Impedire ai giornalisti italiani di accedere al palco e consentirlo solo a quelli stranieri è inquietante. Roba da dittatorucolo del libero stato di bananas. Eppure Grillo l'ha fatto. Ci sono analogie chiarissime con altri movimenti simili. Dire che i giornalisti sono tutti delle merde, dire che i politici sono tutti cadaveri che camminano è come dire che i meridionali sono tutti mafiosi e i negri tutti ladri. Lega e grillo hanno un linguaggio molto simile e da condannare. Se questa è democrazia......
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sabato 23 febbraio 2013
Grillo, bossi, brillo, grossi (due)
http://www.lastampa.it/2013/02/22/italia/speciali/elezioni-politiche-2013/grillo-chiusura-in-piazza-san-giovanni-retropalco-vietato-ai-giornalisti-italiani-CQ6ThGBKOgXl62EhncX3hL/pagina.html
Impedire ai giornalisti italiani di accedere al palco e consentirlo solo a quelli stranieri è inquietante. Roba da dittatorucolo del libero stato di bananas. Eppure Grillo l'ha fatto. Ci sono analogie chiarissime con altri movimenti simili. Dire che i giornalisti sono tutti delle merde, dire che i politici sono tutti cadaveri che camminano è come dire che i meridionali sono tutti mafiosi e i negri tutti ladri. Lega e grillo hanno un linguaggio molto simile e da condannare. Se questa è democrazia......
Impedire ai giornalisti italiani di accedere al palco e consentirlo solo a quelli stranieri è inquietante. Roba da dittatorucolo del libero stato di bananas. Eppure Grillo l'ha fatto. Ci sono analogie chiarissime con altri movimenti simili. Dire che i giornalisti sono tutti delle merde, dire che i politici sono tutti cadaveri che camminano è come dire che i meridionali sono tutti mafiosi e i negri tutti ladri. Lega e grillo hanno un linguaggio molto simile e da condannare. Se questa è democrazia......
venerdì 22 febbraio 2013
giovedì 21 febbraio 2013
Lo spot di due razzisti
Lo spot omofobo di due razzisiti (cliccare)
Dopo essersi accorti, i due cialtroni, di avere suscitato le ire di tutti quanti, compresi i capi del loro partito (Solo La Russa non ho sentito, sarà roco per i troppi comizi), si sono scusati con stupore dicendo che in Italia non si può fare satira.
Zanon Raffaele, uno che ha nella sua pagina facebook una frase del fucilatore di partigiani Almirante che vuole fare satira? Lo spot di cui si parla è il chiarissimo ed evidente esempio di chi non è in grado di ridere, dei tristi. Sarebbe come se un premier dicesse barzellette sui ragazzi, donne e uomini, gettati dagli aerei dei golpisti argentini in oceano. Sarebbe come se un premier dicesse che un negro è "abbronzato". Questa per loro è satira, per le persone civili si tratta solo e semplicemente di razzismo di basso profilo. Pensavamo fosse appannaggio della peggior lega, invece no. O forse Zanon Raffaele (lo dico con sarcasmo, ironia, e senso della satira, quindi non sono perseguibile) ha comprato la sua laurea a Tirana? Mah.
mercoledì 20 febbraio 2013
Poi toccò a Vendola
Poi è toccato a SEL arrivare a Lecce. Intanto annotiamo che
anche il partito del Presidente della Puglia ha optato per un comodissimo posto
al chiuso, lontano dalle piazze. “Avrebbe potuto piovere” mi si dice. La realtà
è che l’angusta sala per Bersani e quella più capiente di Vendola e Stefàno
erano stracolme con persone in piedi. Nel primo caso in troppi hanno dovuto
rinunciare all’ascolto, nel secondo è andata meglio. Non osare una piazza è
sintomo evidente di una sorta di timore reverenziale. Non si tratterebbe di
scelta populista, piuttosto di distinguersi da chi dice (quello vecchio del PDL
che forse soffre l’umidità) che gli uomini della scorta hanno sconsigliato il
pubblico, e da Monti che preferisce incontrare il Vescovo e i giovani
imprenditori piuttosto che i choosy e i cassa integrati molti dei quali, tra
l’altro, non sono neppure vestiti eleganti e non hanno uno straccio di master.
