Grazie a Teletu (gestore di telefonia che sconsiglio caldamente a chiunque) che ha tenuto
un’utenza senza telefono e senza internet in pieno periodo natalizio, precisamente dal 19 dicembre a data ancora da definire (oggi ne abbiamo 29), sono rimasto sconnesso. Il problema dei disservizi si può ovviare facilmente
cambiando gestore, cosa che raccomando caldamente agli sventurati clienti dello sciatto gestore. Per
solidarietà con i ragazzi del call center che hanno preso nota, programmato e
che sono anche loro vittime di alcune aziende non
farò nomi di utenti e utenze coinvolti. Rimane il fatto che altri gestori, come
ho avuto modo di verificare personalmente garantiscono il servizio assistenza
in tempo reale e mantengono le promesse. A volte pagare un paio di euro in più
al mese rende meno gravosa la vita. Grazie a Teletu, dicevo, sono rimasto
sconnesso, così anche il blog ha cessato di essere aggiornato. Riprendiamo da
qui. So che nessuno ha sentito la mancanza di parole scritte, però...
Dall’alto ho visto il mare, poi il Gargano, poi piccole
nubi, verso nord erano sempre meno piccole, erano leggere. Sono belle le nuvole
viste al contrario, da sopra, illuminate dal sole mentre sai che a terra i
raggi non arrivano. Poi di nuovo si vedeva terra là sotto, eravamo a nord, i
campi tutti coltivati come scacchiere di vari colori, paesini ordinati visti
dall’alto, poi Torino austera, fiera, bella. Sullo sfondo la meraviglia
dell’arco alpino, il caso e il caos vollero che in mezzo al grigio ci fosse
solo una strisciata di azzurro ad incorniciare montagne immense, austere come i
piemontesi quando sono musoni. E’ bella l’Italia, veramente bella, peccato però
che spesso ad amministrarla sia chiamata gente che con i quattrini pubblici si
compra mutande verdi o lauree. Peccato veramente. La signora accanto a me nel
treno che trapassa campagne e colline fra Torino e Alessandria telefona a voce
bassa per un tempo lunghissimo. Altri signori e signore stanno con la testa bassa a guardare schermi illuminati,
ognuno per sé, neppure un libro, ora c’è l’iphone, l’ipode, l’ipad, tutti con il
touch screen. Ah siamo nel paese "dove il Si suona." Invece chissà che fine sta facendo la
lingua italiana, bah. Tutto in inglese si dice. Apro il giornale, però lo
sguardo insiste ad andare nelle campagne piemontesi che scorrono chiuse fuori
dal finestrino. Alberi nudi, spogli, inverno del nord, marrone, nero, poco
verde. A fianco colline degradanti e dolci, terre di vigneti e frutta. Sinuose,
leggere, belle. Poi la voce registrata che dice, ogni dieci minuti, che il
capotreno controlla i biglietti “ma è anche un pubblico ufficiale e può identificare
persone nel caso lo ritenga, chiunque si rifiuta o si ribella commette reato
penalmente perseguibile” ed io a chiedermi cosa diamine sta succedendo ai
capotreni? Colpa degli immigrati, dirà qualcuno. La colpe è sempre degli immigrati. Anche
quando un uomo italico picchia a sangue la moglie o l’ammazza. Ha sicuramente
imparato dagli immigrati.
Intanto la pianura continuava a scorrere con i suoi campi
belli delimitati, sembra tutto pulito e lindo, ogni cosa al suo posto, neppure
una pietra fra le zolle di terra, il solo verde che spunta è il grano che sta nascendo
nell’umidità (troppa veramente) di quest’anno bizzarro, neppure fa troppo
freddo, e io che mi sono vestito per andare incontro al generale inverno. Non
proprio come Totò e Peppino a Milano, però… Ho percorso millanta volte quelle
rotaie in tempi lontani, Alessandria - Asti, allora c’erano treni chiamati
locali, fermavano in ogni stazione e poi si socializzava vedendosi ogni giorno.
Non c’era l’iphone, neppure il cellulare, dovevi confrontarti direttamente con chi
avevi accanto, una tortura per qualcuno che sprofondava il faccione rubicondo
in un libro, una fortuna per altri. Come al bar sport si parlava di politica,
calcio, ideologia, del governo. Qualcuno riusciva a parlare con la più bella,
qualcuno se l’è pure sposata poi. Allora
si chiamavano Ferrovie dello Stato (FF SS). Poi arrivò Trenitalia ed iniziò lo
sfacelo. Ora Trenord è altra cosa rispetto ai treni di altre parti d’Italia.
Ora siamo civili, moderni, ora tutto è sfacelo, solo l’alta velocità pare funzionare
e i pendolari si arrangino un po’ quei pezzenti! Anni fa, all’inizio della
rivoluzione ferroviaria, mi trovai a dover cambiare a Piacenza per raggiungere
Bologna, come prescritto dall’orario scaricato da Internet. Scendemmo tutti dal
treno e il capotreno disse “questo prosegue per Bologna”. Non cambiava il
treno, cambiava la gestione dello stesso, non era più trenord ma qualcosa altro
che non so. Ed io pensavo senza dirlo per non insultare “ma chi è
quell’imbecille che comunica così con i passeggeri del treno? Solo un sadico
può scrivere che si cambia treno, mentre cambia solo il personale”.
Alessandria, si scende. Da Lecce a qui ho viaggiato in
pullman, aereo, treno e auto. Neppure un traghetto, peccato, avrei fatto
tombola.
