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giovedì 26 luglio 2012

Intervista a Vittorio Agnoletto


E’ in pieno svolgimento OLE 2012, patrocinato, fra gli altri, dal Comune di Otranto e dalla Regione Puglia, ne abbiamo parlato con Vittorio Agnoletto che di OLE è il direttore culturale.


Parliamo di OLE 2012, cos’è?

E’ l’acronimo di Otranto Legality Experience è un’iniziativa organizzata da FLARE (Freedom Legality Andrights in Europe) che è un network internazionale fondato da Libera e da Terra del Fuoco, presente oggi in oltre 40 nazioni a livello europeo ed extra europeo. OLE è sostenuto dalla Regione Puglia e dalla Comunità Europea.

I fini e gli scopi di OLE?

I temi fondamentali sono i rapporti fra la Criminalità organizzata e la globalizzazione, in particolare quella finanziaria. La Criminalità non è un fenomeno solo italiano, non solo le nostre mafie, per intenderci, attraversa tutto il mondo e ovviamente l’Europa. Non solo, in Europa ci sono 27 nazioni con 29 diversi sistemi giuridici diversi, la criminalità finanziaria si insinua e i trasferimenti di denaro e di proventi illeciti diventano semplici bypassando le varie legislazioni.

Possiamo parlare quindi di criminalità trans nazionale?

Assolutamente si.

Come si articola OLE 2012?

Abbiamo una summer school dal 16 al 27 luglio a Lecce, poi fino al 29 ad Otranto. E’ organizzata in collaborazione con tutte le università pubbliche della Puglia ed altre in Italia (Milano, Torino, Pisa ecc.) Ci tengo a dirlo perchè gli studenti pugliesi che seguiranno la school otterranno dei crediti, è un riconoscimento pubblico istituzionale.
Dal 23 luglio al 29 ci sarà il Summer Camp fra Lecce ed Otranto. Mentre la school è rivolta a 50 ragazzi, il Camp arriva a oltre 100 partecipanti a costi veramente bassi, Gratuito per gli studenti pugliesi. Inoltre a Otranto ci sarà dal 27 al 29 un forum aperto a tutti.

I temi trattati?

Come ogni anno ci occuperemo della Risposta delle istituzioni europee alla criminalità organizzata. Cerchiamo di comprendere come l’Europa previene e reprime. Le Faccio un esempio concreto: stiamo spingendo moltissimo perché l’Europa faccia propria la normativa italiana sulla confisca dei beni alla criminalità e al loro riuso sociale. La dialettica è aperta, c’è sensibilità da parte della Commissione, ma ci sono forti resistenze da parte di alcuni Stati membri.

Per esempio?

Belgio e Lussemburgo per esempio. Quest’ultimo è quasi un paradiso fiscale, molti beni probabilmente stanno lì. Poi ci sono reazioni tiepide da parte di altri stati sul sequestro prima dell’ultimo grado di giudizio, culture garantiste diverse evidentemente. Noi scontiamo decenni di criminalità mafiose che loro non hanno avuto, c’è inoltre un concetto di proprietà privata che fatica molto ad accettare il riuso sociale dei beni.
Il testo in discussione a livello europeo parla solo di confisca. Su questo siamo dialettici con i gruppi parlamentari europei.

Ci sono punti di criticità più marcati?

Il segreto bancario con la Svizzera per esempio. Sappiamo che molto riciclaggio passa da lì. Poi i paradisi fiscali, la Corona Britannica è regina in questo, poi ci sono i luoghi off shore all’interno della comunità.

Ad esempio?

Uno su tutti è l’isola di Jersey. Collocata nel canale della Manica, fra Francia e Gran Bretagna, è possedimento inglese e ci sono più banche che cittadini ed è collegata alla City, quello è un luogo off shore per commercio di beni. Moltissimi entrano proprio da lì, quanto meno come fatturazione e bolle di accompagnamento, non c’è dazio né tassazione. Il contrasto fra grandi dichiarazioni di principi e questi comportamenti è stridente. Ovviamente diamo per scontato che la Criminalità non è solo quella del controllo del territorio, ma anche dei colletti bianchissimi.
L’altro tema che affrontiamo ogni anno è la differenza fra finanza lecita, illecita e illegale. Attenzione, non sono sofismi, abbiamo scoperto la zona grigia che è legale nei fatti, illecita nei comportamenti. Parliamo dell’off shore che è legale, è altrettanto lecito? Parliamo del fatto che un terzo del commercio mondiale è interno a singole multinazionali.

Si spiega meglio?

