Quello che segue è l’intervento del Procuratore Capo DDA di
Lecce, Dott. Cataldo Motta, ai ragazzi del Deledda di Lecce.
INTERVENTO
PROCURATORE MOTTA AL DELEDDA
Ragazzi buona sera, intanto scusate la cattedra, ogni volta
mi mettono qui dietro e preferirei essere fra voi. Ci sono parecchie cose di
cui parlare, ma partirei dalla coda. Voi sapete che ci sono normative che
consentono la confisca dei beni ai mafiosi quando questi signori non ne possano
dimostrare la legittima provenienza. Il bene viene confiscato in base a
parametri precisi. Uno è quello della capacità di spesa rispetto al reddito
dichiarato. Se uno guadagna 1000 euro al mese ed acquista un bene di un milione
andiamo a verificare come ha potuto farlo. Questo si chiama: “inversione
dell’onere della prova”, la giustizia sequestra e il proprietario deve
dichiarare come ha avuto i soldi per acquisirlo. Molto spesso spuntano fuori
fantomatiche vincite al gioco.
A un tal Giovanni Mazzotta di Monteroni, detto Gianni Conad
per la sua passione nell’acquisto di supermercati, sono stati confiscati i
beni. Questi supermercati andavano bene quando erano gestiti dalla criminalità.
L’impresa mafiosa riesce, grazie a proventi ingenti, a far vivere bene le sue
attività, alterando addirittura le regole del mercato.
- Le paghe, per esempio, non sono mai quelle sindacali, i dipendenti non hanno contributi. Al sud soprattutto esiste il problema della rinuncia, in cambio del lavoro, a diritti fondamentali quali quelli contributivi che consentiranno la pensione in futuro.
- L’impresa mafiosa non subisce l’estorsione che colpisce altre attività.
- Anche i controlli sono più allentati per le intimidazioni che molti controllori subiscono.
- Non c’è attività sindacale perché i lavoratori sono tenuti sotto scacco col ricatto.
Tutto questo consente alle imprese mafiose di abbattere i
prezzi e fare concorrenza sleale a imprenditori puliti che hanno i costi
aggiunti dei contributi e delle estorisioni. Alla lunga l’impresa mafiosa
scaccerà quella sana dal mercato e diventerà monopolista. Un economista inglese
teorizzò che la moneta cattiva scaccia quella buona. Allora le monete erano in
oro e argento, quelle d’oro venivano limate poco tutto attorno per recuperare
oro, piano piano chi aveva monete buone le teneva gelosamente e in circolazione
si trovavano solo quelle cattive. Per inciso questo della limatura è il motivo
per cui venne inventata la zigrinatura. Oggi diciamo che l’impresa cattiva
scaccia quella buona.
A Monteroni, ai sette supermercati sequestrati è stato messo
un commissario per la gestione provvisoria in attesa di decisioni definitive.
La prima cosa che fece il nuovo responsabile fu il tentativo di mettere in
regola i dipendenti, una cinquantina circa, tutti in nero. Questo fu
impossibile in quanto, pagando regolarmente i contributi, i supermercati non
avrebbero potuto competere sul mercato. Ha dovuto quindi chiudere le attività
ed iniziare procedure di fallimento. Qualcuno ha immediatamente tratto le
conclusioni: “La mafia crea lavoro, lo Stato lo toglie”. Su facebook nacque una
forte polemica, qualcuno sosteneva che, anziché prendersela con i mafiosi,
meglio sarebbe stato occuparsi dei politici che rubano. Quello che veniva
teorizzato maggiormente, e vi invito a fare domande e a ragionarci, è che,
mentre i mafiosi reinvestono sul territorio i proventi illeciti, i politici li
portano all’estero.
Dare la patente di liceità ai mafiosi è proprio ciò a cui le
mafie puntano, vogliono sostituire lo Stato. Lo fanno nei modi più disparati,
in cambio di “sicurezza” i commercianti pagano il pizzo. Le mafie sostituiscono
la polizia. Parliamo di usura, quando le banche hanno regole rigidissime,
allora ci si rivolge allo strozzino che il prestito lo concede, sia pure a
prezzi impossibili. Infine la mafia offre lavoro nei modi che abbiamo visto
prima.
Vi devo dire però che parlare di una funzione sociale delle
mafie è rischiosissimo. Il denaro prodotto deriva da illegalità, sia del mafioso,
che del politico, che del ladruncolo. La domanda è: Gianni Conad doveva essere
lasciato lavorare perché dava lavoro? E’
gravissimo il discorso del consenso sociale alle mafie.
