Ph da Corriere.it |
Venti di guerra
sull’Ucraina. Uno stato sovrano invade militarmente un altro stato sovrano,
cannoneggia, bombarda, ammazza civili.
Se è vero che la
NATO si è espansa in modo che può essere anche provocatorio ai confini della
Russia, altrettanto vero è che gli ucraini hanno diritto alla loro
autodeterminazione, ed è altrettanto vero che la risposta non può e non deve
mai essere la guerra e l’occupazione militare.
Purtroppo nel secolo
scorso abbiamo assistito a bizzarre esportazioni di “democrazia” nel centro/sud
America da parte degli USA.
Come scordare le
dittature foraggiate e i militari addestrati alla tortura dalla CIA in
Salvador, Argentina, Guatemala, Nicaragua e via dicendo? Come scordare le
centinaia di migliaia di morti, desaparecidos, suore e vescovi massacrati? Non
ci scordiamo. E purtroppo non scorderemo un esercito in armi e con un
armamentario nucleare immenso, invadere e cannoneggiare un paese terzo.
In tutto questo
mancano alcuni tasselli. Manca un’Europa coesa con una difesa (dei diritti non
solo militare) comune. Con una politica estera comune, che metta al bando le
derive nazionaliste di troppe nazioni anche ad essa aderenti, con politici che
un giorno vanno in giro con la maglietta con Putin stampato sopra e il giorno
dopo fingono di condannare ma non fanno un rigo di autocritica. Troppe nazioni,
non ultima l’Italia, con governi deboli e
contradditori, sono di fatto ininfluenti nello scenario internazionale.
Per fortuna, non
certo per caso, entrano in scena in tutti i paesi civili le persone.
Manifestazioni oceaniche e spontanee contro la nuova guerra ai confini
dell’Europa, centinaia di migliaia di persone in ogni capitale, centinaia in
ogni città minore. Una boccata di ossigeno che non sappiamo come potrà influire
sulle decisioni dei criminali invasori e del loro capo, ma che sicuramente
provoca commozione e una tiepida speranza che non tutto è perduto, che si può
fare. Ce lo insegnano le decine di
migliaia di russi che sfidano gli arresti per dire no all’invasione. Ce lo
insegnano i resistenti ucraini.
Certo, è avvilente
sentire personaggi duri e puri di
sinistra, dire che Putin ha le sue ragioni. Politicamente si può discutere
sulle pretese della NATO che forse, dopo la caduta del muro di Berlino, non ha
saputo evolversi dalla monodirezione di generali statunitensi che vedono i
paesi dell’est come possibili colonie. Tuttavia nulla può giustificare una
guerra, i massacri di civili, le invasioni che fanno tornare la storia
indietro, a quella di Polonia, Francia che
portarono alla seconda guerra mondiale, complici i peggiori dittatori che
pensavano alla guerra lampo. Sappiamo come andò a finire.
Ucraina oggi
resiste.
Cito Gino Strada e
penso che questa sia un’utopia realizzabile:
“Io non sono pacifista. Io sono
contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. E
non mi piace la parola "utopia"; preferisco parlare di "progetto
non ancora realizzato."
E ancora: “Il 90%
delle vittime erano civili, (in Afghanistan) un terzo dei quali bambini. È quindi questo "il nemico"? Chi
paga il prezzo della guerra?”
Noi società civile,
abbiamo il dovere di manifestare in ogni momento, in ogni modo, il nostro basta
alla guerra. A tutte le guerre, quelle in nome della real politik e quelle in
nome di qualche Dio bizzarro e probabilmente distratto dall’osservare le umane
vicende.