Attraverso una triangolazione nelle diverse parti del mondo le multinazionali aumentano i prezzi e si creano utili non tassati concentrandoli nei paradisi fiscali. Le faccio un  esempio: la multinazionale X, con sede in Italia, ha un’azienda partner in Cina che produce scarpe a 5 euro, le vende ad un’altra azienda partner alle Kaiman e le rivende all’azienda X italiana a 100 euro, che a sua volta le mette in vendita in Italia a 110 euro. Rispetto al fisco italiano pagherà tasse sui 10 euro guadagnati, nei fatti le ha pagate 5 trasferendo 95 euro alle Kaiman. Aggiungo che la merce ha fatto un solo spostamento fisico dalla Cina all’Italia, quello che gira vorticosamente sono le fatture. Anzi, spesso la merce arriva dalla Cina a Jersey senza pagare il dazio e viene distribuita in Europa. E siccome siamo in periodo di crisi la multinazionale X si avvantaggia degli ammortizzatori sociali dovuti a scarsi guadagni. Stiamo parlando di evasione fiscale legale.

A fronte di questo cosa si può fare?

La finanza si è mangiata l’economia e domina la politica. Occorre sensibilizzare, spiegare, raccontare. Purtroppo molti vivono queste come questioni lontane da quotidiano, però le scarpe da 5 euro le pagano 110. FLARE ed altri network internazionali stanno avanzando proposte. Già al G8 di Genova lanciammo la Tobin Tax (tassazione delle transazioni finanziarie), mal vista da tutti allora, oggi è all’ordine del giorno dei governi europei. Ci stiamo muovendo, quanto meno per l’Europa, per la chiusura dei paradisi fiscali. Poi per la campagna contro i derivati finanziari.

Mi dica dei derivati

Le faccio un altro esempio, ad oggi 6 multinazionali hanno acquistato il 50% della produzione mondiale di cereali dei prossimi 5 anni alla borsa dei cereali di Chicago.  La multinazionale proprietaria dei cereali dei prossimi cinque anni ha in mano solo un foglio di carta perché ancora non c’è la merce, quel foglio vale indipendentemente dai cereali e viene quotato in borsa. Da qui parte la speculazione. Inoltre ci sono i mali indotti da questi comportamenti, queste multinazionali impongono monoculture in parte del mondo, eliminando la filiera corta e costringendo intere popolazioni ad eliminare culture secolari.  

Oltre questi temi?

Quest’anno parliamo di traffico di droghe e di armi. Per queste ultime la produzione è legale, illegale molto spesso ne è il commercio. Vogliamo capire i cartelli che controlano questi traffici come si strutturano e che tipo di rapporti hanno con i governi nazionali. Come mai la marchiatura delle armi e munizioni non diventa vincolante? Perché ci sono armi italiane in Afghanistan non marchiate? Pare una banalità, ma ci sono frizioni incredibili. Un altro caso che porteremo all’ordine del giorno è quello di un ricercatore che ha analizzato quanta cocacina viene sequestrata ogni anno in Colombia e zone limitrofe, lo ha fatto basandosi su fonti ufficiali. Arrivò a scoprire che la cocaina sequestrata è superiore a quella stimata prodotta dalle agenzie ONU. Qualcosa non torna. Come mai si denuncia una bassa produzione? Secondo l’ipotesi del ricercatore, condivisa da noi, i dati ONU servono a giustificare i piani USA sulla Colombia, sullo sfruttamento del territorio, delle produzioni agricole, dei carburanti verdi.  
C’è poi un problema di non poco conto: come mai uno stato come il Messico è controllato da narcotrafficanti? Cosa ci sta dietro? Verranno ricercatori di Città del Messico a parlarcene. Poi parleremo del caso greco, dietro la crisi di quel paese la trasparenza della finanza è tutta da verificare.
Questo è OLE 2012.

A margine, cosa pensate della proposta di Saviano le legalizzare le droghe leggere?

Come organizzazione non abbiamo proposte in merito. Personalmente sono d’accordo perché si sottrae alla malavita organizzata, si evita l’ingolfamento dei tribunali. Terzo, sottraendone il monopolio alle mafie si evita il passaggio dalle leggere alle altre droghe. Chi controlla i flussi decide quando e cosa vendere.

Povertà e spese militari, parlo degli F35

Una vicenda indecente, non dimentichiamo però che sugli F35 si è schierato tutto l’arco parlamentare, dal governo Prodi, al PD fino ad oggi. Parlare di riduzione di spese militari è parlare di redistribuire denaro in modo diverso. Le spese militari sono in preparazione di guerra permanente come diceva Zanotelli. Oggi l’8,7% della popolazione controlla l’82% delle risorse mondiali. Attenzione è un dato della Banca Centrale Svizzera. E aggiungo un altro dato, dalla primavera 2010 a quella 2012, 14 paesi dell’Unione europea su 27 hanno avuto come ministri o premier persone di provenienza dalle grandi banche. Meditiamo!










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