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domenica 20 novembre 2011

vogliono davvero chiudere una piazza?

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E va bene, ci hanno abituato da tempo gli artisti veri a fare le estemporanee, gli attori ad improvvisare, anche alcuni bravissimi artigiani a riparare piccoli guasti provvisoriamente, per poi poter intervenire con i giusti strumenti in maniera definitiva. Tutti loro hanno comunque un retroterra di competenze e capacità. Hanno una cultura del loro lavoro che permette loro di agire in emergenza.
Pensavo che in questo caso si trattasse solo di una boutade per allentare le tensioni. Una benigniata improvvisata al bar.  Una specie di battutina per dire subito dopo: “noi istituzioni ci siamo e faremo il nostro lavoro con onestà e competenza”.
Anche se, ammetto, la credevo un’uscita per niente arguta o intelligente, un amministratore è tale sempre. Ma tant’è, la politica degli ultimi anni ci ha abituati a tutto, dalle nipoti di Mubarak alle battutine sugli ebrei.  Invece la polemica monta ancora in modo disarmante. Sarà che i media a volte enfatizzano e riportano ogni reazione, spesso mi chiedevo se era il caso di rispondere e di reagire a tanta estemporaneità amministrativa. Ora, a distanza di un mese ancora ne parlano alcuni giornali. Se di macabro humour si trattava, smettiamola per favore, torniamo con i piedi per terra ed affrontiamo i problemi, questo chiedono le persone. Tutto nasce da uno dei crimini peggiori in una società sedicente civile, il linciaggio di un lavoratore non italiano per nazionalità, italianissimo per i consumi. Anche lui mangia, beve, magari ha un affitto in nero e contribuisce ad aumentare SAN PIL, il patrono tanto caro ai nostri governanti e ai loro epigoni meno blasonati, quelli comunali e provinciali. Non me ne voglia Sant’Oronzo, però neppure lui vale quanto il PIL per chi governa. Per il Santo patrono il sindaco si mette la fascia tricolore a mo’ da uovo di Pasqua una volta l’anno per la processione, il PIL (abbassiamo il capo ogni volta che lo nominiamo) lo  leggiamo ogni giorno sui giornali, ne parliamo con una voluttà che è  pari a quella di un rapporto sessuale.  Dopo il linciaggio la città barocca si interroga? Quali risposte nel regno dell’accoglienza? Un amministratore propone, contro le violenze di alcuni avanzi di galera, di chiudere una piazza. Attenzione, non è una boutade, evidentemente ci credeva proprio. Sarebbe come imporre per legge la cintura di castità alle donne contro le violenze sessuali. E se qualcuno scipperà una vecchietta che esce dalla Cattedrale  chiuderemo la piazza, la Cattedrale o il Vescovado tutto quanto? Da una parte si parla di cultura, di Lecce città pubblica, si parla di spazi da fruire, di aperture. Dall’altra di questa roba qui. Il compito di un amministratore non improvvisato è, quanto meno dovrebbe essere, quello di capire gli accadimenti, i fenomeni e di governarli. Invece di fronte ad un’emergenza come un linciaggio si propone di chiudere una piazza? Quasi senza rendersi conto che se chiudi una zona di disagio, il disagio non cessa ma trasloca poco oltre. Solo che l’amministratore si sarà lavata la coscienza. “Massacratevi pure, non nel mio salotto buono per favore”. Ricorda tanto quella cameriera che spazzava la polvere sotto il tappeto.  Ma no dai, stava sicuramente scherzando l’assessore, sono gli organi di informazione che hanno esagerato. Vuoi mica che dicesse sul serio, perbacco. Lo sanno anche i sassi che certi problemi si affrontano confrontandosi con le situazioni di disagio, valutando il degrado e promuovendo soluzioni per limitarlo. Lo sanno tutti che dove si agisce chiudendo spazi si scippa la maggioranza della popolazione di opportunità, e si toglie alla città una possibilità di vivere le vie e le piazze. Tutti sanno che non si chiudono le banche perché non vengano rapinate, piuttosto si vigila. Tutti sanno che i giovani e non solo loro hanno necessità di strade, piazze, parchi puliti ed accoglienti.  Tutti lo sanno. Tutti?    

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