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sabato 3 dicembre 2011

la lettera di Lucio Magri agli amici








La lettera di Lucio Magri:
“La mia morte è cominciata da tempo. Quando Mara è scomparsa ha portato via con sè tutta la mia voglia di vivere, ed ero già pronto a seguirla. Lei lo ha intuito e in extremis mi ha strappato la promessa di portare a termine il lavoro che avevo avviato negli anni della sua sofferenza e che in altro modo era anch’esso in punto di arrivo.
La promessa è più un atto di amore, il regalo di un tempo supplementare. Era uno stimolo e un aiuto per dare una conclusione degna al destino che ci aveva fatto casualmente ma più volte incontrare e poi dato tanti anni di felicità totale. Era anche un appuntamento, o almeno così lo ho vissuto ogni giorno. Ora posso dire che la promessa la ho mantenuta al meglio che potevo. Il libro è stato pubblicato anche in Spagna, Inghilterra, Argentina e Brasile.

Nel lungo e doloroso intermezzo ho avuto modo non solo di riflettere sul passato ma anche di misurare il futuro. E mi sono convinto di non avere ormai nè l’età, nè l’intelligenza, nè il prestigio per dire o per fare qualcosa di veramente utile a sostegno delle idee e delle speranze che avevano dato un senso alla mia vita.

Intendiamoci, non escludo affatto che quelle idee e quelle speranze, riformulate, non si ripresentino nella storia a venire: ma in tempi lunghi e senza sapere come e dove. Comunque fuori dalla mia portata.

Per tuto ciò mi pare legittimo, anzi quasi razionale soddisfare un desiderio profondo che anzichè ridursi, cresce. Il desiderio di sdraiarmi a fianco di Mara per dimostrarle che l’amo come e più che mai, e dimostrare che la morte è stata capace di spegnerci, ma non di dividerci. Può essere solo un simbolo, ma non è poco.”.

A seguire, un post scriptum, in cui Lucio Magri chiedeva di evitare cerimonie funebri, rimembranze e giudizi dettati dall’occasione, ma “semplicemente uno sguardo affettuoso, o almeno amichevole, rivolto ad una coppia di innamorati sepolti in un piccolo cimitero, insieme“.

La notte porta altra...plastica.

Aggiorno sulle evoluzioni della Piazza Sant'Oronzo. Pensavamo fosse finita, invece hanno lavorato di notte, me li vedo Perrone e l'assessore Gaetano (quello che sbaglia le rotonde) a plastificare tutto.
A seguire: Sant'Oronzo 1 e 2 e Via Templari.



Lecce la città di plastica



 “Moplen  è stato il  marchio registrato  di una nota   materia plastica, il polipropilene isottatico (indicato chimicamente con la sigla PP-H), ottenuta tramite reazione di polimerizzazione a partire dal propilene o dall' etilele.   Il Moplen è, ancora oggi, una delle materie termoplastiche più utilizzate nell'industria, trovando largo impiego nell'ambito idrosanitario (tubi di scarico e sifoni) e casalingo (vasche, secchi, scolapasta ecc.)).
Il Moplen fu scoperto negli anni cinquanta dal chimico imperiese Giulio Natta. L'invenzione valse a Natta il premio Nobel per la chimica nel 1963.” (Fonte wikipedia).
Molpen ricorda anche un bravissimo Gino Bramieri in un carosello d’epoca che, con un catino in mano, diceva “La signora badi ben che sia fatto di moplén”. (Accento sulla e. Licenza poetica)

