http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/07/27/news/forza_nuova_lancio_di_banane_contro_il_ministro_kyenge-63794163/?rss
Secondo la notizia riportata da Repubblica Bologna, durante un festa democratica un fascista di forza nuova ha lanciato banane verso il Ministro Kyenge. Questa è la plastica dimostrazione di unità di intenti fra i dirigenti della lega nord e il peggior neofascismo italiano. Le parole di calderoli ancora echeggiano: "quando la vedo penso ad un orango". Chiediamo ai senatori che hanno a cuore la democrazia in Italia di rifiutarsi di far dirigere i lavori del Senato della Repubblica (Democratica, Fondata sul Lavoro) da quel signore. Quando il tizio sale sulla poltrona dorata si alzino e se ne vadano fuori dall'aula in blocco. Il Presidente Grasso sarebbe costretto ad evitare il blocco dei lavori. Far passare sotto silenzio questo scempio della Democrazia in nome della governabilità è un atto colpevole.
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sabato 27 luglio 2013
venerdì 26 luglio 2013
Fassina e stupri nei giornali di oggi
"Se il violentatore non raggiunge l'orgasmo non è un vero stupro". Si indigna l'America per le modalità in cui la University of Southern California (Usc) gestisce i casi di aggressione sessuale.
Fassina: "esiste l'evasione da sopravvivenza".
Due notiziole prese a caso dalle prime di oggi. La prima si commenta (almeno, dovrebbe commentarsi) da sola, succede negli USA dove alcune aggressioni a ragazze non hanno avuto seguito con la motivazione citata. Sarebbe come dire che se uno dice "orango" ad un ministro negro in Italia non è razzismo ma vis polemica e quel qualcuno prosegua nel silenzio colpevole dei partiti tutti a fare il vicepresidente del senato.
Su Fassina un tarlo rode. Esiste in Italia la tassazione più alta (forse) al mondo, come contropartita esiste uno stato sociale che offre servizi da terzo mondo. Tutti dicono che le tasse sono troppe e che anche l'evasione è la più alta al mondo, per questo le tasse sono troppe. Un vero e proprio gioco al massacro insomma. Lo Stato non riesce a stanare gli evasori e se la prende con chi già paga le tasse. Sarebbe come se a tutti i patentati arrivasse una multa una tantum per divieto di sosta perchè alcuni non pagano le multe e parcheggiano in divieto. A fronte di questo, vengono messi sullo stesso piatto della bilancia l'evasore totale che viaggia in Ferrari e il piccolo negoziante che fatica a mettere assieme pranzo e cena, tutti evasori, brutti sporchi e cattivi. Dagli anni '60 del secolo scorso la storia si ripete inesorabile: "ci sono troppi evasori, quindi aumentiamo le tasse, salvo poi fare un condono ogni tanto". Ovviamente la corda si spezza prima o dopo, ovviamente ci sono molti piccoli esercenti e artigiani che debbono sopravvivere e per farlo, ovviamente, evadono quel che possono quando possono. Personalmente non li considero evasori, per questo le parole di Fassina sono condivisibili. Neppure per idea paragonarle ad altre parole pronunciate dal pluricondannato di Arcore che ha come scopo unico la difesa dei grandi evasori, dei grandi patrimoni e delle mafie. Suggerirei un distinguo netto.
giovedì 25 luglio 2013
La dottrina Nixon
Il 24 luglio 1969 viene varata la cosiddetta "Dottrina Nixon". Si tratta in parole povere di una strategia secondo la quale gli USA chiedevano maggiore impegno dei sud vietnamiti contro i loro fratelli del nord. In pratica la guerra in Vietnam degli USA era una tragedia immane per il paese asiatico e per il mondo intero, aveva causato decine di migliaia di morti e sarebbe stata persa presto dagli invasori americani, a questo punto Nixon dice ai sud vietnamiti: "bene, ora arrangiatevi, io ho altro da fare". Per la cronaca, la guerra si concluse il 30 aprile 1975, quando le truppe Viet Cong occuparono Saigon. Kissinger, lo stratega americano che procurò guerre e distruzioni di massa in giro per il mondo, riceverà poi il nobel per la pace.
Una simil strategia sta probabilmente maturando nelle guerre attuali, Bush dichiara guerra al mondo, nessuno riesce a vincere nulla, a questo punto gli USA dicono: "ci siamo sbagliati, arrangiatevi da soli...ora".
mercoledì 24 luglio 2013
24 luglio 1929 - patto Briand - Kellog
Il 24 luglio 1929 entrò in vigore il Patto Briand – Kellog,
conosciuto come Patto di Parigi o Trattato di rinuncia alla guerra. In pratica
i sottoscrittori dichiaravano di rinunciare alal guerra o a misure simili
(rappresaglia ecc.) per risolvere controversie.
