Laggiù, nel “cortile di casa” degli USA, quel centro sud
America diventato nei secoli meta, dominio, colonia, speranza, patria di
immensi scrittori come Garcia Marquez, Sepulveda, Ignacio Paco Taibo 2, Isabel
Allende e molti altri, là dove si parla spagnolo puoi sentirti improvvisamente a
casa. Profuma di caffè il centro sud America, e di rivoluzionari epici, da
Simon Bolivar a Inti Peredo, da Villa a Che Guevara. Un continente pieno di
evocative presenze.
Eppure è sufficiente leggere quell’etichetta di un caffè che
proviene dalla Colombia, immediatamente vedi aprirsi un mondo, si chiama “Don Eliàs” e proviene dalla finca
La Brisas in Colombia, più precisamente
da Vereda Palestina Salento. Salento fa parte del dipartimento di Quindio, è
nota dalle sue parti perché ospita una palma detta “della cera” che può
raggiungere i 60 metri di altezza.
E’ nato su una strada che era il “camino del Quindio” che
arrivava fino a Bogotà. Nel 1830 Simon Bolivar, il rivoluzionario, percorse
quella strada e ne ordinò la ristrutturazione. E qui la storia si intreccia con
quella italiana, per i ritardi, venne rifatta solo nel 1842. Per farla vennero
utilizzati prigionieri politici di Panamà, Atioquia, Cauca. Diventato colonia
penale, venne poi abitato da ex detenuti, si chiamava Boquia allora. Il
censimento del 1865 dice di 581 abitanti. Diventato Comune autonomo nello
stesso anno, prese il nome di Villa Nueva Salento.
Oggi ha una florida economia basata sul caffè. Anche questo
è Salento, in fondo. E spunta pure la Palestina lì accanto, neppure uno
straccio di Israele però.
Sala poteva rimanere, in fondo, Gioi doveva sparire. Il
Cilento è terra bella, da ricordare ed era lì, così fra Sala e Cilento si
poteva fare fusione, il Comune si chiamò Salento. Nell’atichità da lì passarono i monaci
basiliani, anche questo è Salento, in fondo.
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