Onore al merito di uno dei più importanti ricercatori italiani, Giulio Natta, che ha letteralmente rivoluzionato i comportamenti degli italiani e dei cittadini del mondo intero, se fosse vivo oggi dovrebbe emigrare per avere successo, ma questo è altro discorso. Queste righe vogliono però essere un plauso al Sindaco di Lecce, Perrone Paolo, ed alla giunta nel suo insieme. È addirittura commovente vedere come si prodigano per omaggiare la plastica.
Facendo un tour nella città un tempo barocca, che sotto Natale si trasforma miracolisticamente nel regno dell’impermeabilità non si può rimanerne estranei.
Il giro inizia da Piazza Palio. Davanti a tre scuole importantissime per frequenza (solo al Deledda ci sono oltre mille studenti) prima c’era un catino inutilizzato. Mi dicono che venne fatto scavare da qualche lungimirante che voleva fare concorrenza a Siena e ad Asti.
Era lasciato nell’incuria più assurda. Poteva avere utilizzi di varia natura, magari diretti ad un’utenza che proprio lì non manca: studenti e scuole per esempio. Oppure poteva diventare: arena per spettacoli, un prato, o ancora, poteva essere piantumato con alberi ombrosi per le estati torride.  Invece l’illuminata amministrazione della città japigia l’ha data in affitto all’ente fiere. Questa è la prima, stupenda trovata. Un ente fiere in centro città, dirimpetto a scuole, in località trafficatissima, si può vedere solo a Lecce. Di solito le città meno avvedute lo fanno in periferia o nelle zone industriali. Dilettanti!  Ed ovviamente ad una scelta così avanzata non poteva che seguirne una addirittura più estemporanea, i padiglioni sono teli di plastica che, come una colata lavica hanno ricoperto di bianco in catino. Tralasciamo le palizzate alzate a mo' di capannone industriale tutto attorno.
Arriviamo poi in Piazza Mazzini. Non entro nel merito della bellezza o meno della piazza, c'è e deve rimanere com'è, resta il fatto che è uno spazio importante, a ridosso del centro storico ed è ampia. Lì giocano bimbi ad ogni ora, anziani e ragazzi si siedono sulle panchine.  
                                       
                                                 P.zza Mazzini plastificata
Però siamo in dicembre, arriva Natale ed occorre abbellirla, anche l’imponente fontana  deve essere evidenziata. Un’amministrazione illuminata non si lascia scappare nessuna occasione, ecco così la Piazza letteralmente riempita da bianchi gazebo. Una bella colata di plastica che aggiunge al lucro sul plateatico del mercatino prossimo venturo la possibilità di non illuminare neppure la fontana perché è nascosta, soffocata da candidi teli. Vabbè, i bimbi non hanno più spazio per correre e giocare, per vuoi mettere la beltà dello spettacolo?
Fino all’altro ieri campeggiava anche una mongolfiera con il faccione di Santoro. Chissà se voleva significare che in giornalista è un pallone gonfiato. 
Natta Giulio sarebbe sicuramente felice di tanto ricordo, Bramieri forse farebbe gratuitamente uno spot in onore alla città barocca.                           .

                                         
                                                          P.zza Sant’Oronzo plastificata

Il giro prosegue, andiamo in Piazza Sant’Oronzo e che vediamo? Ohhh meraviglia: un tunnel di plastica bianca. Miracolo miracolo, il Santo da lassù… che fa? Piange?
Ecco così miracolosamente nascosta una delle piazze più importanti al mondo, celata da una bianca coltre. No, non è natalizia neve, siamo moderni, noi.
Un signore che conoscevo portò suo figlio a vedere la torre di Pisa perché, diceva “potrebbe cadere”.  Per parte mia ho mandato questa mail agli amici piemontesi: “venite a vedere Santa Croce prima di Pasqua, vuoi mai che qualche assessore illuminato la ricopra con un telo di moplen”.


venerdì 2 dicembre 2011

no alla chiusura di Piazza Carducci

Vogliono chiudere Piazza Carducci a Lecce con una cancellata. Uno scempio vero e proprio, uno scippo alle persone che pensano che le piazze e le strade siano luoghi anche di incontro. Per palese incapacità di gestire la città la vogliono chiudere. Per sollecitare la chiusura sono state raccolte 200 firme, fra i firmatari anche Depardieu che è notoriamente sempre a Lecce e frequenta i mercatini rionali e parla con tutte le persone. Soffochiamoli con una valanga di firme di persone che hanno in mente una città pubblica e vivibile, piuttosto che la creazione di ghetti.

