Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

sabato 22 novembre 2014

SE CHANTO - SIMONE AIELLO




Se chanto, testo in Occitano:                                       Se chanto, traduzione in Italiano: Se Canta
Devant de ma fenestro ia un auzeloun,                         Davanti alla mia finestra c’è un uccellino,
touto la nuech chanto, chanto sa chansoun.                   tutta la note canta, canta la sua canzone. 
Se chanto que chante: chanto pa per ieu,                     Se canta, che canti: non canta per me,
chanto per ma mio, qu’es da luenh de ieu.                     canta per la mia amica, che è lontana da me.
Aquelos mountanhos que tan autos soun,                      Quelle montagne che sono tanto alte,
m’empachoun de veire mes amours ount soun.              mi impediscono di vedere i miei amori dove sono.
Se chanto, que chante: chanto pa per ieu,                     Se canta, che canti: non canta per me,
chanto per ma mio, qu’es da luenh de ieu.                    canta per la mia amica, che è lontana da me.
Baissà-vous mountanhos, planos levà-vous,                 Abbassatevi montagne, pianure alzatevi,
perque posque veire mes amours ount soun.                perché possa vedere i miei amori dove sono.
Se chanto, que chante: chanto pa per ieu,                    Se canta, che canti: non canta per me,
chanto per ma mio, qu’es da luenh de ieu.                    canta per la mia amica, che è lontana da me. 

venerdì 21 novembre 2014

A Victor Jara

 Luchin

Frágil como un volantín
en los techos de Barrancas
jugaba el niño Luchín
con sus manitos moradas,
con la pelota de trapo,
con el gato y con el perro,
el caballo lo miraba…
En el agua de sus ojos
se bañaba el verde claro,
gateaba a su corta edad
con el potito embarrado,c
c on la pelota de trapo,
con el gato y con el perro,
el caballo lo miraba…
El caballo era otro juego
en aquel pequeño espacio
y al animal parecía
le gustaba este trabajo,
con la pelota de trapo,
con el gato y con el perro,
y con Luchito mojado…
Si hay niños como Luchín
que comen tierra y gusanos
abramos todas las jaulas
pa' que vuelen como pajaros,
con la pelota de trapo,
con el gato y con el perro,
y también con el caballo.

Fragile come un aquilone
per i tetti di Barrancas
giocava il piccolo Luchín
con le manine livide,
con la palla di stracci,
con il gatto e con il cane,
il cavallo lo guardava…
Nell' acqua dei suoi occhi
si bagnava il verde chiaro,
gattonava alla sua tenera età
con il culetto infangato,
con la palla di stracci,
con il gatto e con il cane,
il cavallo lo guardava…
Il cavallo era un altro gioco
in quel piccolo spazio
e all'animale sembrava
piacesse quel lavoro,
con la palla di stracci,
con il gatto e con il cane,
mentre lui è tutto bagnato…
Finché ci saranno bimbi come Luchín
che mangiano terra e vermi
apriamo tutte le gabbie
perché volino come passerotti,
con la palla di stracci,
con il gatto e con il cane,
ed anche con il cavallo.

Le mani   che avevano suonato la chitarra accompagnando le canzoni del popolo cileno e della speranza sono state spezzate. Non doveva più suonare nulla Victor. Le parole della libertà e dell’uguaglianza sono nemiche delle dittature. E quando quelle parole entrano nella testa e nel cuore di chi le ascolta, e vengono cantate in ogni strada, il cantautore è pericoloso quanto una rivoluzione, perché tocca le corde più profonde delle persone.

Victor era già stato   in quello stadio. Era stato li per cantare. Perché sapeva che le idee si possono diffondere anche con le canzoni. Perché il governo di Salvador Allende era una speranza vera di riscossa dalla miseria e di una reale rivoluzione dei costumi e della società cilena . E quelle idee toccavano le corde più profonde dei campesinos, dei minatori, degli studenti cileni. E questo non poteva essere tollerato dai militari. Neppure dagli USA che mal sopportavano un presidente socialista nel “cortile di casa”.  Perché era meglio una dittatura, più manovrabile.  Che magari vedesse chi reclamava diritti   come un pericoloso sovversivo da fermare con ogni mezzo. Anche con la torture imparate da istruttori che bene conoscevano la materia.

