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sabato 5 novembre 2011

giornalismo o sciacallaggio?

TG2 delle 13, la "giornalista" con tanto di microfono sta a Genova, riesce ad acchiappare il marito di una donna morta nell'alluvione e il suo figliolo. La storia è tristissima, lei accompagnava a casa il figlio da scuola, arriva l'onda di piena, si tengono per mano, la mamma viene travolta, il bimbo viene fortunosamente salvato da un vicino di casa. Di fronte a questa tragedia il minimo che si chiede ad un giornalista che non sia un cretino è di accarezzare il bimbo e tacere. Invece lei, che cretina è, gli ficca il microfono in bocca e gli chiede "hai avuto paura di morire? E la mamma cosa ha fatto?" Mi fermo qui, a parte la considerazione che la cretina dovrebbe limitarsi a spalare fango, anzichè fare sciacallaggio. 

chi spiega a bossi che discende dai terun?


 E adesso chi lo spiega al trota, al troto, a Borghezio, al cotino bello? Chi dirà loro l’amara verità? Chi oserà parlarne con quelli dall’elmo cornuto? Tremano le vene ai polsi solo a pensare le reazioni che potrà provocare questa verità. La scienza però parla chiaro. Non oso proseguire, chissà mai che venga un coccolone a qualche leghista che apre queste pagine pensando di navigare in un sito porno.
Però mi faccio coraggio, in fondo le rianimazioni lavorano non stop.
La notizia è pubblicata con due studi su “Nature”, a opera dell’inglese Thomas Higram, dell’Università di Oxford, e dell’italiano Stefano Benazzi, dell’Università di Vienna.
In particolare il primo  tratta dello studio su una mascella scoperta nel 1927 nei pressi di Torquay, in Gran Bretagna, precedenti studi datavano il reperto a 39.000 anni. Recenti studi con nuove metodologie hanno invece anticipato fra i 44200 e i 41500 anni. Si tratta di uno dei primi umanoidi europei. Il Bonazzi invece ha studiato alcuni molari ritrovati nella grotta del cavallo, nei pressi di Porto Selvaggio a Nardò, provincia di Lecce, riuscendo a datarli a 44000 anni fa. Mentre quelli inglesi appartengono al periodo di Neanderthal, quelli salentini sono associabili alla cultura uluziana, scoperta proprio in questi luoghi. Quindi possiamo dire, con la ragione che deriva dalla scienza, che l’uomo europeo nasce a sud sud sud.  La notizia è apparsa su:

 http://www.corrieresalentino.it/cultura/36598-luomo-moderno-europeo-e-nato-piu-di-40-mila-anni-fa-i-resti-ritrovati-in-una-grotta-presso-nardo

piene e alluvioni


C’è allarme ad Alessandria. Dopo Genova che conta, ad oggi, sette morti, dopo le cinque terre e la Toscana, ora tocca al Piemonte aspettare, come già nel 94, l’onda di piena del Po, del Tanaro e degli altri fiumi e torrenti. Ho vissuto l’alluvione del 94, è stato dramma. Alessandria contò sei morti, trascinati via da una piena non prevista, non annunciata colpevolmente e senza colpevoli civili o penali. La storia è nota, il Tanaro aveva un’onda di piena che iniziò nel cuneese, poi travolse l’astigiano per arrivare, dopo una notte, ad Alessandria senza che nessuno mettesse in allarme nessun altro. Nel mio paesino, era domenica, arrivò un fax in Comune, diceva di possibile piena e di stato d’allerta. Peccato che il sindaco lo trovò dopo l’alluvione, andando in ufficio per prendere contatti con prefettura e protezione civile, dopo che tutti eravamo mobilitati ad aiutare gli alluvionati. Quel fax arrivò nel cuore della notte in un Comune di 1800 abitanti con gli uffici chiusi. Non una telefonata ma un fax, non vennero svegliati i carabinieri della caserma che andassero a tirar fuori dal letto le persone, un fax. Solo un fax. Coscienze pulite in fretta e furia.
Poi le storie che si sono susseguite in tutti questi anni, il malgoverno dei quattrini piovuti, poi altre alluvioni in altre parti d’Italia. Ora la Liguria e la Toscana. Domani a chi toccherà? E’ inquietante che di fronte a queste sciagure criminalmente, ora possiamo dirlo, volute da chi non fa prevenzione, si parli del ponte sullo stretto e della TAV. Ed è criminale che le istituzioni europee e internazionali chiedano all’Italia, in questi frangenti, un rientro dal debito con tassazioni e simili amenità. Ancora una volta, di fronte a queste sciagure, comprendiamo come le persone che crepano, il territorio ferito, siano delle cose secondarie. Importante è salvare le banche. Non se ne può più. Le persone hanno diritti, il primo è il diritto alla vita. Ed un criminale, più colpevole di altri, se ne va in giro dicendo che i ristoranti sono pieni. Roba da ricovero psichiatrico. Perché non si rimette l’elmetto e se ne va come a l’Aquila, fra i genovesi? Perché consentiamo a questi ignobili figuri di proseguire a giocare con le vite degli italiani? E un governo diverso cosa potrà o vorrà fare? Interrogativi che inquietano.  Ancora una volta dobbiamo dire cose che, ahimè, ripeteremo domani o dopodomani: “ne abbiamo pieni i coglioni”. 

