tutte con smaglianti sorrisi
su quelle confezioni. Poi i pannoloni per bambini. Almeno otto tipi diversi. E
tutti sono “morbidissimi”. “Notizia assolutamente idiota” mi dico “se li
rivestissero di carta abrasiva non li venderebbero mica”.
Lì vicino c’è la
carta igienica. Discorso delicato anche
questo. Due veli, quattro veli o otto? Bel dubbio, mi accompagnerà per tutto il
giorno. E io che ero abituato alla carta igienica e basta. C’è la confezione economica.
Un metro cubo circa: “confezione famiglia”. Per famiglie molto numerose
però. O molto “produttive”. Meglio scegliere la confezione non famiglia. Avrei bisogno di
un furgone per portarla a casa. Prendo in base al prezzo, senza curarmi
degli optional: decorazioni, tinta, vellutata, morbida, profumata (e qui si potrebbe aprire un'altra parentesi ma evito). Come per i pannolini, anche qui vale il
discorso della carta abrasiva.
Pare che alcune siano griffate da noti creativi.
Nell’intimità del bagno, essere in compagnia di una nota griffe rende tutto più leggero e facile forse. In
effetti alcuni "creativi" ... aiutano.
Poi passiamo ai formaggi,
si va dal pregiatissimo Montebora delle valli piemontesi, conservato in
apposite casseforti e venduto a carati, si narra di pattuglie della mondialpol
che scortano preziosi carichi di tome. E si arriva ai più normali e meno
mistici gorgonzola, provolone e via dicendo. Ancora la scelta non è facilissima
in realtà. Fra DOC, DOP, senza grassi aggiunti (ma chi diavolo aggiunge grassi
ai già grassi formaggi?), ricco di qualche vitamina che pensavo inesistente,
prodotto con latte di mucche che pascolano sulla prima montagna a destra delle
Dolomiti. Conturbanti mozzarelle freschissime. Improbabili formaggi con i
buchi, addizionati con peperoncini o erbette, anche queste di montagna. Scelgo
il solito, quello che prendo quasi sempre.
Per il caffè non ho
problemi. Evito quelli di montagna, quelli paradisiaci, quelli con i chicchi
misurati uno ad uno da operatori laureati in ingegneria, quelli tostati con la
brace di legname che arriva direttamente dall’Amazzonia, e prendo il solito.
Non so bene se sia di montagna o di mezza collina, però ha un buon rapporto
qualità prezzo.
E si arriva alla frutta (nel senso reale, non figurato).
Un’apoteosi di fragole grandi come pesche, pesche belle come mele, mele rose e
lucide che neppure in lavatrice, banane di mezzo metro di lunghezza, poco
oltre quelle “colte dall’albero” lunghe cinque centimetri ma care il triplo di
quelle da mezzo metro. Poco prima ero passato vicino al reparto casalinghi.
C’erano frutti finti “tanto belli da sembrare veri”. Qui invece sono veri, e
belli, “sembrano finti”. Mi sto perdendo, non so distinguere il vero dal falso.
Comunque prendo qualcosa.
Quelle albicocche grandi come pesche sembrano carine. Ora mi sento parte della
modernità. Pensate che una volta mangiavo fragole grandi come fragole. Roba da
matti.
Passo poi fra il riso.
Apoteosi dell’inquietante, osceno parboiled. Quello che ha una consistenza
plasticosa. Non scuoce mai. Proprio come le albicocche che non maturano mai,
passano dallo stato semi acerbo al marcio. Un risotto con i funghi fatto con
il parboiled è come un fiore finto profumato artificialmente. Per fortuna nello scaffale in basso trovo il
Carnaroli. Questo si.
E va bene, passo in mezzo
a quei seimila tipi di creme e budini che si fanno in “soli 3 minuti”,
attraverso una cascata di cioccolato fondente, al latte, senza zucchero, fatto
con cacao prodotto da Pancho, campesino guatemalteco che coccola uno ad uno i
frutti, e li battezza. Quando uno viene caricato e trasformato in
cacao, Pancho piange e dice alla moglie “guarda, Pedro se ne è andato”. Solo in
questo caso sarebbe giustificato il prezzo.
Poi scelgo la cassiera
che sorride di più. “Vuole una busta?” “Anche due, grazie”. “Ha la tessera?”
“Tessera? No guardi, sono un elettore libero” “Quella del supermercato
intendevo” “Ops, no, non ho la tessera ”. “Arrivederci e grazie”. Esco,
incrocio una grassa signora che spinge un meraviglioso bambino nel passeggino
che sorride a tutti. “Ha sicuramente pannoloni morbidi” mi dico trascinandomi
verso l’auto.
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