 http://www.petizionepubblica.it/PeticaoListaSignatarios.aspx?pi=P2011N17440

giovedì 1 dicembre 2011

porcate televisive su La7


Giovedi 1 dicembre 2011. È andata in onda su La7 una vera e propria porcata televisiva. La copertina di Piazza Pulita, guidata da Formigli è stata un esempio eclatante di TV spazzatura. L’ho vista ed ho cambiato canale. Una fiction in cui si mostrava il fallimento dell’Italia. Banche senza soldi, bancomat chiusi e bloccati, pensionati senza soldi per i medicinali, scontri di piazza ripresi da veri scontri, quindi non fiction, con assalti e quant’altro. Uno scenario apocalittico, quand’anche possibile pur se improbabile. La porcata è andata avanti una decina di minuti, poi in studio il conduttore vantava la capacità ei suoi che in fretta  hanno fatto questa splendida trovata. Ha giocato a fare Orson Welles senza conoscere i fondamentali della grammatica televisiva. La sostanza è stata che, da voler fare il meglio, si è ridotto a scimmiottare i peggiori: Sallusti, Belpietro e Fede messi assieme e condensati in uno solo. Complimenti veramente al terrorista improvvisato. Questi sono criminali mediatici, altro che giornalisti. Pensavamo di aver toccato il fondo con Fede. Ci siamo sbagliati, al peggio non c’è mai termine. 

Merkel stampa Marchi? No, lo dice solo borghezio


«So che un ente collegato al ministero della difesa tedesco… sta predisponendo la stampigliatura con inchiostro indelebile sull’Euro con la scritta “euro tedesco”… 
Così dice l’ineffabile Mauro Borghezio

Intanto le voci che la Merkel starebbe stampando Marchi in Svizzera sono giunte anche a Strasburgo dove Mara Bizzotto, europarlamentare della Lega Nord ha presentato un'interrogazione urgente alla Commissione "affinché sia fatta chiarezza al più presto sull'argomento".

Queste sono due notizie on line. Che l’Euro non goda di buona salute è sotto gli occhi di tutti, però è strano che siano due leghisti a lanciare l’allarme. Uno di primo piano come Borghezio, arcinoto per le sue simpatie per i gruppi neonazisti in particolare francesi, l’altra una eurodeputata conosciuta solo in pochi ambienti grigi, cupi e tetri, dove è famosa per il suo anti islamismo, diventata nota per il famoso intervento applaudito da tutti i gruppi xenofobi e razzisti: 

L’UE non può e non deve assolutamente permettere che un Paese di oltre 70 milioni di musulmani, potenziale ‘cavallo di troia’ dell’islamismo radicale, s’installi all’interno delle proprie rappresentanze, partecipando direttamente alla definizione degli indirizzi politici comunitari e contribuendo a plasmare attivamente il futuro dell’Europa di domani. La Turchia non è e non sarà mai Europa, né geograficamente né tantomeno culturalmente e politicamente.”

Ora, che siano due personaggi fuori dai confini delle democrazie a lanciare allarmi di questo genere inquieta non poco. La prima cosa che viene in mente è un disegno criminoso della lega per fomentare scontento sfruttando e terrore fra le persone, e per propagandare una filosofia secessionista e riprendersi con ogni strumento a disposizione, il consenso perduto con tre anni di malgoverno, legati a filo triplo al re del bunga bunga. Non si sa se gli interessi che uniscono i due partiti siano solo politici o di natura più materiale, per esempio di quattrini, viste le voci mai smentite di vendita del marchio di fabbrica del partito secessionista personalmente al “peggiore”.
A prescindere da tutto, in un certo modo conforta che a dire queste cose siano questi propagandisti del terrore. Conforta perché non possono avere credibilità alcuna ed il loro sembrerebbe un patetico tentativo di assurgere agli onori delle cronache. 