venerdì 4 novembre 2011

silvio il breve

“in Italia non si avverte una forte crisi. La vita in Italia è la vita di un Paese benestante. I consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni, per gli aerei si riesce a fatica a prenotare un posto”. (Silvio il breve)


Commentare? Che dire? Quale governante nelle condizoni di crisi epocale che stiamo vivendo  dice idiozie simili? Cosa si era fumato? Cosa aveva sniffato? Chi gli voterà la prossima fiducia sarà complice di malgoverno e di non avere nessuna considerazione per gli italiani tutti.  

referendum greco e paura della democrazia



Un interessante articolo di Gad Lerner mette un po’ di chiarezza nel piattume delle interpretazioni. Il referendum greco è additato da destra dal centro e da troppa sinistra come il male peggiore. Lasciamo andare le idiozie del nostro presidente del consiglio che ha trovato proprio in quella consultazione un altro capro espiatorio per giustificare la sua inettitudine, i suoi servi si stanno agitando e lui, colpa dell’età avanzatissima e del rincoglionimento, non sa più che pesci pigliare. Parliamo di politici veri. Veri quanto antidemocratici tout court? Cosa significa lo scagliarsi contro il più grande momento di democrazia che un popolo (sovrano) possa osare? Semplicemente che lo si ritiene “bue” per natura. Bisognoso di essere messo sotto tutela.  O forse significa solo che il mondo delle banche non può ammettere intrusioni di sorta, fossero anche quelle di un popolo intero, nazionale o transnazionale che sia. In sostanza si tratta di democrazie sotto tutela dei mercati, degli spread e dei pil. Negare questa opportunità, demonizzarla, è il più alto esercizio per dire che quello attuale è il miglior sistema economico e politico possibile. Evidentemente non la pensa così una grande fetta di popolazione, viste le piazze dagli USA all’Europa che si agitano.
Anche i governanti greci in realtà hanno dovuto fare questa scelta obtorto collo, per non venire travolti. E’ pur vero che un’ultima ora comunica un passo indietro, le banche sono pur sempre le banche perdio, anche per i governanti greci.  Prima hanno eliminato gli stati maggiori dell’esercito per una paura nera di golpe (i ricordi sono scottanti), poi hanno dovuto scegliere il male minore contro una popolazione non disponibile a sacrificarsi ulteriormente, fingendo di diventare, loro malgrado, paladini della democrazia. Ora, Arcore docet, potranno dire “è colpa dell’Europa”.
Il mondo intero, quello dei governi sedicenti democratici, si è scagliato contro questa scelta, perché il capitalismo più globalizzatore e becero mette davanti ad ogni cosa il pareggio di bilancio.  Il problema è lo stesso ripetuto da anni,  non esiste un’Europa diversa da quella di Maastricht, la moneta unica è l’unicum, non c’è una politica estera comune, non una difesa comune, ognuno per sé in quei campi. Tanto che un La Russa qualunque può acquistare Maserati per i suoi generali senza colpo ferire. Salvo invocare misure lacrime e sangue per i soldati semplici, intanto si voterà per licenziare. Sono talmente arroganti che non salvano neppure le apparenze. Come la sciagura del ponte sullo stretto, vergognoso e indegno per una nazione che sta franando pezzo dopo pezzo.  Il paventato ritorno alla dracma per la Grecia sarà la sconfitta dell’Europa? E quello alla lira? E se invece fosse l’Euro, questo Euro, la sconfitta vera?
Però c’è un movimento veramente globale che dice basta con il mondo dei banchieri, dagli USA all’Europa. L’Italia al momento è ancora troppo fragile, i ragazzi hanno subito smacchi notevoli dall’incapacità delle generazioni che li hanno preceduti di dar loro gli strumenti di partecipazione diretta e dopo un ventennio di politica più somigliante al grande fratello che a una moderna democrazia. La caduta delle ideologie tanto decantata da destra e sinistra, da La Russa a Veltroni, ha prodotto un deserto, eliminando i momenti di aggregazione e condivisione. L’esaltazione del denaro e degli acquisti ha generato mostri che  stanno poco a poco mostrando i pugni riaperti e le mani lerce da fare schifo. Si moltiplica la precarietà e qualcuno dice “dovete spendere per rilanciare l’economia”. Non fosse un dramma sarebbe veramente ridicolo. Cosa spende chi non guadagna?  Non tutti hanno un papi che passa loro ventimila euro al mese per le piccole spese. Poi dicono “licenziare per aumentare l’occupazione”. Fino a quando sopporteremo?  Ben vengano allora i referendum, greco, italiano, francese, tedesco. La democrazia è un oggetto troppo delicato per lasciarla in mano a quelli che bivaccano a Cannes giocando a risiko usando le persone.     

