Il primo telefono cellulare della storia |
C’era una volta il telefono cellulare, assunse poi nel
lessico comune il terrificante nomignolo di “telefonino”, quasi si potesse
contrapporre non già al telefono, ma al telefonone.
Cellulare deriva da cella, lo impariamo dai telegiornali,
ogni volta che c’è un criminale in giro la polizia “verifica quali celle ha
agganciato”. Le celle sono in pratica delimitate da quelle simpatiche antenne
che troviamo ovunque: sui palazzi, camuffate da abeti in un oliveto, su
tralicci che guardano il mare ecc.
Telefono con pacco batteria |
Il principe di tutti i problemi del cellulare è però da
sempre la batteria. Un tempo c’erano banali batterie al nichelmetalidrato che avevano l’effetto memoria.
In pratica succedeva che, caricando la batteria quando era a metà, lei
memorizzava quel tempo di ricarica ed avrebbe sempre caricato per quello stesso
periodo indipendentemente dalla capacità della batteria stessa. Questo procurò
enormi vendite di carica/scarica batterie. Si inseriva la batteria dentro il marchingegno, la si faceva scaricare e poi si caricava
completamente. I più risparmiatori si ingegnavano con un cavetto elettrico ed
una lampadinetta per scaricare il tutto. Poi arrivarono le batterie al litio
ioni e la storia cambiò.
Le prime batterie, studiate non già per essere
miniaturizzate, ma per durare a lungo, avevano dimensioni importanti, i primi
cellulari, venduti a prezzi stratosferici e con abbonamenti Telecom (allora monopolista) per i quali
occorreva un consistente conto in banca, erano muniti di pacco batterie a
parte, in apposita valigetta a tracolla con telefono appeso. In pratica erano
telefoni come quelli di casa, solo che pesavano ed erano di dimensioni triple. I più estroversi (e ricchi)
camminavano per la città con questo pacco di almeno 5 Kg. appeso al collo, a volte
telefonavano urlando perché la copertura era limitata e pensavano (cosa che
ancora succede) che la distanza si potesse coprire parlando a voce altissima.
Passato questo periodo di immenso piacere nel prendere per i fondelli i
telefonatori stradali che nel mese di luglio, a 40° si portavano appresso quel
pacco, l’evoluzione fu rapida, i costi diminuirono e le batterie presero
sembianze umanamente comprensibili ed accettabili.
Al TACS (Access comunication
system) che consentiva solo chiamate nazionali, si sovrappose presto il GSM
(global system mobile telecomunication) che rendeva universale l’utilizzo. Il
cellulare iniziò a diffondersi rapidamente soprattutto in Italia, nonostante
tariffe care più che in altri paesi, ed iniziò a miniaturizzarsi, si assistette
a cambiamenti semestrali, dal cellulare che occupava una tasca della giacca al
rivoluzionario Startak della Motorola che si piegava in due e stava nel palmo
di una mano e potevi perderlo nelle tasche dei giacconi. Io amai molto il Philips
Genie, 99 grammi, batteria della durata di almeno 6 giorni, piccolo,
maneggevole e intuitivo. Per stupire i giovanissimi dirò che addirittura questi
telefoni avevano i tasti. Oggi sono spariti per lasciare il posto allo schermo
dove digiti almeno 3 cifre per volta. Altra particolarità, i nomi di tutto sono rigorosamente in inglese,
lo schermo si chiama touch screen (schermo tattile) e via dicendo.
Eh si, non ci sono più i telefoni cellulari di una volta,
quelli che servivano per telefonare. Il telefono oggi deve avere quanto meno
una fotocamera che riduce cittadini di ogni
fascia d’età a sedicenti
fotografi, si fanno almeno 100 scatti per volta (tanto non costano una mazza) e
lunghissime riprese che nessuno guarderà mai. In qualunque momento pubblico,
dai concerti alla presentazione delle pentole a casa della vecchia zia si vedono
giovani e anziani che, anziché seguire quel che si dice, hanno le braccia
levate al cielo a riprendere tutto. Se chi riprende riceve una telefonata in quel momento stramaledice chi utilizza lo strumento addirittura per chiamare.
Poi devono essere in grado di fare il selfie, non contenti
di fotografare quello che si ha di fronte, e presi da una smania di
egocentrismo incontrollabile, tutti a farsi fotografie da soli. La cosa mette
molta tristezza, a ben pensare, un “fai da te” molto vicino alla masturbazione.
