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sabato 25 ottobre 2014

Io non capisco l'economia.



Non sono un economista, anzi ne capisco proprio poco di numeri, cifre, spread, pil, borse, e via dicendo. A volte mi sfugge anche il senso dell’economia domestica, so che occorre mantenere i conti a posto, poi arriva un maledetto estratto conto delle banche e tutte le certezze vanno in tilt per la mole immensa di fogli da leggere (che pochissimi leggono per intero) e per le cifre strambe che contengono, “spese di gestione” incomprensibili e via dicendo, però non ci si incazza mai troppo, c’è una sorta di antica “sudditanza”, quasi le banche fossero chiese piuttosto che “famiglie” nel senso quasi mafioso del termine. Poi arriva una banalissima bolletta del gas o dell’energia elettrica e mi accorgo che non sono in grado di leggerla, mi debbo fidare sulla parola. Importo dei consumi, accise regionali, statali, IVA e cazzate varie che portano l’importo del consumo puro a triplicare in alcuni casi raddoppiare quando va bene. E si che basterebbero poche banalissime voci: consumo X, tasse Y, IVA Z  (possibilmente l’IVA sul solo consumo e non sulle tasse come succede con il gas). Ah la chiarezza che terribile cosa.

Non ne capisco di economia come ne parlano i TG (i talk show non li seguo più, mi fanno incazzare, prima c’erano gli urlatori, ora siamo nell’era Renzi, spesso si vedono ministresse giovani, carucce che sorridono sempre, sorrisini emblematici, tipicamente da primi della classe che sembrano prendere per il culo chi guarda, hanno l’aria saccente che sembra dire, come fanno gli adolescenti nel periodo più scemo di quell’età, “che volete saperne voi?”. Però ben sappiamo che contano quanto il due a briscola, neppure il fuorilegge di Arcore aveva il potere del sindaco di Firenze che utilizza le sue ministresse come specchietto).
Dicevo che dei massimi sistemi non ci capisco molto, però viene spontaneo porsi alcune elementari domande, so che gli economisti DOC inorridiranno per la banalità, però proprio non comprendo. Non comprendo come mai, per dirne una, si possano incentivare i consumi quando non c’è più lavoro.
Non capisco come  costringere insegnanti ultrasessantenni a lavorare faccia stupire che i giovani laureati non trovano uno straccio di posto di lavoro nella scuola.
Non capisco come mai si battaglia sull’articolo 18 quando le aziende licenziano e non assumono.
Non capisco perché lo Stato, prigioniero della politica europea, non sfori il tristemente noto 3% e non investa in indispensabili lavori di salvaguardia del territorio. Aspettiamo probabilmente un’altra Genova, poi un’altra, poi un’altra ancora?
Non capisco perché, quando l’Europa tutta è depressa nell’economia tutti debbano seguire  diktat che impongono l’aumento della depressione.  Questo, in realtà, pare non capirlo neppure un nobel per l’economia, diceva Stiglitz in una lectio magistralis alla Camera: Oggi abbiamo a disposizione una grande quantità di dati sull’impatto delle politiche di austerità in Europa. I paesi che hanno adottato le misure più dure, ad esempio chi ha introdotto i maggiori tagli al proprio bilancio pubblico, hanno avuto le performance peggiori. Non solo in termini di Pil, ma anche in termini di deficit e debito pubblico. Era un esito previsto e prevedibile: se il Pil decresce anche le entrate fiscali si riducono e questo non può far altro che peggiorare la posizione debitoria degli stati. Tutto ciò avviene non perché questi paesi non abbiano realizzato politiche di austerità, ma proprio perché le hanno seguite. In molti paesi europei siamo di fronte non a una recessione, ma a una depressione”...
Troppe cose non capisco, neppure, credetemi, comprendo come mai le armi degli eserciti che in coalizione con altri paesi sedicenti civili stiamo combattendo, siano state prodotte nella civile Italia e nelle nazioni che poi dicono “hai visto che i terroristi hanno le armi?” Questione di PIL, solo quello.
E mi risulta difficilissimo comprendere perché, dopo un anno e mezzo di allarmi lanciati da ONG sul pericolo Ebola ce ne accorgiamo solo quando Ebola arriva nei paesi sedicenti civili, sicuramente ricchi. Se volessi pensare male direi che finchè crepano di ebola degli africani poveri sono affari loro, quando però iniziamo a crepare noi detentori delle conoscenze, delle ricchezze e delle esportazioni di armi allora ci si muove in fretta. Successe con l’AIDS, ricordate? Però non bisogna pensare male di paesi in cui esiste la pena di morte, per carità, di paesi in cui esiste l’ergastolo che anche il papa, ora, condanna.
Un’altra cosa che mi risulta difficile da capire e digerire (chissà se qualcuno vorrà rispondere) è un primo ministro a caso, magari italiano, che va negli USA, incontra un amministratore delegato a caso, Marchionne, e dice che è “un esempio per l’Italia intera”. Ricordo male o Marchionne ha cittadinanza svizzera, paga le tasse aziendali in Gran Bretagna e porta la FIAT negli USA? Non capisco. E ricordando un Frassica d’antan, neppure mi adeguo.
Si ha come l’impressione, come diceva un giornalista in TV, che l’economia sia una materia dettata dai tecnocrati e che nulla ha a che vedere con la vita reale, ci si deve adattare a far quadrare i conti a qualunque costo, indipendentemente dalle condizioni di miseria e povertà delle popolazioni. Il famoso 3% del rapporto deficit pil come arriva? Da dove? Uno studioso francese l’ha spiegato, ha detto papale papale che l’inventò lui assieme ad alcuni collaboratori. Il governo gli chiese di calcolare un parametro credibile e fattibile, loro si riunirono e in poche ore buttarono lì quel 3%, “senza troppi calcoli in realtà” ha concluso. Il parametro è diventata la bibbia dell’Europa. Grecia, Spagna, Portogallo hanno mandato sul lastrico centinaia di famiglie, l’economia se ne scatafotte. L’Italia è sull’orlo del baratro, l’Europa lo vuole.
Davvero, non comprendo!


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