giovedì 3 novembre 2011

primarie a lecce




Non è poi così facile capire le vicende delle primarie a Lecce. Tentiamo una sintesi. Salvemini si candida alle primarie. Trova immediato appoggio di Sinistra Ecologia e Libertà. Subito si levano voci (a tono basso, per carità, fra il detto e il non detto) “è il candidato di SEL …” In realtà il percorso politico di Carlo Salvemini è cristallino. Semplicemente piace a SEL. Ad un candidato si chiedono alcune doti: onestà intellettuale (e non solo, ma quell’altra dovrebbe essere scontata), capacità amministrativa, capacità di sintesi fra le varie anime che dovranno formare la coalizione.   Carlo sembra riassumere queste caratteristiche. Lui non è mai stato iscritto a SEL, per onestà intellettuale (appunto) non è uscito dal PD per fiondarsi armi e bagagli su un altro carretto. Alle Regionali era candidato in una lista di appoggio a Vendola, la stessa di Stefano, nonostante SEL avrebbe gradito molto averlo fra i suoi. Uscì dal partito al quale aveva dato molto perché non condivideva l’appoggio a Boccia imposto ai dirigenti. Ricordo l’assemblea del PD al Tiziano, alla presenza di D’Alema, quando si disse “i dirigenti che non appoggiano Boccia sono fuori dal partito”. Lui, unico a quanto pare, ne trasse le conseguenze. Questo non voleva dire assolutamente l’ingresso trionfale in un altro partito, fosse anche quello del Presidente.
Quindi si candida per le primarie, ma la coalizione era tutta da costruire, altri partiti decisamente minori anche se con nomi antichi: PSI, Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti italiani, chiedevano una strana cosa: “primarie delle idee”. Molti si interrogano ancora sul reale significato della cosa. E’ ovvio e scontato che una coalizione debba convergere su un programma di governo, altrimenti ognuno se ne vada per la propria strada, il candidato condiviso ha un mandato preciso: proporre un programma, condividerlo, accettare quello che dalla coalizione arriva, fare sintesi e vincere le elezioni. Il centro sinistra non è un PDL qualunque dove il capo decide e chi non ci sta è fuori, chi vota quella parte politica vuole limpidezza.
Diversa è la storia del  maggior partito della coalizione, il moloch. Il PD che da mesi ormai si arrabatta fra primarie si, no, forse, chissà.  E che sarà mai, sono proprio loro gli unici ad averle nello statuto. Da mesi circolano nomi, cognomi, doppi cognomi, e la filosofia fu una: “se ci sarà un candidato solo niente primarie”. Praticamente la scoperta dellì’acqua calda se detta così, però nasconde un tranello. All’obiezione “Convergete su Salvemini allora? Perché lui è candidato, se ne volete uno solo, o lui o niente” Niente da fare, loro volevano proprio il ritiro di quella candidatura per imporre, questa è la parte più esilarante, non si sa chi. A prescindere dalla poca delicatezza dell’operazione, restava il fatto che nessuno osa sfidare Salvemini. Perché Carlo sembra raccogliere consensi molto ampi nella sinistra che conta, quella del voto e senza partito, addirittura fra quella che non votava più ed ora riacquista, anche grazie a lui, una speranza. Così si arriva all’affaire Loredana Capone. Le prime voci maligne che ho sentito girovagando fra amici e compagni era più o meno “vogliono levarsela di torno dalla regione per metterci un altro, quindi la spingono a farsi triturare qui a Lecce”. Poi facebook parlò e lei, la Loredana, disse “grazie, no”. Subito il segretario cittadino rispose che la rete non è la segreteria del partito e lui, lui si, aspettava una risposta ufficiale sulla sua scrivania. Quasi non ci credesse. Quasi non avesse il numero di cellulare della Loredana per chiedere direttamente a lei che stava succedendo. Dalla tragedia si sta passando alla farsa. E dopo i peana sull’importanza delle rete e del dialogo anche lì…. Ancora una volta poco delicato veramente dire di non credere alla pagina facebook della Capone.  
E così siamo da capo. Ancora un solo concorrente alle primarie. Ci sono voci dell’Italia dei Valori con la Sansonetti, è vero, ma sarebbe lotta impari veramente. Sarebbero finte primarie. Però ora è tempo di uscire dalle sedi e andare nelle strade e nelle piazze. Le elezioni sono dopodomani, e le destre estreme o meno si alleeranno sul candidato di bandiera. Anche se impresentabile, anche senza badante. E se il PD sciogliesse le riserve e appoggiasse da subito Salvemini, invece di cercare improbabili candidati? Chissà. Sento alcuni esponenti, non necessariamente di secondo piano, di quel partito che, come già per Vendola, dicono che alle primarie lo voteranno. Sarebbe bella veramente una botta di umiltà. Il problema di Lecce è che c’è da conquistare un feudo apparentemente inviolabile. Sarebbe un peccato sprecare tutto per beghe interne ad un partito, anche se è il maggiore della coalizione.   

