Molti di noi si aspettavano una rivoluzione dall’esito di
queste elezioni. I risultati inclementi davano un peso notevolissimo, decisivo,
al movimento di Casaleggio e del suo megafono, il comico genovese che non fa
più ridere. Confesso, speravo in un’alzata di spirito dagli eletti, quando una
persona passa di botto a cittadino a cittadino parlamentare (mai come oggi la
parola “onorevole” è impronunciabile proprio per il significato intrinseco che
i dizionari le attribuiscono, se vogliamo utilizzare un termine potremmo
chiamarli “servi muti”) ha alcuni obblighi dai quali non può prescindere. In
primis, soprattutto quando il suo voto è decisivo, come dice l’amico Pino su
facebook, “non può più limitarsi a fare domande, deve dare risposte”. Gli eletti,
quanto meno i loro portavoce, dimostrano invece una pochezza, una non
conoscenza delle regole, che rasentano un insulto alla Costituzione oltre che
al buon gusto. Nella mia lunga vita non mi è mai capitato di evitare uno che mi
tende la mano per salutare, nessuno l’ha mai negata a me, al di là e oltre la
stima personale (so di essere antipatico a moltissimi). Fare un gesto simile e
vantarsene è maleducazione se fatta da chiunque, è un insulto agli elettori se
fatto da una parlamentare che in dichiarazioni successive mostra di non
conoscere i fondamentali dell’economia e della vita parlamentare in genere,
delle regole che garantiscono la democrazia. Scrissi prima delle elezioni che
le piazze di Grillo mi ricordavano maledettamente altre piazze, quelle di Bossi
del ‘92/’94. Stesse folle ululanti, stesso grido “mandiamoli a casa tutti”,
identica voglia di sfasciare senza sapere assolutamente cosa ricostruire. Solo
che quelli di prima erano geograficamente limitati alle terre del nord, questi
hanno una indubbia capacità comunicativa e sono presenti a livello nazionale.
Anzi, un ragionamento viene spontaneo, se Bossi arrivò a percentuali a due cifre
in sole quattro regioni, in confronto questi hanno preso inezie, quindi la
capacità comunicativa si potrebbe anche discutere. Un risultato identico però
l’hanno ottenuto, hanno portato in parlamento (per dirla con il loro linguaggio)
tanti “Trota 2.0”. Anche qui corre l’obbligo di fare un paragone, il trota
padre ebbe il coraggio di presentarsi agli elettori, il trota padre 2.0 no.
La prova di formazione del governo è emblematica della
miopia e della supponenza di questa nuova forza. La politica è l’arte del
compromesso, è contrattazione allo stato puro tenendo conto soprattutto, anzi,
solamente del bene dei governati, oggi ci troviamo di fronte a “no” preconcetti
a tutto. Quando un capogruppo dice “non siamo disponibili a sostenere governi
politici né governi tecnici, ma solo un monocolore nostro” dimostra di volere
lo sfascio della democrazia, per governare ci vuole una maggioranza e allo stato
attuale la si può ottenere esclusivamente con la somma dei voti di più partiti,
l’ultima volta che successe un plebiscito, finì con l’entrata in guerra a
fianco dei nazisti. Oggi, piaccia o meno a loro, esiste una Costituzione alla
quale si debbono inchinare, a meno di voler fare come i loro antenati verdi che
non sapevano leggerla.
Anche il bluff della trasmissione in diretta “di ogni
decisione, riunione e discussione” tanto decantata e promessa è caduta alla
prima resa dei conti interna, quando si trattava di cacciare la loro capogruppo
rea (non a torto) di incapacità. Allora dissero “ce ne siamo scordati”, eggià,
anche Ruby era la nipote di Mubarak.
Se svolta ci dovrà essere, sarà solo quando, e ne sono
sicuro che esistono, i più democratici fra gli eletti inizieranno a ragionare,
come qualcuno di loro fece eleggendo Grasso. Ne abbiamo tutti bisogno. A
differenza della lega che manifestò immediatamente razzismo e xenofobia, in
questo caso pensavamo di trovarci di fronte ad un momento di innovazione,
veramente ci speravamo in molti. L’elezione stessa di Presidenti delle camere
nuovi e non paludati ha prodotto l’immediato effetto di ridurre i costi del
Parlamento, il PD che naviga verso la riduzione (se non l’abolizione) del
finanziamento pubblico è un altro segnale. Sull’abolizione ci sarebbe molto da
discutere in realtà, come si salvaguarderebbero le pari opportunità fra chi ha
emittenti e giornali e quattrini e gli altri? Ma questo è altro discorso.
Insomma, una ventata nuova potrebbe arrivare, esiste però una precondizione
essenziale: che si governi. Il rifiuto, il tentativo del papà trota 2.0 di
forzare una grande coalizione PD/PDL per poi dire che “sono tutti uguali, aveva
ragione Casaleggio”, sono veri schiaffi agli elettori. In questo periodo in cui
si parla di problemi immediati da risolvere: legge elettorale, conflitto di
interessi, finanziamento ai partiti ecc. è scomparso ogni accenno a problemi
(minori?) quali: disoccupazione, mutui non pagati perchè mancano i soldi, tasse
in arrivo da far fischiare le orecchie, negozi che chiudono a ritmi
vertiginosi, famiglie sul lastrico, scuola allo sfascio, sanità precaria,
comuni in dissesto a ritmo di uno al giorno e via dicendo. Ma di cosa stanno
parlando i piccoli trota? Del monocolore cinque stelle.
Un appello accorato agli eletti si impone, tornate fra le
persone, uscite dal web in cui vi gratificate a vicenda e dove il vostro
trotone padre cancella i post che lo criticano. A questo è arrivato, chi non
pensa come lui non ha diritto di cittadinanza.
Mi raccontano di un bimbo piccolissimo che si mise a
piangere quando gli tagliarono le unghie la prima volta, le rivoleva indietro.
Il racconto è simpatico se riferito ad un bimbo, se invece sono dei “cittadini”
a spingere Berlusconi e i suoi sgherri al governo, non ci fa ridere, la
Democrazia è come le unghie del bimbo, potrà solo ricrescere negli anni.
Nessun commento:
Posta un commento