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venerdì 13 gennaio 2017

Alfredo Omando

Alfredo Omando, scrittore italiano, nacque il 15 dicembre 1958 a San Cataldo, Comune in provincia di Caltanissetta. I suoi genitori erano contadini semianalfabeti, ed aveva sette fratelli. In giovane età si trasferì in un seminario francescano, dopo due anni si ritirò in quanto non trovò conforto né comprensione. Arrivò all’età di 35 anni per prendere la licenza media. Inoltre iniziò a scrivere, le sue opere:

·        Vagiti primaverili: poesie, Pietraperzia, Di Prima, 1986.
·        Il monte incantato e altre fiabe, 1998.
·        Il fratacchione, Palermo, Publisicula, 1995.
·        L'escluso; Sotto il cielo di Urano; Epigrammi priaprei e non; Aforismi, 1998.

Ebbero un successo discreto pur se non globale.
Il 13 gennaio 1998, esasperato dall’atteggiamento della società ed in particolare della chiesa cattolica verso la sua omosessualità, con un gesto clamoroso decise di darsi fuoco in Pazza San Pietro a Roma. La dolorosa agonia durò dieci giorni.
Il Vaticano emise un comunicato in cui si sottolineava che il suicidio fu dovuto a non meglio identificati “motivi di famiglia”.  Tuttavia nella  lettera ad un amico scrisse:

"Spero che capiranno il messaggio che voglio dare: è una forma di protesta contro la Chiesa che demonizza l'omosessualità, demonizzando nel contempo la natura, perchè l'omosessualità è sua figlia:" 

Nel 2013 il regista USA Andy Abrahams Wilson realizzò il documentario Alfredo's Fire. 


mercoledì 11 gennaio 2017

Notizie sparse

Notizie sparse.
Mentre ancora Lecce e il Salento metabolizzano una delle nevicate più copiose a memoria d’uomo, il gelo siderale e sotto zero imperversa rendendo i marciapiedi pericolosissimi e scivolosi. La neve si è sciolta, la gioia dei bimbi no, le vacanze di Natale, complice il freddo, proseguono per altri due giorni. Stato di calamità, con buona pace del mio amico Pierpaolo che prima di Natale, con temperature fra i 10 e i 18 gradi, scriveva laconico: “scuole chiuse in caso di calo delle temperature sotto i 10 gradi”.
Il racconto di Santino Di Matteo   "Quando Brusca ordinò di uccidere mio figlio" 
Giuseppe Di Matteo Ph. La Repubblica

E finalmente anche in Italia una botta di spionaggio come si deve. La scoperta delle rete di spioni è dovuta al caso e alla fatalità. I due fratelli diabolici avevano rubato centinaia di mail e password di migliaia di persone, capi di governo, logge massoniche, politici, industriali, giornalisti e via dicendo. Ancora non è chiaro a quale scopo, se estortivo, spionistico a favore di paesi terzi o che altro. Sapremo più avanti quanti sono gli spiati e lo scopo di cotanto lavoro. Ad oggi c’è fermento fra i personaggi noti, ognuno spera di essere inserito negli elenchi dell’ackeraggio, sarebbe brutto scoprire di non destare nessun interesse.
Tuttavia, ad una prima lettura della carte, la voglia di spezzare una lancia a favore dei due fratelli sorge spontanea. Loro si chiamano Giulio e Francesca Maria (nome molto noto a Solero, diffusissimo, pronunciato ‘Scamaria”) e di cognome, i poveretti, sono Occhionero. Ecco, con un cognome così neppure oso immaginare le angherie, le battutacce e i soprusi alle scuole dell’obbligo da parte dei compagni. Sono quei traumi dai quali si può uscire frantumati e con il segreto disegno di vendicarsi con il mondo intero.

Poi ci sarebbe l'affaire banche italiche. A fronte di dirigenti maldestri (o colpevolmente collusi?), incapaci e fondamentalmente ladri, le banche falliscono, a pagarne il conto, toh, i risparmiatori.
In questi giorni anche Poste Italiane, un tempo affidabili, pare abbia intenzione di restituire il maltolto. Gli sciacalli richiesero infatti a risparmiatori (pensionati, impiegati ecc.) l'adesione a fondi di investimento omettendo di dichiararne il rischio altissimo. I 2500 euro (quota minima di investimento "garantito") Poste li girò agli amici degli amici, i gestori di fondi immobiliari che in pochi anni hanno dilapidato tutto e fatto flop. Ora Poste Italiane, diventata banca, non scordiamo, propone di liquidare il tutto con 360 euro a quota. Per la serie "scusate ci eravamo sbagliati e a prenderla in c... debbono essere i pensionati". Per fortuna pare che il giochino non piaccia alle associazioni consumatori e pare che i ladroni istituzionali intendano restituire il maltolto. Un consiglio: rimandateli a vendere francobolli e distribuire corrispondenza, lo fanno male, ma almeno non danneggiano troppo. Pare eccessivo che quando entri in un ufficio postale ti propongano prodotti che vanno dal fondo di investimento ai preservativi, pura follia, altro che innovazione.

