Datemi una barca, disse l’uomo.
E voi a che scopo volete una barca,
si può sapere? Domandò il re.
Per andare alla ricerca dell’isola
sconosciuta, rispose l’uomo.
Sciocchezze, isole sconosciute non ce
ne sono più. Sono tutte sulle carte.
Sulle carte geografiche ci sono solo
le isole conosciute.
E qual è l’isola sconosciuta di cui
volete andare in cerca?
Se ve lo potessi dire allora sarebbe
conosciuta. (Josè Saramago, da – Il racconto dell’isola sconosciuta).
Inseguire utopia (Utòpia) è, in fondo, voglia di vivere. Solo
Il folle osa dire che non c’è l’isola che non si vede. Il folle, solo il folle
osa credere nell’ isola che non c’è. L’artista che scrive le sue storie su un
foglio bianco, il pittore che mostra immagini come le vede il suo io, il
fotografo che non riesce mai a riprendere la realtà, solo la luce e le forme
come lui le vede in quel momento, e che quando l’osservatore guarda, si sofferma
ad ammirare, a lodare, in realtà vede o legge solo quello che lui sa e vuol
vedere. Perché ogni riga scritta, ogni dipinto, ogni fotografia mette lo spettatore
di fronte al proprio vissuto, spesso non mediabile con quello dell’artista.
La potenza immensa del taglio di Fontana in fondo sta
proprio lì. Il realista vede un taglio, l’utopista vede l’apertura alla vita
fuori dalla vita stessa, fuori dal quadro. Cronopios e Fama, in fondo, quelli
che Cortazar seppe dipingere così bene. Talmente bene da trasformare un
racconto in emozione. Forse quel realista è infelice, forse non si emoziona
vedendo un fiore, chissà.
Se le isole fossero veramente tutte sulle carte, a nulla
servirebbe vivere, in fondo. Non possono essere tutte lì, altrimenti avrebbero
senso anche le guerre, la fame, le privazioni. Avrebbe senso invece
innamorarsi? Emozionarsi?
Sono pensieri strambi che mi sono balzati in mente leggendo
il racconto di Saramago e riprendendo in mano, a volte il caso ti porta a
strani incontri, il catalogo delle opere di Guido Veronesi. Lui ha deciso di
andarsene a 26 anni nel 2004, sono passati dieci anni. Non lo conoscevo,
neppure conoscevo la sua opera. Ho avuto la fortuna di conoscere invece Francesca
Caminoli, sua madre, che scrisse la storia del suo interagire con Guido in un
libro eccezionale “Viaggio in Requiem”, un’auto che viaggia da Lucca ad Otranto.
“Quando scopro la
necessità della bellezza, necessito di riportarla quaggiù:nello stretto necessario”
così descriveva Guido la sua pittura (cfr: introduzione al catalogo di Giuseppe
Cordoni). E poi la stupenda galleria degli autoritratti “guardarsi dentro per
vedere fuori”, e poi paesaggi, ritratti, studi. Tutto lì, nel catalogo a
riportare Guido nel 2014. A chiederci “chissà
come dipingerebbe l’assurdo mondo di oggi”. Certamente andrebbe dal Re a
pretendere una barca, perché lo sguardo dentro, il vedere fuori, la necessità
dello stretto necessario sono tutte esigenze che si inseguono o a cui ci si abbandona.
Chi si lascia travolgere da quel falso re che crede che il mondo giri tutto
attorno al suo trono non vede fuori, proprio perché non sa guardarsi dentro.
Non ho conosciuto Guido. Ho conosciuto Guido, in fondo. E’ seduto lì, fra le
parole di Saramago. Sta seduto lì, sugli spalti del Castello di Otranto.
Josè
Saramago – Il Racconto dell’isola sconosciuta – Einaudi edit.
Cortazar:
Storie di Cronopios e Fama – Einaudi tascabili, 2005 (prima ediz. 1962)
Francesca
Caminoli – Viaggio in requiem – Jaca book editore.
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