Non solo, il telefono cellulare per essere degno di nota, deve essere un
computer, si possono inviare e mail scrivendole con quella cosa che tastiera
non è, soprattutto, lui, il perfido,
trasmette anche la tua posizione geografica. Per le coppie di amanti sono tempi
duri. Pare sia allo studio anche una mappatura dei luoghi chiusi, se si è in
bagno a espletare bisogni elementari non si potrà più dire al rompipalle di
turno che chiama: “stavo lavorando per lei”. Ebbene si, il telefono si porta
anche in bagno, vuoi mai che si perda una chiamata?
Con il telefono si possono acquistare azioni e fare buone
azioni, donare quattrini o fare shopping compulsivo on line, e mille altre funzioni. Però la tecnologia ha le sue esigenze. Eravamo rimasti ai telefoni
miniaturizzati. Oggi tutto è mutato, per fare tutte le cose che offre un
“normale” cellulare attualmente in commercio lo schermo deve essere più grande
(altrimenti come conti i peli della barba quando fai selfie?), la tastiera deve
consentirti di premere due tasti alla volta invece dei tre o quattro di
prassi ecc. Ecco quindi che le dimensioni cambiano, diventano più grandi,
ingombranti e delicati. Non è raro vedere qualcuno che telefona tenendo mezzo
metro quadro di i pad (i pod?) attaccato all’orecchio, con un effetto ridicolo
al punto di suscitare compassione. Una marcia indietro, qualcuno la chiamerebbe devolution.
E non si preoccupino i bagnanti, oggi esiste la custodia da
mare per iphone (quello che una volta, quando eravamo trogloditi, chiamavamo
telefono cellulare), lo metti dentro e ci puoi fare il bagno. In effetti è
pensabile, nel 2014, tuffarsi in mare senza cellulare? Metti che il tuo amico
da Boston metta una foto osé su facebook e tu non lo sai in tempo reale, che
figuraccia ci fai? Metti di incontrare uno scorfano, non te lo fai un selfie con lui che sorride?
Più si ingrandiscono i telefoni cellulari che ora di nuovo
non entrano nella tasca dei jeans, più si miniaturizzano alcuni ammennicoli.
Esistono auricolari piccolissimi e senza fili (bluetooth), si infilano
nell’orecchio e si può rispondere e chiamare con le mani libere,
incredibile. I risultati sono spesso inquietanti, succede sempre meno raramente
di vedere persone di ogni età camminare per strada parlando da soli,
gesticolando, ridendo, incazzandosi, urlando. Hanno le mani in tasca e nessun
filo che pende. Sono loro, quelli che amano infilarsi qualunque cosa nelle
orecchie. Ora siamo in fremente attesa di vedere cosa ci offrirà il futuro
prossimo, sicuramente cose che noi umani non possiamo immaginare.
Altro capitolo sono i gestori, un tempo c'era Telecom Italia in regime di monopolio, poi arrivò Omnitel del gruppo Olivetti che passerà presto a Vodafone.
Quindi giunse Wind. Incredibile e al limite della truffa allo Stato fu Blu, compagnia telefonica che si lanciò sul mercato. A quel tempo le nazioni europee facevano quattrini a palate vendendo all'asta le frequenze alle varie compagnie telefoniche. In Italia erano cinque quelle in vendita, arrivò Blu giusto in tempo per entrare nell'asta pubblica accanto ad altri cinque concorrenti (TIM, Omnitel, Wind, IPSE composta dalla spagnola Telefonica e Acea, e H3G) sei concorrenti per cinque frequenze, i prezzi sarebbero saliti come meteore. Giusto un giorno prima delle offerte, BLU si ritirò e chiuse baracca e burattini. In perfetto italian style (forse mafia style?) le altre compagnie si spartirono il bottino pagando quello che decisero di pagare, cinque concorrenti per cinque frequenze. Lo Stato incassò solo 27.000 miliardi, BLU venne multata e tutto si fermò lì. Chi erano i fondatori di BLU? Anche qui la storia è interessante, ci fu una cordata di imprenditori: Gilberto Benetton (dai pullover ai telefoni, passando per autostrade), Francesco Caltagirone (dall'abusivismo edilizio ai salotti buoni), British Telecom e (udite udite) tal Berlusconi Silvio. Dopo questa brillantissima operazione successe che BLU chiuse, vendette clienti e dipendenti a WIND, le frequenze agli altri operatori, marchio e perdite di bilancio se le accollò TIM. Insomma, qualcuno il regalo doveva pur pagarlo.
Se passate vicino ad antenne telefoniche e provate ad annusare, ancora sentirete una puzza di marcio che spaventa.
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