Vita che scorre dietro occhi che scrutano il cielo. Quasi il
tempo infinito di una notte piena di stelle. “Quanti passi da qui al quella più
lontana?” “Contiamoli”. Squarci di
ricordi fra i pensieri. Come tele di Fontana con quell’inquieto taglio di cui troppi
hanno scritto per interpretarlo. Non sono un critico d’arte. Più banalmente mi
limito ad osservare e a ringraziare chi ha osato andare oltre la tela,
trapassare il quadro, uscire dai confini delimitati. “Troppi pittori in giro,
pochi artisti” mi dice l’anziano gallerista di fronte ad un nudo velato da un
drappo azzurro intenso. Ed ha ragione in fondo. Pochi osano veramente. Pochi
contano i passi da qui alla stella più lontana. E troppo spesso li si vorrebbe
instradare per vie più note e tranquille. Anche a costo di pagare il prezzo di
restare immobili, senza progredire. Perché
senza di loro, senza chi osa uscire dalla tela, andare oltre il dipinto, non
c’è progresso. Non quello dei cellulari e dei computer. Un altro progresso,
quello delle emozioni e delle intelligenze che guardano nascere fiori o volare
rondini. Quello che ci aiuta a sentirci più liberi nonostante questo mondo così
assurdamente avvolto su sé stesso. La grandezza del bimbo che vuol prendere tra
le mani il fumo di una sigaretta è pari solo al volo di Icaro. Lui osa.
Abbiamo visto squarciare molte tele
da folli idealisti nel tempo. Guevara come Camillo Torres. Falcone come Peppino
Impastato. Accidenti quante morti violente. Ma quante vite continuano ogni
giorno dicendo sottovoce che non ci stanno. Cercano serenità nella loro rabbia,
guardano, scrutano , divorano ogni giorno il giorno che arriva. Vite anonime ma
di una grandezza immensa. Tele squarciate nel quotidiano. Ogni giorno li
contano uno ad uno quei passi. Un tango nella rotonda sul mare. Che sia proprio
quella cantata da Bongusto? Loro danzano leggeri come fogli di carta. In nero
entrambi. Pare che il caldo di questo scirocco che fa appiccicare la camicia
alla pelle non sia roba che li riguarda. “Lo scirocco fa impazzire. Troppi
tentati suicidi da queste parti”. Ma Fontana è altra storia. Lui è
uscito per urlare rabbia. Questi squarci da scirocco sono muti, lasciano
annichiliti. E camminando verso casa si sente la musica di una banda in
lontananza. Feste patronali ovunque. E arriva anche l’eco di chi non può più
farcela sopravvivere. Perché la vita è cara, perché c’è aria di rassegnazione
in giro. Perché chi sta in alto parla di giustizia e se ne frega della benzina
e del pane. Uno squarcio nella tela occorre pur farlo ora. Fontana è anche questo. Le colline del
Monferrato sono unite al mare di Salento proprio da questo taglio. Paiono
immutati da sempre, ma si muovono, arrivano a lambire coscienze. A carnevale si
bruciano falò a Solero, a Pasqua si brucia l’inverno a Gallipoli. Chiediamo solo
uno sforzo di fantasia a chi governa e a chi si oppone, perché ci sentiamo
uguali e con pari dignità. Basta poco in fondo. “Quanti km/civiltà da qui all’Europa?...” mi
scriveva un antico compagno dall’america latina. Già, quanti sono? Meno, molto meno dei passi che ci dividono
dalla stella più lontana. Però questa la
vediamo, e a volte riusciamo da amarla. Perché è li che ci accompagna. Perché
ci ricordiamo di quella fiaba dei nativi americani che credevano che ogni bimbo
morto diventasse una stella. In questa notte che ha fermato il tempo le parole
fluiscono senza senso apparente, senza un filo che le leghi. Quasi un pezzo
jazz che parte da una base e si dipana verso l’improvvisazione. Coinvolge chi
suona e chi ascolta. “Ho parenti in Piemonte, però non è una cosa strana, ogni
famiglia ha parenti al nord, siamo emigranti da sempre” mi dice la signora
seduta accanto a me. Non è strano, anzi, è la norma. Perché noi settentrionali
eravamo persone per bene un tempo. Disposte ad accogliere anche senza prendere
impronte digitali. In questo sud le tradizioni sono merce preziosa, come lo è
il dialetto. Qui si vive il presente con un occhio rivolto al passato. La
storia come patrimonio. Il massacro di Otranto ancora vissuto con orrore. Le
torri di avvistamento stanno ancora sul mare. A una distanza tale l’una
dall’altra da essere raggiunte con un segnale luminoso per urlare l’allarme.
Perché se arrivavano i turchi crudeli era massacro un’altra volta. Perché tutto
questo territorio era “Terra D’Otranto”. Poi il fascismo stabilì che Lecce era
provincia, come Brindisi e Taranto. Oggi sbarcano altri “turchi invasori”, però
non sono temuti qui al sud. Perché la miseria la conoscono bene. In Scozia c’è
una legge che impone a chiunque l’obbligo di dare un bicchiere d’acqua a chi ha
sete. C’è stato bisogno di una legge, accidenti. Qui no, è sufficiente uno
sguardo. Quanto porta lontano un taglio su una tela. Esplodono pensieri e si
inseguono. Una girandola luminescente. Fra poco arriverà l’alba e tornerà la
vita in strada. Turisti si rosoleranno in spiaggia, “noi scendiamo a mare dopo
le 11, i milanesi vanno a pranzo e c’è meno confusione”. Ma non è una forma di
separatismo, è voglia di vivere il mare come noi “milanesi” non sappiamo fare.
Perché loro conoscono i venti e le onde. Perché sanno che “ le nuvole sul mare non portano pioggia,
quando sono dall’altra parte è possibile”. Noi aspettiamo e non parliamo con il
mare. Siamo in balia degli eventi. Lo scirocco è finito, i danzatori di tango
se ne sono andati da tempo. Chissà se si è girato a tramontana o libeccio. Non
lo capisco mica. Domani chiederò a chi sa.
Nessun commento:
Posta un commento