I firmatari del patto furono: Stati Uniti, Australia,
Canada, Cescoslovacchia, Germania, Regno Unito, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda,
Unione sudafricana, Polonia, Francia e Giappone. Si notino in particolare
Germania, Giappone e Italia.
I punti debolissimi e tutto sommato ipocriti di tale
trattato furono da una parte la mancanza di sanzioni per i firmatari che contravvenivano,
dall’altra l’inalienabile diritto alla legittima difesa. In pratica veniva
bandita la guerra anche se era impossibile rinunciarvi per difendersi.
Sarebbe come se uno stato con una Costituzone che dice: “Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e
sociali” eleggesse Calderoli alla
vicepresidenza del Senato.
martedì 23 luglio 2013
Il Ministro Kyenge a Nardò
Domenica 21 luglio la CGIL ha organizzato e voluto l’intervento del Ministro, l’italiana
Cécile Kyenge, a Nardò. Il Ministro ha accettato di camminare nei campi per vedere, ascoltare, rendersi conto. Hanno parlato il
Sindaco di Nardò, l’Onorevole Bellanova, responsabili provinciali e regionali di
CGIL, abbiamo ascoltato la pacata fermezza del ministro, che ha provato a mediare e
ha chiaramente esposto come i sindacati, i datori di lavoro, le istituzioni
locali debbano mettersi attorno ad un tavolo e ridare dignità alle persone che
lavorano alle angurie e ai pomodori. Ragazzi che vagano per le strade con borse
della spesa, che spesso dormono sotto ulivi per la colpevole mancanza della
città di Nardò di risolvere un problema che da decenni si presenta sempre
uguale. E spesso non comprendono, i lavoratori immigrati, come mai l’Italia sia
così assurda. Emblematico l’intervento (l’unico) di uno di loro che dice come,
nei lunghi anni in cui ha lavorato regolarmente in fabbrica, ha versato
contributi pari a 150.000 euro. Ora che è stato licenziato, cercando lavoro nei
campi, si trova a lavorare pochi giorni al mese e a non riuscire a
sopravvivere. Ha una richiesta semplice nella sua banalità: “Perché non mi
viene concesso un incentivo pari al 20% dei miei versamenti per consentirmi di
rimettermi in gioco? Magari di aprire una mia attività?” Semplice, banale, che
tuttavia non tiene conto della ragion di stato, dello spread, del bilancio
dello Stato, delle camarille parlamentari. Che a loro volta non tengono conto
delle delle persone. Sono solo numeri, il rientro del debito e dei parametri
dettati dall’Europa sono più importanti di un negro qualunque. Qualcuno dice
che nuovi investimenti di privati genererebbero nuovo lavoro, nuove entrate, nuovo
giro di denari per l’economia. Non importa a chi governa, non importa a chi
preferisce salvare un ministro colpevole di aver consegnato come cadeau a un
dittatore una madre con la sua figlioletta. Che volete che importi a loro di un
negro?
Questo menefreghismo istituzionale a cascata dai massimi
sistemi arriva alle periferie. Un’amministrazione comunale come quella di Nardò
che chiude Boncuri e non la riapre perché (forse) è grande la paura che troppi
immigrati tutti assieme poi parlano fra loro e magari si organizzano. Il fatto
poi che il Sindaco di Nardò abbia rifiutato di costituirsi parte civile al
processo che vede suoi concittadini degli ambienti benestanti indagati per un
reato che definire infame è poca cosa: riduzione in schiavitù, dicendo, in una
pubblica riunione, che la schiavitù non è ricattare dei ragazzi, farli gestire
da sgherri spesso armati, far pagare loro l’acqua e via dicendo è emblematico.
Va a finire che qualcuno pensa che forse
ci sono sintonie di interessi fra indagati e istituzioni. Parliamo di illazioni
ovviamente, nessuna prova in merito, chi lo dice cita Andreotti quando diceva
che a pensar male si fa peccato, però a volte si azzecca. E se lo diceva
Giulio…
Meglio, per il Sindaco di
Nardò, lasciare le cose come stanno, meglio stipare gli immigrati in un
capannone per poi farselo chiudere dalla ASL perché non in reglola con le norme
minime di dignità. Meglio organizzare un campo di tende a 10 Km. dalla città,
per non far vedere ai turisti quei negri brutti, sporchi e cattivi che servono
solo quando stanno nei campi a creare PIL per i nostri governanti, poi loro
penseranno a portare le loro vittorie alla Merkel come omaggio allo spread. Tutti
contenti: il sindaco perché ha reso più invisibili i ragazzi (che intanto sono
neri sporchi e cattivi), il premier Letta che dirà come siamo bravi noi
italiani, i rais delle angurie che proseguiranno nella lora mafiogena opera.
