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lunedì 18 febbraio 2013

Viva la libertà (il film) e Bersani (quello vero)


Trovarsi a distanza di meno di ventiquattr’ore al cinema Massimo (uno dei pochi ancora aperti a Lecce) e vedere un film sullo schermo ed il suo alter ego live è  quasi surreale. In verità la seconda parte l’ho solo ascoltata a spezzoni, pare che i partiti, tranne Grillo,  abbiano una paura viola delle piazze. Far venire Bersani a Lecce e chiuderlo al cinema tenendo fuori le persone senza neppure uno straccio di amplificazione mi pare un messaggio inquietante, forse pensavano, gli organizzatori, che pochi sarebbero andati, comunque così è. Lui, Bersani parlava dal palco e diceva cose anche di sinistra come si fa in campagna elettorale, in platea sorridevano candidate e candidati, ognuno con il suo retroterra di vittorie e sconfitte, ognuno con espressione solenne quando sentiva elencare i guai dell’Italia, o solenne se ascoltava le battutine dell’emiliano Bersani.
Ma quanto c’era in quella platea di speranza vera non tanto di vincere le elezioni, piuttosto di uscire, con questa classe dirigente, dalla crisi sconvolgente dell’economia, dell’etica in politica, della mancanza di ideologie? Pensando a questo venivo catapultato indietro di alcune ore. Il film si chiama Viva la Libertà (Regia di Roberto Andò. Interpreti: Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi, Michela Cescon, Anna Bonaiuto, Eric Trung Ngyen, Judith Davis, Andrea Renzi, Gianrico Tedeschi, Massimo De Francovich).
Enrico Olivieri, segretario del maggior partito di opposizione, entra in crisi dopo essere stato contestato ad un congresso, fugge e viene sostituito dal suo gemello, Giovanni Ernani. Quest’ultimo riesce a far rinascere il partito dalle proprie ceneri, e lo fa parlando la lingua delle persone, delle emozioni, della consapevolezza, della semplicità. La scena chiave del film vede una citazione di Brecht : “non aspettarti nessuna risposta oltre la tua” rivolto al pubblico di una Piazza San Giovanni (ah le differenze con i cinemini…) stracolma. Due gemelli con cognomi diversi, l’uno ed il suo alter ego. Il primo, unico possibile segretario (paludato) di un partito senz’anima, dove il sottofondo di faide interne è sempre presente. E l’altro, il professore di filosofia reduce da vent’anni di manicomio, pazzo senza follia. Stupendo l’incontro di Ernani con il suo oppositore interno (uno con i baffetti) e meravigliosa la scena dell’incontro con una cancelliera tedesca. Incontro che diventa immediatamente leggero, svolazzante, umano.
Un affresco di ciò che è la politica e di quello che le persone si aspettano da lei. Le stanze ovattate del potere intriso di cattivo gusto e di accoltellamenti alle spalle che lasciano il posto alla naturalezza del linguaggio diretto, addirittura alle emozioni. Quello che molti vorrebbero tornare ad ascoltare. La fuga del paludato che lascia il posto al suo alter ego più umano, al poeta, al sognatore. Quasi a dire “ora vedi tu che riesci a fare” e si trova spiazzato a ripensarsi, a ricercare una vecchia fidanzata di entrambi che però amava di più l’altro, il filosofo. E’, in fondo, il cambio di marcia che vorrebbero molti sognatori del bello che detestano l’arzigogolo e i sottintesi, che amerebbero sentire parole da non interpretare dietrologicamente. Confesso, mi ha emozionato, anche il finale che non svelo è emblematico. E quel breve applauso degli spettatori è stato liberatorio, condiviso e sincero.
Così anche il Bersani prossimo Presidente del Consiglio forse avrebbe dovuto fermarsi un paio d’ore ancora a Lecce, a vederselo anche lui. Soprattutto avrebbero dovuto guardarlo quelli in platea, i candidati. In particolare quelli/e che prima delle elezioni salutano e abbracciano tutti ed il giorno dopo non riconoscono più nessuno. Forse hanno troppi impegni, anche quando possono ripensarsi dopo sonore sconfitte.
Una citazione alla superba interpretazione di Servillo che riesce ad essere padrone delle parti che interpreta magistralmente, ed allo stupendo Mastandrea, sempre stupito, sempre con occhi sgranati, soprattutto quando deve uscire dal suo ruolo di segretario tuttofare per calarsi in quello che sceglie la parte più emozionale del suo leader, non necessariamente quella che vince, anche quella che stravolge il linguaggio della politica per calarsi, alla buon’ora, in quello della realtà. 

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