Centralismo democratico: Sistema di stampo leninista in cui
le decisioni venivano dibattute nel partito e quella che usciva vincente veniva
difesa da tutti i membri del partito senza più discussione.
Cupola mafiosa: “Direttorio”
fatto dai capi mandamento delle varie “famiglie” che decidono la spartizione dei
territori e le varie “operazioni” delle famiglie stesse. Una struttura
piramidale in sostanza.
Dittatura: Forma di governo in cui i poteri sono accentrati
nelle mani di un solo organo, molto spesso di un solo uomo (il dittatore) non
limitato da leggi, costituzioni o altro.
Sono tre esempi
limpidi di governo delle cose e delle persone che mettono al centro
l'indiscutibilità delle scelte prese dall'alto. Il primo, il centralismo democratico,
in realtà aveva una sua coerenza nell’istituzione partito in quanto poneva i
suoi membri di fronte alla scelta “democratica” assunta nelle discussioni
precedenti, peccato però che non tenesse conto della mancanza del vincolo di mandato per cui ogni eletto deve rispondere solo ai suoi elettori e a sé
stesso, il seguire o meno le indicazioni di partito lo ponevano fuori dallo
stesso, non già dall’istituzione.
Quando in un partito (o movimento)
chi non sta alle regole dettate dall’alto è messo fuori, di cosa parliamo? “A Federica
Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo
del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare
la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura” (Beppe
Grillo). I due erano colpevoli di non aver fatto alla lettera quello che il
direttorio aveva detto, la prima aveva osato parlare con i giornalisti, il
secondo in un fuori onda diceva che Grillo è nelle mani di Casaleggio. E Roberto Fico, deputato di fede grilliana,
non la manda a dire: “Se uno vota contro la decisione dei gruppi, stavolta, è
fuori. Se al Senato votano contro in 53, sono fuori in 53". Il vincolo di
mandato è bello e liquidato.
A questi comportamenti diciamo così “austeri” si aggiunge la
supponenza e l’arroganza di chi pensa di appartenere all’unica casta in grado di cambiare
il mondo, incredibile quello che si è sentito dopo le consultazioni con
Bersani, solo Silvio da Arcore avrebbe osato tanto:
“O governo
5 stelle o governo 5 stelle”, ha detto la Lombardi E. Crimi: “Noi proveremmo a fare il governo perché
a differenza degli altri abbiamo la credibilità: noi in questi tre anni abbiamo
fatto quello che dicevamo e detto quello che avremmo fatto. I numeri? Sarà
responsabilità degli altri partiti...”
In una botta sola sono stati spazzati via i principi fondamentali delle
democrazia, la politica è l’arte del compromesso, ognuno deve calibrare e
valutare le proprie forze e metterle a disposizione di soluzioni per il buon
governo. Purtroppo da vent’anni così non è più, si è nei fatti aperto ad ogni
nefandezza, la buona politica ha in questi ultimi tempi fatto rima con volgarità.
Ed è una volgarità di atti e di parole e terminologia che ha contaminato ogni
parte politica, fino ad un assessore cantautore che dice che in Parlamento ci
sono troie, o a un guru incappucciato (ricordate gli elmocornuti della lega?)
che dice di puttanieri. Quando il linguaggio triviale diventa lingua corrente
anche delle istituzioni, quando un signore accusato di ogni nefandezza compresa
la prostituzione minorile diventa “utilizzatore finale”, è veramente il momento
di fermarsi e ragionare sull’etica (e sull’estetica) della Democrazia. Invece
assistiamo ad una rincorsa ad appropriarsi del peggio e a farne dottrina. Ciò
che a volte è concesso al bar sport davanti ad un bicchiere di vino non può per
nessun motivo essere consentito nelle istituzioni, quindi l’utilizzo del
“linguaggio popolare” è solo un alibi per nascondere incapacità, supponenza e
arroganza, per nascondere un utilizzo del potere al di là del consentito. La
caduta delle forme partito ha nei fatti favorito tutto questo scempio. Per quanto riguarda la sinistra la debacle iniziò alla Bolognina e culminò nel “partito
liquido” di veltroniana memoria, quando, per non cambiare nulla, se decise di
fare un comitato nazionale che contava più membri del comitato centrale del PC
cinese. Una scelta ottima per azzerarlo nei fatti, rendendolo talmente
pachidermico da essere incontrollabile e inconvocabile. Da qui al grillismo è
stata una frana che ha coinvolto soprattutto la sinistra. La sedicente
trasparenza delle dirette streaming degli incontri per il governo è il giusto
traguardo raggiunto. La diretta per un incontro delicato significa il non voler
dire altro del già detto, ognuno recita la sua parte sapendo di essere visto e
guardato, è qualcosa di diverso dalla trasparenza. Gli elettori si aspettano
risultati e vogliono sperare che non ci sia l’antico mercato delle vacche tanto caro alla lega. Ma questi risultati si ottengono trattando e potendo parlare
tranquillamente senza l’ansia da prestazione delle dirette televisive. I grillini dicono no a tutto, Bersani ci prova
a parlare ma senza un interlocutore credibile, quelli dall’altra parte del tavolo parlano sotto dettatura incappucciato Non sono credibili proprio
per la forma del movimento al quale appartengono, quello che fonde centralismo
democratico, cupola e dittatura. Un’ottima occasione persa perché questo
avrebbe potuto essere veramente la legislatura del cambiamento. Molti giovani e
molte donne, ora sono ostaggi di chi, in streaming, vuole ad ogni costo
un governissimo per poter dire “ecco, quanto siamo bravi noi e quanto sono
puttane gli altri…” A tutto questo si aggiunge l’autocandidatura di quello di
Arcore al Colle. Non è veramente un buon momento per la Democrazia, anzi, è
forse il peggiore dal ’46. E non sembrano buone neppure elezioni subito,
intanto non sono praticabili con Napolitano a fine mandato, in secondo luogo
non muterebbero nulla. Ripartiamo da un capo di stato nei pieni poteri, magari Rodotà, sperando che gli eletti del cinque stelle siano meglio
del loro guru, sono giovani e forse, come nel caso dell’elezione di Grasso,
hanno una coscienza civica estranea alla loro cupola.
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