mercoledì 2 novembre 2011

settemiliardi



È il due novembre, giornata dedicata ai defunti. Anche per questo saluto una neonata, per sdrammatizzare. Però non mi riesce proprio benissimo, anzi.
Sembra che siamo arrivati a sette miliardi sulla terra. Sembra, perché non tutti gli esperti concordano. D’altra parte, dice chi sa, anche nei paesi più avanzati, la possibilità di errore si aggira sul 3%. (Fra questi ultimi non annoverio l’Italia, giudicare avanzato un paese con un governo e un’opposizione come i nostri mi pare un azzardo). Ma non è questo l’oggetto del contendere. Il problema è comprendere, siamo 7 miliardi o qualcuno in meno, come diavolo vivano gli esseri umani. Se è vero che ogni otto secondi, il tempo di accendere una sigaretta, muore un bimbo per fame, sete, morbillo e malattie varie, se è vero, come è vero, che ci sono circa 140 conflitti, se è vero che nei paesi sedicenti civili e industrializzati il problema è come far calare i salari, abbattere i livelli di benessere, nel contempo dire che “dobbiamo spendere di più”, beh, allora questa bimba (perché si è deciso che di femmina si tratta) è arrivata nel peggior mondo possibile. Come facciamo a darle il benvenuto? Nel nome di chi o di cosa? L’unico barlume di speranza, allo stato attuale, è avere fede in Dio e nell’aldilà. Chi spera nell’aldiqua è perduto, smarrito, sconsolato e triste. Ahimè, ahimè.  Ieri ho visto uno spezzone (piccolo per carità, farsi del male a volte è concesso, ma a piccolissime dosi) di Bruno Vespa, c’era una signora che non camminava, poi è andata a Lourdes ed è tornata saltellando. “La scienza non sa spiegarlo, quindi è un miracolo”, allo stato attuale hanno ragione, però un tempo non ci si spiegava che la terra fosse tonda e qualcuno venne scomunicato perché lo sospettava. Ci sono voluti secoli perché la chiesa ammettesse che il clero, all’epoca, aveva un po’ ecceduto. Ma questa è altra storia, che c’entra la piccola nata con il numero settemiliardi? A lei andrà una borsa di studio, qualcuno forse sta già pensando di invitarla ospite d’onore al grande fratello italico. Quasi una borsa di studio fosse l’anticamera per la discarica di indifferenziati (umidi, secchi, laidi e idioti). Comunque una vita è sbocciata e noi vogliamo solo farle molti auguri, ne avrà bisogno. E un consiglio: evita l’Italia. Non è un paese dove un essere umano possa esprimersi, vivere dignitosamente. Qui ci sono vecchi bavosi che fanno bunga bunga con minorenni, ministri che sbavano parlando e alzano il dito medio al cielo. Ci sono ministresse fighette che arrivano direttamente dal grande fratello di cui sopra e da Striscia la notizia dove sgambettavano. Che poi confondano i neutrini con le moto Ducati è ovvio e scontato. Che poi una ministressa per l’ambiente pensi che il suo compito sia di far arieggiare la camera e il senato e mettere l’arbre magique ovunque per assolvere il suo compito è ovvio e scontato. Se le cinque terre franano lei che ci può fare?  Lascia perdere, figliola sette miliardi, al mondo c’è di meglio. Qui vieni in vancanza se mai ti sarà concesso. Poi scappa via, in fondo farai presto ad informarti, basta chiedere ai 70.000 ragazzi che ogni anno lasciano l’Italia per andare in paesi civili…. 

