… E quindi uscimmo a
riveder le stelle (Inferno XXXIV)
Non so perché mi è venuto questo incipit per dire
della pausa di pubblicazione di un giornale. In realtà stelle ne abbiamo viste
molte in questi anni, bianche, rosse, verdi, blu. Tuttavia la sensazione è di
uscire en plein air. Sempre si camminava sull'onda dell’attualità,
molti di noi nei meandri della politica, magari senza più riuscire a prenderci
troppo sul serio, forse senza neppure credere che un paese bizzarro come il
nostro potesse rinascere sull'onda di parole scritte, gettate,
volatili, dette, sussurrate, ridette, quasi un mantra infinito il dire le cose
che vanno male, l’irrealtà che circonda questa politica che era speranza ed è
divenuta non amica, logorata, sempre uguale a sé stessa. Ed è sempre stupore
quando qualcuno incontrato al bar Matteotti o sotto la colonna
di Sant'Oronzo dice: “ti leggo sai?” Erano i momenti in cui capivi di
non parlare al vento, allora arrivavano i dubbi. Improvvisamente ci si rendeva
conto che l’utilizzo delle parole deve essere moderato, mediato. Però poi leggi
i poeti e ti dici “allora facciamo poesia”, leggi Vito Antonio Conte e dici
“scusate mi sono sbagliato, lui la sa fare, io no, meglio che mi occupi
d’altro, quasi quasi mi cucino un risotto”. Poi leggi Maira e dici
che è vero, che il Salento è quello che lei dice e che noi stranieri riusciamo
a scorgere, ad amare e detestare, a seconda dall'angolo da cui si
guarda. Ma no, meglio, molto meglio parlare di scirocco che rende umide le
cose, di tramontana che asciuga le anime mentre vagano senza stelle… cercando
di rivederle… cercando lune e falci di luna… ascoltando Mino de Santis che
canta in lontananza “Salento, lento, lento, lento” mentre un’auto ti sorpassa
va a velocità indicibili e passa sotto un segnale che dice di “alto rischio di
incidentabilità”, roba da Salento, appunto. Perché la velocità la si vive o non
la si può conoscere. Come la lentezza, come l’infinito che non sappiamo, o il
“per sempre” che si dicono sciagurati amanti guardandosi negli occhi davanti ai
laghi Alimini. E qui il dubbio sorge, il “per sempre” è un mare senza coste
dove arriva lo sguardo, il lago è chiuso, piccolo, triste a volte, il per
sempre non ha sponde. Macché in questi lunghi (?) anni è passato di
tutto sui fogli di questo giornale, la politica politicante, quella
impolitica, amministrazione che non amministra mica bene e
l’opposizione che si oppone (inascoltata perché la legge vuole che la giunta
sia sovrana), è passato Vendola con Woitek, ma è passato Verri con le sue poesie,
i suoi amici e quella maledetta morte arrivata esageratamente presto. Lui
forse, vedendo lo stato dell’Italietta di oggi tornerebbe, chissà, a fare il
pensionante dei saraceni per accogliere chi sa dire poesia e leggere dietro le
parole, chi sa guardare dalla torre del serpe e vedere i turchi arrivare su
barconi guidati da scafisti. O forse, chissà, inventerebbe una parola nuova per
rifare poesia. Noi siamo stati qui, allertati sui luoghi dell’allerta e sulle
torri di guardia, a leggere storie e storiacce. A volte mangiando un
rustico.
Ma si, dai, in fondo è stato bello starsene qui tutto
questo tempo, fra amici, a leggerci, commentarci, ridere, imparare. A leggere
(compiacenti) quello che dotti medici e sapienti scrivono in altri fogli,
sicuramente più noti e venduti, ma che hanno, i fogli, molto spesso un’ansia da
prestazione di arrivare per primi a dire le cose, quando primi nel mondo
dell’informazione non si è mai. Perché in fondo un incidente rimane tale
anche mezz'ora dopo, meglio, molto meglio capire perché.
E’ forse anche questo è un modo di fare poesia. Gocce di rugiada, pioggia
sottile e lieve, sole accecante. “Face cautu” in estate, “Face friddu” in
inverno. Come se non fosse naturale, come se non fosse scontato. Parole al
vento nella primavera salentina, parole sparse nella testa. Il privilegio di
aver conosciuto e letto le parole di Amadou che scrive e vende i
libri che scrive camminando sulla strada e sempre sorridendo, vuoi mettere
confronto alla politica politicante ed autoreferenziale? Quella va a
finire che parla di povertà davanti ad un astice e dice “che poveri i poveri…”.
Ma si, usciamo a riveder le stelle, in fondo si può.
Il saluto del direttore Mauro Marino (au revoir?) : http://www.pnquotidiano.it/edicolaonline/Lavori%20in%20corso%20-%20Locandina.pdf
Il saluto del direttore Mauro Marino (au revoir?) : http://www.pnquotidiano.it/edicolaonline/Lavori%20in%20corso%20-%20Locandina.pdf
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