Victor Jara era figlio di un coltivatore con cui non aveva un buon rapporto e di una donna del popolo che suonava la chitarra e cantava nelle feste di matrimonio. Cantava canti popolari. In tenera età si trova a dover accompagnare i genitori nel lavoro dei campi. Un incidente alla sorella Maria costringe la famiglia a trasferirsi a Santiago per seguirne le cure . Victor si iscrive con il fratello al liceo. Il duro lavoro della madre permette un certo benessere alla famiglia. A Victor  piace suonare e  cantare e si accompagna con la chitarra della madre. Lei gli aveva insegnato i primi accordi.  A Santiago frequenta gli ambienti della chiesa e partecipa a cori e alla vita dell’ oratorio, fatta di partite e di allegre compagnie. Si avvicina al Partido Demócrata Cristiano ed  il suo sogno è quello di fare il sacerdote. Frequenta il seminario. Racconterà così la sua scelta: “« Fu una decisione importante quella di entrare al seminario. A pensarci adesso, da una prospettiva più asciutta, credo di averlo fatto per ragioni intime ed emozionali, a causa della solitudine e la sparizione di un mondo che fino ad allora era sembrato solido e duraturo, un mondo simbolizzato dal focolare e dall'amore di mia madre. Avevo già rapporti con la Chiesa e, in quel momento, cercai in essa un rifugio. Allora pensavo che questo rifugio mi avrebbe guidato verso altri valori e mi avrebbe aiutato a trovare un amore differente e più profondo che, magari, avrebbe compensato l'assenza di amore umano. Credevo che avrei trovato questo amore nella religione, dedicandomi al sacerdozio. » ma dopo due anni si rende conto della mancanza di una vera vocazione ed abbandona gli studi.  Entra subito nell’esercito e, alla fine del servizio militare, aderisce ad un gruppo di ricerca di musiche popolari ed incontra Violeta Parra, dopo un’esperienza con il gruppo teatrale dell’università del Cile. Violeta, la piccola donna della canzone popolare, quella che, alta 1,50 visse gli ultimi anni della sua vita nel tendone di un circo che era la swua casa e la sede della sua associazione di ricerca di musiche popolari. Lei che verrà trovata suicida dopo averci regalato il più grande inno alla vita possibile, quel “Gracias a la vida” che verrà riproposto in ogni lingua e da moltissimi cantanti,  lo convincerà a riprendere anche la sua  attività di cantante.

Il teatro gli permette di viaggiare parecchio in america latina ed in Europa. Il suo lavoro di regista lo fa spaziando da Brecht a Sofocle. Nei maggiori teatri:  tocca l'Olanda, la Francia, l'URSS, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Romania e la Bulgaria.
Come cantautore e compone nel 1961 la sua prima canzone: “Paloma quiero contarte”.
Le due attività lo assorbono completamente.  

Riceve molti riconoscimenti per le sue attività . Nel frattempo partecipa attivamente alla campagna elettorale di Allende per Unidad Popular. Dallo stesso Allende verrà nominato ambasciatore culturale per il Cile. Nel 73, convinto da Pablo Neruda, dirige programmi televisivi contro la guerra e il fascismo. Il golpe arriva improvviso ed inatteso. Victor era membro del     Partito Comunista, i militari lo sorprendono all’università dove viene arrestato insieme a molti studenti e professori. Torna , prigioniero, in quello stadio dove era stato applaudito  . Il suo cadavere verrà riconosciuto dalla moglie, Joan che così descrive la scena:

  « Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Víctor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Víctor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti. »

Dopo averlo massacrato dicendogli “Su, cantaci una canzoncina ora” ed avergli spezzato i polsi perché non suonasse più la chitarra, i militari l’hanno finito a colpi di pistola. Il governo del fascista Pinochet vietò la vendita dei suoi dischi.  
Non si conosce la data esatta della sua morte. Chi dice il 16, chi il 23, chi il 26 settembre. Subito dopo il golpe.
Ma neppure la morte riuscì a farlo tacere.
Infatti una voce libera non si ferma. Così le sue canzoni giunsero anche a noi grazie a gruppi esuli come gli Inti Illimani e i Quilapayun .




