“Padre della patria? Non mi piace, chiamatemi: Dio della
patria…” Così Renato Rascel in “Io sono il capataz”. Film andato in onda su
raitre. Stupendo ritratto di un dittatore di bassissima statura in mezzo a
granatieri. Populista d’accatto. Divenuto fortunosamente capo della rivoluzione
in Parazuela, si trasforma in dittatore e canta: “Io sono il capatazzo, faccio quello che mi
pare e piazzo”. Riduce lo stato del Parazuela alla miseria e alla fame. E
indossa le medaglie anche sulla canottiera. “Io sono
il faro della civiltà”. Gli piace dire. Ed è certo che il popolo lo ama a dismisura, che lo vuole
ad ogni costo.
Peccato che la giovane e bella ministressa Moira lo tenga
sotto scacco approfittando di lui. Lo manovra ammaliandolo e facendolo sentire irresistibile.
Rivalutiamo Renato Rascel per favore. L’avesse fatto in
questi giorni quel film, sarebbe stato solo uno
scopiazzamento della realtà. E
forse avrebbe mutato il finale. Nel film il dittatore capisce di non essere
amato, e capisce di fare del male alla sua gente, e ridiventa capopopolo per
cacciar via la ministressa Moira e il suo ministro che gli nasconde la verità e
ripristinare uguaglianza e democrazia. Nel film il dittatore era, tutto sommato, in
buona fede. Nel film.
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