Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

sabato 18 luglio 2015

Gestori telefonia mobile: come ti scippo l'utente

Nove settimane e mezzo? No, quattro! Tim, Wind e Vodafone scippano gli utenti.

“In metropolitana state attenti ai borseggiatori…” stava scritto. Messaggio chiaro, lo utilizziamo anche qui: “chi ha un telefono cellulare stia attento agli scippi dei gestori TIM, Vodafone, Wind”. Circola insistente la voce che tutte le offerte a rinnovo mensile passeranno ad essere “rinnovabili ogni 4 settimane”. Questione di lana caprina? I mesi sono 12, le settimane 52, vale a dire che i rinnovi passeranno dai 12 attuali ai 13 della nuova gestione.
Certo che i gestori di telefonia mobile già ci avevano abituati al prelievo forzoso. I primi tempi delle ricaricabili avevano imposto un balzello di 10.000 lire (5,16 € attuali) per ogni ricarica, all’epoca esistevano solo due tagli possibili: 50.000 e 100.000 lire. Questo significava un balzello del 10% sulle più costose e addirittura del 20% su quelle da 50.000 lire. Lo scempio venne bloccato solo dopo anni di questo furto legalizzato, mi pare   da misure ad hoc dell’allora ministro Bersani. Il paradosso è ancora più evidente se pensiamo che le ricariche da 50.000 lire le faceva chi aveva meno disponibilità, forse per questo veniva penalizzato… il pezzente. Lo stesso perverso meccanismo (penalizzare il pezzente) verrebbe utilizzato con il balzello delle quattro settimane. Chi ha quattrini e non ha problemi si fa abbonamenti, li scarica dalla sua partita IVA ecc. I fidanzatini che fanno il versamento mensile per chiamarsi invece… Pezzenti, appunto. Pagheranno in media l’8% in più di quanto esborsano oggi.
Esaustivo l’articolo apparso tempo addietro su Il Fatto Quotidiano.





venerdì 17 luglio 2015

Mario Perrotta, Il milite ignoto

E’ tornato Mario Perrotta. Eravamo a Novoli quella sera, nel cortile del palazzo marchesale. Confesso, sono arrivato a spettacolo iniziato per un banalissimo contrattempo, ma era iniziato da poco. Lui stava seduto su sacchi, come in trincea. E parlava, raccontava storie di guerra, la terribile, ingobile prima guerra mondiale. E la diceva con la voce delle centinaia di soldati prelevati dai loro paesi, le diceva con ogni dialetto italiano noto, dal piemontese al siciliano, la sua voce raccontava e cambiava cadenza, arrivava dritta al cervello, arrivava al cuore di chi accanto a me non riusciva a smettere di piangere ascoltando la violenza della guerra, ascoltando il narrato che sappiamo essere vero, ogni parola, ogni attimo di tensione. A volte con un po’ di ironia, ma subito dopo con l’orrore di chi è ricoperto di pidocchi, di chi deve andare a liberare Trento e Trieste che “sono roba per chi g’ha studià, non per me che il viaggio più lungo l’ho fatto per vedere la città a pochi km dalla mia e che Trento e Trieste non so cosa siano”.

Arrivava la commozione sentendo gli ordini assurdi di chi diceva “Avanti Savoia” e mandava ragazzi a farsi massacrare. Storie vere, ispirate dal lavoro di Nicola Maranesi. “Milite ignoto quindicidiciotto” è il fante che muore, quello costretto ad eseguire gli ordini assurdi. C’è l’eco di Cadorna e degli ufficiali “che hanno studiato” e che dicono “gettate i cadaveri dei vostri compagni morti sul filo spinato e passateci sopra, avanti Salvoia”. Andare avanti sempre e comunque “Avanti Savoia, crepate per il re e per la patria”. Accidenti alla guerra. Ed è il soldato che ascolta il prete che dice “Dio è con noi, la guerra sarà vinta”, chiama il nemico, nell’altra trincea e lo avvisa che sarà sterminato perché l’ha detto Dio, e l’altro gli risponde, “anche il nostro prete è venuto da noi e ha detto le stesse cose”, “allora ci sono due padreterni?”
E lui, Perrotta milite che racconta, non ricorda il suo nome, macchè, non sa più nulla. “Ignoto mi chiamano”. Quei dialetti in cui narra, con i quali urla guerra e rabbia, con i quali crepa, mandato lì “per la patria” che fino a pochi giorni prima era solo il paese e i campi da coltivare. Mandato lì perché “tornerete prima che caschino le foglie dagli alberi” Ne sono passate di primavere. Troppe, troppi sono morti per una guerra di altri, di altre patrie, di altri mondi, lontani dal paesello e dai campi. Lontano da quel volto di mamma evocato che, forse, è l’unico ricordo del milite ignoto.

