Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

giovedì 20 novembre 2014

Una barca, Saramago e Guido Veronesi

Datemi una barca, disse l’uomo.
E voi a che scopo volete una barca, si può sapere? Domandò il re.
Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, rispose l’uomo.
Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più. Sono tutte sulle carte.
Sulle carte geografiche ci sono solo le isole conosciute.
E qual è l’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca?
Se ve lo potessi dire allora sarebbe conosciuta. (Josè Saramago, da – Il racconto dell’isola sconosciuta).

Inseguire utopia (Utòpia) è, in fondo, voglia di vivere. Solo Il folle osa dire che non c’è l’isola che non si vede. Il folle, solo il folle osa credere nell’ isola che non c’è. L’artista che scrive le sue storie su un foglio bianco, il pittore che mostra immagini come le vede il suo io, il fotografo che non riesce mai a riprendere la realtà, solo la luce e le forme come lui le vede in quel momento, e che quando l’osservatore guarda, si sofferma ad ammirare, a lodare, in realtà vede o legge solo quello che lui sa e vuol vedere. Perché ogni riga scritta, ogni dipinto, ogni fotografia mette lo spettatore di fronte al proprio vissuto, spesso non mediabile con quello dell’artista.
La potenza immensa del taglio di Fontana in fondo sta proprio lì. Il realista vede un taglio, l’utopista vede l’apertura alla vita fuori dalla vita stessa, fuori dal quadro. Cronopios e Fama, in fondo, quelli che Cortazar seppe dipingere così bene. Talmente bene da trasformare un racconto in emozione. Forse quel realista è infelice, forse non si emoziona vedendo un fiore, chissà.

Se le isole fossero veramente tutte sulle carte, a nulla servirebbe vivere, in fondo. Non possono essere tutte lì, altrimenti avrebbero senso anche le guerre, la fame, le privazioni. Avrebbe senso invece innamorarsi? Emozionarsi?

Sono pensieri strambi che mi sono balzati in mente leggendo il racconto di Saramago e riprendendo in mano, a volte il caso ti porta a strani incontri, il catalogo delle opere di Guido Veronesi. Lui ha deciso di andarsene a 26 anni nel 2004, sono passati dieci anni. Non lo conoscevo, neppure conoscevo la sua opera. Ho avuto la fortuna di conoscere invece Francesca Caminoli, sua madre, che scrisse la storia del suo interagire con Guido in un libro eccezionale “Viaggio in Requiem”, un’auto che viaggia da Lucca ad Otranto.
“Quando scopro la necessità della bellezza, necessito di riportarla quaggiù:nello stretto necessario” così descriveva Guido la sua pittura (cfr: introduzione al catalogo di Giuseppe Cordoni). E poi la stupenda galleria degli autoritratti “guardarsi dentro per vedere fuori”, e poi paesaggi, ritratti, studi. Tutto lì, nel catalogo a riportare Guido nel 2014. A chiederci  “chissà come dipingerebbe l’assurdo mondo di oggi”. Certamente andrebbe dal Re a pretendere una barca, perché lo sguardo dentro, il vedere fuori, la necessità dello stretto necessario sono tutte esigenze che si inseguono o a cui ci si abbandona. Chi si lascia travolgere da quel falso re che crede che il mondo giri tutto attorno al suo trono non vede fuori, proprio perché non sa guardarsi dentro. Non ho conosciuto Guido. Ho conosciuto Guido, in fondo. E’ seduto lì, fra le parole di Saramago. Sta seduto lì, sugli spalti del Castello di Otranto.

Josè Saramago – Il Racconto dell’isola sconosciuta – Einaudi edit.
Cortazar: Storie di Cronopios e Fama – Einaudi tascabili, 2005 (prima ediz. 1962)
Francesca Caminoli – Viaggio in requiem – Jaca book editore.




Nessun commento:

Posta un commento