Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

venerdì 4 marzo 2016

5 marzo 1947 - ultima esecuzione in Italia

La pena di morte in Italia venne definitivamente abolita  con la Costituzione del 1947, entrata in vigore nel 1948.

L’ultima condanna alla pena capitale fu per gli autori della strage di Villarbasse, l’orribile delitto per rapina in cui vennero colpite 10 persone a bastonate e gettate, ancora vive, in una cisterna. Per i colpevoli (Francesco La Barbera, Giovanni Puleo, Giovanni D’Ignoti e Pietro Lala) venne richiesta la grazia che il Presidente Enrico De Nicola respinse e i quattro vennero fucilati alle 7,45 del 4 marzo 1947. Questa fu l’ultima esecuzione per reati comuni.

Il giorno successivo invece, il 5 marzo 1947 alle 5 del mattino, vicino a La Spezia, vennero giustiziati Aurelio Gallo, ex agente delle SS italiane; Emilio Battisti, ex questore di La Spezia; Aldo Morelli, ex maresciallo della guardia repubblicana. Già condannati nel 1945 per collaborazionismo, sevizie, e come responsabili della deportazione nei campi di sterminio di migliaia di persone. L’esecuzione fu terribile, solo il Morelli morì subito, per gli altri fu necessario sparare nuovamente.


Esattamente 69 anni fa, quindi,  l’Italia entrò nell’evo moderno cassando dalla sua legislazione la pena di morte. 

Questi ultimi giustiziati furono sicuramente stati grati al loro duce. Fu infatti la dittatura fascista a reintrodurre la pena che venne abolita in tutto il regno d'Italia con l'approvazione quasi unanime della legge Zanardelli nel 1889. 
Nel ventennio il duce la reintrodusse per chi attentava alla famiglia reale o (toh il caso) al capo del governo e per altri reati contro lo Stato. 
Nel 1928 venne giustiziato Michele Della Maggiora, un bracciante toscano comunista che aveva ammazzato due fascisti. 
Con il famigerato codice Rocco, nel 1931, la pena venne estesa a più reati.  Nel decennio 1931/1940 delle 118 condanne comminate per reati comuni, ne vennero eseguite 65. Dal 1927 al 1943 il tribunale speciale comminò 65 condanne soprattutto per spionaggio, 53 vennero eseguite.  


giovedì 3 marzo 2016

Noi utopisti, illusi e fuori dalla realtà.

Ph: facebook





Condivido la foto, e già sento alcuni commenti sagaci: illusi, utopisti, fuori dalla realtà... Ebbene si, siamo illusi, utopisti e fuori dalla realtà. Solo dei pazzi come noi possono credere che sia più utile un ospedale di un cacciabombardiere. Solo degli utopisti hanno ancora voglia di accogliere profughi anzichè bombardare in giro per il mondo. Solo chi è fuori dalla realtà pensa che portando dignità e decoro in paesi dove si muore di fame si possa combattere la guerra. Siamo proprio carne da manicomio noi che lo crediamo. 
Noi no, non vogliamo dare per scontata la guerra.... Per questo siamo Utopisti?

martedì 1 marzo 2016

Il bialbero di Casorzo

bialbero di casorzo
Il bialbero di Casorzo (ph: festival del paesaggio)




In fotografia siamo a Casorzo Monferrato, splendido paese collinare, ottimo vino, cucina superba. Un gelso è diventato "bialbero", su di lui è nato un ciliegio, vive rigoglioso. Quando la natura insegna che non esistono leggi per fermarla, che non ci sono regole etiche, che i figli sono Persone
 (figli, appunto) e non oggetti, pacchi... E che un gelso può generare un ciliegio... Non somo due mostri, solo due alberi. Dignitosi, fieri, belli. Da proteggere. 

lunedì 29 febbraio 2016

Maurizio Nocera - Tarantulae




Fila Maria fili d'oriente
e filano pure
tutte l'altre Marie del Salento
nell'intreccio marino
di aquiloni bambini di carta velina
rossi al vento
e cullati da nuvole
dal blu pittore di vita. [...]

