Pasqua con pioggia, a volte
sprazzi di sereno. “Si prende e si va?” ci siamo detti. “Perché no?”
Così ci carichiamo in auto
qualcosa da mangiare, evitiamo le abbuffate pasquali che ti lasciano
stravaccato sul divano per un lunghissimo pomeriggio, andiamo verso il capo
di Leuca. Osiamo la sfida, una delle più titaniche del Salento, quella con la
segnaletica che, notoriamente, non ha nulla da spartire con la logica ed il
buon senso.
Noi a Patù ci arriviamo lo stesso.
Patù: Le Cento Pietre |
“Andiamo a Patù, perché le cento pietre
le ho sentite dire mille volte e mai le ho viste”. Cento pietre, mille volte,
un richiamo pitagorico alla scoperta. Alle
tredici siamo lì, attorno a noi c’è il silenzio e il deserto, è bello pensare a chi sta seduto attorno a tavole
stracolme divorando capretti e paste al forno. I carnivori, in
molti non badiamo a quel volantino appeso accanto ad un semaforo con la foto di
un agnellino e la scritta “se tu sapessi i miei pianti non mi mangeresti”. Un pò di rimorso (neppure troppo) e tutto passa.
Comunque nella nostra borsetta frigo
non avevamo agnello, più mestamente rimaniamo stupiti a vedere quella chiesetta
fatta da cento pietre e leggendo della credenza che vuole cento donne grandi grandi che calarono dalla
collina ognuna con il suo masso squadrato sulle spalle.
Il tetto a doppia falda è inusuale. Dopo la ricerca di quel che rimane degli affreschi scendiamo verso il mare per tentare di mangiare i nostri panini davanti alle onde, magari seduti su una panchina o su un masso. Tentativo vano perché la pioggia cade sottile e sembra ridere di noi. E chi se ne frega, mangiamo in auto. Una Pasqua, tutto sommato, stupenda.
Il tetto a doppia falda è inusuale. Dopo la ricerca di quel che rimane degli affreschi scendiamo verso il mare per tentare di mangiare i nostri panini davanti alle onde, magari seduti su una panchina o su un masso. Tentativo vano perché la pioggia cade sottile e sembra ridere di noi. E chi se ne frega, mangiamo in auto. Una Pasqua, tutto sommato, stupenda.
Però dopo i panini un caffè bisogna
cercarlo, così arriviamo a Leuca costeggiando un mare meraviglioso, là in fondo
uno squarcio di cielo azzurro e un tentativo mal riuscito di arcobaleno.
All’entrata di Leuca veniamo accolti da un immenso tricolore che sventola. Sta
lì a rivendicare il confine nazionale, se ti butti in acqua rischi di arrivare
in Africa. Camminiamo fino agli scogli e un’altra bandiera, questa forse più
evocativa della situazione Italiana dell’inizio del XXI° secolo. Un cartello
con su scritto: “Attenzione, costa alta a strapiombo soggetta a frana”. Sorrido
e penso che è vero, siamo proprio in Italia. Se inizia a Leuca la frana fra pochi
anni arriverà a Castro erodendo erodendo, poi su fino alle marine leccesi,
finchè non si è mangiata la Puglia intera. Poi passa oltre. Se uno è credente
può pensare alla punizione divina. D’altronde se il Dio fosse vendicativo ne
avrebbe ottimi motivi. Per tutti invece, credenti o meno, viene spontaneo il sorriso
dopo aver letto il giornale di prima mattina, pensando "che mi potevo aspettare di meglio?" Chissà chi riuscirà a fare un
muretto di contenimento fra mare e buon senso.
Comunque il caffè lo prendiamo in
un bar con una barista dal volto simpatico. Una passeggiata fra le ville liberty
di Leuca in una tregua di pioggia, poi in auto verso Il Ciolo, poi Castro e il
rientro, aspettando l’erosione delle coste ovviamente.
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