Comunque la sala grande del Tiziano era stracolma veramente.
Con la canonica ora di ritardo in un caldo che si faceva sempre più incombente
ha aperto le danze la segretaria provinciale Cordella che ha fatto un elenco di
cose che Dario e Nichi dovranno portare a Roma: i giovani, la Sanità pugliese,
gli anziani, il lavoro e via dicendo.
Poi Stefano che dopo una partenza che sembrava
emozionatissima e quasi a rilento, si è caricato piano piano in un crescendo
che ha detto dei valori aggiunti del governo Vendola in Puglia da esportare in
Italia, ha detto di agricoltura che da reietta è stata trasformata in risorsa,
dei disoccupati, soprattutto ha detto del dialogo fra gli assessorati che
sembra una cosa dimenticata sentendo i ministri nazionali di questi ultimi
vent’anni. Non un lavoro di equipe, ma tanti piccoli laboratori artigiani in
competizione fra loro. Ed ha ripetuto “non siamo tutti uguali” come vuole
qualcuno. Ed ha voluto rimarcare che lui, imprenditore, si sente al proprio
posto nel governo Vendola, perché i valori sono condivisi.
Poi è toccato a Vendola che è partito anche lui quasi in
sordina, lentamente, evidentemente stanco di una campagna elettorale per molti
aspetti inquietante, volgare, idiota. Quasi in inizio di intervento ha buttato
lì un (lungo) intermezzo sulle dimissioni del Papa che sono state, secondo
Nichi, gesto rivoluzionario. La platea ascoltava aspettando altro, in fondo per
molti si tratta di dimissioni di un capo di stato straniero e basta. Applausi
qua e là, spezzoni di commenti raccolti fra il pubblico “Ce la faremo a superare
lo sbarramento del 4%?” “Forse si ma di misura” . “Ma tu voti Ingroia?” “Vendola
dovrebbe smetterla di fare poesia e tornare a fare politica” “Grande Nichi, è
commovente” e via dicendo, fra le persone che incontro e conosco c’è speranza
di vittoria, solo quella, nessuna certezza, soprattutto la strana sensazione
che anche con una vittoria schiacciante saranno problemi seri. In quest’ultimo
ventennio e nell’ultimo anno in particolare la crescente volgarità della
politica, l’incalzare di partiti neo leghisti come il cinque stelle sono
sintomi di un’Italia per la quale si può solo sperare, senza avere la
sensazione di poter servire a cambiarla. In fine di comizio Vendola, abilissimo
utlizzatore delle parole, è comunque riuscito a dare fiato all’ottimismo.
Pacato però.
martedì 19 febbraio 2013
Il Ministro (ex) Fitto al President: amo la magistratura quando non parla di me
Domenica (17 febbraio) mattina euforica al President. “Scusi
ma chi arriva?” chiedo al vigile che vigila, “Mi pare arrivi Raffaele Fitto”.
Occasione imperdibile per le decine (forse due o trecento) persone che
affollavano prima la strada poi la sala convegni con parecchie seggiole vuote,
anche se alcuni si assiepavano all’ingresso bloccando il via vai. Il volantino mostra
Berlusconi sorridente che stringe mani ed una scritta “Per abolire l’IMU sulla
tua casa Devi votare PDL”. Ecco servita la campagna elettorale!
Poi iniziano gli interventi, parlano Paolo Congedo, Rocco
Palese, Marti, Raffaele Baldassarre, Paolo Perrone accolto da una standing
ovation, e chiude il cerchio Raffaele Fitto, proprio lui reduce da una condanna
in primo grado che dice fra l’altro “io ho il massimo rispetto per la
magistratura, ma questa contro di me ha tutta l’aria di una sentenza ad
orologeria” traducendo si potrebbe leggere così “rispetto la magistratura
quando si occupa degli altri, se lo fanno con me sono brutti sporchi e cattivi”.