Alla fine Perrotta ha taciuto per qualche interminabile momento, quasi dovesse uscire dal corpo dei soldati, dei loro dialetti, delle loro morti. Quasi non fosse fra noi, emozionati, in piedi ad applaudire. 

giovedì 16 luglio 2015

Sono anziano e non capisco

Quando eravamo giovani ci guardavano con sospetto. Portavamo jeans anche a scuola e capelli lunghi. Eravamo sospetti di “bamboccismo” d’antan. Poi sono invecchiato, ho accorciato i capelli, molti amici che li portavano lunghi fino alle spalle li hanno persi. Io li ho ancora, per quel che possono servire (cosa che ancora mi sfugge). Roba da anziani insomma. E come gl ianziani di allora, anch’io a volte mi trovo a guardare ragazzi e a non saper comprendere. Ah la storia che si ripete!
Guardo, osservo e non capisco quei tagli di capelli. Rasi al suolo fino in cima e con folti ciuffi là in alto, alcuni si proiettano verso il basso creando un effetto sgradevolissimo. Forse è lo stile Marines? A quei tempi questi tagli li facevano in servizio militare per fare apparire tutti un po’ più scemi, ora invece… Ah l’età!
Ancora porto i jeans, mi piacciono, ma in qualità di decrepito vechietto confesso che mai li acquisterei rotti. Ne ho visto un paio in bella mostra in una vetrina, con squarci sparsi su tutte le gambe (una raffinatezza forse) e il cartellino che recitava: 120,00 Euro, in saldo 60,00. E mi chiedo se chi li acquista andrebbe all’autosalone sotto casa a chiedere “quella con le portiere ammaccate che chiudono male e con i sedili squarciati” e pagarla più di una nuova tutta linda. Bah. Sono vecchio, è vero, non capisco quindi taccio.
E non riesco a comprendere il “cavallo basso” dei pantaloni. Una volta c’era cavallo pazzo che imperversava in TV, ora per strada molti cavalli bassi, l’effetto ottico che si ottiene è identico a quando vedevo i miei bimbi, ancora molto piccoli, con il pannolone ripieno. Ma sono vecchio, non so comprendere.
Taccio dei corpaccioni tutti tatuati, dall’alluce alla testa con disegni che definire bizzarri è un insulto alla bizzarria.
E ci sono anche alcuni titoli di giornali a farmi sentire tutto il peso dell’età e dell’afa estiva quando leggo: “Causa della morte, secondo il medico legale: arresto cardio respiratorio” scritto a tutta pagina. In sostanza hanno scritto che il malcapitato è morto perché ha smesso di respirare e si è fermato il cuore. Quando si dice che l’informazione è superficiale! Non per dire ma se avessero scritto “morto” senza enfatizzare, forse…
A ben pensare l’unica persona che mi spinge a sentirmi giovane è l’ex ministra (femminile, così vuole la Boldrini) Fornero. Lei dice che a 64 anni non si può andare in pensione perché l’aspettativa di vita è immensa, in pratica gli ultra sessantenni sono poco più che adolescenti. Quasi quasi mi faccio due bei tagli ai jeans, all’altezza delle ginocchia.




mercoledì 15 luglio 2015

Cosa nostra, Loggia P2 e Lega nord


Nel verbale di richiesta di archiviazione datata 21 marzo 2001 per gli indagati:

1) GELLI Licio, nato a Pistoia il 21.4.1919;
2) MENICACCI Stefano, nato a Foligno (PG) il 4.10.1931;
3) DELLE CHIAIE Stefano, nato a Centurano di Caserta (CE) il 13.9.1936;
4) CATTAFI Rosario, nato a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) il 6.1.1952;
5) BATTAGLIA Filippo, nato a Messina l’8.2.1950;
6) RIINA Salvatore, nato a Corleone il 16.11.1930;
7) GRAVIANO Giuseppe, nato a Palermo il 30.9.1963;
8) GRAVIANO Filippo, nato a Palermo 27.6.1961;
9) SANTAPAOLA Benedetto Sebastiano, nato a Catania il 4.6.1938;
10) ERCOLANO Aldo, nato a Catania il 14.11.1960;
11) GALEA Eugenio, nato a Catania l’8.6.1944;
12) DI STEFANO Giovanni, nato a Petrella Tefernina (Campobasso) l’1.7.1955;
13) ROMEO Paolo, nato a Gallico (RC) il 19.3.1947;
14) MANDALARI Giuseppe, nato a Palermo il 18.8.1933.T I

Per:

a) in ordine al reato di cui all’art. 270 bis, commi 1 e 2, c.p., in particolare, per avere,con condotte causali diverse ma convergenti verso l’identico fine, promosso, costituito,organizzato, diretto e/o partecipato ad un’associazione, promossa e costituitain Palermo anche da esponenti di vertice di Cosa Nostra, ed avente ad oggetto il compimento di atti di violenza con fini di eversione dell’ordine costituzionale, allo scopo - tra l’altro - di determinare, mediante le predette attività, le condizioni per la secessione politica della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia, anche al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra e di altre associazioni di tipo mafioso ad essa collegate sui territori delle regioni meridionali del paese.

Si evince come strettissimi legami erano (sono?) fra massoneria, loggia P2, Cosa nostra, Sacra Corona Unita ed ogni altro tipo di mafia, oltre che con eversori dell’estrema destra (Delle Chiaie, già inquistio per la steage di Piazza Fontana e non solo e simili porcate). L’intento degli eversori era quello di creare una o più leghe sud che avevano un programma speculare a quello lega di Bossi, definito in più occasioni da pentiti e non solo “un pupo” nelle mani di Miglio che era il vero ideologo, legato a Licio Gelli e ad ambienti di destra estrema.
D’altra parte fu proprio Miglio e dire che occorre legalizzare la mafia in quanto parte integrante del meridione.  Certe letture sono importanti per comprendere atti, parole, atteggiamenti che prima forse erano sfuggiti, evanescenti, impalpabili, ma che possono assumere inquietanti risvolti. La lega di Bossi che si voleva estendere in meridione (cosa che pare riuscire a Salvini), la creazione di macro regioni   erano temi ricorrenti all’epoca, solo dopo si scoprirà quanto marcio nascondevano. Oggi sembra tutto più chiaro, Salvini non nega le sue radici fasciste allenadosi con Casa Pound e trovando l’appoggio dei Berlusconi, dei Dell’Utri e compagnai cantando. Una ri/fusione fra eversione nera e mafie?
Anche se è vero che il Pubblico ministro ha chiesto l’archiviazione del procedimento motivando così tale richiesta:

In conclusione, il P.M. ritiene che l’insufficiente prova di un nesso di casualità fra l’attività finalizzata alla costituzione dei movimenti leghisti meridionali e l’accordo eversivo-criminale maturato all’interno di Cosa Nostra, nonché l’incompletezza della prova in ordine alla “permanenza” dell’accordo eversivo secessionista negli anni successivi al 199161, non consentono di sopperire all’insufficienza del materiale probatorio in ordine al requisito organizzativo, indispensabile per la configurabilità del reato di cui all’art. 270 bis c.p., con conseguente analogo giudizio in relazione all’altro delitto per cui si procede (artt. 110 e 416 bis c.p.). Per tutte le ragioni sopra esposte, quindi, non sembrano essere stati acquisiti,allo stato, elementi probatori tali da ritenere integrata la fattispecie di cui all’art. 270 bis c.p., né quella – correlata – di cui all’art. 110 e 416 bis c.p. nei confronti dei soggetti indagati anche per tale ipotesi di reato.