Ora vediamo come la criminalità organizzata salentina non si
sia mai radicata sul territorio. Diversamente dalle altre mafie: camorra,
ndrangheta e cosa nostra, quella salentina nasce per iniziativa della
criminalità locale che voleva combattere contro la tentata invasione della
Puglia da parte delle altre mafie, camorra campana in particolare. C’erano, a
Fasano, dei mafiosi in soggiorno obbligato che iniziarono traffici di droga.
Poi Raffaele Cutolo voleva fare una filiazione pugliese della camorra
campana. In quel progetto le autonomie
locali non venivano rispettate, quindi i malavitosi pugliesi e salentini in
particolare, si organizzarono. La supponenza della Camorra venne fuori quando
fu organizzato, proprio qui a Lecce, un sequestro di persona ad insaputa della
malavita locale. Questo era uno sgarro vero e proprio. Il tentativo di
invasione venne bloccato proprio dalla coesione fra i malavitosi pugliesi che
si coalizzarono contro gli invasori.
Poi ci furono accordi e la Sacra Corona unita venne
riconosciuta dalle altre mafie. In quel caso furono criminali a contrastare altri
criminali.
La differenza è forte con le altre mafie. In Calabria e in
Sicilia la mafia e la ‘ndrangheta nacquero con il consenso delle persone perché
veicolavano il malessere sociale contro uno Stato lontano e ritenuto ingiusto.
Non dovettero conquistare territori perché erano ben accetti. La Sacra corona è
stata sempre vista dalla società pugliese come un insieme di delinquenti. Il
radicamento non c’è stato nei fatti. La chiave di volta per farlo è proprio nel
cercare consenso sociale.
L’esempio di questo è la Sicilia, da una parte le stragi di
Totò Riina, dall’altra il silenzio e il lavorio sotterraneo di Provenzano, il
primo non pagò e creò fortissima repressione e tensioni sociali, il secondo
procurò qualche consenso. L’usura è emblematica da questo punto di vista, la
nostra Procura ha ricevuto in un anno cinque sole denunce per usura. Succede
che la vittima, in qualche modo, protegga il proprio carnefice del quale non si
sente vittima, ma beneficiato, anche se pagherà a carissimo prezzo il prestito.
Questo è un altro aspetto su cui riflettere, il cittadino se pure non ha
obbligo giuridico di denunciare, ha invece quello costituzionale in quanto
sottrae la possibilità di indagare su reati. Attenzione, se nessuno denuncia
noi non abbiamo sfere di cristallo, possiamo intuire e indagare, ma senza
denunce e senza prove non riusciremo a fare nulla. L’impresa nasce sana, non mafiosa, poi si
trova in difficoltà, le banche negano prestiti e il delinquente interviene, il
commerciante non riesce a restituire, gli interessi aumentano e il criminale
prende quote di imprese e a poco a poco il vecchio proprietario viene
estromesso cedendo l’azienda che, da sana, diventa mafiosa.
Altri esempi di “solidarietà”.
A Lecce e provincia nei primi anni ’90 c’erano esplosioni
quasi quotidiane. Ora c’è la stagione che io chiamo “dei fuochi d’artificio”.
Nel febbraio del 2010 a Mesagne arrestarono una coppia di coniugi, Pasimeni a
la moglie, pluricondannato lui, mafiosa lei. Alle tre di notte con il freddo
tutto il quartiere era in strada a portare solidarietà agli arrestati. Non era
mai accaduto da noi, ora succede.
Nel marzo successivo un tal Pellegrino Antonio, detto Zu
Peppo, lascia il carcere di Lecce e torna a Squinziano dove si sparano i fuochi
d’artificio per salutarlo. Il segnale è allarmante, non si tratta di episodi,
ma di una strategia della quale ci parlò un collaboratore di giustizia. Dopo
vent’anni di SCU ci disse che spesso le loro decisioni sono legate a
sollecitazioni che provengono da gente comune. “Noi siamo molto benvoluti dai
mesagnesi” disse. La regola illegale diventa regola sociale. A loro si
rivolgono per i motivi più disparati per i quali la gente ottiene risposte
immediate. Questa è la loro forza. Se la paura si trasforma in omertà tutto è
possibile. Loro danno anche denaro a fondo perduto per piccole somme, per
esempio. Offrono posti di lavoro immediati, in nero magari, ma sono posti di
lavoro. Questo crea solidarietà.
Nel capodanno 2011 altri fuochi d’artificio alle spalle del
carcere. Era un segnale di pacificazione che metteva fine a liti e faide
interne alla SCU. Di questo abbiamo avuto più conferme.
Un altro aspetto è l’infiltrazione nelle squadre di calcio.
