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domenica 9 settembre 2012

San Giovanni in Persiceto


I fatti. Nel 1963 vennero rinvenuti i resti di 63 persone morte. Erano sepolti ad una profondità di 1,20 metri a distanza di circa 1,5 metri l’uno dall’altro. Erano senza indumenti, solo un coltello privo di manico venne ritrovato. La cosa stupefacente fu il ritrovamento del teschio di un cavallo assieme agli scheletri. I corpi non vennero mai identificati e l’ufficio di medicina legale stabilì che la data della morte non poteva essere verificata. Il giudice, per canto suo, decise che si trattò di rappresaglia e che i resti appartenevano a partigiani o a repubblichini. La vulgata stabilì che si trattava di una strage di appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana compiuta spietatamente  dai partigiani. In molti ci credettero. L’Anpi di San Giovanni in Persiceto, in particolare Wiliam Pedrini e Carlo D’Adamo volle invece vederci chiaro e chiese ed ottenne nel 2008 la riesumazione delle ossa e la prova al radiocarbonio. E’ di questi giorni la comunicazione del CEDAD di Lecce, che ha eseguito le prove, che si tratta di scheletri databili fra la fine dell’800 e il 1100.
Si chiude così un capitolo nero ed un tentativo, l’ennesimo, di colpire la Resistenza.

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