rimane interessante leggere il capitolo riguardante la lega nord. Scrive il P.M. :

Lega Nord

Anche dall’analisi delle origini e dell’evoluzione della Lega Nord e dei suoi rapporti col fenomeno delle leghe meridionali sono emersi alcuni riscontri all’ipotesi investigativa, oggetto del presente procedimento, ed in particolare alle dichiarazioni
di Leonardo Messina.
La Lega Nord nasceva nel mese di novembre 1989 come federazione di una serie di movimenti leghisti, tutti costituiti successivamente alla Lega Lombarda di Umberto Bossi (1983), fatta eccezione per la Liga Veneta (già costituita nel 1980). Aderivano, oltre alla Lega Lombarda che fungeva anche da elemento catalizzatore, i seguenti movimenti: Union Ligure di Bruno Ravera, Piemont Autonomista di Gipo Farassino, Liga Veneta di Franco Rocchetta, Lega Friuli di Mario Prata, Lega Trieste di Edoardo Marchio e Fabrizio Belloni, Lega Emiliano - Romagnola, Alleanza Toscana di Tommaso Fragassi. Tra questi movimenti, degno di attenzione è soprattutto il movimento denominato Alleanza Toscana, divenuto poi Lega Toscana, movimento legato al mondo massonico e venuto in contatto con soggetti appartenenti alla destra eversiva (come Terracciano Carlo, già appartenente all'organizzazione di estrema destra Terza Posizione, più volte inquisito per reati associativi legati all'eversione di estrema destra e legato ad associazioni gravitanti nell'orbita dell'integralismo islamico, il quale è in seguito entrato a far parte del movimento leghista di Stefano Delle Chiaie).
Va, inoltre, segnalato che, fin dalle origini del movimento leghista, ed in particolare
all’interno della Liga Veneta, è presente una significativa componente legata agli ambienti dell’eversione nera, che sfocieranno poi anche nell’esperienza delle leghe
meridionali. Risulta, in particolare, che è stato candidato in alcune consultazioni
elettorali nelle liste della Liga Veneta l’avv. Stefano Menicacci, con un passato di
primo piano negli ambienti degli attivisti della destra estrema, legale di Stefano Delle Chiaie, ma anche del leader della Liga Veneta Franco Rocchetta. Va segnalato, in proposito, che la D.I.A. nell’informativa del D.I.A. n. 3815/98 del 31/1/1998, sulla base dell’analisi della documentazione acquisita, giunge alla conclusione che l’avv. Menicacci è “l’elemento di collegamento principale” fra la Liga Veneta e le iniziative leghiste centro–meridionali sviluppatesi negli anni ’90.Nella storia della Lega Nord possono distinguersi tre periodi.
Il primo periodo (1983-1987), coincidente con la nascita della Liga veneta, riflette
la crisi delle basi del consenso della DC nelle aree bianche e le incertezze che pervadono la struttura sociale della piccola impresa, centro dello sviluppo economico degli anni settanta. L’offerta politica leghista si esprime attraverso una rivendicazione di segno etno-regionalista. L’autonomia della regione viene cioè richiesta in nome dell’esistenza della “nazione veneta”. Si tratta, tuttavia, di una proposta che soddisfa solo in piccola parte la domanda della società, come viene messo in luce dalla declinante parabola dei consensi che riceve. Dalle indagini della D.I.A. è emerso che proprio all’interno della Liga Veneta si annoverano le maggiori e più significative presenze di personaggi legati alla massoneria (e segnatamente a Licio Gelli) ed agli ambienti della destra estrema, molti dei quali vicini a Stefano Delle Chiaie e all’avv. Stefano Menicacci45.
Nel secondo periodo (1987-1990) il baricentro del movimento si sposta in Lombardia, per iniziativa della Lega Lombarda e del suo leader, Umberto Bossi. La
proposta politica leghista ridimensiona l’idea di regione come “nazione” e valorizza,
invece, quella di regione come “comunità di interessi”. La Lombardia diviene la terra in cui risiede e opera il “popolo dei produttori”, contrapposto allo “Stato centralista” e al Sud assistito. Il consenso elettorale registra una forte espansione dapprima in Lombardia, quindi in tutte le altre regioni del Nord. Nel terzo periodo, la Lega da aggregazione di leghe regionali diviene la Lega Nord, federazione unitaria ispirata e guidata dalla leadership lombarda. In questo periodo (dal 1990 in poi) la Lega Nord si propone come antagonista del sistema partitico e delle istituzioni tradizionali. Riesce, così, a canalizzare i consensi e a catturare i dissensi di ampi settori della società, divenendo, alle elezioni politiche del 1992, il primo partito nelle aree più industrializzate del Nord.
E’ in questo periodo che si verifica una importante trasformazione del programma
originario grazie all’intervento di Gianfranco Miglio, che diviene l’ideologo della Lega. Miglio ritiene che il neoregionalismo sia una cornice istituzionale non più adeguata, perché il contesto di riferimento - la regione - è troppo angusto. Sino a che i confini resteranno quelli attuali, il peso contrattuale delle regioni, nel conflitto con lo stato e con i partiti nazionali, risulterà inadeguato, teorizza. La Lega, o meglio Bossi, si orienta di conseguenza: le leghe regionali, per iniziativa di quella lombarda che ne costituisce la componente egemone, lasciano così il posto alla Lega Nord, la quale si presenta come il “partito anti-partiti”, l’antagonista del sistema politico tradizionale. Questo percorso sfocia nel febbraio del 1991, data in cui la Lega Nord celebra il suo primo congresso dopo la fusione nella Lega Nord di tutte le leghe preesistenti e dove si ipotizza uno stato federale articolato in macro-regioni: il Nord, il Centro e il Sud. E si giunge a proporre una vera e propria secessione, sostenendo che l’estensione macroregionale rispecchia la necessità di misurarsi con lo “stato centralista”, essendo “la Repubblica del Nord l’unico rimedio per tagliare il nodo della partitocrazia centralista, corrotta e mafiosa”.
