La regione Salento è stata archiviata dalla civiltà e dalla
Costituzione che, al momento, gode ottima salute. Anche se viene attaccata da
chi vuole annullare le conquiste delle democrazia, parliamo di opportunismi
localisti, personalismi che mirano al
disfacimento dello stato nazionale. L’antistoricismo del tentativo di dividere
l’Italia da una parte, una regione dall’altra, non sono che il risultato
dell’antipolitica che arriva da lontano e che ha trovato il suo apice più alto dopo
l’affaire chiamato tangentopoli. Da allora i “ladroni” sono tutti coloro che
fanno politica. “Tutti tranne noi” sembrano dire i celoduristi. La loro
filosofia è infatti mutuata direttamente dalle vulgate popolari “le donne,
tutte p… tranne mia madre, mia figlia e mia sorella”. Però la storia insegna
che quando arrivano alle comode poltrone romanladrone si accomodano felicemente
ed elevano dita medie verso il cielo con voluttà.
Il fatto che la Corte Costituzionale abbia negato il
referendum per il distacco del Salento dalla Puglia non vuol dire, tuttavia,
che le pulsioni populiste e secessioniste siano finite. Mai come in un periodo
di crisi valoriale ed economica il “padroni a casa nostra” rischia di fare
proseliti. Mi inquieta non poco l’atteggiamento di chi dice “quelli non sono un
problema”. Possono diventarlo veramente. Ho visto nascere la lega nord, in poco più di
dodici mesi passò dal destare curiosa ironia con i suoi elmi cornuti, il suo
linguaggio privo di congiuntivi, il suo dialetto e il suo razzismo, a governare
città come Alessandria, saldamente in mano ad amministrazioni di sinistra
(sindaco socialista e vicesindaco comunista) dal 46 al 92. E fu debacle.
Non si debbono fare sconti di sorta a nessuno per il
malgoverno. Lo stato maggiore alessandrino socialista dell’epoca finì in galera
o davanti ai giudici. Ne uscì pulito ed indenne il PCI, però ancora mi chiedo
come mai dopo tanto governo assieme, nessuno si fosse mai accorto di nulla.
Rimane un mistero. La neonata lega nord vinse la mano e si prese e il cucuzzaro
intero andando a muovere i bassi istinti delle persone. Ricordo, dopo
tangentopoli, amici che votavano tiepidamente a sinistra dire “votiamo Bossi,
così i partiti capiranno il segnale, poi torneremo a votare a sinistra”. La
storia sappiamo com’è andata. L’atto ufficiale della nascita della lega nord
data 10 febbraio 1991 a Pieve Emanuele in
provincia di Milano, con il primo Congresso Federale. Era costituita dalla
federazione fra Lega Lombarda, Liga Veneta, Piemont Autonomista, Uniun Ligure,
Lega Emiliano-Romagnola, Alleanza Toscana. Movimenti autonomisti di impatto
elettorale poco superiore allo zero che viravano dal razzismo sfegatato della
liga veneta, al Piemont autonomista di Gipo Farassino. Mi raccontano amici che
parteciparono a quella prima fase, di una cena in cui si confrontarono due
posizioni. Una che guardava con simpatia alla democrazia e a sinistra, l’altra
decisamente di destra estrema. Vinsero i secondi, i Maroni, i Borghezio, i
Castelli. Farassino si defilò prestissimo e di lui non abbiamo più sentito
parlare se non come cantautore di ballate in piemontese. In soli tre anni
questi figuri diventarono forza di governo, presero città come Milano e
moltissime amministrazioni locali. Il tutto avendo nello statuto, al primo
punto, la richiesta di secessione. Una domanda inquieta non poco, come fanno
politici del sud a governare fianco a fianco con questi figuri che li chiamano
terroni nei loro comizi? Sarebbe interessante arrivasse una risposta da Maglie,
piuttosto che da Lecce o da Gallipoli. Caduta dei valori, dicevamo, a questo facevamo
riferimento. In quegli anni la sinistra
tutta sottovalutò l’impatto mediatico dei discorsi farneticanti del capo verde
come la bile.
Ora mi sembra che
lo stesso sfacelo si stia delineando al sud. Movimenti localisti, con l’alibi
di difendersi dagli attacchi della lega nord, e della difesa del territorio
(toh, stessi discors, identici) vanno pian piano tentando unificazioni e alleanze.
Nascono Io Sud, Noi Sud, nasce il movimento Regione Salento, che al momento ha
l’importanza, a livello nazionale, che aveva Piemont, poco più di zero. Però
hanno una forza mediatica che quegli altri non avevano. Il fatto di detenere
una televisione, per esempio, di assumere giornalisti compiacenti e via dicendo, rischia di dare una visibilità impossibile
a partitini e movimenti altri, diversi, magari più vicini alla democrazia. Mettono
in campo quattrini, anche per aprire uno store per vendere i loro gadget e
robaccia simile. La storia serve per
essere studiata e commentata, per
evitare gli errori già commessi. Non sottovalutiamo le pulsioni localiste,
altrimenti ci ritroveremo fra pochissimo tempo a lamentarci per le ronde contro
gli immigrati, piuttosto che contro poveri cristi. Peggio, rischieremo di vedere
governate città e paesi da improvvisati arrembanti che passeranno la
consiliatura a fare ordinanze contro i figli di immigrati o simili ignobili
amenità. E’ successo!
La democrazia è un
affare troppo serio per lasciarla nelle mani di chi irride la Costituzione, di
chi con la bandiera nazionale (domani regionale) si vuole pulire…
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