museo Castromediano, mostra della polvere dei secoli


Ero andato prima della scorsa estate al museo Castromediano. Quando si sceglie una   città per viverla, conoscerne i musei, le gallerie, i luoghi d’arte e di cultura è indispensabile. “Ingresso libero”, è una cosa buona, una porta aperta sul sapere, sul passato remoto, capire chi siamo sapendo da dove arriviamo.
Il clima che si respira nel museo ha un che di religioso: «Memento…» «Ricorda che sei polvere e polvere tornerai», la polvere è infatti i motivo dominante, la compagna di cammino e visione.  
Alla prima visita, appena entrati, la signora che stava alla reception ci disse «siamo in fase di ristrutturazione, scusate il disagio, non tutto è visibile, fra pochi mesi sarà a posto».  La struttura è veramente bella «un ex collegio» mi dice chi mi accompagna, «poi è stato svuotato, ristrutturato, ed è diventato museo».  Quella volta visitammo il pochissimo che era visitabile.
Una mostra di ceramiche antiche notevolissime per pregio «di un collezionista privato», e l’Antiquarium, con reperti di varie epoche al piano superiore. Maioliche, vasi, e altro ancora. Tutto notevole. Solo che abbiamo camminato fra la polvere della ristrutturazione. Le vetrinette, le poche esistenti, accese mostravano esse stesse la polvere del tempo sui vetri puliti forse qualche anno fa sommariamente, ancora si vedono gli aloni di uno strofinaccio passato alla meno peggio. Sui ripiani sottovetro in mezzo alla polvere si riescono a scorgere i reperti antichi. Interessanti, certo, però il silenzio irreale e la sensazione che tutto fosse messo lì per caso erano evidenti.
Qualche mese è passato, torniamo al museo a vedere i lavori finiti. Appena entrati la signora, non so se la stessa della primavera inoltrata, comunque seduta sulla stessa seggiola, ci guarda quasi stupita «il museo è in fase di ristrutturazione, sarà pronto il 15 dicembre». In effetti un bel cartello dice “ci scusiamo con il pubblico ecc. ecc.”. La signora si alza, ci precede per accendere le luci. Siamo in periodo di crisi, è vero,  occorre risparmiare, perbacco. In esposizione le stesse ceramice, qualcosa è cambiato però, la polvere dell’estate sembra essersi sofficemente appoggiata e sommata a quella preesistente. Lo stesso vale per le vetrinette al piano superiore. Qualche operaio girovaga per le sale con attrezzi. Ci muoviamo per andare a vedere un’altra sala, veniamo avvicinati dalla solita signora «di li no per favore, stanno lavorando».
Pazienza, anche stavolta è andata buca. Torneremo dopo il 15. Chissà se per allora avranno spolverato le vetrinette.  E chissà se avranno assegnato un cartellino dignitoso a sant’Irene che è indicata solo con un pezzetto di foglio A4 stampato alla meno peggio con una stampante da computer  attaccato con il nastro adesivo al muro. 