Peraltro, già dal 1990, Bossi aveva iniziato a manifestare pubblicamente l’intenzione di estendere il progetto federalista della Lega Nord anche alle regioni del Centro e del Sud Italia. E nel settembre 1990 veniva pubblicata un’opera di Gianfranco Miglio dal titolo: “Una costituzione per i prossimi trent'anni. Intervista sulla terza Repubblica”, ove si prefigurava la costituzione di tre macro regioni, la Padania, il Centro e il Sud, destinate a far parte di uno Stato federale.
Intanto, già dall’aprile 1990, per iniziativa di Cesare Crosta, era iniziata l'attività
della Lega Centro e della Lega Sud, entrambe aderenti alla Federazione nazionale
delle Leghe promossa dalla Lega Lombarda, che raggruppava, per l'appunto, la Lega Nord, la Lega Centro e la Lega Sud46. Sia alla Lega Centro che alla Lega Sud facevano capo, a loro volta, numerose leghe regionali: Lega Centro Lazio, Lega Sud Sicilia, Lega Sud Calabria, etc.47. Quasi contestualmente vennero costituiti i movimenti leghisti meridionali, già menzionati, riconducibili al gruppo di Stefano Menicacci e Stefano Delle Chiaie, che anche pubblicamente anticipano di fare anch’essi riferimento alla Lega Nord. Si avvia, insomma, un processo di unificazione dei vari movimenti disseminati sul territorio nazionale (in particolare fra quelli di Crosta e quelli di Menicacci) e nel corso dello stesso anno (1990) emerge con evidenza l’impegno dell’estremismo di destra in favore del leghismo centro-meridionale rappresentato da Cesare Crosta, anch’egli peraltro proveniente da una militanza negli ambienti monarchici48.
Va detto, tuttavia, che alla fine del 1991 il gruppo di Delle Chiaie e Menicacci sembra defilarsi dal progetto politico di Crosta (ufficialmente coordinato con la Lega
Nord), per perseguire un altro e autonomo itinerario.
Infatti, in data 1 ottobre 1991, Stefano Delle Chiaie fondò con Adriano Tilgher49 la “Lega Nazional Popolare”, che fra gli iscritti annoverava lo stesso Stefano Menicacci e numerosi personaggi provenienti dalle leghe costituite nel 1990 dal medesimo gruppo nell’Italia centro-meridionale, per lo più provenienti dalla destra estrema (come il noto Giancarlo Rognoni, leader negli anni ’70 del gruppo “La Fenice” di Milano e poi di “Ordine Nuovo”)50. Ed il 5 gennaio del '92 , venne creata una nuova aggregazione di vari movimenti denominata "Leghe delle Leghe", ove confluirono varie formazioni di ispirazione leghista-indipendentista costituitesi nell'Italia centro meridionale, fra le quali la Lega Nazional Popolare di Stefano Delle Chiaie e la Lega Italiana del gruppo gelliano, ufficialmente guidata da Domenico Pittella. Il nuovo movimento si impegnò poi nella campagna elettorale del 1992, con esiti – tuttavia – poco apprezzabili, tanto che l’anno successivo il movimento assunse la nuova denominazione “Alternativa Nazional Popolare”, sostanzialmente rinunciando al vecchio progetto meridionalista. Ricostruita così nelle linee generali l’evoluzione politica ed ideologica della Lega del Nord, in parallelo con la rassegna cronologica delle iniziative politiche del gruppo Gelli - Delle Chiaie dal 1991 al 1993, ben si comprende che il progetto di questi gruppi era quello di riprodurre al Sud lo stesso itinerario formativo della Lega del Nord. Prima, la costituzione di una serie di leghe regionali e poi, la loro fusione in un unico soggetto politico, la Lega delle Leghe che doveva presentarsi come l’equivalente al Sud della Lega Nord.
Quanto ai motivi di tale scelta politica, occorre considerare che nel 1991 la Lega
Nord appariva in continua ascesa elettorale e, quindi, come l’ago della bilancia di
qualsiasi futura coalizione governativa. Sicché la Lega Nord, coadiuvata da un eventuale analogo successo elettorale della Lega Sud, poteva certamente apparire in grado di imporre la riforma dello stato in senso federalista. D’altronde, l’indirizzo e le finalità dell’attivismo politico di Gelli vennero da lui personalmente esplicitate in un’intervista, rilasciata nel settembre del 1992, nell’ambito della quale egli indicò Bossi come l’unica speranza; espresse il proprio disprezzo per i vertici politici del tempo (“la teppaglia che ci sta rapinando”); auspicò un colpo di stato per eliminare tali vertici; lamentò che non vi erano più veri militari per realizzare tale colpo di stato, del quale - a suo dire - vi sarebbero state pure le condizioni; indicò in Bossi e quindi nella Lega Nord l’unica via di uscita, manifestando la propria adesione allo sciopero fiscale, prodromo della secessione.
E in alcune interviste successive Gelli rilanciò la protesta antipartitica qualificando
la classe politica come corrotta e iniqua e ribadendo che tale classe doveva essere
eliminata. La Lega delle Leghe del gruppo gelliano, dunque, non si presentava come movimento antagonistico della Lega del Nord ma, anzi, ne faceva proprio il programma e i contenuti ideologici, presentandosi come l’attore politico in grado di pilotare al Sud il programma di divisione dell’Italia in macroregioni.
Il progetto finale, come si è accennato, era quello della divisione del paese in due o tre macroregioni, con statuti di Stati autonomi, in un Italia federata destinata a perdere la propria identità nazionale e ad essere attratta al Nord sotto l’influenza della Europa del Nord e al Sud sotto l’influenza dei paesi del Nord Africa (Libia).
Ed è ben comprensibile che tale progetto facesse gola anche alle organizzazioni criminali. La frammentazione del paese in stati federali avrebbe consegnato il Sud all’egemonia del sistema criminale, e ciò anche grazie anche alla regionalizzazione del voto e all’introduzione del sistema uninominale che esaltavano le potenzialità di condizionamento delle votazioni da parte delle organizzazioni mafiose e delle lobbies
criminali…