Poi i ragazzi saranno deportati nel foggiano, poi in Sicilia, in Piemonte, in
Emilia. Tutto in regola, intanto loro sono invisibili!
Quel campo di tende organizzato dal sindaco così lontano
dalla città rimane desolatamente vuoto, i ragazzi non ci stanno ad essere
relegati, preferiscono dormire sotto gli ulivi. E non si parli di mancanza di aiuti al Comune,
l’assessore regionale insiste perché il sindaco faccia uno straccio di proposta
di accoglienza ricevibile, verrà finanziata.
Se questa è (dovrebbe essere) un’amministrazione di centro sinistra, non
voglio immaginare un’altra parte politica che governa. E’ stata bravissima ed
ammirevole il ministro Kyenge a tirare le fila e a promettere attenzione. La
stessa che nessuno deve far mancare nel buco nero della tratta dei nuovi schiavi,
la stessa che, secondo l’osservatorio Placido Rizzotto, vede deportazioni di
immigrati da Albania, Maghreb, Est Europa, verso ogni regione italiana, dalle
organizzazioni schiaviste vengono inviati dal Piemonte a Nardò, a Foggia, alla
Campania, Sicilia e via dicendo. E le condizioni dell’esistenza nei campi di
lavoro sono indicate, dall’osservatrio, con delle stellette: tre stelle –
Buone, due stelle – indecenti, una stella - gravemente sfruttati, ebbene, le
tre stelle praticamente non esistono nella cartina.
Il Salento che ha mostrato con forza la sua capacità di
essere ospitale nel periodo dell’esodo degli albanesi si indigna, la parte
peggiore governa questi traffici di esseri umani, la parte peggiore sembra
governarli.
lunedì 22 luglio 2013
Quello che non capisco...
Ci sono cose che non riesco a comprendere. Già dall’impatto
con la matematica iniziarono i dubbi. A casa mia madre mi diceva che l’acqua è
un bene prezioso (e costoso), come l’energia elettrica e il gas. Quindi
occorreva utilizzarla con parsimonia perché lo spreco, oltre che eticamente
sbagliato, è anche peccato (per i credenti), poi dovevi confessarlo, anche il
parroco col vestitone nero aborriva lo spreco. Poi arrivai alle medie e mi
trovai un problema che, siccome cozzava con la mia educazione al risparmio, faticavo
molto a risolvere. Scienza e teologia iniziavano a cozzare.
“Se in una vasca che contiene Z litri d’acqua ne entrano X
litri al minuto e contemporaneamente ne escono da un buco Y litri l’ora, in
quanto tempo si riempirà la vasca?” La prima risposta che veniva in mente era
“un bel tappo non lo mettiamo?”. E non potevo neppure fare la prova pratica, se
avessi provato a riempire la vasca da bagno senza tappo sarebbero state guai
seri, alla faccia della sperimentazione. Un cane che si morde la coda insomma.
Perché fare una cosa vietata?
Succede, nelle lunghe notti dell’età avanzata, di dormire
poco. Così mi alzo, faccio un caffè e magari accendo la TV per sentir parlare
qualcuno. A volte la radio per non essere costretto a guardare. La radio è forse
meglio, è compagna di viaggio o di letture. Lei se ne sta lì, la ascolti, a
volte è solo un sottofondo ai pensieri. Passano programmi simpatici, altri
noiosi, però basta cambiare stazione e il gioco è fatto. “Amo la radio perché
libera la mente…” cantava Finardi molti anni fa, quando ancora era giovane.
Parlava delle radio che chiamavamo “libere”, ovviamente.
La TV invece ti costringe a guardare, oltre che ascoltare, è
più fetente, più invasiva e poi, diciamolo, la qualità delle trasmissioni è
spesso meno che scandente. Quando funziona bene soprattutto. L’inciso non è
casuale, con l’avvento del digitale terrestre di tanto in tanto appare una
scritta “segnale non sufficiente”. Alla prossima scadenza del canone mandiamo
un messaggio alla RAI: “Quattrini non sufficienti”.