mercoledì 30 novembre 2011

Bertinotti, costituzione e banche




Ho ascoltato Fausto Bertinotti alle Cantelmo. Presentava il suo libro “Chi comanda qui? Come e perché si è smarrito il senso della Costituzione”. Interessante la prima parte del suo intervento in cui  ha raccontato come sono nate le Costituzioni e come quella Italiana, giudicata da moltissimi e non solo in Italia una vera e propria carta pilota per le democrazie avanzate, sia riuscita a coniugare diritti e doveri.
Il primo articolo in particolare che non parla, come quasi tutte le Costituzioni, di “sovranità” che appartiene al popolo, ma introduce, unica al mondo, un concetto che coniuga diritti e dignità: “L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, sancendo l’importanza del lavoro stesso per la crescita etica, culturale e politica di un popolo. E qui troviamo il primo stravolgimento della Carta: quale lavoro? Quello precario senza garanzie? Quello che fa del precariato stesso uno status normale?
E gli stravolgimenti della Carta quasi nel suo insieme li troviamo praticamente in ogni articolo. La Costituzione detta “materiale” sta prendendo il sopravvento e scardinando quella reale. Parliamo dell’articolo 11? L’Italia è un paese in guerra nei fatti. La falsità delle missioni di pace è palese. Parliamo dell’articolo 9?  “L’Italia promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica…” che dire dei continui e reiterati definanziamenti  alla cultura e alla ricerca? 
Che la scuola debba essere “pubblica e gratuita” è ormai un clamoroso falso.  Non è un caso che le università pubbliche e statali siano considerate di serie B. Emblematica la formazione del “governo dei tecnici” che arrivano in blocco dalla Bocconi piuttosto che dalla Luiss, oltre che da rinomati Istituti Bancari ovviamente. Si coniugano così perfettamente le filosofie guida delle nuove classi dirigenti.   
Clamoroso il tentativo fatto dal governo del “peggiore” di cambiare l’articolo 41 sull’iniziativa privata che: “è libera”, aggiungendo (neppure Benigni avrebbe fatto di meglio) una frase che dice che: l’imprenditore può agire in ogni modo non vietato dalle leggi. Detta così è assolutamente ridicola, un ossimoro, ripensata alla luce della marchionnate e dello scardinamento dei contratti collettivi diventa inquietante.
Ora a stravolgere le carte in tavola non ci pensa più il Parlamento nazionale da solo, ma i nuovi equilibri: la BCE e gli investitori che dettano le regole del gioco.
E lo fanno anche imponendo un’aberrazione della quale si sta discutendo e su cui c’è, a quanto pare, approvazione trasversale. Mettere in Costituzione l’obbligo di pareggio in bilancio è uno scempio vero e proprio. L’hanno detto otto economisti e cinque premi nobel ad Obama. Non ci sarebbe stato New Deal se ci fosse stata questa norma ignobile. “Obbligo di pareggio in bilancio significa semplicemente eliminare servizi per fare cassa in primo luogo e non poter agire per la crescita in caso di emergenza poi” è stato detto. Stiamo vedendo i danni che provoca il patto di stabilità per gli enti locali che, anche se hanno quattrini da spendere, non possono farlo, neppure per i servizi o per opere pubbliche che porterebbero lavoro.
Il problema è proprio nelle sovranità limitate in cui i governi europei si trovano ad agire. La comunità delle banche e degli affari sta mostrando il suo vero volto.
Se nel mondo esiste denaro sufficiente ad acquistare dieci volte le merci prodotte, a che serve il rimanente se non alle speculazioni per tenere sotto scacco le economie nazionali?
La sovranità delle nazioni è assolutamente limitata in mancanza di una carta costituzionale europea.
La Grecia propone un referendum per decidere il suo futuro? Non se ne parli proprio, non hanno il diritto di farlo.
L’Italia è in crisi? Inviano una letterina con una trentina di punti in cui dicono la manovra economica da fare, impongono le dimissioni del governo e la sua sostituzione con uno chiamato di emergenza, il tutto lasciando da parte la politica, quindi gli eletti, sia pure con una infame legge elettorale. Il popolo non è sovrano e non ha alcun diritto di essere ascoltato.   
I Parlamentari, già ridotti a passacarte senza capacità negli ultimi 15 anni, di fare proposte di legge, piuttosto solo di votare fiducie e decreti governativi, ora è ancora meno. Non abbiamo ancora ascoltato una voce che contesti forte e chiaro il pareggio di bilancio, per esempio.
Il governo Monti sembra la prosecuzione della filosofia del “peggiore”.
La risposta ai “temi svolti” dai nostri governanti non si è fatta attendere, gli speculatori se ne fregano e continuano a lavorare per colpire duramente un’Europa indifesa e non ancorata ad una banca centrale che acquisti titoli di stato e ne controlli il mercato come le sue sorelle mature statunitensi, inglesi e giapponesi. Il problema è questa Europa che non sa funzionare sui diritti e sui doveri ma solo sui bilanci. Un’Europa senza una Costituzione è inconsistente ed è in mano ai più forti.
Quello che invece non mi ha convinto del discorso di Bertinotti è stata la seconda parte, il “Che fare?”
«I partiti sono inadeguati, occorre guardare con attenzione ai movimenti mondiali, dall’Africa agli USA e deideoligizzarci tutti quanti».
«E’ dai primi anni ’80 del secolo scorso che seguiamo i movimenti e siamo sempre fermi qui» mi dice l’amico che sta con me.
Al momento ribadisco la mia impotente ignoranza rubando una frase ascoltata in qualche posto “Non so più che mondo voglio, so solo che questo è il peggiore”. 