45 Nell’informativa D.I.A. n. 3815/98 del 31/1/1998 si evidenzia che queste presenze risalgono alle origini della Liga
Veneta: fra gli altri personaggi provenienti da tali ambienti, si segnala che l’avv. Filippo De Jorio, iscritto alla P2, già
implicato nel golpe Borghese con Gelli, ed attivista politica nel Partito dei Pensionati (così come l’avv. Menicacci)
venne eletto nelle liste della Liga Veneta in occasione delle elezioni del Consiglio regionale del Lazio del 12-13 maggio
1985.
46 La Lega Sud venne costituita il 23 febbraio 1990.
47 Cfr. le schede relative ai singoli movimenti leghisti, allegate all’informativa D.I.A. del n. 17959/97 del 3.6.1997.
48 Cfr. la ricostruzione contenuta nell’informativa D.I.A. n. 3815/98 del 31/1/1998, ove si evidenzia anche la partecipazione dell’on.Bossi, sempre nel 1990, ad alcune manifestazioni politiche organizzate da leghe costituite dall’avv. Stefano Menicacci (ad esempio il 6.12.1990 a Perugia in una manifestazione organizzata dalla Lega Umbra di Menicacci, che infatti confluì nella Lega Centro Umbria di Cesare Crosta.
49 Adriano Tilgher, uno dei leader di Avanguardia Nazionale ed elemento carismatico nell'ambito dell'estrema destra, è
sempre stato legato a Stefano Delle Chiaie e risulta aver fatto parte anche della P2 (cfr. informativa D.I.A. n. 3815/98
del 31/1/1998 e relativa scheda personale allegata).
50 Si ricorderà che di “Ordine Nuovo” facevano parte anche Pietro Rampulla, condannato per la strage di Capaci, e Rosario Cattafi, indagato nel presente procedimento. Cfr. le informative D.I.A. n. 17959/97 del 3/6/1997 e n. 3815/98 del 31/1/1998 e schede allegate.