Qui c’è un vantaggio maggiore, oltre far circolare denaro, la squadra andrà
bene perché avrà fondi da stanziare e questo comporterà ampio consenso sociale.
Questo fatto spiega perché almeno sette società calcistiche sono infiltrate.
Su questi aspetti richiamo la vostra attenzione, è quello
che avverrà nei prossimi anni in maniera silenziosa, l’apparenza sarà quella
del buon andamento, la realtà sarà malavita diffusa.
A Monteroni un gruppo di ragazzi rubava auto di piccola
cilindrata a chiedeva immediatamente un riscatto modesto, 200, 300 euro.
L’interessato pagava e, se aveva denunciato il furto, immediatamente annunciava
il ritrovamento casuale dell’auto. Quaranta episodi in quaranta giorni. Li
prendemmo grazie a intercettazioni, telefonavano sempre dalla stessa cabina. In
una di queste il ragazzo rispondeva piccato alla proprietaria di una Panda che
manifestava perplessità dicendo “se pago chi mi garantisce che mi ridate
l’auto?” “Guardi che siamo un’organizzazione seria, se lei paga ha diritto alla
restituzione”. Diritto, capite? Ha detto proprio così.
Quando arrestammo i componenti di questa banda tutti
confessarono grazie alle intercettazioni. Le vittime che denunciarono prima il
furto poi il casuale ritrovamento dell’auto negarono tutte quante. Addirittura
una signora negò che la voce registrata fosse sua. In quel caso è saltato il meccanismo
che regolamenta la giustizia. Gli imputati confessarono, le vittime negarono.
Pensai addirittura di rivoltare la cosa e denunciare tutti per favoreggiamento,
poi lasciai correre. La solidarietà in questo caso non aveva giustificazione
alcuna. La linea che divide paura da omertà è labile. “Tacere produce omertà”
dice Don Ciotti. Non esiste in Costituzione il diritto alla paura, ma c’è il
dovere di non averne. Il rapporto fra le persone deve essere tale da non
danneggiare nessuno in nessun caso. Manzoni fa dire al cardinale Borromeo che
l’iniquità e l’ingiustizia non si basano sulle proprie forze solamente, ma
sulla paura altrui. La nostra Costituzione parla di diritti e doveri, sui
diritti siamo tutti ferrati, impariamo anche i doveri. La Costituzione deve
essere studiata, la scuola serve perché offre capacità di far funzionare il
cervello e diventare cittadini.
La scuola è un organo costituzionale, nessuno ne parla e lo
dice. Nel discorso di Pericle agli ateniesi ci sono i principi che attraverso
Montesquieu sono arrivati alla nostra Costituzione. I valori che la guidano
hanno attraversato i millenni. La scuola deve produrre la classe dirigente.
L’articolo 3 della Costituzione dice che tutti i cittadini hanno pari dignità e
sono uguali davanti alla legge. Il secondo comma dice che è compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli fra cittadini. Uguaglianza formale e di fatto
quindi. Qualcuno, anziché rimuovere gli ostacoli, vorrebbe rimuovere la
Costituzione stessa, ma lasciamo perdere. Questo principio è riportato
nell’art. 34 che parla della scuola, l’istruzione obbligatoria e gratuita
(eguaglianza formale) e della rimozioni degli ostacoli economici e sociali per
i meritevoli (eguaglianza sostanziale).
Diceva Pericle: “noi ci serviamo di questa forma di governo
che non invidia le leggi dei vicini, siamo noi stessi un esempio per molti. Di
nome essa è chiamata Democrazia… Davanti alle leggi tutti sono trattati allo
stesso modo, quando poi qualcuno gode di stima particolare per sua personale
virtù, viene preferito nelle cariche pubbliche” sono principi talmente
importanti da richiedere attenzione, molta.
Tutto ciò che contrasta le mafie trova un unico ostacolo: la
disponibilità dei cittadini. Tuttavia non si va avanti se non si abbandonano
schemi e criteri strani. Non è la polizia sola che deve controllare, siete voi
cittadini che dovete farlo. I territorio è di chi ha diritto di utilizzarlo,
voi. Piero Calamandrei a proposito delle classi dirigenti diceva: “la classe
dirigente deve essere sempre aperta e rinnovata dall’afflusso verso l’alto di
tutte le classi e categorie, c’è una pianticella negli stagni che vive a fondo,
in primavera da ogni radice si snoda uno stelo a spirale ed arriva alla
superficie dello stagno con altre cento pianticelle fino a ricoprirlo…” a voi è
richiesto che qualcosa di simile avvenga.
Ho molto da imparare da voi, più di quanto voi da me, chiedo
a voi come pensate rispetto al dibattito su facebook di cui parlavo.
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