martedì 29 novembre 2011

E' morto Saverio Tutino


Addio a Saverio Tutino
il «barracuda» della storia

La rivoluzione cubana, il passato da partigiano, i reportage per l'Unità, l'avventura dei Diari. Inquietudini e passioni di un grande interprete del Novecento

  • saverio tutino





Di Giorgio Frasca Polara
29 novembre 2011
A - A
È morto Saverio Tutino, giornalista, scrittore e fondatore dell’Archivio Diaristico Nazionale. 88 anni, era stato ricoverato per un ictus alla Clinica San Raffaele. La camera ardente è aperta oggi presso la stessa clinica, in via della Pisana 235, Roma.
I lettori de l’Unità furono i primi, in Italia, a vivere l’avventura di Fidel e del Che a cavallo degli anni Cinquanta-Sessanta del ‘900. Lo devono a Saverio, straordinario inviato che chiese a questo giornale di seguire dappresso l’impresa - a lungo gloriosa - della liberazione da parte dei barbudos dell’Havana, capitale allora della mafia americana e del gioco d’azzardo, e dell’intera Cuba, dal giogo di Fulgencio Batista e degli Usa. Saverio ci mise, nel raccontare quell’avventura, lo stesso piglio, lo stesso entusiasmo, la stessa cura con cui, prima di dedicarsi al giornalismo, entrò nelle formazioni partigiane della Val d’Aosta e del Canavese - Nerio era il suo nome di battaglia - diventando giovanissimo e coraggioso commissario politico di una brigata Garibaldi e poi della divisione garibaldina «Aosta». Poi, con la Liberazione, il trasporto per il giornalismo militante: al Politecnicodi Vittorini i primi passi, poi Vie Nuove, quindi l’Unità (prima a Parigi, poi appunto a Cuba) e infine Repubblica, dove lavorò dalla fondazione nel 1976 e dove Eugenio Scalfari lo spedì daccapo in America Latina.

E non a caso: con mille esperienze da inviato e da corrispondente (l’indipendenza algerina, la Cina post-rivoluzionaria, la Spagna, la Francia), il binomio Tutino-Cuba è ancora oggi essenziale per ogni ricerca sulla rivoluzione castrista sulla base di tre suoi libri: Gli anni di CubaL’Ottobre cubanoGuevara al tempo di Guevara. E proprio a causa di Cuba il rapporto con il Pci, a cui si era iscritto nel 1944, si era incrinato alla fine degli anni sessanta: lui che a lungo considerò l’Havana la capitale di un terzo polo della politica internazionale ed il partito che (sua intervista al Corriere, del 1994) «mi rimproverò di essere troppo innamorato di Cuba. Allora mi arrabbiai, oggi riconosco che avevano in gran parte ragione. Uscirne è stata un’avventura difficile, sofferta», tanto più che lui si considerava «forse il maggiore responsabile della creazione del mito cubano in Italia: mi sono sbagliato e ho pagato questo sbaglio... Ma tra tanti difetti, bisogna riconoscere a Fidel Castro di essere un politico di notevole calibro».

E intanto, sempre inquieto e sempre appassionato alle vicende umane, aveva fondato a Pieve Santo Stefano (Arezzo) l’Archivio Diaristico Nazionale che ha animato sino all’estate scorsa e che ha sin qui accolto quasi diecimila scritti autobiografici di italiani. Sulla scia di questa straordinaria esperienza anche Saverio aveva affiancato ad una ricca produzione di racconti, di saggi e di ricerca storica anche l’autobiografico L’occhio del barracuda, una cavalcata dalla Serra di Ivrea, dov’era stato comandante partigiano, alla Sierra Maestra, dov’era tornato per ripercorrere i sentieri della guerriglia di Castro, passando prima per la Cina appena conquistata da Mao e poi per la Francia in lotta per impedire la libertà dell’Algeria. Il barracuda è un pesce tropicale capace di guardare sopra, sotto, dietro. È il ritratto di Saverio, compagno sempre curioso, sempre generoso, sempre presente.