martedì 1 novembre 2011

sulla scuola pubblica



Il post di oggi non lo scrivo, copio e incollo. E' agghiacciante come sia attuale, fresco, come metta in evidenza il crimine di una ministra che confonde i neurini con le Gilera.... Calamandrei, 1950

“Quando la scuola pubblica è cosa forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura. Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell’articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre:
- che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre.
- che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione.
Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c’erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l’espressione, “più ottime” le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione. Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime.
Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto:
- rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni.
- attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.
- dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico!
Quest’ultimo è il metodo più pericoloso. » la fase più pericolosa di tutta l’operazione […]. Questo dunque è il punto, è il punto più pericoloso del metodo. Denaro di tutti i cittadini, di tutti i contribuenti, di tutti i credenti nelle diverse religioni, di tutti gli appartenenti ai diversi partiti, che invece viene destinato ad alimentare le scuole di una sola religione, di una sola setta, di un solo partito […].
Per prevedere questo pericolo, non ci voleva molta furberia. Durante la Costituente, a prevenirlo nell’art. 33 della Costituzione fu messa questa disposizione: “Enti e privati hanno diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza onere per lo Stato”. Come sapete questa formula nacque da un compromesso; e come tutte le formule nate da compromessi, offre il destro, oggi, ad interpretazioni sofistiche […]. Ma poi c’è un’altra questione che è venuta fuori, che dovrebbe permettere di raggirare la legge. Si tratta di ciò che noi giuristi chiamiamo la “frode alla legge”, che è quel quid che i clienti chiedono ai causidici di pochi scrupoli, ai quali il cliente si rivolge per sapere come può violare la legge figurando di osservarla […]. E venuta cos” fuori l’idea dell’assegno familiare, dell’assegno familiare scolastico.
Il ministro dell’Istruzione al Congresso Internazionale degli Istituti Familiari, disse: la scuola privata deve servire a “stimolare” al massimo le spese non statali per l’insegnamento, ma non bisogna escludere che anche lo Stato dia sussidi alle scuole private. Però aggiunse: pensate, se un padre vuol mandare il suo figliolo alla scuola privata, bisogna che paghi tasse. E questo padre è un cittadino che ha già pagato come contribuente la sua tassa per partecipare alla spesa che lo Stato eroga per le scuole pubbliche. Dunque questo povero padre deve pagare due volte la tassa. Allora a questo benemerito cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, per sollevarlo da questo doppio onere, si dà un assegno familiare. Chi vuol mandare un suo figlio alla scuola privata, si rivolge quindi allo Stato ed ha un sussidio, un assegno […].
Il mandare il proprio figlio alla scuola privata è un diritto, lo dice la Costituzione, ma è un diritto il farselo pagare? » un diritto che uno, se vuole, lo esercita, ma a proprie spese. Il cittadino che vuole mandare il figlio alla scuola privata, se la paghi, se no lo mandi alla scuola pubblica.
Per portare un paragone, nel campo della giustizia si potrebbe fare un discorso simile. Voi sapete come per ottenere giustizia ci sono i giudici pubblici; peraltro i cittadini, hanno diritto di fare decidere le loro controversie anche dagli arbitri. Ma l’arbitrato costa caro, spesso costa centinaia di migliaia di lire. Eppure non è mai venuto in mente a un cittadino, che preferisca ai giudici pubblici l’arbitrato, di rivolgersi allo Stato per chiedergli un sussidio allo scopo di pagarsi gli arbitri! […]. Dunque questo giuoco degli assegni familiari sarebbe, se fosse adottato, una specie di incitamento pagato a disertare le scuole dello Stato e quindi un modo indiretto di favorire certe scuole, un premio per chi manda i figli in certe scuole private dove si fabbricano non i cittadini e neanche i credenti in una certa religione, che può essere cosa rispettabile, ma si fabbricano gli elettori di un certo partito“.