Discografia essenziale:
 1966 - Victor Jara (Arena)
 1967 -
Victor Jara (Odeon)
 1967 - Canciones Folcloricas de America
[Con i Quilapayun (Odeon)]
 1969 -
Pongo en tus manos abiertas (Jota Jota) 
 1970 -
Canto libre (Emi-Odeon)
1971 -
El derecho de vivir en paz (Dicap) 
1972 -
La poblacion (Dicap)
1973 -
Canto por travesura (Dicap)
1974 -
Canciones postumas



  

giovedì 20 novembre 2014

Una barca, Saramago e Guido Veronesi

Datemi una barca, disse l’uomo.
E voi a che scopo volete una barca, si può sapere? Domandò il re.
Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, rispose l’uomo.
Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più. Sono tutte sulle carte.
Sulle carte geografiche ci sono solo le isole conosciute.
E qual è l’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca?
Se ve lo potessi dire allora sarebbe conosciuta. (Josè Saramago, da – Il racconto dell’isola sconosciuta).

Inseguire utopia (Utòpia) è, in fondo, voglia di vivere. Solo Il folle osa dire che non c’è l’isola che non si vede. Il folle, solo il folle osa credere nell’ isola che non c’è. L’artista che scrive le sue storie su un foglio bianco, il pittore che mostra immagini come le vede il suo io, il fotografo che non riesce mai a riprendere la realtà, solo la luce e le forme come lui le vede in quel momento, e che quando l’osservatore guarda, si sofferma ad ammirare, a lodare, in realtà vede o legge solo quello che lui sa e vuol vedere. Perché ogni riga scritta, ogni dipinto, ogni fotografia mette lo spettatore di fronte al proprio vissuto, spesso non mediabile con quello dell’artista.
La potenza immensa del taglio di Fontana in fondo sta proprio lì. Il realista vede un taglio, l’utopista vede l’apertura alla vita fuori dalla vita stessa, fuori dal quadro. Cronopios e Fama, in fondo, quelli che Cortazar seppe dipingere così bene. Talmente bene da trasformare un racconto in emozione. Forse quel realista è infelice, forse non si emoziona vedendo un fiore, chissà.

martedì 18 novembre 2014

Salento qui, Salento là... La terra del sale

Laggiù, nel “cortile di casa” degli USA, quel centro sud America diventato nei secoli meta, dominio, colonia, speranza, patria di immensi scrittori come Garcia Marquez, Sepulveda, Ignacio Paco Taibo 2, Isabel Allende e molti altri, là dove si parla spagnolo puoi sentirti improvvisamente a casa. Profuma di caffè il centro sud America, e di rivoluzionari epici, da Simon Bolivar a Inti Peredo, da Villa a Che Guevara. Un continente pieno di evocative presenze.
Eppure è sufficiente leggere quell’etichetta di un caffè che proviene dalla Colombia, immediatamente vedi aprirsi un mondo,  si chiama “Don Eliàs” e proviene dalla finca La Brisas in Colombia, più precisamente da Vereda Palestina Salento. Salento fa parte del dipartimento di Quindio, è nota dalle sue parti perché ospita una palma detta “della cera” che può raggiungere i 60 metri di altezza.
E’ nato su una strada che era il “camino del Quindio” che arrivava fino a Bogotà. Nel 1830 Simon Bolivar, il rivoluzionario, percorse quella strada e ne ordinò la ristrutturazione. E qui la storia si intreccia con quella italiana, per i ritardi, venne rifatta solo nel 1842. Per farla vennero utilizzati prigionieri politici di Panamà, Atioquia, Cauca. Diventato colonia penale, venne poi abitato da ex detenuti, si chiamava Boquia allora. Il censimento del 1865 dice di 581 abitanti. Diventato Comune autonomo nello stesso anno, prese il nome di Villa Nueva Salento.
Oggi ha una florida economia basata sul caffè. Anche questo è Salento, in fondo. E spunta pure la Palestina lì accanto, neppure uno straccio di Israele però.

domenica 16 novembre 2014

La nave Italia non va più

Tutto il nord Italia sott'acqua un’altra volta. Alluvioni, città allagate, morti, sindaci che parlano di catastrofi. La natura si riprende quel che le spetta, emblematico il caso Liguria dove uno sconsiderato modo di costruire e cementificare tutto il cementificabile ha inglobato torrenti e territorio. Leggo di un articolo di Montanelli di una trentina di anni fa in cui denunciava la miopia dei politici che avevano appena accusato alcuni scienziati colpevoli di aver pregato di controllare il cemento in Liguria, di rispettare il territorio.