Sono stupendi,
sensuali, avvolgenti, conturbanti i ballerini di tango che sanno ballare,
quelli che improvvisano passi lasciandosi andare al ritmo di una musica piena
di evocativa tristezza e intensità. E’ meraviglioso ascoltare Piazzolla nella
notte che passa là fuori. “Piove su Santiago” si intitola il pezzo che sto
ascoltando ora, il bandoenon che piange ed emoziona. Lui che è di origine
tranese da parte del nonno paterno riuscì ad infrangere la regola aurea
argentina che diceva “tutto può mutare tranne il tango”. Piazzolla riuscì a
farne musica universale.
E Carlos Gardel, che
ha vissuto un sacco di anni con un proiettile in un polmone, sparato durante
una rissa, lui che ha dovto passare da 120 kg a meno di 80 per girare un film e
che è diventato eroe popolare argentino per la sua voce, per il suo tango.
“Il Tango platense
nasce tra il 1880 e il 1900 in un preciso contesto geografico, ovvero lo spazio
compreso fra le due città che fiancheggiano l’estuario del Rio de la Plata:
Buenos Aires (capitale dell’Argentina) e Montevideo (capitale dell’Uruguay).
Il Tango è il frutto
di una ibridazione tra diverse popolazioni; nella sua creazione sono implicati almeno tre
continenti: l’America, dove questo ballo è nato e si è sviluppato; l’Europa, con i suoi
emigranti che stabilitisi nella realtà platense hanno contribuito fortemente
alla sua creazione; l’Africa, che a livello ritmico ha influenzato molto la sua
nascita.
Il Tango è un
universo, di cui si è detto tanto o tutto, ma di cui pare resti sempre altro da
dire. È un’emozione dalle tante facce che ha stimolato libri, cinema e teatro,
che ha costruito un
contenitore di metafore e racconti; nata da un crogiolo di razze, somiglia molto al jazz, che è
filosofia del tempo (sempre perduto) e della solitudine (sempre ineluttabile). Il
Tango è un linguaggio, è un fenomeno vivo di cultura, che oltrepassa i confini della sua
terra.
Nasce come ballo
introverso, ballato tra uomini soli, poi danzato nei bassifondi di Buenos Aires
“a dieci centesimi il giro compresa la dama” (Borges); infine guadagna i
salotti europei dei primi del Novecento, in forme più eleganti e stilizzate.”
Così inizia il piccolo saggio di
Francesca Toti dal titolo “La Vera Storia del tango argentino”.
Il tango è emozione, sensualità,
contaminazione. Nato come musica allegra, con il passare del tempo si è
trasformato in “pensiero triste che si balla” come lo definisce Enrique Santos
Discèpolo, paroliere di Gardel.
Nato verso la fine dell’ottocento
nei quartieri poveri di Buenos Aires, passata in poco tempo da 210.000 a
1.200.000 abitanti, ha subito la contaminazione delle popolazioni immigrate da
tutto il mondo in terra argentina. Quindi ha fuso esperienze diverse. Verso gli
anni ‘20 del novecento inizia ad essere apprezzato e a diventre nazionale e ad
essere “esporatato” fino a diventare mondiale e a subire, soprattutto in
Francia, modifiche nel modo di ballare.
Fra estrema popolarità e cadute di
fama, riacquisterà valore internazionale con l’avvento di uno dei più grandi
compositori mai esistiti, Astor Piazzolla. Le parole dicono di sentimenti, di
amore, rabbia. Soprattutto tristezza, quella che accompagna gli emigranti, la
sudaji, malinconia.
Fra gli interpreti principali, oltre al citato
Piazzolla, non si può non dire dell’eroe popolare Carlos Gardel, e ancora
Osvaldo Pugliese, Anibal Troilo e le donne del tango, una su tutte Eloisa
d’Herbil, morta a 101 anni nel 1953.
Allo stesso modo
lo spettatore vive l’attesa: come la dama, non sa cosa farà l’uomo, e
attende
trepidante un segnale. Lo spettatore vive il Tango attraverso la coppia, per
questo riesce a distinguere l’ “improvvisatore” dal principiante, che ha già la
sua sequenza in testa indipendentemente dalla dama con cui balla, dalla musica
su cui balla, dalla risposta che trova; perché il tango è improvvisazione ma è
anche ascolto.” (Francesca Toti
“La Vera Storia del tango argentino).
Otto scatti di Stefano Fittipaldi al caffè Matteotti (Via Matteotti, centro storico) a Lecce.
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