Però quando la notte è ancora lunga a volte accendo anche la
TV e faccio un giro fra i canali per vedere l’offerta, ed ogni notte mi chiedo
come mai, alle quattro, c’è un tizio che parla da solo (molto spesso
noiosissimo) spiegando cose assolutamente incomprensibili per gli umani. Dicono
che sono lezioni universitarie. E mi chiedo chi diamine stia ad ascoltare, un
giovedi mattina alle 4,30 circa, il prof. Alfonso Iotto in inglese tiene una lezione su “Master’s
course in european law and politics”. Il mio limite è di non conoscere
l’inglese, lo ammetto, però non riesco a seguire neppure qualche altro
professore che alla stessa ora parla di matematica o altro. Preferisco un caffè
e magari la replica della replica di qualche filmetto. Magari rivedere Fantozzi
che dice che la corazzata Potiomkin è “una cagata pazzesca”. Almeno quello lo
capisco!
Non capisco ma mi chiedo: e se Lombroso avesse sbagliato? A
giudicare dagli eventi di questi giorni verrebbe da pensarlo veramente, il
problema non è la fisiognomica, il problema è il nome! Le omonimie fanno
bruttissimi scherzi. Mi riferisco alle dichiarazioni di Enrico Bondi rispetto
alle morti per tumori a Taranto: “il problema non è l’ILVA, sono le sigarette”
(sic). Forse a Taranto basta andare nelle scuole materne per vedere bambini di
quattro, cinque anni che fumano come turchi. Il parallelo fra questa roba qui e
le parole dell’altro Bondi, Sandro, quando dice che il bunga bunga è una
montatura dei giornalisti comunisti, viene spontaneo. Non è Berlusconi che si
faceva arrivare prostitute nei voli charter in Sardegna, è Ezio Mauro che lavorava
per far cadere il governo delle destre, ovviamente in collusione con
l’intelligence cubana. I gemelli Bondi.
Non capisco le persone che hanno la capacità di accompagnarsi
con i peggiori. Due leggi hanno una particolarità: riescono a riempire
(inutilmente) le carceri di poveri cristi. E’ arcinoto quanto le galere
italiane stiano esplodendo e come l’Italia sia sotto osservazione anche da
parte di Amnesty International per violazione dei diritti umani proprio nelle
carceri. Le due leggi sono rispettivamente a firma: Bossi - Fini e Fini -
Giovanardi. Ora, tralasciando facili
considerazioni su Bossi e Giovanardi che hanno la capacità di commentarsi da
soli, è inquietante l’insistente presenza di Fini in queste nefandezze. Leggendo
il suo curriculum vitae però è di tutta evidenza l’incapacità del soggetto di
scegliere, se non i migliori, almeno i meno peggio. Fini fu negli anni: Delfino
di Almirante, amico intimo di La Russa e Gasparri, vice premier di Berlusconi.
Come stupirsi se poi firma leggi con un Giovanardi o un Bossi qualunque? Si è proprio
cercato queste frequentazioni.
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Strisce fantasma... |
Succede a Lecce, i fantasmi vagano la notte (e il giorno)
travestendosi, simulando, imitando. Evanescenti, appaiono per scomparire subito
dopo, inquietanti presenze eteree. A guardarli con occhi disincantati verrebbe
da ragionare sulle manchevolezze dell’amministrazione, invece no, sono loro,
fantasmi… Succede in Viale Japigia, alcuni spiritelli bizzarri si travestono da
passaggio pedonale, appaiono e scompaiono… evanescenti…
Quando venne isitituita la pensione come diritto, le soglie
da raggiungere erano 55 anni per le donne e 60 per gli uomini. L’INPS si arricchì presto, l’aspettativa di vita
media era infatti di 48 anni. Insomma si moriva prima di ottenere il diritto
alla pensione. Da allora (anni’20 del secolo scorso) questa aspettativa è
mutata, inoltre le sciagure di troppi governi colpevolmente inetti ha prodotto
guai irreversibili. Oggi alcuni “esperti” vorrebbero forse portare la pensione
a circa 90 anni di età. Per ogni cinquantenne che muore probabilmente la ragion
di stato spinge qualcuno a brindare.
