6 settembre 2014
In tempi di globalizzazione, di mondializzazione, è così peregrino parlare di diritti globali e di pari opportunità? La produzione di merci e di denaro viaggia on line, un’azienda un tempo nasceva, che so, a Torino, da lì si ingrandiva, diventava europea, poi mondiale sempre avendo la sua sede e i suoi affari nella stessa città, era faticoso, anti economico uscire fuori, portar via macchinari e quant’altro. E quell’azienda per mantenere livelli occupazionali e dare lavoro, otteneva anche regalie dallo Stato che in qualche misura la manteneva. Poi è arrivata la globalizzazione, così quella stessa azienda prende tutto il suo patrimonio e va a pagare le tasse in Inghilterra, mette la sua sede legale in Danimarca, produce negli USA e il suo capo in testa, italiano residente in Svizzera dove paga le tasse, arriva a Roma a dire che lui si sente italiano e dice al governo come deve governare. Questa la chiamano mondializzazione o globalizzazione.
In tempi di globalizzazione, di mondializzazione, è così peregrino parlare di diritti globali e di pari opportunità? La produzione di merci e di denaro viaggia on line, un’azienda un tempo nasceva, che so, a Torino, da lì si ingrandiva, diventava europea, poi mondiale sempre avendo la sua sede e i suoi affari nella stessa città, era faticoso, anti economico uscire fuori, portar via macchinari e quant’altro. E quell’azienda per mantenere livelli occupazionali e dare lavoro, otteneva anche regalie dallo Stato che in qualche misura la manteneva. Poi è arrivata la globalizzazione, così quella stessa azienda prende tutto il suo patrimonio e va a pagare le tasse in Inghilterra, mette la sua sede legale in Danimarca, produce negli USA e il suo capo in testa, italiano residente in Svizzera dove paga le tasse, arriva a Roma a dire che lui si sente italiano e dice al governo come deve governare. Questa la chiamano mondializzazione o globalizzazione.
Nessuno può dire né fare nulla in proposito, perché è un
diritto dell’azienda fare quattrini dove più le è comodo e dove spende meno.
Chi non ha aziende, chi vive di un lavoro spesso precario o
di una pensione tartassata da tasse inique, ha in teoria gli stessi diritti.
Facciamo un esempio, un pensionato a 800 euro al mese ha il diritto di prendere
la residenza fiscale in Inghilterra, di svernare in Svizzera e magari di fare
un lavoretto in nero in Angola. Ne ha il diritto! Che poi sia fattibile è un altro
discorso.
Nessuno ha chiesto agli italiani e ai torinesi se fossero d’accordo
con l’azienda delocalizzatrice, non
l’hanno chiesto perchè il parere delle persone è inutile, l’azienda appartiene
agli azionisti, anche se è stata mantenuta per decenni dagli italiani tutti. La
stessa cosa vale per le guerre. Qualcuno ha fatto un referendum fra le
popolazioni israeliane e palestinesi per capire se preferiscono bombe o una
convivenza pacifica? No, perché decidono i potenti. Qualcuno ha intervistato la
popolazione siriana se preferisce essere massacrata e crepare di sete e fame o
magari vivere in pace? Macchè, le guerre le decidono quelli in alto, i
delocalizzatori.
Sarebbe bello che i sindacati mondiali si mettesero attorno a un tavolo e chiedessero
un referendum globale con una domandina secca: “preferite che i vostri governanti
acquistino armamenti o che si riempiano i granai?” (cito Pertini ovviamente),
così, a occhio e croce potrei ipotizzare un risultato. Non si può fare però,
non tanto per problemi logistici o pratici, macchè, non si può fare perché la
democrazia mondiale non esiste, tutto lì. L’impressione è che ci sia veramente
una cupola globale che decide i destini dei sottoposti. Quale persona di
intelligenza anche sotto la media (chiediamo a Renzo Bossi e ascoltiamo una sua
risposta per esempio) non preferirebbe un mondo vivibile ad uno come quello che
abbiamo creato?
E va bene così, chiedo scusa ma oggi i pensieri volano fuori
dalla realtà, scrivere queste cose in una nazione che manda Borghezio a
rappresentarla al parlamento europeo per oltre dieci anni è come voler svuotare
il mare con un bicchierino da rosolio.
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