Concetto già lanciato alla platea da Marti: “Condanna arrivata prima delle
elezioni” fatta da una magistratura pilotata (n.d.r.) e ribadito da ogni
intervento precedente. Ah questi magistrati, occorre riformarli, forse mandarli
in riformatorio.
I temi toccati sono esattamente gli stessi da tutti gli
intervenuti.
In primis i sondaggi, la frase ripetuta da tutti allo
sfinimento è “non possiamo citarli, però siamo in rimonta ed in corsia di
sorpasso, un piccolo sforzo e ce la facciamo”. Fitto si spinge a dire che il
Senato è in bilico.
Poi Monti il cattivo che “è la stampella dei comunisti
Vendola e Bersani” .
E ancora Vendola “Ha disastrato (sic) la Regione” “Ha fatto
scempio della sanità” che ovviamente aveva trovato bella, trasparente e
funzionante. “Ha gestito male le differenziate”. Un exursus sulla lotta di
classe che esiste ormai solo il Italia è stato fatto da Baldassarre. Che ha
proseguito dicendo che, (ahi ahi i comunisti), vogliono la patrimoniale
addirittura per (i poveracci n.d.r.) che hanno beni per soli 500.000 euro,
forse stava pensando ai precari e ai cassa integrati?
Ancora il colorito Baldassarre che dice che è ora di finirla
con uno Stato spendaccione, che occorre riformare. E viene da chiedersi dove
diamine è stato il PDL in questi ultimi vent’anni, forse all’opposizione di
governi guidati da ex brigatisti?
Perrone ha sottolineato la grande vittoria a Lecce, unica in
Italia per imponenza, e dell’orgoglio che ora deve essere ribadito con il voto
di domenica prossima. Anche perché “abbiamo un motivo in più per farlo: si
chiama Raffaele Fitto”. “Inoltre” ha proseguito rivolgendosi direttamente a lui
“grazie per la serietà e la forza che dimostri”.
Poi la chiusura con Fitto che promette la restituzione
dell’IMU i cui importi “sono già finanziati dagli introiti dell’IMU stessa che
sono superiori alle aspettative” una partita di giro in sostanza. E poi un
lungo, sperticato elogio a Berlusconi “che non sia credibile in Europa lo
dicono i giornali e i salotti” a loro non risulta affatto. Vabbè, la Merkel
deve farsi gli affari suoi, anche la Francia, anche i paesi nordici, (Putin
però… n.d.r.), e ancora racconta che Silvio ha la forza di un ragazzo, da Bari
a Roma a Milano per la campagna elettorale, sempre sulla breccia. Possiamo non
votare un (vecchio n.d.r.) così? E poi quale Europa? Quella che se la prende
con il meridione d’Italia togliendo finanziamenti? (Meglio i solidi e
meridionalisti leghisti, i concubini di governo che mettono il sud davanti al
plotone d’esecuzione. N.d.r.) Una puntatina la fa anche su Grillo perché
votandolo si poterebbero in parlamento estremisti (di sinistra ovviamente) e No
Tav. Eccoli tutti serviti. Non una parola in nessun intervento sulle mafie,
sull’evazione fiscale, solo ammiccamenti qua e la per i patrimoni da salvaguardare,
neppure di condoni fiscali si è parlato. E’ stato un errore, il pubblico
presente avrebbe osannato. Non una parola è stata spesa per gli ammortizzatori
sociali. Che sia tutta roba da comunisti?
A domenica!
lunedì 18 febbraio 2013
Viva la libertà (il film) e Bersani (quello vero)
Trovarsi a distanza di meno di ventiquattr’ore al cinema
Massimo (uno dei pochi ancora aperti a Lecce) e vedere un film sullo schermo ed
il suo alter ego live è quasi surreale.