sacconi, maggiordomo del suo padrone o è proprio così?


Sacconi evoca il terrorismo, lo culla nel suo cervellino (piccino picciò). Fossimo avvezzi a pensar male verrebbe da dire, per esempio, che il padrone del governo manda avanti i suoi maggiordomi a seconda delle necessità. Si parla troppo di licenziamenti?  E noi parliamo di terrorismo. Per farlo utilizza i più disponibili a sputtanarsi (i più ricattabili?). Così ecco comparire i Sacconi, poi i La Russa, a volte i Maroni. Sempre Giovanardi, quello a sparare puttanate è un campione.  Fossimo avvezzi a pensar male sospetteremmo e saremmo allarmati per una ripresa della strategia della tensione, per esempio. Chi meglio dei fascisti nel governo conosce il settore? Erano amichetti di letto e di sezione con i vari bombaroli che si divertivano tanto a far saltare in aria treni, banche e persone. Oggi c’è un valore aggiunto di non poco conto, la lega nord che sorregge e sostiene ad ogni costo il padrone del governo. Lo fa votando anche contro il suo federalismo (cos’altro è la nuova finanziaria criminale?) Per fortuna non siamo abituati a pensar male che, come recitava Andreotti, è peccato ma a volte si indovina. Beh, in verità, pensare che un Sacconi qualunque possa da solo imbastire tutta questa tiritera pare improbabile. Sarebbe come dare a Bossi junior la patente di persona colta. Ci sono ministri alla ribalta ed altri che spariscono nelle nebbie, qualcuno ha visto la Prestigiacomo? Quella dell’ambiente? Dopo le catastrofi annunciate e colpevolmente tralasciate della Liguria e della Toscana, qualcuno l’ha notata aggirarsi, andare a vedere, rilasciare interviste? Forse il suo padrone era troppo impegnato a fare il postino e non le ha passato le veline con le frasi fatte da dire ai giornalisti. Da sola non ci arriva. Intanto la gente crepa, intanto le cinque terre diventano fanghiglia. 