E poi l’incontro, ancora, con realtà tristi. Erano in due,
camminavano davanti a me, erano anziane, 75/ 80 anni, vestite sobriamente,
cappotto e borse piene di borse vuote, passando vicino ai cassonetti si
fermavano, parlottavano guardandosi attorno, una andava a verificare il contenuto
di alcuni sacchetti scelti là dentro con non so quale criterio, poi si
allontanavano con la loro dignità, la sobrietà, i cappotti e le borse, in uno
hanno “pescato” nell’altro no. Scene di ordinario Natale di crisi. Qui come a
Lecce i cartelli “affittasi o vendesi” aumentano, qui come in ogni parte altra
d’Italia. Il mondo sta mutando senza che lo stato sociale riesca ad incidere,
senza che si riesca a salvare la dignità delle persone. “Quo usque tandem
abutere patientia nostra?” Disse il rabbioso Cicerone, lui si riferiva a
Catilina ed io penso che nulla è mutato da allora. 2000 anni trascorsi invano!
Capisci di essere a nord quando ordini un caffè al bar e lo
paghi un euro. Anche dai campi ordinati fuori dal finestrino lo capisci. Ma lo
comprendi anche leggendo “pizza e farinata”. Ok per la pizza, però mi manca
molto la farinata nel basso Salento, occorrerà importarla, come la focaccia
genovese.
Poi ancora piccole e grandi nebbie che sono l’humus
dell’inverno padano, anche se dire “padano" inquieta. Un tempo al
campionato mondiale si urlava “Forza Italia!” Poi ce l’hanno scippato per dare
quel nome a un partito strambo, guidato da uno che poi è finito in galera. Un
tempo dire di essere padano era un modo di dichiararsi. Significa dire di vino,
di riso, di colline, di sconfinate pianure, di nebbie e gelo, della galaverna
che imbianca i campi nelle mattine invernali, con il sole che illumina ogni
filo d’erba. Significava dire della resistenza al nazifascismo, della FIAT e
della ridente Emilia Romagna fino al Veneto. Il Po era il fiume d’Italia. Oggi
dici Padano e subito qualcuno ride sperando di veder spuntare mutande verdi dai
jeans. Oppure ti rifilano un’ampolina e ti dicono “pisciaci dentro e gettala
nel Po”. Cose così insomma, tutta la poetica che esisteva è andata a farsi
friggere assieme alle carpe e alle trote che nel Po non ci sono più perché
troppo inquinato. Basta poco a volte a cambiare la tua storia personale. Non
sono più padano! Sia chiaro! Sono nato in una pianura dove accanto ci sono
colline, sull’altro lato risaie. Ah ci passano anche alcuni fiumi, il Tanaro, la
Bormida, e torrenti come l’Orba e il Borbera. Ah, anche quel fiume lungo dal
nome corto che passa lì vicino. Però è lontano da Alessandria eh. E non ho
mutande verdi!!!
D’altra parte sta finendo così anche in altri luoghi, dici
Salento e di getto rispondono “pizzicataranta”. E chi se ne frega dei messapi,
dei frantoi ipogei, delle chiese barocche, dei martiri d’Otranto, di Renata
Fonte.
Ah la storia, anche stare senza internet per un fatale
destino che ha fulminato un modem (e un gestore inetto) in fondo è buona cosa a volte, ti riporta a
comunicare, a comprare il giornale, a vedere il TG. E pensare, osservare. Non è un
bel vedere, per dirne una, quello dei nuovi telefoni che fanno tutto: mandano mail, giocano,
parlano, ci sono mille applicazioni che noi raga moderni chiamiamo app, da
quelle erotiche a quelle dell’alta finanza, ci sta il navigatore che ti indica
la strada anche in Salento (dove la segnaletica, bene sappiamo, è stata
progettata da qualche spiritello bizzarro, amante dwello sberleffo) e tante altre cosine
forse deliziose, ma che tediano, scaricano le batterie e sono sostanzialmente
inutili. Però avviene spesso che vedi signori e signore, anche attempati,
intenti a guardare con due paia di occhiali quegli infernali marchingegni
cercando l’app per whatzap e il navigator e quando squilla il cellulare
normalmente non lo sentono perché le suonerie sono bizzarre e potrebbe
trattarsi del camioncino del fruttivendolo. E quando si deve comporre un numero
con il touchscreen (questo lo pronunciano tutti eh) occorre pigiare con la
punta del medio per evitare di fare tre numeri contemporaneamente. Se poi si manda
un sms quasi sempre decide lui , il marchingegno, cosa scrivere, tu inizi una
parola e lui la termina, anche se volevi dire pranzo e ti esce protocollo.
L’evoluzione del T9 è micidiale! E tutto deve succedere (è d’obbligo),
all’ombra! Se stai al sole lo schermo è illeggibile, allora vedi coppie dove
uno sta fermo, l’altro sta dietro la sua schiena a cercare ombra per leggere,
cose di altri mondi.
Ecco allora i desideri per il nuovo anno: vorrei un telefono
che telefona e basta. Vorrei poter dire che sono padano senza sentirmi un
troglodita. Non sono un tifoso, però se una volta mi scappasse, durante una
partita, “Forza Italia” vorrei che non arrivassero i carabinieri a
impacchettarmi come hanno fatto con quello piccolo, brutto, con orecchie da
dumbo. Questo al netto della pace
nel mondo ovviamente. Chiedo molto?
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