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mercoledì 3 maggio 2017

Papaveri e fiordalisi (flash di memoria)

Papaveri e fiordalisi



Ci sono sapori, profumi, colori, sensazioni che, passando il tempo, diventano flash di memoria. Immagazziniamo informazioni come nessun computer sa fare. A volte queste tornano improvvise senza che ci si ricordi come e quando le abbiamo imparate senza rendercene neppure conto.
Mi successe sentendo il “banale” profumo di mandarino appena raccolto da un albero, io quel profumo l’avevo dentro e l’avevo perso da tempi immemorabile, probabilmente da quando ero bimbo e i mandarini acquistati erano merce rara in Piemonte e arrivavano dal profondo sud, oggi diremmo che erano bio. Poi, penso, arrivò la produzione che seleziona ed uniforma. Ora ci sono serre e coltivazioni seriali, antiparassitari, sostanze chimiche che chissà da dove arrivano, selezionano il bello dal meno bello, non necessariamente il buono dal meno buono, l’immagine è tutto. Così le  fragole sono grandi come meloni e le mele lucide al punto che ti ci puoi specchiare.
Quei profumi però sono rimasti un ricordo. Mi si dice che immagaziniamo sapori e odori, come i cani in fondo.
Ed abbiamo ricordi che affiorano ogni tanto. Correvamo in bicicletta su stradine sterrate nelle giornate estive, giugno, luglio, prima della trebbiatura. Caldo afoso, polvere: “ma chi se ne frega”, noi andavamo a scoprire campi, boschetti, pioppeti, e chissà quale segreto nascosto ci stava aspettando. Tesori non ne scoprimmo mai, la speranza però ci supportava, era immortale.  

Ph: Maria Pacoda (Lecce)

I campi di grano allora erano multicolori, gialli come le spighe, rossi come i mille papaveri, azzurri come i mille fiordalisi. Erano uno spettacolo nell’afa padana, se c’era un po’ di vento erano ondulati come un mare, e ci si fermava a guardare, neppure troppo però, era spettacolo usuale. E magari ci si sedeva per terra a riposare parlando di chissà cosa in attesa di chissà quali avventure, poi crescemmo con i papaveri e i fiordalisi negli occhi. Improvvisamente, senza che ce ne rendessimo conto, sparirono. Sterminati da diserbanti “intelligenti” che selezionavano la pura razza ariana del grano (anche lì) e aiutavano i contadini a fare meno fatica per la mietitura.
Ora vedo papaveri, non vedo più fiordalisi però, estinti forse. Successe solo una volta, era il 1988, ricordo la data perché stava arrivando prepotentemente Giulia. Improvviso un campo come quelli che ricordavo, improvviso come il profumo di quel mandarino raccolto e che non osavo sbucciare per il suo profumo. Eravamo in bicicletta, sempre per stradine sterrate come un tempo,  più vecchi, forse meno saggi. Quella distesa gialla, rossa e azzurra io la conoscevo da tempo, fu emozione.
Ora vedo papaveri ai bordi delle strade salentine, e imparo che con loro si faceva un infuso, la “paparina” in cui si imbeveva il ciuccio dei bimbi per aiutarli a prendere sonno…
Flash, ricordi, emozioni improvvise, impreviste, che passano velocemente per lasciar posto a fragole grandi come meloni e mele lucide da potersi specchiare.



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