domenica 30 ottobre 2011

Lettera aperta all'Unione Europea. Per favore commissariate l'Italia


cinqueterre con il governo Berlusconi



Pompei con il governo Berlusconi




Lettera aperta alla Presidenza dell’Unione Europea

Ill.mo Sig. Presidente dell’Unione Europea,

Chiediamo che l’Unione Europea  intervenga urgentemente sul governo italiano perché si attivi immediatamente per salvaguardare il territorio.
Gli ultimi avvenimenti che hanno coinvolto Liguria e Toscana, l’annientamento di vite umane, il disfacimento di Pompei e delle cinque terre, patrimoni dell’umanità, le inondazione che ad ogni temporale coinvolgono il territorio italiano devastato da cementificatori, cosche, caste e malgoverno, mettono in evidenza quanto sia stato colpevole il comportamento dei governanti italiani che si sono succeduti nel tempo.
Il tutto mentre il Presidente del Consiglio in carica continua pervicacemente a voler costruire infrastrutture inutili e dannose per l’ambiente, sperperando un patrimonio di euro incredibile, mentre l’Italia sta andando sott’acqua e sotto il fango. Dopo il terremoto de L’Aquila, nulla è stato fatto per riparare gli ingenti danni al centro storico. Dopo ogni sciagura si interviene grazie alle donazioni di privati cittadini, mentre il ministero dell’Ambiente è latitante e il governo tutto tolgono finanziamenti con l’alibi della crisi economica,  affrontando, male, esclusivamente le urgenze. L’Italia è uno dei paesi più belli del mondo che detiene la più alta percentuale in assoluto di beni artistici, storici e di interesse culturale, aiutateci a difendere tutto questo da governi incapaci.
 Di fronte a questo sfacelo, considerata l’incapacità del governo in carica ad affrontare la situazione, chiediamo all’Autorità europea di commissariare i beni artistici, paessagistici e ambientali dell’Italia, togliendoli dalle mani di incapaci e di intervenire urgentemente perché i fondi stanziati in infrastrutture inutili e dannose quali il paradossale ponte sullo stretto,  vengano deviati sulla  salvaguardia del territorio.  Le vite umane e i beni comuni sono e devono restare patrimonio dell'umanità intera, non gestiti da improvvisati ministri dell'ambiente o dell'istruzione che pensano che i neutrini viaggino in pullman sull'autostrada. 

Cordiali saluti

La guerra di Boubacar


Copertina di 'La guerra di Boubacar' 
Francesca Caminoli è tornata in libreria.
Dopo “Il Giorno di Bajram” (1999), “La neve di Ahmed” (2003), “Viaggio in requiem” (2010), tutti editi da Ilgrandevetro Jaca book,  Francesca riesce nuovamente a farci conoscere una storia: “La Guerra di Boubacar”.
L’Italia liberata dal nazifascismo è storia contemporanea, tuttavia molto spesso si parla  dei “liberatori”   pensando solo agli anglo americani, e ci si scorda  di altri popoli che hanno, a volte forzosamente, contribuito a costruire la nostra Repubblica e a liberare il mondo intero dalla più grande sciagura del XX° secolo.
In questo quadro si inserisce a pieno titolo una storia “minore”, la liberazione dell’isola d’Elba avvenuta il 17 giugno 1944. Lo sbarco è ricordato come il più sanguinoso del Mediterraneo, tuttavia pochi ne parlano, soprattutto passa spesso sotto silenzio che a quell’operazione parteciparono in larga maggioranza truppe africane provenienti da Senegal, Marocco e altri paesi di quel continente, in particolare dalle colonie francesi che fecero veri e proprirastrellamenti nei villaggi per “reclutare” soldati.
L’ operazione Brassard, comandata dal generale Magnan, ebbe inizio proprio nella notte fra il 16 e il 17 giugno 1944. Vennero impegnati 12.000 uomini dei reparti al comando dei francesi, divisi in tre gruppi d’assalto:
1-  Btg. d’assalto – Gruppo Commandos d’Africa.2-  4° Rgt.Tiratori senegalesi -13° Rgt. Tiratori senegalesi 
3-  2° Rgpt. Tabors marocchini.

Appoggiati dal cielo da  200 tra caccia, cacciabombardieri e bombardieri, e trasportati e coperti dal mare da una forza d’urto impressionante:   l’U.S. Navy (Amm. Troubridge) con 220 navi di ogni tipo comprendenti   torpediniere, dragamine, naviglio ausiliario fra cui quattro LCR (lanciarazzi con 700/1.000 ordigni lanciati in veloce successione). 

Le spiagge minate e la resistenza dei nazifascisti (2 Battaglioni di fanteria tedesca, 1 di fanteria italiana, 4 gruppi di artiglieria e 6 batterie costiere della Kriegsmarine) fecero di questa operazione una vera e propria carneficina con un bilancio pesantissimo:  I tedeschi lasciarono sul campo circa 700 soldati e oltre 2.000 vennero fatti prigionieri, i francesi    quasi 1.000, altre vittime ci furono fra i civili.