A questo punto sorge spontanea la domanda su quali radici abbiano dato vita a movimenti come “Regione Salento”, guidato da un indebitatissimo editore di Tv locali, o di altre alleanze meridionali sponsorizzate anche da ex ministri della Repubblica. Se altre forze note ed occulte hanno agito.

In comune con quel periodo esiste la militanza o, quanto meno, la provenienza da ambienti dell’estrema destra di alcuni loro protagonisti, esiste una massoneria diffusa nel territorio a livello ufficiale e, si presume, ufficioso. Ci si chiede se esista e quanto pesi un tessuto sociale, imprenditoriale e non, legato, intrecciato con quelli mafiosi o mafiogeni. Con l’ascesa di Berlusconi che teneva alle dipendenze dirette un boss mafioso come Mangano e fino alla sua caduta le leghe sono state domate, quasi fosse stato trovato l’uomo giusto al posto giusto, ora i giochi sono riaperti a tutto campo.  Ora le mafie sono più di allora imprenditrici e detentrici di un immenso potere economico/finanziario/politico.  

lunedì 13 luglio 2015

Assonanze

…Tra i credenti nessuno mancava del necessario, perché quelli che possedevano campi o case li vendevano, e i soldi ricavati li mettevano a disposizione di tutti: li consegnavano agli apostoli e poi venivano distribuiti a ciascuno secondo le sue necessità.
Atti degli apostoli (cfr. At 4, 35).

In una fase piú elevata della società comunista, dopo che è scomparsa la subordinazione asservitrice degli individui alla divisione del lavoro, e quindi anche il contrasto fra lavoro intellettuale e fisico; dopo che il lavoro non è divenuto soltanto mezzo di vita, ma anche il primo bisogno della vita; dopo che con lo sviluppo onnilaterale degli individui sono cresciute anche le forze produttive e tutte le sorgenti della ricchezza collettiva scorrono in tutta la loro pienezza, solo allora l’angusto orizzonte giuridico borghese può essere superato, e la società può scrivere sulle sue bandiere: Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!