In verità la seconda parte l’ho solo ascoltata a spezzoni, pare che i partiti,
tranne Grillo, abbiano una paura viola
delle piazze. Far venire Bersani a Lecce e chiuderlo al cinema tenendo fuori le
persone senza neppure uno straccio di amplificazione mi pare un messaggio
inquietante, forse pensavano, gli organizzatori, che pochi sarebbero andati,
comunque così è. Lui, Bersani parlava dal palco e diceva cose anche di sinistra
come si fa in campagna elettorale, in platea sorridevano candidate e candidati,
ognuno con il suo retroterra di vittorie e sconfitte, ognuno con espressione
solenne quando sentiva elencare i guai dell’Italia, o solenne se ascoltava le
battutine dell’emiliano Bersani.
Ma quanto c’era in quella platea di speranza vera non tanto
di vincere le elezioni, piuttosto di uscire, con questa classe dirigente, dalla
crisi sconvolgente dell’economia, dell’etica in politica, della mancanza di
ideologie? Pensando a questo venivo catapultato indietro di alcune ore. Il film
si chiama Viva la Libertà (Regia di Roberto Andò. Interpreti: Toni Servillo,
Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto, Eric
Trung Ngyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De
Francovich).
Enrico Olivieri, segretario del maggior partito di
opposizione, entra in crisi dopo essere stato contestato ad un congresso, fugge
e viene sostituito dal suo gemello, Giovanni Ernani. Quest’ultimo riesce a far
rinascere il partito dalle proprie ceneri, e lo fa parlando la lingua delle
persone, delle emozioni, della consapevolezza, della semplicità. La scena
chiave del film vede una citazione di Brecht : “non aspettarti nessuna risposta
oltre la tua” rivolto al pubblico di una Piazza San Giovanni (ah le differenze
con i cinemini…) stracolma. Due gemelli con cognomi diversi, l’uno ed il suo
alter ego. Il primo, unico possibile segretario (paludato) di un partito senz’anima,
dove il sottofondo di faide interne è sempre presente. E l’altro, il professore
di filosofia reduce da vent’anni di manicomio, pazzo senza follia. Stupendo
l’incontro di Ernani con il suo oppositore interno (uno con i baffetti) e
meravigliosa la scena dell’incontro con una cancelliera tedesca. Incontro che
diventa immediatamente leggero, svolazzante, umano.
Un affresco di ciò che è la politica e di quello che le
persone si aspettano da lei. Le stanze ovattate del potere intriso di cattivo
gusto e di accoltellamenti alle spalle che lasciano il posto alla naturalezza
del linguaggio diretto, addirittura alle emozioni. Quello che molti vorrebbero
tornare ad ascoltare. La fuga del paludato che lascia il posto al suo alter ego
più umano, al poeta, al sognatore. Quasi a dire “ora vedi tu che riesci a fare”
e si trova spiazzato a ripensarsi, a ricercare una vecchia fidanzata di
entrambi che però amava di più l’altro, il filosofo. E’, in fondo, il cambio di
marcia che vorrebbero molti sognatori del bello che detestano l’arzigogolo e i
sottintesi, che amerebbero sentire parole da non interpretare
dietrologicamente. Confesso, mi ha emozionato, anche il finale che non svelo è
emblematico. E quel breve applauso degli spettatori è stato liberatorio, condiviso
e sincero.
Così anche il Bersani prossimo Presidente del Consiglio
forse avrebbe dovuto fermarsi un paio d’ore ancora a Lecce, a vederselo anche
lui. Soprattutto avrebbero dovuto guardarlo quelli in platea, i candidati. In
particolare quelli/e che prima delle elezioni salutano e abbracciano tutti ed
il giorno dopo non riconoscono più nessuno. Forse hanno troppi impegni, anche
quando possono ripensarsi dopo sonore sconfitte.
Una citazione alla superba interpretazione di Servillo che
riesce ad essere padrone delle parti che interpreta magistralmente, ed allo
stupendo Mastandrea, sempre stupito, sempre con occhi sgranati, soprattutto
quando deve uscire dal suo ruolo di segretario tuttofare per calarsi in quello
che sceglie la parte più emozionale del suo leader, non necessariamente quella
che vince, anche quella che stravolge il linguaggio della politica per calarsi,
alla buon’ora, in quello della realtà.
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