Agosto 2016. Come ogni
anno arrivano turisti, e come ogni anno negli ultimi tempi soprattutto, è bello
soffermarsi a leggere tatuaggi in ogni anfratto di pelle. Da quello che riproduce
una collanina, al lui palestrato con una rondine sulla spalla, a quello che ha
versi di una ignota poesia sulla schiena, all’apoteosi della signora che ha
scene di varia natura sparse sull’opulento corpaccione. Hanno quasi tutti qualcosa
che li accomuna: l’età ancora giovane, la pelle tesa, corpi curati. Ovviamente
auguro loro di invecchiare oltre ogni limite, solo che quando la pelle sarà
avvizzita probabilmente per capire quella poesia o per vedere scene della
guerra di Troia o il nome dell’amata/o dovranno fare sforzi sovrumani di
stiratura. I versi del poeta fra le rughe e le pieghe di corpaccioni mollicci
non penso saranno proprio un piacere della vista. E non oso pensare a quella
povera rondine che ora vola felice e che diventerà flaccida e molliccia…
Alle sette di mattina mi
avvicina una coppia, lui e lei, accento milanese, mi chiedono dove sta la
pasticceria per fare colazione “ci sono due bar qui, pasticcerie no” “non
vogliamo i soliti cornetti…” “il caffè lo fanno buono, accontentatevi”.
Salgono sul loro SUV in
cerca di pasticcerie sulla costiera. Auguri!
Poi ci sono quelli che
tornano con amici nuovi del luogo. Da tre anni ogni anno affittano lo stesso appartamento,
vedono le stesse cose, non utilizzano l’auto neppure sotto tortura perché al
ritorno non trovano posto. Passeggiano nei 200 metri fra il mare e l’appartamentino,
a volte si spingono anche fino alla pizzeria che dista altri 250 metri. Con
aria vissuta e si fermano a salutare amicalmente il barista, il tabaccaio, il
vigile “uè ciao, come va?”. Così gli amici che si sono trascinati appresso
sanno di essere in mani fidate “perché tutti li conoscono”.
I salentini si sa, sono
cortesi e contraccambiano il saluto,
intanto il vigile, il tabaccaio e il barista si stanno chiedendo “ma chi
cazzo è questo?”
Comunque quello stesso
turista, dopo le ferie, tornando nel suo brumoso hinterland milanese, incontrerà
altri amici e darà sfoggio di conoscenze salentine come neppure uno studioso di
storia locale. Conoscerà: la pizzica, il pasticciotto, le cozze crude, gli
scogli. Racconterà delle indicazioni stradali carenti “mica come da noi” e di
come farebbe lui a lanciare il turismo degli svedesi in novembre, cose che i
salentini non sono in grado di capire. “Però se conosci qualcuno è meglio eh”.
Arrembano in Salento
esattamente come i viaggiatori dei secoli scorsi abbordavano tribù africane.
Oddio, vorrebbero portarsi anche perline false da scambiare con le cozze, però
hanno capito che non funziona.
E va bene così, tornando
a casa, la sera stessa, sento un amico inveire contro il “signore” che ha
parcheggiato la sua mini auto, quelle tipo Smart, non solo fuori dagli spazi,
ma esattamente davanti ed appiccicata alla sua porta di ingresso, tanto che lui
e la sua signora debbono fare torsioni per uscire. Avessere avuto il nipotino a
casa con il passeggino sarebbero stati costretti a starsene reclusi in attesa
del parcheggiato. Non a caso il Comune ha previsto questa situazione lasciando alcuni
spazi, compreso quello, con divieto di sosta.
Inciviltà, va bene,
aggravata però dal fatto che sul cruscotto il tizio, un giovane bagnante, aveva
messo un badge che recitava: “Comune di Lecce, Servizio mobilità”. Quando il
mlcapitato è atornato alla sua auto, l’amico gli ha chiesto se si occupavano
della mobilità delle persone e solo della loro. E poi il servizio mobilità del
comune di Lecce, fuori dai confini cittadini, ha il diritto di parcheggiare
fuori dagli spazi senza pagare la sosta come ogni persona civile? Mistero!!!
Comunque, osservando la
scena e vedendo la giovane età dell’arrembante, la prima idea è che il badge
fosse del di lui papà. “Metti questo così non paghi il parcheggio, sparagnamo!”