K. Marx- F. Engels, Opere scelte, Editori Riuniti, Roma, 1969, pag. 962

domenica 12 luglio 2015

Renzi il rottamatore di tutto... tranne di Licio Gelli


Matteo Renzi, intercettato al telefono con il Generale della Guardia di Finanza Adinolfi: 

Renzi (R): Signor generale!
Adinolfi (A): Mi dicono fonti solitamente ben informate che ti stai avviando anche tu verso una fase di rottamazione.
R: È la disinformatia del partito…
A: Come stai amico mio? Tanti auguri, tanti auguri e complimenti. Matteo, spero di vederti in qualche occasione.
R: Con molto, molto piacere. La settimana prossima sarà un po’ decisiva perché vediamo se riusciamo a chiudere l’accordo sul governo. E…
A: Rimpastino?
R: Sì, sì. Rimpastino sicuro. Rimpastone, no rimpastino! Il problema è capire anche… se mettere qualcuno dei nostri…
A: È lì il punto! O stare fuori, va bene?
R:No, bisogna star dentro.
A: Oppure stare dentro.
R: Stare dentro però rimpastone.
A: Significa arrivare al 2015.
R: E sai, a questo punto, c’è prima l’Italia, non c’è niente da fare. Mettersi a discutere per buttare all’aria tutto, secondo me alla lunga sarebbe meglio per il Paese perché lui è proprio incapace, il nostro amico. Però…
A: È niente, Matteo, non c’è niente, dai, siamo onesti.
R: Lui non è capace, non è cattivo, non è proprio capace. E quindi… però l’alternativa è governarlo da fuori…
A: Secondo me il taglio del Presidente della Repubblica.
R: Lui sarebbe perfetto, gliel’ho anche detto ieri.
A: E allora?
R: L’unico problema è che … bisogna aspettare agosto del 2016. Quell’altro non c’arriva, capito? Me l’ha già detto.
A: Sì sì, certo certo.
R: Quell’altro 2015 vuole andar via e … Michele mi sa che bisogna fare quelli che… che la prendono nel culo personalmente… poi vediamo magari mettiamo qualcuno di questi ragazzi dentro nella squadra… a sminestrare un po’ di roba.
A: Sì sì, ho capito.
R: Purtroppo si fa così.
A: Non ci sono alternative, perché quello, il numero uno non molla e quindi che fai?
R: E poi il numero uno anche se mollasse… poi il numero uno ce l’ha a morte con Berlusconi per cui… e Berlusconi invece sarebbe più sensibile a fare un ragionamento diverso. Vediamo via, mi sembra complicata la vicenda.
A: Matteo, intanto t’ho mandato una bellissima cravatta.
R: Grazie.
A: (…) Se vuoi il colore lo puoi cambiare, ci sono dei rossi e dei neri, va bene? (ride)
R:No ma va bene, poi io amo il calcio minore per cui va bene.. un abbraccio forte.
A: Che stronzo! Ciao, ciao. Buon compleanno, buona giornata.


In buona sostanza si evince che gli accordi con Berlusconi (Adinolfi è intimo di Gianni Letta e di Galliani) sono nati tramite intermediazioni con amichetti comuni, (il Patto del Nazareno venne annunciato 5 giorni dopo questa intercettazione), che Napolitano è bypassato e invece esiste un asse con lo stesso Berlusconi. Con Enrico Letta il sindaco di Firenze tentò, in perfetto stile democristiano (che qualcuno chiama innovazione rivoluzionaria) uno scambio delle vacche: Palazzo Chigi subito e Quirinale per Letta nel 2016, l’altro (che al contrario di Renzi ha dignità) rispose "no grazie" e Renzi, forte dell'appoggio di Berlusconi fece il suo golpiccino. Napolitano dovette accettare suo malgrado e gli italiani tutti guardano passivamente il trionfo del programma del guitto che, guarda caso, assomiglia sfacciatamente al piano di rinascita democratica di Licio Gelli. Prosit!