Caro Maurizio, escono così dalla tastiera del computer pensieri “inesperti” di tarantole, tarantolate e notti della taranta dopo aver letto il tuo Tarantulae. Pensieri liberi da giudizi e da pre/giudizi, il Salento è terra che si impara solo col tempo anche se  non si riuscirà mai ad imparare.
Intanto riconosciamo i meriti a Stefano Donno che con le “Scritture dei Quaderni del Bardo” ha aperto un mondo poco esplorato, il Pamphlet, scritture brevi, libricini di poche pagine intense che mi (ci) consentono di entrare in contatto con un universo di piccole storie e poesie. Frasi scritte su un muro, appunti di viaggio, intensità condensata in poche righe. Scritture che resterebbero nei taccuini di chi le pensa, forse in attesa di ponderosi libri che le raccolgano. Questa invece è l’immediatezza del qui ed ora, perle gettate che rischiano di essere scordate. Rendere pubblico un pensiero (uno solo) è meraviglia.
Questo è Tarantulae, “un poema scritto a Badisco, forse in una notte d’agosto del 2015, davanti al mare che parlava alla luna. In forma di canto per Giorgio Di Lecce, danzatore, Uccio Aloisi, tamburellista, Sergio Torsello, studioso.” Come dice il risvolto di copertina. Un poema scritto da chi dice di sé “io non sono un poeta”.
Attraverso la memoria, i ricordi, passano davanti “Maria e l’altre Marie del Salento …” e Aracne che costringe alla danza, mondo incantato a pensare a Santu Paulu te Galatina e in ogni angolo di questo Salento.
Ti immagino, davanti al mare di Badisco, una sera d’estate con la luna che rischiara i pensieri e i ricordi che si rincorrono, mentre vedi  “la donna velata di nero che furiosa corre sugli spalti marini di Badisco…” ti immagino mentre cerchi di fermare il tempo, ma il tempo, si sa, non bada a nessuno e a nulla, lui prosegue ed arriva l’oggi, quello che è stato non è più, occorre esserci stati dentro per averne memoria, così la taranta, il ballo disperato, diventa magicamente Notte di Taranta, e Melpignano batte il ritmo pur scordando, a volte, di dover essere portatore di memoria invece di trasformarsi inesorabilmente in un nuovo festival delle sagre tutte.
“… Il disagio, la guerra sempre presente nelle cronache del Mondo. La musica di questo deve farsi carico. La catarsi della festa non è evasione, distrazione, dimenticanza, pausa. Nell’incanto della trance è sempre necessario trovare l’energia della consapevolezza…” così scrive Mauro Marino nella prefazione che è riflessione dell’essere e dell’essere stato.
Far rivivere il suonatore, il danzatore, lo studioso che stanno “nella terra di mezzo”, e attualizzarli fino a tornare a rendere omaggio alle Marie che si inseguono danzando sempre più e lasciando andare ogni pudore nella “pizzica taranta per chi ha dolore e pizzica de core per chi fa l’amore” .
Caro Maurizio, senza memoria non c’è storia, ma la storia che viviamo oggi è spesso così tetra e buia che non ci consente di comprendere. Per chi, come me, non ha vissuto negli anni le vite delle tue Marie, ma ha conosciuto altre Marie in altri luoghi, non pervase dal furor danzante di aracne che se la ride;  più spesso da rassegnazione, o da sorrisi che spaccavano il mondo per la loro laconica durezza o da rivendicazioni per una vita dignitosa, l’incontro con la tua taranta è riflessione su come questi ritmi che sembrano essere un proseguimento di ritmi che arrivano da un sud più sud di questo, che non è terra lontana, ma che oggi penetra e compenetra le nostre terre, tradizioni, che chiama al ricordo dell’umanità come un unicum di esseri umani uguali, e a volte si trasforma in danze liberatorie, irose, nelle terre dei ri/morsi per trasmettere messaggi a chi li sa accogliere e contro chi ne ha il terrore.
Con il tamburellista che ha mani che sanguinano sulla pelle tesa dello strumento, col danzatore che non sa fermarsi, con lo studioso che guarda e impara. E pensavo a impossibili paralleli che legassero questa taranta con l’altro capo dell’Italia, le terre di Langa, quelle masche che tuttavia sono altra cosa, nel provenzale antico Mascar  significa borbottare (incantesimi), sono streghe, donne normali nell’apparenza ma con facoltà soprannaturali tramandate da madre a figlia, sono cattive o benevole, salvano e condannano. Altra cosa rispetto alle salentine. Eppure, sai? Si chiamavano Maria e tante altre Marie, e   Cristina  e  Caterina. Non c’è parallelo però affascina pensare a danze liberatorie dal male e da catene eterne. Da qui al profondo nord.
E mi chiedo, ci chiediamo, per quanto tempo ancora queste danze scandiranno i nostri tempi, fino a quando la memoria ci sarà d’aiuto, fino a quando aracne sopporterà di non poter guarire i mali del mondo e si lascerà invadere dalle contraddizioni di terre un tempo incontaminate, ora sempre più colpite da xylelle e  guerre e gasdotti che di “dotto” paiono avere poco. Quando in sostanza la storia e la tradizione riprenderanno ad insegnare che la terra deve vivere di tutta la sua possente bellezza e la luna guarderà il Salento con benevolenza, dal mare di Badisco. Tutto qui caro Maurizio, in poche righe, in poche pagine, hai aperto parti di un mondo ad un sabaudo per caso in terra di Salento. Pensieri in libertà leggendo ed ascoltando le tue Tarantulae.

Maurizio Nocera – “Tarantulae” (La notte della taranta) – Ed. I quaderni del Bardo , Scritture. € 5,00 -

domenica 28 febbraio 2016

Giuseppe Migneco

 Il 28 febbraio 1997 moriva Giuseppe Migneco, un grandissimo espressionista italiano nato a Messina il 9 febbraio 1903.

L'opera di Giuseppe Migneco si inserisce nel solco del realismo sociale, ma il suo realismo è caratterizzato dall’influsso del muralismo messicano, interpretato con una più rigida e tagliente linearità che fa di lui un "intagliatore di legno che scolpisce col pennello" secondo la felice definizione di un suo ammiratore.

Le sue figure ed i suoi paesaggi riportano alla tradizione decorativa e narrativa dei carrettini siciliani, come questi immobili e senza tempo.
(settemuse)