Molto è stato scritto e detto su quegli anni, la bibliografia e la filmografia riportate da Francesca sono ampie e dettagliate, anche a riguardo delle “marocchinate” di quegli anni, ricordate da Moravia ne “La ciociara”. Truppe, in particolare africane, che si lasciarono andare a violenze anche grazie alla “miopia” degli ufficiali francesi che forse volevano far pagare agli italiani la vigliaccheria del regime fascista.

Francesca Caminoli, che ama l’isola d’Elba, ha voluto raccontare la storia di Boubacar, che è quella di moltissimi senegalesi che parteciparono allo sbarco loro malgrado. Viveva nel suo villaggio, faceva la vita dei coltivatori senegalesi, aveva le sue usanze, i suoi riti, finchè arrivarono i soldati francesi, presero lui e i suoi amici e conoscenti, e li mandarono ad addestrarsi per combattere contro i tedeschi. Lui, loro non comprendevano. Che diamine avevano fatto di male i tedeschi? E poi lui, Boubacar, doveva stare ad aiutare suo padre nei campi.
Però li presero con la forza e il ricatto, li deportarono a Dakar, poi a Casablanca per insegnar loro a fare la guerra. E il viaggio,  lo sbarco, il sangue versato, teste e arti tranciati di netto dai corpi. Poi la consapevolezza che neppure gli amuleti, i gris gris, che le madri avevano dato loro dicendo “con questi nessuna pallottola entrerà mai nella tua carne”, nulla potevano, e che la pelle bianca ha carne e sangue rossi, proprio come quella nera.
Boubacar riuscì a tornare a casa  in qualche modo, come il suo ufficiale francese, il sergente Roland Flaubert che gli iscriverà qualche lettera in Senegal, e poi si perderanno perché Boubacar cambia indirizzo e le lettere non arrivano più.
In questo, che possiamo definire “romanzo storico”, che affonda le sue radici nella ricerca sul campo e fra le persone, Francesca ha inserito le storie assolutamente plausibili dei nipoti di Boubacar e del sergente Flaubert. Boubacar Diop e Gustavine Flaubert. Lui dal Senegal sbarca nelle terre liberate da suo nonno come clandestino, arriva in Spagna, poi in Italia sfidando le famigerate leggi sull’immigrazione europee e il Frontex,  tanto caro a chi vuole “difendere le frontiere”, e dopo un viaggio che  vede morire persone nella traversata, come allora si crepa nell’Europa sedicente civile, e ricorda le parole del nonno che gli raccontava di quella spiaggia sull’isola d’Elba dicendo che alla fine dello scempio di vite umane chi è rimasto vivo ha  festeggiato “anche con i tedeschi, quando abbiamo smesso di spararci eravamo tutti, solo dei ragazzi”.
Lei, con il nome che detesta, ma che il padre volle darle “in onore del famoso Gustave Flaubert”, è precaria, insegna snowboard in Europa, e quando arriva l’estate se ne va in Cile. Sa che non maturerà nessun diritto alla pensione. Ma la vita dei precari è questa, nell’Europa liberata che non vuole immigrati.
Questi due ragazzi conoscono i racconti dei nonni ed hanno un desiderio, arrivare a vedere la spiaggia insanguinata. Per rendere omaggio al ricordo.
Entrambi  arriveranno all’Elba in qualche modo.   
Un romanzo che, partendo dal racconto di una tragedia, abbraccia secoli di storie di deportazioni, dagli schiavisti, alle  nazioni colonizzatrici, fino ai nostri tempi, con barconi pieni di “clandestini”. Un continente utilizzato da sempre, sfruttato, dilaniato e dimenticato quando non genera ricchezze. In fondo noi, nazioni “civili” ci ricordiamo dell’Africa quando un dittatore che abbiamo baciato fino al giorno prima rischia di venire travolto dalla storia, allora diventiamo forti e capaci di tutto.
Un libro da leggere per imparare un pezzo di storia attraverso un racconto. Francesca Caminoli con il libro appena arrivato sugli scaffali delle librerie, ha già un impegno importante, il primo dicembre sarà    a Dakar , all’ambasciata italiana, per la settimana di cultura italo-senegalese dove è stata meritatamente invitata.
    
Francesca Caminoli – La guerra di Boubacar – Circolo Ilgrandevetro Jaca book € 12