Dove vanno? Da dove vengono? Mai l’ho compreso. Dalle sette
di mattina li vedi in giro, sempre rigorosamente in due, solitamente due uomini
o due donne, raro vedere una coppia mista. L’abbigliamento li identifica da
lontano: le donne sono vestite sobriamente, gli uomini sono in una sorta di
divisa d’ordinanza: giacca, camicia, cravatta, pantaloni stirati, capelli
corti. In sostanza sono travestiti da venditori di scope porta a porta. I più
giovani e sbarazzini in estate osano non portare la giacca, solamente camicia
con maniche corte e cravatta che probabilmente è d’obbligo. Tutti, maschi e
femmine, hanno una cartellina sotto braccio con i prodotti da smaltire. Sono i testimoni di Geova, camminano ore ed
ore per le strade della città, parlottano fitti fra loro e solo molto raramente
fermano un passante che passa per offrire giornalini dal titolo emblematico: “Svegliatevi!”
Preferirei “Segliamoci”, forse loro si credono già molto
svegli. In fondo fanno tenerezza, camminano e camminano sotto il sole
parlottando, chissà qual è il loro scopo, chissà di cosa si nutrono. Chissà se sono umani!
Capivo e ancora condivido la richiesta di dimissioni della ministra
Idem per la vicenda ICI. Sia pure pensando si trattasse di un peccato veniale,
ritengo che un ministro della Repubblica non debba avere ombre. Il PD si
comportò egregiamente all’epoca. Ma allora perché su Alfano non si utilizza lo
stesso metro? Il PD diventa di colpo indegno negando la sfiducia a un ministro
che ha consentito di dare in pasto a un dittatore una bimba e sua madre in nome
del petrolio sovrano. Che Alfano non sapesse nulla pare un’evidente menzogna,
anche perché l’ANSA pubblicò in tempo reale la notizia con tutti i risvolti. I
casi sono due, o l’ANSA è più competente dei servizi italiani, o qualcuno
ciurla nel manico, in entrambi i casi il ministro Alfano è responsabile dello
scempio. E il PD è evidentemente complice. Non capisco proprio. Anzi, forse
capisco (purtroppo).
domenica 21 luglio 2013
Silvia e Barbara, due fotografe al Fondo Verri
Loro sono Silvia Dongiovanni di Salve e Barbara Nassisi di
Galatina. Il luogo è il Fondo Verri con le sue pareti nere. La mostra delle due
giovani fotografe salentine è un insieme di emozioni. Fotografie come specchi
dell’anima, per riflettere. Le donne della Dongiovanni sono: sole, allo
specchio, si sdoppiano e tornano a fondersi in una sola, sono quelle che sfilano
in passerella mostrando un abito che le copre completamente, volto compreso,
un’icona che vuole concellarne le sembianze, annullarla quasi a farne
attacapanni, importante è la merce esposta, quello che ci sta sotto, emozioni, sensazioni,
rapporti, sentimenti, nulla esiste, il corpo non esiste. Sono donne “senza
uscita” come dice il titolo di un’altra opera. C’è inquietudine in quelle
opere, urla, echeggia la cronaca di ogni giorno con quel terrificante
neologismo che dice di femminicidio, ed esiste una solitudine dell’essere umano
che forse si può intrevvedere anche come neutro, si respira Pathos, volti,
sguardi e corpi che obbligano a mettersi in discussione.
Diverse le opere della Nassisi, la donna “self made woman” è
riflessa in un oblò forse di lavatrice, diffusi nelle opere sono gli orologi che scandiscono i tempi, a volte sembrano
solo fermi quasi a bloccare gli eventi, come quella sveglia fra vetri infranti
dal titolo emblematico “ho in mente da tanto tempo di dire come bruciano le
cose”, bruciano… si infrangono… scomposte… o come il “movimento” rappresentato
da una giostrina ferma, un movimento immobile, un ossimoro della vita di ogni
giorno. Fermi immagine, appunto. Così è la fotografia, coglie il momento, quel
momento e non un altro, quel sorriso e non un altro. “L’avvenire è tormento, il passato trattiene,
il presente sfugge”. Il tempo che è comunque inquietudine di vita, di gesti, di
azioni, solo il presente sembra essere calmo, però sfugge fa le dita come
sabbia, scivola via nel divenire ed è già passato, l’attimo è già vissuto e se
ne cerca un altro. La strada che, alla
fine, non è che un “disco di inchiostro e cera”. Come il clown ripreso di
spalle mentre prepara gli attrezzi per il prossimo spettacolo di strada. Un
pagliaccio di cui immagini il volto, il lavoro, i gesti. Preso dalla
quotidianità del mettere a punto strumenti di lavoro. Una mostra che, alla
fine, lascia aperta la strada delle emozioni e, come l’arte può e dovrebbe,
invita a ri/pensarti.
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