E veniamo al caso Ospedale di Nola. La storia è nota, Pronto soccorso preso d’assalto, ospedale con poche barelle, pochissimi letti. I medici fanno il loro dovere di medici: curano il paziente ad ogni costo, anche a terra. Cose da non dover mai vedere in un ospedale, però si sa come i continui tagli alla sanità e l’incapacità di Presidenti di regione bravissimi a insultare hanno ridotto gli ospedali. La prima reazione dell’ineffabile De Luca (l’impresentabile in area PD) è stata quella di sospendere i responsabili sanitari. Poi arriva l’altra ineffabile, il Ministro Lorenzin, che dice giustamente “i medici sono degli eroi”. Scordandosi di dire quanto il suo malgoverno della sanità abbia tagliato in fondi e mancate riforme. Suo e dei suoi predecessori ovviamente.
In sostanza è successo che a pagare siano stati i danneggiati, i medici e i responsabili locali che fanno salti mortali per offrire assistenza. E’ un po’ come se per la diga del Vajont avessero condannato solo il ragioniere che faceva le buste paga degli operai.


Ultima notizia, da ricordare sempre. Come ci rammenta Giulio Cavalli, esattamente 21 anni fa veniva ammazzato e sciolto nell’acido Giuseppe Di Matteo, un bimbo quindicenne tenuto prigioniero ben 779 giorni. La sua colpa era di essere figlio di Santino Di Matteo, un pentito che contribuì a far scoprire i carnefici del giudice Borsellino. Esecutori condannati: Vincenzo Chiodo, Salvatore Brusca e Giuseppe Monticciolo.

lunedì 9 gennaio 2017

Daniela Palmieri: "Con tutto il cielo in Gola"


“Con tutto il cielo in gola” è il nuovo romanzo di Daniela Palmieri. L'autrice è libraia nell’antica libreria di famiglia in Lecce, dalla fanciullezza vive “dentro” i libri, dentro nel senso più letterale del termine, li legge, li ama. 
Come scrittrice è alla sua quarta pubblicazione, con Besa editore ha pubblicato “la Cerva” e “l’ultima volta che sono stato felice”. Con i Quaderni del Bardo “Parole in prestito” e quest’ultimo romanzo.
Già il titolo, che è un verso della poesia  “L’allodola e la luna” di Vittorio Bodini, lascia immaginare una sorta di travaglio, un cielo in gola che riempie, toglie il fiato, e alla fine ti lascia, come si legge nel testo di Bodini:
 
“In una stanza in fondo, la memoria,
di te non si informava, fine d’ un grande giorno:                             Giorno da meditare
davanti a una finestra, con il silenzio alle spalle”.

Le storie che si intrecciano nel libro sono quelle di Matilda, Antonio, Anna, Nerone (il senegalese che vende la sua merce), e ancora mamme, nonne ed altri personaggi della periferia cittadina. Una storia che pare partire al maschile ma che vede protagoniste le donne. La periferia è quella di Lecce, ma potrebbe essere coniugata in qualsiasi città del sud e del nord estremo. Periferie come luoghi di confine, fuori dalle luci della città, paesi non/paesi. Facciate di palazzi tristemente scalfite da scritte e da scorticature sull’intonaco, ragazzi che sciamano, appartamenti occupati e sgomberati. Storie di ordinario degrado insomma, di povertà antiche e nuove. Di migrazioni in Svizzera e Germania o semplicemente al nord di questa Italia.  Quello che colpisce nella scrittura della Palmieri è il linguaggio lento, pacato, descrittivo. Leggendo ho provato le stesse sensazioni che anni addietro sentivo leggendo Cesare Pavese, storie di altri paesi, che lasciavano e lasciano dentro una malinconia simile a quella della periferia  raccontata da Daniela. Forse il paragone è azzardato, là si parlava di microcosmi, i paesi appunto, con loro storie secolari, qui siamo in periferie che nella loro apparente inclusività tendono ad escludere. Così la giovanissima Matilda percorre quelle strade, quei sogni che sembrano già infranti nell’adolescenza. Quella disillusione che la pervade. Così Antonio, ruvido ex calciatore, ex sognatore, rassegnato, vive la sua idea di “essere comunista”, di manifestazioni in giro per l’Italia con una verve d’altri tempi, quando i sogni, veramente, “occupavano le strade” che la realtà e l’oggi ci hanno fatto scordare. Il romanzo non è “facile”, ci mette di fronte a realtà dure, inquietanti. Le stesse che viviamo ogni giorno e alle quali forse sembriamo abituarci, finchè non arriva  Daniela Palmieri a spalmarle sui nostri cammini, quasi a dire “parliamone”. Anche gli abitanti di quella 167 che vogliono opporsi ad uno sgombero e dovrebbero essere l’altra  società possibile, sembrano far parte di un mondo altro, diverso, lontano. Dal benessere della famiglia di Matilda alla caduta verso un basso al quale si deve abituare, dalla perdita del padre, alle sconfitte di una vita che sembra non dare pace.
E i ragazzi, quelli per i quali “… non c’è rivolta, non c’è ideale, è solo tristezza di gente che è diventata povera o se già lo era lo è ancora di più, povera e disperata… la maggior parte dei ragazzi non sa cos’è il lavoro, è passata dalla scuola al non fare nulla..”
Tutto si sussegue in un racconto scritto ottimamente, "orizzontale" e da leggere, per quanto mi riguarda, con estrema lentezza. Non se ne esce con leggerezza, e questo è un pregio. 

Daniela Palmieri – Con tutto il cielo in gola – Ed. Quaderni Del Bardo – Salento d’esportazione - € 15.00