Lucio Magri se ne è andato

Dai cattolici allo strappo con il Pci una storia a sinistra fuori dagli schemi

"Ho deciso di morire". Se ne è andato Lucio Magri. Intellettuale sempre coerente, compagno, fondatore de Il Manifesto. Ha scelto il suicidio assistito. Ciao Lucio.


http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/5949/




lunedì 28 novembre 2011

immigrati

43 superstiti, 3 cadaveri pescati, circa trenta Persone disperse. Persone (maiuscolo per favore). Tutto questo accade nel paese civile... un tempo civile, poi governato improvvisamente da criminali che dicono "spariamo sui barconi", da razzisti che utilizzano il lavoro degli immigrati (Persone) per aumentare il loro PIL ma li vogliono ai margini della società. Che arrivano a chiedere posti riservati ai milanesi sui bus urbani. Come in Alabama un tempo. Il sogno di ogni persona civile è avere frontiere aperte e diritti per le Persone uguali in ogni angolo del mondo. Il sogno dei trogloditi è creare nuove frontiere.


Per ricordare: http://www.youtube.com/watch?v=SocGotei8wU

domenica 27 novembre 2011

profeti, realtà e cadute di stile



Penso che ci sia posto sul mercato mondiale per circa 5 computers
(Thomas J. Watson, amministratore delegato IBM, 1948)

La TV non potrà reggere il mercato per più di sei mesi. La gente si stancherà subito di passare le serate a guardare dentro una scatola di legno.
(Darryl F. Zanuck – Presidente 20th Century Fox – 1946)

In futuro un computer potrà forse pesare solo 1,5 tonnellate.
(Dalla rivista Popular Mechanics, le previsioni la marcia inarrestabile della scienza - 1949).

La scienza, la tecnica, gli esperti. A volte succede di prestare ascolto a chi sa le cose. A chi ne scrive su riviste specializzate o, come nel caso di Watson, che è stato A.D. della più importante azienda mondiale del settore, conosce il mercato e per professione deve prevedere il futuro del mercato per dominarlo e non rincorrerlo.
Qual è allora il problema? Penso che la fantascienza non faccia altro che precorrere la ricerca, enfatizzandola magari, ma, con il senno del poi, sembra che tutto fosse già scritto. È come nei migliori (peggiori per taluni) film horror dove le più atroci nefandezze, delitti, torture, spesso non sono che una parodia della realtà. Questo vale, purtroppo o per fortuna, in tutti i settori della vita. Dalla medicina, dove fino a 30 anni fa un’operazione di appendicite era un taglio trasversale e un ricovero di alcuni giorni con possibili complicanze ed oggi è poco più di un’operazione ambulatoriale. Giusto per citare. Oppure in politica. Che direbbe oggi De Gasperi? Lui rivoltava il cappotto per risparmiare e si spostava a piedi. Ora non pretendiamo tanto, penso sia giusto che ogni lavoro venga retribuito e ritengo populismo spicciolo il voler azzerare stipendi e pensioni dei parlamentari, razionalizzare è indispensabile, però c’è in giro aria di “muoia Sansone con tutti i filistei”. Solo che il salto è stato incredibile ed inconciliabile con la razionalità. Quando un primo ministro si trastulla, pare, con minorenni, quando un suo ministro ha come unico metodo di comunicazione un dito medio rivolto al cielo, beh, siamo veramente alla volgarizzazione della vita pubblica, oltre che privata. Comportamenti che erano da ignobile sottobosco dei rapporti umani sono saliti in Parlamento, rendendo quel luogo per molti aspetti una cloaca.